Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 47026 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 47026 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 24/08/1971
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore COGNOME> Generale conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
udito il difensore
In difesa di NOME è presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di MILANO che, riportandosi ai motivi di ricorso, ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 settembre 2023 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Milano – in esito al dibattimento aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 589-bis cod. pen.; per quanto di interesse, la Corte ha inoltre riconosciuto le attenuanti di cui agli artt. 589-bis, comma 7, 62-bis e 62, n. 6, cod. pen., rideterminando la pena,
I giudici di merito hanno ritenuto provato che NOME COGNOME al fine dm invertire il senso di marcia, si era immessa nella corsia di pertinenza di NOME COGNOME in un punto in cui tale manovra era vietata.
Per effetto di ciò, il COGNOME, a bordo della sua moto, pur avendo tentato di arrestare la marcia, finiva per impattare contro la vettura condotta dalla COGNOME, nel momento in cui quest’ultima aveva già invaso parte della corsia percorsa dalla vittima; le lesioni riportate nell’urto ne determinavano quindi il decesso.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si lamenta vizio della motivazione (poiché mancante e manifestamente illogica) e inosservanza della legge penale sostanziale, in relazione agli artt. 589-bis, comma 5, n. 3, e 59 cod. pen..
Secondo la ricorrente, i giudici di merito hanno erroneamente applicato il più severo trattamento sanzionatorio previsto dal predetto comma 5, prescindendo dalla individuazione della esatta manovra compiuta, che nella sua oggettività (e non nelle sole intenzioni della ricorrente, come erroneamente ritenuto dalla Corte d’appello), deve corrispondere al tipo oggetto di previsione normativa.
Solo successivamente, ovvero solo dopo aver individuato la manovra nella sua oggettività, i giudici avrebbero dovuto analizzare il criterio della imputazione soggettiva delle circostanze ex art. 59 cod. pen..
Pertanto, il fatto avrebbe dovuto essere qualificato ai sensi del comma 1 dell’art. 589-bis cod. pen..
I giudici di merito avrebbero dovuto prendere atto del fatto che la ricorrente aveva sì invertito il senso di marcia, ma senza compiere la manovra descritta dalla norma: NOME COGNOME infatti, prima si portò sul lato destro della sua corsia di marcia, uscendo dalla carreggiata per entrare in una piazzola di sosta; poi si posizionò in senso perpendicolare all’originario senso di marcia e quindi si immise, svoltando a sinistra, nell’opposto senso di marcia.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione, con riguardo alla definizione della c.d. inversione di
marcia, per come rinvenibile nella circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 settembre 2019, da cui si evince che la manovra, pur soggett4 alle stesse cautele di cui all’art. 154 cod. strada, è eseguita all’interno della stessa carreggiata.
Del resto, proprio valorizzando tali argomentazioni la sanzione amministrativa è stata annullata dal Prefetto, su ricorso della COGNOME.
Che non si sia trattato di una inversione, ma di una manovra con svolta a sinistra, è circostanza desumibile in fatto dall’analisi delle dichiarazioni di NOME COGNOME dh quelle del consulente ing. COGNOME ed infine dalle stesse dichiarazioni della ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione, sempre in relazione alla predetta aggravante.
Secondo la ricorrente da motivazione offerta dalla Corte d’appello sarebbe manifestamente illogica in quanto, dopo aver sottolineato le differenze tra la manovra di svolta a sinistra e quella di inversione (l’unica a giustificare il riconoscimento dell’aggravante), ha poi ritenuto in concreto irrilevante stabilire quale manovra fosse stata eseguita, in quanto comunque vietata.
2.4. Con il quarto motivo si deduce cumulativamente violazione della legge processuale penale (in relazione all’art. 526 cod. proc. pen.), mancata assunzione di una prova decisiva (la perizia sulla dinamica del sinistro), e vizio della motivazione (in quanto carente e manifestamente illogica), con riguardo alla consulenza dell’ing. COGNOME
Dal mancato confronto con la predetta consulenza la ricorrente ha dedotto la violazione della legge processuale penale, oltre che un vizio della motivazione.
Per quest’ultimo profilo la Corte, con motivazione apparente, ha escluso ogni rilevanza alle conclusioni dell’ing. COGNOME (liquidate come “mere ipotesi astratte”), senza considerare che le ipotesi formulate risentivano delle lacune presenti nella investigazione; in ogni caso, ha tralasciato completamente le conclusioni formulate in termini certi (manovra effettuata dalla COGNOME; posizione del motociclista prima della frenata).
