Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16131 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16131 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
dei fatti, che dimostravano che l’indagato si era allontanato dalla sua abitazione per recarsi a un appuntamento con un conoscente, a bordo dell’autovettura Fiat Panda condotta dal padre, NOME COGNOME COGNOME. Data Udienza: 17/04/2025
Le spiegazioni fornite da COGNOME, al contempo, risultavano contraddette dalla circostanza che il suo accompagnamento in ospedale non era stato preceduto da alcuna comunicazione telefonica alle autorità di pubblica sicurezza e, per converso, non erano state avanzate richieste di soccorso al servizio del 118 o ad altri presidi sanitari della zona, che confermassero tale situazione emergenziale.
Si evidenziava, in ogni caso, che l’andatura veicolare moderata tenuta dal padre dell’indagato, al momento del controllo di polizia da cui traeva origine il presente procedimento, della quale si dava atto nel verbale di arresto in flagranza di reato di NOME COGNOME del 21 novembre 2024, non appariva sintomatica di un’attività di soccorso in corso di svolgimento, smentendo, anche sotto questo profilo, la versione dei fatti fornita dal ricorrente dopo essere stato fermato dai Carabinieri della Stazione di San Pietro in Guarano.
Si ritenevano, infine, sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento del regime detentivo patito da NOME COGNOME, rilevanti ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in conseguenza del disvalore del reato contestato al ricorrente e della reiterazione delle condotte illecite in esame, resa evidente dal fatto che, con provvedimento del 9 ottobre 2024, il Tribunale di Cosenza aveva applicato al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari per comportamenti analoghi, anch’essi rilevanti ex art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011.
Sulla scorta di questa ricostruzione della vicenda cautelare, il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava il provvedimento restrittivo emesso nei confronti di NOME COGNOME dal Tribunale di Cosenza il 23 novembre 2024.
Avverso questa ordinanza confermativa NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando due censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 125, 191, 309, comma 10, cod. proc. pen., per non avere il Tribunale del riesame di Catanzaro dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio indiziario acquisito convergente nei confronti di NOME COGNOME trascurando di considerare che gli screenshots dei messaggi trasmessi con l’utenza cellulare dell’indagato, acquisiti dai Carabinieri della Stazione di San Pietro in Guarano nel corso del controllo di polizia eseguito il 21 novembre 2024, ritenuti decisivi per la formulazione del giudizio censurato, dovevano ritenersi inutilizzabili.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 274 e 275, commi 1 e 2, cod. proc. pen., per non avere la decisione in esame dato adeguato conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale di Covello, necessari per valutare l’adeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari disposta nei suoi confronti dal Tribunale di Cosenza, che dovevano essere correlati all’estemporaneità degli accadimenti criminosi e all’assenza di elementi circostanziali idonei ad affermare l’elevata pericolosità sociale del ricorrente; connotazioni, queste, che rendevano evidente l’inadeguatezza del regime restrittivo patito dall’indagato.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł infondato.
2. Deve, innanzitutto, ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere il Tribunale del riesame di Catanzaro dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio indiziario acquisito convergente nei confronti di NOME COGNOME trascurando di considerare che gli screenshots dei messaggi trasmessi con l’utenza cellulare dell’indagato, acquisiti dai Carabinieri della Stazione di San Pietro Guarano nell’immediatezza dei fatti, ritenuti decisivi per la formulazione del giudizio censurato, dovevano ritenersi inutilizzabili.
Occorre, in proposito, evidenziare che Ł pacifico che gli screenshots dei messaggi trasmessi dall’utenza cellulare di NOME COGNOME venivano acquisiti dai Carabinieri della Stazione di San Pietro Guarano, nell’immediatezza del controllo di polizia eseguito il 22 novembre 2024, in assenza di un provvedimento di sequestro del Pubblico ministero, che rendeva inutilizzabili tali elementi probatori, ai quali, effettivamente, faceva riferimento il Tribunale del riesame di Catanzaro, in linea con il provvedimento restrittivo adottato dal Tribunale di Cosenza il 23 novembre 2024.
Sotto questo profilo, le censure difensive appaiono fondate, dovendo ribadirsi che la giurisprudenza di legittimità ha escluso l’utilizzabilità e, conseguentemente, la rilevanza probatoria degli screenshots dei messaggi inviati con l’utenza cellulare dell’indagato, laddove acquisiti dalla polizia giudiziaria in assenza di un decreto di sequestro del Pubblico ministero. Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 6, n. 39548 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287039 – 01, secondo cui: «In tema di mezzi di prova, sono affetti da inutilizzabilità patologica, in considerazione della loro natura di corrispondenza, i messaggi ‘WhatsApp’ acquisiti, in violazione dell’art. 254 cod. proc. pen., mediante ‘screenshots’ eseguiti dalla polizia giudiziaria, di propria iniziativa e senza ragioni di urgenza, in assenza di decreto di sequestro del pubblico ministero».
Deve, tuttavia, evidenziarsi che, tenuto conto dell’impianto complessivo della motivazione resa dal Tribunale del Riesame di Catanzaro, tali acquisizioni probatorie non assumevano, al contrario di quanto detto dalla difesa del ricorrente, un rilievo decisivo ai fini della conferma del giudizio di gravità indiziaria censurato.
