Invasione di immobile: la Cassazione chiarisce i limiti della difesa
Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta il tema dell’invasione di immobile, confermando una condanna e fornendo importanti chiarimenti su questioni procedurali e di merito. Il caso riguarda l’occupazione abusiva di un appartamento di proprietà comunale e analizza i motivi di ricorso presentati dall’imputata, tra cui la presunta nullità della notifica e l’invocazione dello stato di necessità.
I Fatti del Caso: Occupazione Abusiva e Condanna
Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di invasione di un immobile appartenente al Comune. La Corte d’Appello, pur confermando la sua responsabilità penale, le aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. I giudici avevano accertato che l’imputata si era introdotta abusivamente nell’appartamento, forzando la porta d’ingresso e cambiandone la serratura. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, basando le proprie argomentazioni su diversi motivi.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte
Il ricorso si articolava su quattro punti principali, tutti rigettati dalla Suprema Corte perché ritenuti inammissibili o infondati.
La Questione della Notifica del Decreto di Citazione
Il primo motivo di ricorso riguardava un vizio procedurale: la presunta assenza di notifica del decreto di citazione a giudizio in primo grado. L’imputata, dopo aver eletto domicilio, si era trasferita senza comunicarlo all’autorità giudiziaria. Di conseguenza, risultando irreperibile, la notifica era stata effettuata al suo difensore d’ufficio, come previsto dall’art. 161, comma 4, c.p.p. In Cassazione, la difesa ha tentato di introdurre una nuova questione di fatto, sostenendo che l’ufficiale giudiziario non avrebbe verificato un secondo ingresso allo stesso civico. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile, poiché non è possibile sollevare per la prima volta in sede di legittimità questioni di mero fatto che andavano dedotte nei precedenti gradi di giudizio.
L’Invasione di Immobile e le Prove della Responsabilità
Un secondo motivo contestava l’affermazione di responsabilità, sostenendo che non vi fosse prova certa che fosse stata l’imputata a forzare la serratura per entrare. La difesa ipotizzava che la donna potesse essere subentrata in un secondo momento. Anche questa censura è stata respinta come generica, in quanto la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione dettagliata e logica per cui era certa che fosse stata proprio l’appellante a introdursi abusivamente nell’immobile.
La Perseguibilità d’Ufficio del Reato
Il terzo motivo deduceva la mancanza di legittimazione a sporgere querela da parte di un testimone. La Cassazione ha liquidato rapidamente questo punto, chiarendo che, trattandosi di invasione di un immobile di proprietà di un ente pubblico (il Comune), il reato è perseguibile d’ufficio ai sensi dell’art. 339 c.p., rendendo irrilevante la presenza o la validità di una querela.
Esclusione dello Stato di Necessità e della Particolare Tenuità del Fatto
Infine, il ricorso reiterava la richiesta di applicazione delle cause di non punibilità dello stato di necessità (art. 54 c.p.) e della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso tali benefici sulla base di due elementi chiave: la durata dell’occupazione (protrattasi per tre mesi) e il pregiudizio concreto causato a un’altra persona, che a causa dell’occupazione non aveva potuto recuperare i propri beni personali dall’appartamento.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito; non è possibile introdurre nuove questioni di fatto o chiedere una rivalutazione delle prove. Le censure devono riguardare violazioni di legge o vizi logici della motivazione, che in questo caso non sono stati riscontrati. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione ‘molto articolata’ e immune da vizi. Inoltre, è stato riaffermato il principio secondo cui l’invasione di immobile pubblico è un reato procedibile d’ufficio, superando ogni questione sulla querela. Infine, la valutazione sulla non applicabilità delle cause di non punibilità è stata considerata corretta e conforme alla giurisprudenza, che richiede un bilanciamento tra la situazione di bisogno e l’offesa arrecata dal reato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza offre spunti importanti. Dal punto di vista processuale, evidenzia l’onere dell’imputato di comunicare ogni variazione del domicilio eletto, pena la validità delle notifiche al difensore d’ufficio. Sottolinea inoltre l’impossibilità di ‘riservare’ questioni di fatto per il giudizio di Cassazione. Sul piano sostanziale, la decisione conferma che lo stato di necessità non può essere invocato in modo generico e, soprattutto, non giustifica condotte che si protraggono nel tempo causando un danno apprezzabile a terzi. La durata dell’occupazione e il pregiudizio concreto sono elementi determinanti che il giudice deve considerare per escludere sia lo stato di necessità sia la particolare tenuità del fatto.
È possibile contestare per la prima volta in Cassazione il modo in cui è stata tentata una notifica?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che sollevare una questione di mero fatto, come il presunto errore dell’ufficiale giudiziario nel cercare un indirizzo, per la prima volta in sede di legittimità non è consentito.
Il reato di invasione di un immobile di proprietà di un ente pubblico, come un Comune, richiede la querela per essere perseguito?