Con riguardo alla posizione del motociclista, il consulente ha sottolineato come non stesse impegnando, come avrebbe dovuto, il margine destro della carreggiata, mentre invece la Corte ha ritenuto – senza indicare alcuna acquisizione processuale a sostegno – che le tracce di frenata sul margine sinistro eran ó imputabili ad una manovra di emergenza. ‘.
Pertanto, la Corte avrebbe dovuto prendere atto della condotta abnorme di NOME COGNOME ed escludere il nesso causale, o quantomeno disporre perizia per stabilire l’esatta dinamica del sinistro.
2.5. Con il quinto motivo si lamenta la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio (ed il conseguente vizio della motivazione), in relazione all’accertamento del nesso causale e della evitabilità dell’evento morte, avuto riguardo alla efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito.
Richiesta e disposta la trattazione orale, all’odierna udienza le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Allo scrutinio dei motivi è utile premettere che il procedimento fu avviato a seguito di un incidente stradale verificatosi in Settimo Milanese, verso le ore 17:20 del 3 aprile 2016, lungo la INDIRIZZO divisa in due corsie con altrettanti sensi di marcia.
Nel punto in cui è avvenuto l’incidente le due corsie erano separate da una aiuola spartitraffico, circondata da una doppia linea continua.
Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, NOME COGNOME alla guida di una Audi A3 e con a bordo NOME COGNOME, aveva effettuato una inversione di marcia all’altezza dell’incrocio con INDIRIZZO salendo sull’aiuola spartitraffico.
In quel frangente, nell’opposto senso di marcia, era sopraggiunta la moto condotta da NOME COGNOME il quale, accortosi della manovra in atto, aveva tentato di evitare la collisione frenando, ma senza riuscirvi: caduto dalla moto, il suo corpo era finito incastrato sotto la vettura della COGNOME, ancora posizionata, seppur in parte, sopra l’aiuola (ma con due ruote già nella corsia di marcia percorsa dal motociclo).
A seguito dell’urto, NOME COGNOME aveva riportato delle lesioni personali che ne cagionarono il decesso.
La causazione del sinistro, e del conseguente decesso, è stata attribuita alla concorrente condotta colposa della COGNOME (per aver effettuato una manovra vietata) e del COGNOME (per aver tenuto una velocità non commisurata allo stato dei luoghi); quest’ultima è stata perciò valutata ai sensi dell’art. 589-bis, comma 7, cod. pen..
La ricostruzione della dinamica del sinistro è stata effettuata sulla scorta degli elaborati tecnici, nonché delle dichiarazioni della stessa ricorrente, del passeggero che trasportava e dei testi di polizia giudiziaria.
2.1. I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili: seppur diffusamente argomentati, sono reiterativi di censure già adeguatamente scrutinate dai giudici di merito, con valutazioni conformi che si integrano a vicenda (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 2013, COGNOME, Rv. 257595).
La ricorrente lamenta che, mancando la prova della manovra concretamente eseguita – quantomeno nella “porzione” iniziale – il riconoscimento dell’aggravante è avvenuto senza una base fattuale, ed anzi sulla scorta del solo coefficiente soggettivo (pp. 4 e ss.), con conseguente violazione dell’art. 59 cod. pen..
Osserva il Collegio che la COGNOME ebbe ad effettuare una manovra di inversione del senso di marcia, circolando all’interno di una strada con unica carreggiata e doppia corsia (p. 5 sentenza del Tribunale): è quindi innanzitutto erroneo il riferimento della ricorrente al fatto che la manovra non si sarebbe compiuta all’interno della stessa carreggiata (pp. 14 e ss. ricorso).
Per far ciò NOME COGNOME circolando in prossimità di un incrocio, e superando la doppia linea continua, saliva con il veicolo su una aiuola spartitraffico.
Ciò posto, l’aggravante di cui al comma 5 dell’art. 589-bis cod. pen., si applica al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi, cagioni per colpa la morte di una persona.
Nell’assenza di una definizione normativa della manovra di inversione del senso di marcia, un primo utile riferimento è rappresentato dall’art. 154 cod. strada, il quale prescrive la condotta da tenere nel caso in cui il conducente intenda eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione, per cambiare direzione o corsia, per invertire il senso di marcia, per fare retromarcia, per voltare a destra o a sinistra, per impegnare un’altra strada, o per immettersi in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ovvero per fermarsi.
La norma accomuna, quindi, sul piano delle cautele da adottare, manovre tra loro distinte; al comma 6, inoltre, vieta espressamente l’inversione del senso di marcia iry’c ‘ orrispondenza in prossimità o in corrispondenza delle intersezioni, delle curve e dei dossi.