Si consideri che a NOME COGNOME si contestava, ai sensi dell’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, l’allontanamento, senza autorizzazione, dal Comune di Zumpano, sebbene fosse sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno irrogatagli dal Tribunale di Catanzaro il 3 febbraio 2024. Rispetto a tale, non contestato, allontanamento, ciò che assumeva un rilievo decisivo era l’incongruità delle giustificazioni fornite dal ricorrente nell’immediatezza dei fatti riconducibili a una, asserita, condizione di astinenza da sostanze stupefacenti, che lo aveva costretto a recarsi in ospedale -, che apparivano smentite dalle emergenze indiziarie richiamate nel verbale di arresto in flagranza di reato redatto dai Carabinieri della Stazione di San Pietro Guarano il 22 novembre 2024.
Su questo, decisivo, passaggio argomentativo, il Tribunale del Riesame di Catanzaro si esprimeva in termini ineccepibili, evidenziando che l’allontanamento di NOME COGNOME dal Comune di Zumpano, a bordo del veicolo condotto dal padre, non era stato preceduto da alcuna comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza. NØ, prima dell’allontanamento controverso, erano state avanzate richieste telefoniche di soccorso al servizio del 118 o ad altri presidi sanitari della zona, che lasciassero prefigurare la situazione emergenziale descritta dal ricorrente.
Senza considerare, per altro verso, che l’andatura veicolare modesta mantenuta dal padre
dell’indagato, NOME COGNOME mentre guidava la Fiat Panda a bordo della quale il ricorrente veniva sottoposto a controllo dai Carabinieri della Stazione di San Pietro in Guarano, posizionato nel sedile posteriore del mezzo, non appariva sintomatica di un’attività di soccorso in corso di svolgimento.
Sulla base di questi, convergenti, elementi, appare evidente la congruità del giudizio di gravità indiziaria formulato dal Tribunale del riesame di Catanzaro nei confronti di NOME COGNOME in linea con quello originariamente espresso dal Tribunale di Cosenza, a proposito del quale deve ribadirsi che le acquisizioni probatorie, così come richiamate, convergevano in senso sfavorevole al ricorrente, imponendo di ritenere sussistenti gli elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011.
In questa cornice, non può non rilevarsi conclusivamente che l’ipotesi alternativa, prospettata in termini meramente congetturali dalla difesa del ricorrente, finalizzata a prefigurare che NOME COGNOME stava accompagnando in ospedale il figlio per un malore improvviso, dovuto a una crisi di astinenza da sostanze stupefacenti, oltre che smentita dalle emergenze indiziarie probatorie che si sono già richiamate, si sarebbe inevitabilmente posta in contrasto con la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui: «In tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza piø verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti» (Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252066 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 272995 – 01; Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014, COGNOME, Rv. 261220 – 01).
Le considerazioni esposte impongono di ribadire l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Deve, invece, ritenersi inammissibile il secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la decisione in esame dato adeguato conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale del ricorrente, necessari per valutare l’adeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari disposta nei suoi confronti dal Tribunale di Cosenza, che dovevano essere correlati all’estemporaneità degli eventi criminosi e all’assenza di elementi circostanziali idonei ad affermare l’elevata pericolosità sociale dell’indagato.
Osserva il Collegio che, al contrario di quanto dedotto dalla difesa del ricorrente, il Tribunale del riesame di Catanzaro ricostruiva correttamente la posizione cautelare di NOME COGNOME attualizzandola alla luce delle emergenze indiziarie richiamate nel provvedimento cautelare genetico e formulando un giudizio sulla pericolosità sociale dell’indagato rispettoso delle risultanze processuali.
Invero, l’elevato disvalore dell’ipotesi delittuosa contestata a COGNOME, ex art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, imponeva di ritenere altamente pericolosi i comportamenti criminosi oggetto di vaglio cautelare, rendendo ineccepibile il giudizio formulato dal Tribunale del riesame di Catanzaro sull’adeguatezza del regime degli arresti domiciliari a contenere il rischio di recidiva dell’indagato, che veniva valutato alla luce delle emergenze concrete.
Si evidenziava, in proposito, che, con provvedimento del 9 ottobre 2024, di poco precedente a quello impugnato, il Tribunale di Cosenza aveva applicato al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari per lo stesso reato oggetto di contestazione, rilevante ex art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011. Tale elemento processuale assumeva un rilievo ancora maggiore alla luce dei numerosi precedenti penali gravanti sul ricorrente, tra cui i delitti di rapina, furto, evasione e ricettazione.
I comportamenti criminosi di NOME COGNOME pertanto, venivano ritenuti pericolosi e connotati da persistente attualità, rendendo ineccepibile il giudizio formulato dal Tribunale del riesame di Catanzaro sull’adeguatezza del regime cautelare domiciliare a contenere il rischio di recidiva dell’indagato, che veniva valutato alla luce delle emergenze concrete e delle connotazioni di proclività del suo atteggiamento, che non permettevano l’attenuazione del regime custodiale patito dall’indagato (tra le altre, Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785 – 01; Sez. 2, n. 51843 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 258070 – 01; Sez. 4, n. 6797 del 24/01/2013, Canessa, Rv. 254936 – 01).
Ne discende conclusivamente che, sulla base di un percorso argomentativo congruo e rispettoso delle emergenze indiziarie, il Tribunale del riesame di Catanzaro riteneva che non fossero stati acquisiti elementi processuali da cui desumere che le esigenze cautelari potessero essere soddisfatte con misure restrittive differenti da quella in atto applicata a NOME COGNOME.
Queste ragioni impongono di ribadire l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso.
4. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di rigettare il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/04/2025.
Il Consigliere estensore
ALESSANDRO CENTONZE
Il Presidente NOME COGNOME