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Investigatore privato: quando le sue prove sono valide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava l’utilizzo di una relazione di un investigatore privato. La Corte ha stabilito che l’attività investigativa svolta da un privato prima dell’iscrizione della notizia di reato è legittima e utilizzabile, in quanto l’attivazione delle procedure formali previste dal codice è facoltativa per il soggetto. Il ricorso è stato respinto anche per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, giudicato aspecifico.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Investigatore privato: la Cassazione conferma la validità delle prove raccolte prima della denuncia

L’impiego di un investigatore privato per raccogliere prove prima ancora di formalizzare una denuncia è una pratica legittima e le prove così ottenute sono pienamente utilizzabili nel processo penale. Questa è la chiara posizione espressa dalla Corte di Cassazione con una recente ordinanza, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato volto a invalidare una relazione investigativa ritenuta decisiva per la sua condanna. La decisione ribadisce un principio fondamentale: l’attivazione delle garanzie procedurali previste per le investigazioni difensive è una facoltà, non un obbligo, per la persona offesa dal reato.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un procedimento penale in cui la difesa della persona offesa aveva prodotto una relazione investigativa, acquisita durante un’udienza. L’imputato, condannato sia in primo grado che in appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, l’inutilizzabilità di tale relazione. Secondo la tesi difensiva, l’attività dell’investigatore privato sarebbe stata svolta al di fuori delle rigide regole procedurali previste dal codice, in particolare dall’art. 391-nonies del codice di procedura penale. L’imputato ha inoltre contestato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la motivazione dei giudici di merito carente.

L’utilizzo di un investigatore privato e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza entrambi i motivi di ricorso. Sul punto cruciale, quello relativo all’utilizzabilità delle prove raccolte dall’investigatore privato, i giudici hanno chiarito che l’attività investigativa svolta prima dell’iscrizione della notizia di reato non è soggetta alle formalità del codice di procedura penale. L’attivazione dello statuto codicistico per le investigazioni preventive è una scelta volontaria del soggetto interessato e ha una natura del tutto facoltativa. Pertanto, le prove raccolte da un investigatore incaricato dalla parte offesa prima dell’avvio formale del procedimento penale sono legittime e pienamente utilizzabili.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto il primo motivo di ricorso generico e manifestamente infondato. Generico perché la difesa non ha saputo dimostrare come l’eventuale inutilizzabilità di quella prova avrebbe potuto concretamente e decisivamente cambiare l’esito del giudizio, data la complessiva motivazione alla base della condanna. Infondato perché, come confermato da consolidata giurisprudenza, l’attività di un investigatore privato prima dell’iscrizione della notizia di reato è pienamente legittima. Il principio di diritto applicato è chiaro: le tutele e le procedure formali scattano con l’avvio del procedimento, ma prima di quel momento la raccolta di elementi a tutela dei propri diritti è libera.
Anche il secondo motivo, relativo alle attenuanti generiche, è stato giudicato aspecifico. I giudici di merito avevano correttamente motivato il diniego sulla base della mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena, in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità. Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. È stato inoltre precisato che non andavano liquidate le spese a favore della parte civile, poiché la sua memoria difensiva era risultata generica e non aveva apportato un contributo significativo al dibattito processuale.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio a favore della tutela della persona offesa. Conferma che chi subisce un reato ha il diritto di attivarsi privatamente per raccogliere prove, anche tramite un investigatore privato, senza dover attendere l’intervento dell’autorità giudiziaria. Le prove così ottenute possono essere validamente presentate in giudizio. La decisione sottolinea la distinzione tra l’attività investigativa pre-procedimentale, che è libera, e quella svolta dopo l’iscrizione della notizia di reato, che deve invece seguire le garanzie e le forme previste dal codice di procedura penale. Ciò offre uno strumento concreto ed efficace per chi intende difendere i propri diritti fin dal primo momento.

Un investigatore privato può raccogliere prove prima che sia stata presentata una denuncia?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’attività svolta da un investigatore privato prima dell’iscrizione della notizia di reato è legittima e le prove raccolte sono utilizzabili, poiché l’attivazione delle procedure formali previste dal codice è una facoltà e non un obbligo per il soggetto.

Perché il ricorso sulle attenuanti generiche è stato respinto?
Il ricorso è stato considerato aspecifico. I giudici di merito avevano già correttamente motivato il diniego delle attenuanti generiche evidenziando la mancanza di elementi favorevoli che potessero giustificare una mitigazione della pena, una valutazione ritenuta congrua dalla Cassazione.

La parte civile ottiene sempre il rimborso delle spese legali in caso di vittoria?
No, non sempre. In questo caso, la Corte ha deciso di non liquidare le spese a favore della parte civile perché la sua memoria conclusiva è stata ritenuta generica e priva di un reale contributo alla dialettica processuale, non avendo presentato eccezioni o deduzioni utili a contrastare le tesi del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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