Sicché, tra le manovre indicate dall’art. 154 cod. strada, solo l’inversione del senso di marcia, nelle indicate circostanze (ricorrenti nel caso in esame), è espressamente vietata, e concorre ad integrare l’aggravante di cui all’art. 589-bis, comma 5, n. 3, cod. pen..
Come rilevato dai giudici di merito, non è rilevante stabilire, in ogni suo singolo passaggio, l’esatto percorso compiuto dalla ricorrente, poiché la previsione normativa è incentrata appunto sulla inversione, senza ulteriori specificazioni che ne rendano l’esecuzione a forma vincolata.
In altre parole, ciò che conta al fine di ritenere integrata la manovra è il! cambiamento della direzione di percorrenza, all’interno della stessa carreggiata, con un veicolo che viene a trovarsi in posizione parallela e contraria a quella iniziale; evenienza, questa, che non ricorre nella immissione con svolta, erroneamente ritenuta dalla ricorrente per dedurne un vizio della sentenza impugnata (pp. 22 e ss. ricorso).
Che vi possa essere inversione di marcia anche superando la mezzeria, e quindi portandosi nell’opposta corsia, lo si deduce chiaramente dall’art. 349 reg. att. cod. strada, che vieta l’inversione quando per compierla è necessario attraversare la mezzeria della strada segnata con striscia longitudinale continua.
Ciò posto, è un dato pacificamente acquisito al processo che la COGNOME, percorrendo la INDIRIZZO, poneva in essere una manovra che, complessivamente intesa, era tale da condurre il veicolo nell’opposto senso di marcia, e che ciò non accadde (se non in parte) solo per effetto dell’urto con il motociclo condotto dalla persona offesa: al momento dell’impatto – come rilevato dal personale intervenuto sui luoghi – la vettura condotta dalla ricorrente aveva quasi ultimato la manovra, poiché si trovava in posizione obbliqua, in parte ancora sullo spartitraffico, con le ruote sterzate verso sinistra, ed in parte nella corsia opposta rispetto a quella inizialmente percorsa.
Nessun rilievo assume, pertanto, la circostanza dedotta in ricorso – anche alla luce delle considerazioni espressa dal consulente – secondo cui l’attraversamento della corsia sia avvenuto “perpendicolarmente” (circostanza che, peraltro, rende la manovra ancor più rischiosa).
L’aggravante, quindi, è stata correttamente riconosciuta in forza della manovra concretamente posta in essere, non in ragione dell’esclusiva volontà della conducente, come invece immotivatamente sostenuto in ricorso (pp. 9 -12).
Non giova alla ricorrente il richiamo ad un atto amministrativo, ovvero una circolare ministeriale, che regola le procedure per il conseguimento della patente di guida della categoria B (circolare del 19 settembre 2019 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).
La circolare, al par. 7.4, detta, puramente e semplicemente, dei criteri di valutazione di alcune manovre, tra cui l’inversione di marcia, allo scopo dichiarato di porre rimedio alla presenza, in diverse aree del territorio nazionale, di differenti modi di valutare i comportamenti tenuti dai candidati.
La circolare, quindi, non pretende di descrivere l’esatta ed unica sequenza possibile che contraddistingue l’inversione del senso di marcia (come invece ritiene la ricorrente: p. 14), ma piuttosto impone la verifica, in sede di esame, che il candidato abbia l’abilità necessaria per effettuare la manovra di inversione
ricorrendo sia alla marcia in avanti che alla retromarcia, quindi non con una sola manovra, pur in presenza di uno spazio sufficiente.
Si dovrebbe altrimenti giungere alla inammissibile conclusione che l’aggravante è integrata nel solo caso in cui la manovra è eseguita ricorrendo sia alla marcia in avanti che alla retromarcia e non, invece, nel caso in cui, essendovi spazio sufficiente, si effettui una sola manovra; caso, quest’ultimo, in cui si realizza ugualmente il doppio ingombro da cui dipende l’elevata pericolosità della manovra, che ha indotto il legislatore vietarne sempre e comunque l’esecuzione in prossimità o in corrispondenza delle intersezioni, delle curve e dei dossi.
2.2. Il quarto motivo è inammissibile, poiché in parte manifestamente infondato ed in parte aspecifico.
Quanto al mancato svolgimento di una perizia sulla dinamica del sinistro, non si è in presenza della mancata assunzione di prova decisiva (come invece lamenta la ricorrente: pp. 25 e 40), dovendosi al riguardo richiamare la condivisa affermazione di questa Corte secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi “decisiva”, secondo la previsione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (cfr. Sez. 1, n. 19701 del 3/11/2023, COGNOME non mass.; Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670 – 01; Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 259323 – 01).
Non tutte le prove sono infatti riconducibili al concetto di “prova decisiva” di cui all’art. 606 cod. proc. pen.: l’esplicito riferimento all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen. rimanda direttamente alla nozione di prova a discarico, mentre la perizia non può essere considerata tale .; stante il suo carattere per così dire “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e sostanzialmente rimesso alla discrezionalità del giudice (cfr., proprio in relazione alla perizia, Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936 – 01; conf., Sez. 2, n. 25829 del 06/06/2024, Barreca, non mass.).
La mancata effettuazione di un accertamento peritale non può quindi costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 41426 del 3/10/2024, Martino, non mass.; Sez. 2, n. 39198 A del 24/09/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 25829 del 06/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 23720 del 22/02/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 27643 del 10/06/2022, Iovu, non mass.; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815 – 01).
D’altra parte, la prova decisiva deve avere ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento, e non può consistere in un mezzo di tipo dichiarativo il cui risultato è destinato ad essere vagliato per effettuare un confronto con gli altri elementi di
prova acquisiti al fine di prospettare l’ipotesi di un astratto quadro storico valutativo favorevole al ricorrente (Sez. 5, n. 37195 del 11/07/2019, D., Rv. 277035 – 01; Sez. 5, n. 9069 del 07/11/2013, dep. 2014, Pavento, Rv. 259534; Sez. 1, n. 3148 del 11/02/1998, COGNOME, Rv. 210191 – 01).
Né la ricorrente si è sufficientemente soffermata sulla potenziale efficacia disarticolante che tale integrazione istruttoria produrrebbe sulla tenuta della motivazione delle conformi sentenze di merito.
Appare erroneo, inoltre, il riferimento alla violazione dell’art. 526 cod. proc. pen., in quanto la ricorrente lamenta la mancata valutazione di una prova ritualmente acquisita (la consulenza di parte), non la valutazione di una prova diversa da quelle legittimamente acquisite, sanzionata con la inutilizzabilità dall’art. 526 cod. proc. pen. (p. 29 ricorso).
Quanto, infine, al dedotto vizio di motivazione, la ricorrente lamenta cumulativamente il difetto della motivazione x ed il suo carattere manifestamente illogico (p. 25 ricorso), senza indicare specificamente il vizio di motivazione dedotto per i singoli, distinti aspetti, con puntuale richiamo, alle parti della motivazione censurata (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, NOME Rv. 280027, in motivazione).
Né può rientrare fra i compiti del giudice della legittimità la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen..
Inoltre, il vizio della motivazione denunciabile deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere “interno” alla sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del materiale probatorio, perché in tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non è ammissibile nel giudizio di legittimità (cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01).
Nella specie i giudici di merito hanno motivatamente escluso che la consulenza potesse fornire decisivi elementi di valutazione, sia perché fondata su ipotesi ricostruttive tra loro assolutamente distanti, sia perché in aperto contrasto con le ulteriori risultanze probatorie (pp. 11 e ss. sentenza del Tribunale; p. 28 sentenza ricorsa); questo anche in relazione alla manovra di emergenza posta in essere dal COGNOME, ed alla posizione del motociclo lungo la sua corsia di marcia, nelle fasi che hanno preceduto l’impatto (p. 25 sentenza del Tribunale).
I giudici hanno dunque ricostruito il sinistro sulla scorta degli elementi di prova ritenuti più affidabili (testi COGNOME, COGNOME, COGNOME), con motivazione esente dai vizi denunciati, e dunque incensurabile in sede di legittimità.
Ricorre, infatti, il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di
sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 – 01; Sez. 2, n. 12329 del 04/03/2010, COGNOME, Rv. 247229 – 01).
Sicché, la censura difetta di adeguato confronto con la motivazione delle conformi sentenze di merito, e tende anzi ad una diversa valutazione delle prove, con argomentazioni che anche per tale ragione non superano il vaglio di ammissibilità.
2.3. Infine, anche il quinto motivo, quasi interamente versato in fatto, è inammissibile.
Il canone dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio” – di cui si lamenta la mancata applicazione (pp. 40 e 49 ricorso) – descrive un atteggiamento valutativo imprescindibile che deve guidare il giudice nell’analisi degli indizi secondo un obiettivo di lettura finale e unitaria, vivificato dalla soglia di convincimento richiesto e, per la sua immediata derivazione dal principio di presunzione di innocenza, esplica i ‘stif effetti conformativi non solo sull’applicazione delle regole di giudizio, ma anche, e più in generale, sui metodi di accertamento del fatto (Sez. 5, n. 25272 del 19/4/2021, COGNOME, Rv. 281468 – 01).