No, il reato di invasione di un immobile di proprietà del Comune è perseguibile d’ufficio ai sensi dell’art. 339 del codice penale, quindi non è necessaria la querela per avviare il procedimento penale.
L’occupazione prolungata di un immobile per necessità può essere giustificata?
No, secondo la sentenza, la protrazione della condotta di occupazione per un periodo significativo (tre mesi) e il pregiudizio causato a terzi escludono la possibilità di applicare la causa di non punibilità dello stato di necessità (art. 54 c.p.) o quella per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14026 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14026 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME nata a Cagliari il 23 settembre 1981 avverso la sentenza resa il 10 giugno 2024 dalla Corte di appello di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME NOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Cagliari, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Cagliari il 13 luglio 2022, ha confermato la responsabilità di COGNOME NOME in ordine al reato di invasione di un immobile di proprietà del Comune di Elnnas e la pena inflitt riconoscendo in favore dell’imputata il beneficio della sospensione condizionale.
2.1 Il ricorso deduce con il primo motivo la violazione dell’art. 179 comma 1 cod.proc.pen. per assenza di notifica del decreto di citazione a giudizio in primo grado. La Corte territoriale respinto l’eccezione di nullità sollevata con i motivi di appello, osservando che NOME COGNOME aveva eletto domicilio in Elmas nella INDIRIZZO e che, come attestato dalla relat
di notifica, l’imputata si era trasferita senza avvertire l’Autorità giudiziaria, sicché la stes suo compagno risultavano sconosciuti al detto civico e la notifica veniva eseguita al difensore d’ufficio ex art. 161 quarto comma cod.proc.pen. Il ricorrente osserva che l’ufficiale giudiziar indicava quale indirizzo verificato solo quello del numero civico 5, mentre non aveva controllato l’altro ingresso posto al n.5 piano 1, scala 2, interno 2G.
La censura formulata non è consentita poiché con l’atto di appello era stata formulata sotto altro profilo, sostenendo che il mancato reperimento dei due imputati al domicilio eletto avrebbe determinato l’obbligo per l’Autorità giudiziaria di disporre nuove ricerche, mentre era stat disposta la notifica al difensore di ufficio ex art. 161 quarto comma cod.proc.pen.
Con il ricorso la difesa ha sollevato una questione in punto di fatto, sostenendo che non vi sarebbe coincidenza tra il luogo in cui è stata tentata la notifica e quello in cui i due impu avevano eletto domicilio e assumendo che vi fosse un altro ingresso trascurato dall’ufficiale giudiziario. Si tratta di questione di mero fatto che non può essere dedotta per la prima volta in questa sede.
2.2 Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 633 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità poiché per configurare il reato contestato all’imputat è necessario verificare chi abbia posto in essere l’atto di introdursi arbitrariamen nell’appartamento, mentre nel caso in esame dalle risultanze processuali è emerso che l’occupazione dell’appartamento è stata accertata quando era già in corso. Il teste COGNOME ha riferito che una donna, identificata nell’imputata, era entrata all’interno dell’appartamen cambiando le serrature, ma non ha precisato se l’occupazione era stata realizzata dalla COGNOME o costei si fosse limitata a subentrare in un secondo momento.
La seconda censura avanza questioni di merito e risulta generica poichè si limita a reiterare il motivo di appello, senza confrontarsi con il tenore della motivazione molto articolata della Corte che a pagina 8 spiega le ragioni per cui è certo che l’odierna appellante si fosse introdotta abusivamente nell’appartamento, forzando la porta di ingresso e cambiandone la serratura.
2.3 II terzo motivo con cui si deduce carenza di legittimazione da parte del COGNOME a sporgere querela, poiché questi non aveva alcun titolo sull’immobile occupato che era di un ente pubblico, non è consentito in quanto non è stata dedotto con i motivi di appello e comunque è privo di interesse poiché trattandosi di invasione di un immobile di proprietà del Comune, il reato è perseguibile d’ufficio ai sensi dell’art. 339 cod.pen.
2.4 Con il quarto motivo il ricorso reitera censure in ordine all’esclusione della causa di no punibilità dello stato di necessità ex art.54 cod.pen. e della causa di non punibilità previs 14t dall’articolo 131 bis cod.pen., ma la Corte ha sul punto reso motivazione corretta e conforme V ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, rilevando come la protrazione del condotta di occupazione per tre mesi, fino all’esecuzione del sequestro preventivo dell’immobile, unitamente al pregiudizio cagionato al COGNOME, che non aveva potuto prelevare dall’interno dell’appartamento abusivamente occupato neppure i suoi beni personali, escludono la
sussistenza dello stato di necessità e la particolare tenuità del fatto, che ha provocat pregiudizio non solo all’ente pubblico ma anche al privato detentore dell’immobile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende
Roma 6 marzo 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
orsellino
Il Presitte
NOME COGNOME