Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26645 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26645 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Montecorvino Rovella il 29/03/1970 avverso la sentenza del 09/07/2024 della Corte di Appello di Salerno
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
lette le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e la liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile come da nota spese.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 14 febbraio 2025 con la quale la Corte di Appello di Salerno, ha confermato la sentenza emessa, in data 09 luglio 2024, con cui il Tribunale di Salerno, lo ha condannato alla pena di anni 1, mesi 3 di reclusione ed euro 900,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 493-ter cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 189, 191 e 234 cod. proc. pen.
Il Tribunale, acquisendo i filmati depositati dal Pubblico ministero solo cinque giorni prima dell’udienza fissata per le conclusioni delle parti, avrebbe violato i diritti di difesa dell’imputato, di fatto negandogli la possibilità di visionare il contenuto di tali filmati, di dedurre ‘circostanze ed immagini non portati dai fotogrammi’ (vedi pag. 5 del ricorso) e conseguentemente di avanzare richieste ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen.
La Corte territoriale, di conseguenza, avrebbe erroneamente rigettato il motivo di appello con cui veniva eccepita la violazione degli artt. 189, 191 e 234 cod. proc. pen. e la conseguente inutilizzabilità di tali filmati, limitandosi ad affermare che gli stessi erano già contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, senza tenere conto del principio di diritto secondo cui la prova si forma in dibattimento nel contraddittorio delle parti.
I filmati prodotti dal Pubblico ministero sarebbero, quindi, inutilizzabili in quanto acquisiti in violazione del diritto di difesa con conseguente nullità dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Salerno in data 9 luglio 2024.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 62bis cod. pen. nonchØ carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale, con motivazione del tutto apparente, avrebbe rigettato la richiesta difensiva esclusivamente in considerazione dell’assenza di elementi favorevoli ad una maggiore mitigazione della pena, senza tenere conto del fatto che l’imputato era gravato da un solo precedente. La motivazione sarebbe, altresì, contraddittoria nella parte in cui esclude l’applicabilità delle attenuanti generiche senza tenere conto del fatto che il primo giudice, nel motivare la concessione della sospensione condizionale della pena, avrebbe diffusamente argomentato in ordine alla
mancanza di pericolosità dell’imputato.
Il difensore della parte civile NOME COGNOME in data 7 maggio 2025, ha depositato comparsa conclusionale e nota spese con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO u
Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di impugnazione Ł al contempo generico e manifestamente infondato.
2.1. L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che: all’udienza del 15 novembre 2022, il rappresentante dell’accusa ha chiesto l’acquisizione delle videoregistrazioni effettuate dai circuiti di videosorveglianza del negozio RAGIONE_SOCIALE e del ferramenta Galella, riservandosi di produrre il supporto informatico ad una successiva udienza. Nel corso della medesima udienza il Tribunale, su istanza del Pubblico ministero, ha disposto l’acquisizione delle ritrazioni fotografiche estrapolate dalle menzionate videoregistrazioni; all’udienza del 23 aprile 2024, il Tribunale dava atto che il Pubblico Ministero avrebbe prodotto i supporti contenente le videoregistrazioni all’udienza del 09 luglio 2024; all’udienza del 09 luglio 2024 il Tribunale, dopo aver comunicato alle parti l’avvenuto deposito in
Cancelleria delle già menzionate videoregistrazioni (deposito effettuato in data 4 luglio 2024) ha rigettato la richiesta di rinvio dell’udienza avanzata dal difensore dell’imputato.
2.2. La Corte territoriale, con percorso argomentativo privo di vizi logici e giuridici, ha correttamente evidenziato che -fin dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari- i filmati in questione erano contenuti nel fascicolo del Pubblico ministero e, quindi, a disposizione del COGNOME e del suo difensore; che i fotogrammi estrapolati dalle videoregistrazioni erano già stati acquisiti dal Tribunale all’udienza del 15 novembre 2022 e che la produzione del supporto informatico contenente le registrazioni era ‘ stata preannunciata già al momento dell’apertura del dibattimento ‘ (vedi pag. 2 della sentenza impugnata).
2.3. Ne consegue la manifesta infondatezza della censura difensiva, non essendosi verificata alcuna compressione del diritto di difesa nØ alcuna violazione del principio del contraddittorio; non si Ł trattato, infatti, di una produzione ‘a sorpresa’ di materiale investigativo di cui le parti private non
avevano conoscenza ma di documentazione a disposizione delle stesse fin dall’inizio della fase dibattimentale e che Ł stata materialmente inserita nel fascicolo del dibattimento nel corso dell’udienza del 09 luglio 2024.