Se il giudice è tenuto, quindi, a saggiare la capacità esplicativa della ipotesi alternativa prospettata dalla difesa, ciò non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza e detta regola non può, quindi, essere utilizzata per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative, una volta che tale duplicità sia stata oggetto, come nel caso di specie, di attenta disamina (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801 – 01; Sez. 2, n. 25016 del 08/04/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519 – 01).
Fatta questa premessa, la ricorrente invoca, nella sostanza, una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio ed una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova, senza confrontarsi con l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Rv. 271679; conformi, Sez. 4, n. 37838 del 1/7/2009, Rv. 245294, Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, n. 238321, Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989, Bianchesi, Rv. 182960).
Nella specie i giudici di merito (le cui motivazioni possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale) hanno valutato come gravemente colposa la condotta tenuta dalla ricorrente, ed escluso che la condotta (anche a volerla ritenere) parimenti colposa posta in essere dal motociclista, potesse interrompere il nesso di causalità, non essendo eccezionale e imprevedibile.
I giudici hanno altresì sottolineato che la manovra posta in essere dalla ricorrente, nei pressi di una intersezione, deve ritenersi per ciò solo vietata (art. 154, comma 6, cod. strada), oltre che particolarmente pericolosa: la sua esecuzione, infatti, si traduce in una improvvisa variazione del senso di marcia, tale da creare un ostacolo agli altri utenti della strada.
Del resto, è emerso dall’istruttoria che la corsia percorsa dal COGNOME, nel momento in cui fu invasa dalla COGNOME, era libera.
In questa prospettiva, l’evento verificatosi – ovvero l’impatto con un veicolo che percorreva l’opposto senso di marcia – non è nient’altro che la concretizzazione del rischio che la regola violata intendeva evitare.
Inoltre, il fatto che il COGNOME, ripartendo dal vicino incrocio, avesse tenuto una velocità non commisurata ai luoghi, pur considerato ai sensi dell’art. 589-bis, comma 7, cod. pen., non è tale da innescare una serie causale autonoma, essendo del tutto prevedibile, in una strada a due corsie con altrettanti sensi di marcia, che possa sopraggiungere un veicolo, seppur con velocità non adeguata.
In altri termini la condotta della persona offesa fu imprudente, ma non certo abnorme; non fu tale da innescare un autonomo decorso causale, generando un rischio del tutto eccentrico rispetto a quello derivante dal non aver condotto la vettura ad una velocità adeguata alle circostanze di tempo e di luogo.
Si tratta di una motivazione tutt’altro che manifestamente illogica, ed in linea con il pacifico orientamento di legittimità secondo il quale se la precedente violazione di regole comportamentali da parte del conducente di un veicolo sia di per sé colpevole, anche il concorso di colpa di terzi non vale ad interrompere il nesso di causalità, quando non sia caratterizzata da eccezionalità, abnormità e straordinarietà – nella specie non ricorrenti – ovvero da circostanze tali da stravolgere il normale corso degli accadimenti e da farla quindi assurgere al ruolo di causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l’evento.
Solo in presenza di tali ultime condizioni, infatti, le cause sopravvenute innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell’agente, o comunque, pur inserendosi nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotano per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori dell’area della normale, ragionevole
probabilità (cfr., da ultimo, Sez. 4, sentenza n. 10656 del 13/02/2024, Rv. 286013).
Appare quindi evidente che il motivo, oltre a sollecitare una non consentita rivalutazione di un profilo di merito, si presenta anche aspecifico, poiché non si confronta, se non apparentemente, con la motivazione della sentenza impugnata (pp. 31 e ss.), e con il pacifico orientamento di legittimità, di cui la Corte territorial ha fatto corretta applicazione.
Anche nella parte in cui nega l’efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito (pp. 49 e ss.) il motivo è manifestamente infondato.
La ricorrente, infatti, evidenzia che l’inversione avrebbe potuto essere compiuta poco più avanti, nel punto in cui le due corsie non erano separate dalla linea continua: così facendo l’impatto con la moto, sopraggiunta a notevole velocità, si sarebbe avuto ugualmente.
In tal modo la ricorrente non si confronta con le conformi motivazioni dei giudici di merito che, in linea con l’imputazione, hanno ritenuto che la manovra di inversione fosse, in quel contesto, del tutto vietata, secondo l’inequivoco disposto dell’art. 154, comma 6, cod. strada.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024
Il Presidente