Non sussisteva, pertanto, alcun diritto al rinvio dell’udienza ora citata in capo al ricorrente, il quale era già stato posto, fin dall’inizio dell’istruttoria dibattimentale, nella condizione di visionare le videoregistrazioni successivamente prodotte dal Pubblico Ministero e, conseguentemente, di esercitare in modo pieno ed effettivo le proprie prerogative difensive, tanto nella fase istruttoria quanto in sede di discussione finale.
Di conseguenza il diritto alla prova e al contraddittorio dell’imputato Ł stato correttamente garantito in quanto la difesa sin dall’inizio della fase dibattimentale Ł stata posta nella condizione concreta di conoscere il materiale probatorio e di interloquire su di esso in modo utile.
2.4. Ciò premesso va evidenziata la genericità della doglianza, non avendo il ricorrente adeguatamente prospettato la possibile, ed in ipotesi, decisiva influenza delle videoregistrazioni acquisite dal Tribunale sulla complessiva motivazione posta a fondamento dell’affermazione di responsabilità in relazione al reato di cui all’art. 493-ter cod. pen.
Il Collegio intende, infatti, dare continuità al principio di diritto per il quale, quando si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento probatorio, il ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione ai fini della cosiddetta «prova di resistenza»; gli elementi di prova acquisiti illegittimamente devono, infatti, incidere, scardinandola, sulla motivazione censurata e compromettere, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME Rv. 279829 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, COGNOME, Rv. 269218 – 01), profili neanche accennati nel ricorso in esame.
Deve essere, peraltro, notato che, nel caso di specie, le videoregistrazioni di cui si lamenta l’inutilizzabilità non appaiono determinanti nel contesto probatorio generale, come correttamente affermato nella sentenza oggetto di ricorso.
I giudici di merito hanno, infatti, affermato la responsabilità dell’imputato in considerazione del riconoscimento personale operato dal titolare del negozio di ferramenta e dei riconoscimenti fotografici effettuati dalla commessa del centro Vodafone e dalla titolare del punto vendita RAGIONE_SOCIALE, riconoscimenti correttamenteritenuti attendibili e convergenti. Oltre a tale quadro probatorio, già di per sØ sufficiente a sostenere l’affermazione di responsabilità, i giudici di merito hanno valorizzato come ulteriore elemento di rilevante valenza probatoria, il rinvenimento, presso l’abitazione del COGNOME, di uno degli oggetti acquistati presso il negozio del Di Matteo (vedi pagg. da 3 a 9 della sentenza di primo grado e pagg. 2 e 3 della sentenza di appello).
Il secondo motivo di ricorso Ł in parte non consentito ed in parte manifestamente infondato.
3.1. I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego, la gravità dei fatti e la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi pag. 3 della sentenza impugnata). Il Collegio condivide, in proposito, il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel motivare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, Ł sufficiente un congruo riferimento all’assenza di elementi di segno positivo (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02 e Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590).
3.2. Quanto al lamentato contrasto tra il diniego delle generiche e la prognosi positiva in punto di reiterazione futura posta a fondamento della sospensione condizionale occorre ribadire che non
sussiste incompatibilità tra la concessione della sospensione condizionale della pena ed il mancato riconoscimento delle suddette attenuanti, avendo i due istituti diversi presupposti e finalità.
Le attenuanti generiche, infatti, rispondono alla logica di un’adeguata commisurazione della pena, mentre il beneficio della sospensione condizionale della pena si basa su un giudizio prognostico strutturalmente diverso da quello posto a fondamento delle attenuanti generiche (vedi in proposito Sez. 4, n. 27107 del 15/09/2020, Tedesco, Rv. 280047 – 02; Sez. 4, n. 8287 del 14/11/2024, Vegni, non massimata).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Ritiene, invece, il Collegio che non vadano liquidate le spese a favore della costituita parte civile. La memoria conclusiva depositata dall’Avv. NOME COGNOME a cagione della sua genericità, non ha, infatti, fornito alcun contributo alla dialettica processuale in quanto priva di eccezioni o deduzioni dirette a paralizzare o ridurre la pretesa del ricorrente (Sez. U., n. 877 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 283886 – 01; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, COGNOME, Rv. 278834).
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.nulla per le spese di parte civile
Così Ł deciso, 14/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME