Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38125 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38125 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Procuratore generale della Corte d’appello di Milano
nel procedimento penale nei confronti di
COGNOME NOME, nato a Santa Margherita Ligure il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato ad Africo il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Bari il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nata a Milano il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato ad Abbiategrasso il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nata a Cusano Milanino il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato a Varese il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
e di:
2
COGNOME NOME, nato a Santa Margherita Ligure il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2022 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata e il rigetto dei ricorsi di COGNOME e COGNOME; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME, difensore di COGNOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME, difensore di COGNOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME, difensore di COGNOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME, difensore di COGNOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME, difensore di COGNOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME difensore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, l’AVV_NOTAIO. COGNOME, difensore di COGNOME, che chiedono il rigetto/inammissibilità del ricorso del Procuratore generale; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME, che chiede l’inammissibilità,del ricorso del Procuratore generale e l’accoglimento del ricorso nell’interesse del suO assistito; udito l’AVV_NOTAIO COGNOME, difensore di COGNOME, che chiede l’inammissibilità del ricorso del Procuratore generale e l’accoglimento del ricorso nell’interesse del suo assistito nonché l’annullamento della sentenza per prescrizione dei reati e revoca della confisca.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, in data 21/09/2021, appellata da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti ai capi 2) -limitatamente ai fatti commessi il 29.2.2012-, 6) -limitatamente ai fatti commessi il 30.12.2011 -, 7), 9) e 14) – per entrambi limitatamente a fatti commessi nel 2011; COGNOME NOME in ordine ai reati di cui ai capi 2) -limitatamente ai fatti commessi il 29.2.2012 – e 37); COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine ai reati loro ascritti ai capi 2) limitatamente ai fatti commessi il 29.2.2012 -, 7), 9) e 14), per gli ultimi du limitatamente ai fatti commessi nel 2011; COGNOME NOME in ordine al reato di cui al capo 14), limitatamente ai fatti commessi nel 2011; COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine ai reati loro ascritti ai capi 24) e 27); COGNOME NOME in ordine ai
reati di cui ai capi 36) – limitatamente ai fatti commessi nel 2011 – e 37); COGNOME NOME in ordine al reato di cui al capo 2) -limitatamente ai ratti commessi i 29.2.2012 -, in quanto estinti per intervenuta prescrizione.
Ha assolto tutti gli imputati dal reato di cui al capo 1) – art. 416 cod.pen. perché il fatto non sussiste, e COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME dai reati di cui ai capi 2) – relativamente ai fatti commessi il 30.9.2013 ed il 28.2.2014 -, 9) relativamente ai fatti successivi al 2011 -, 14) relativamente ai fatti successivi al 2011 -, 15), 18) e 20); COGNOME NOME dal reato di cui al capo 2), relativamente ai fatti commessi il 30.9.2013 ed il 28.2.2014; COGNOME NOME e COGNOME NOME dai reati di cui ai capi 2) – relativamente ai fatti commessi il 30.9.2013 ed il 28.2.2014 -,9) relativamente ai fatti successivi al 2011-, 14) relativamente ai fatti successivi al 201 -, 15), 18) e 20); COGNOME NOME dal reato di cui al capo 14), relativamente ai fatti successivi a12011; COGNOME NOME e COGNOME NOME dai reati loro ascritti ai capi 29) e 31): COGNOME NOME dal reato ascrittogli al capo 36), relativamente ai fatti successivi al 2011; COGNOME NOME in ordine al reato di cui al capo 2), relativamente ai fatti commessi il 30.9.2013 ed il 28.2.2014, perché il fatto non sussiste.
Ha assolto COGNOME NOME dai reati di cui ai capi 6) – relativamente ai fatti commessi il 30.12.2012 -, 8), 10), 11), 13), 16), 17); COGNOME NOME e COGNOME NOME dai reati di cui ai capi 3), 6) – relativamente ai fatti commessi i 30.12.2012 -, 8), 10), 11), 13), 16) e 17); COGNOME NOME e COGNOME NOME dai reati di cui ai capi 3), 11) e 17), COGNOME NOME, COGNOME NOME, dai reati loro ascritti ai capi 25), 28) e 30); COGNOME NOME dal reato di cui a capo 34), per non aver commesso il fatto.
Per l’effetto ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME, per il reato di cui al capo 3), in anni due e mesi quattro di reclusione, e a COGNOME NOME in anni uno e mesi sei di reclusione, a COGNOME NOME, per i reati di cui ai capi 3), 6) relativamente ai fatti commessi il 30.12.2012 -,8), 10), 11), 13), 16) e 17), unifica nel vincolo della continuazione, in anni tre e mesi sei di reclusione.
Ha disposto le pene accessorie di cui all’art. 12 d.lgs 74/2000, ha revocato la confisca per equivalente disposta nei confronti degli imputati, riducendo la confisca per equivalente disposta nei confronti di COGNOME NOME sino alla concorrenza della somma di C 6.852.439.
1.1. All’esito del giudizio di appello, per quanto qui di rilievo, COGNOME NOME è stato condannato in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod.peh. e 8 D.L.vo 74/2000 perché, in concorso con COGNOME NOME, quali amministratori occulti,
COGNOME NOME quale legale rappresentante, emettevano dal 31/03/2012 al 31/10/2012, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti nei confronti RAGIONE_SOCIALE cooperative RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, al fine di consentire loro l’ evasione dell’iva per un importo complessivo pari ad imponibile C 1.012.999,00 ed IVA C 212.730,00.
COGNOME NOME è stato condannato in relazione al reato di cui al capo 3) sopra indicato – di cui agli artt. 110 cod.pen. e 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo 6), relativamente ai fatti commessi il 30/12/2012, e capo 8), artt. 110 cod.pen. e 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo 10), artt. 110 cod.pen. e 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo 11), artt. 110 cod.pen. e 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo 13), art. 110 cod.pen. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo 16), artt. 110 cod.pen. e 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo 17).
1.2. A fini di una migliore comprensione della vicenda, sinteticamente, il processo penale era originato dagli esiti RAGIONE_SOCIALE attività di verifica fiscale svolte a car del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE società cooperative consorziate, compendiati in tredici PVC redatti dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con i relativi allegati, costituiti documenti acquisiti, sia cartacei che informatici, e dalle dichiarazioni rese dai soggetti interpellati, da cui avevano tratto origine le contestazioni in materia di violazio tributarie, sull’utilizzabilità dei quali tutti avevano appuntato le loro difese parzialmente accolte sin dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello con l’impugnata sentenza.
In particolare, le – principali ma non uniche – eccezioni difensive di inutilizzabilità di tali atti, documenti e deposizioni testimoniali, per violazione del 220 disp. att. cod.proc.pen., fondate sul rilievo che, fin dall’avvio dei propri mir accertamenti, l’Ufficio erariale ne aveva rilevato i risvolti penali, informandone Procura della Repubblica, fin dalla nota del 22/07/2013 e successivamente operando in collegamento con la stessa, in parallelo con la G.d.F. delegata, avevano trovato parziale accoglimento da parte del Tribunale che, con l’ordinanza resa all’udienza del 23/01/2018, osservato che i PVC, di cui il P.M. aveva richiesto l’acquisizione all’udienza del 7/3/2017, costituivano la riproposizione ordinata RAGIONE_SOCIALE informative dell’Ufficio finanziario al P.M., a loro volta incorporate nei rapporti all’A.G. RAGIONE_SOCIALE, con in allegato tutti gli atti e documenti raccolti da tali organi nel corso procedimenti amministrativo e penale, ha innanzitutto riconosciuto la violazione di legge in quanto l’acquisizione RAGIONE_SOCIALE fonti di prova dichiarativa e documentale era avvenuta in violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni penali che avrebbero dovute essere osservate dai funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, confermando, tuttavia, per il resto, la natura documentale dei PVC e come tali la loro utilizzabilità
Il Tribunale aveva, così, dichiarato l’inutilizzabilità anche erga alios RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai soggetti in realtà indagati, e l’utilizzabilità nel resto, quali p documentali, dei PVC, respingendo le ulteriori censure di tardivo deposito dei PVC, dell’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE copie estrapolate dagli archivi informatici acquisiti in sed verifica fiscale, dell’acquisizione dei verbali ispettivi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello, investita nuovamente di plurime eccezioni processuali, tra cui la violazione del disposto di cui all’art. 220 disp.att. cod.proc.pen., in relazio alle residue fattispecie contestate non interessate dall’effetto estintivo (cfr. suora par. 1), ha ritenuta fondata, sia pur nei limiti di seguito precisati, l’eccezione inutilizzabilità degli elementi di prova introdotti in violazione dell’art. 220 disp. cod.proc.pen. sollevata dalla maggior parte RAGIONE_SOCIALE difese.
Muovendo dal dato incontroverso che l’Ufficio erariale aveva rilevato l’esistenza di indizi di reato, informandone la Procura della Repubblica di Milano, fin dalla nota del 22.07.2013, come esattamente riconosciuto dal G.u.p. in una ordinanza, confermata dal Tribunale, nella quale si riconosce che quella del 22.7.2013, era una vera e propria c.n.r. (cfr. le pp. 6, 7, 17 dellà sentenza del Tribunale), sulla scorta di tali presupposti, e segnatamente della circostanza che l’acquisizione di documentazione cartacea e, altresì, di tipo informatica con estrazione di copia, era iniziata dopo l’emersione degli indizi di reato, e precisamente il 10/12/2013, quando una parte degli imputati era già stata iscritta nel registro ex art. 335 cod.proc.pen., la sentenza impugnata ha dichiarato l’inutilizzabilità di tutti i da informatici acquisiti, anche in copia, dai funzionari dell’A.d.E., fra i qual numerosissime e-mail allegate ai 13 p.v.c. prodotti nel corso del dibattimento, al pari RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese in sede di verifica dai soggetti indagati.
A diversa conclusione è pervenuta, invece, la sentenza impugnata (cfr. pag. 128), per quanto concernente l’altra documentazione acquisita, quali – a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo – fatture attive e passive, registri e libri contabili, contratti stipulati con clienti e fornitori, elenchi clienti, estratti documentazione bancaria, verbali di assemblea, atti costitutivi e statuti, regolamenti, certificazioni, risultanze RAGIONE_SOCIALE banche dati dell’Anagrafe tributaria e simili. T documenti sono stati ritenuti pienamente utilizzabili poiché, rispetto ad essi la corte territoriale ha reputato non ricorrere la medesima ratio di tutelà che fonda la soluzione interpretativa adottata dalla giurisprudenza di legittimità rispetto ai da sensibili incidenti su diritti meritevoli di tutela, quali quello alla riervatezz segreto, pervenendo, sulla scorta di tale materiale probatorio, alla conclusione sull’affermazione della responsabilità di COGNOMECOGNOME COGNOME come sopra indicato (cfr. par.1.1.).
Sulla base di queste premesse in fatto, si espongono come di seguito i contenuti dei ricorsi per cassazione.
Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Corte d’appello di Milano e i difensori degli imputati COGNOME e COGNOME e ne hanno chiesto l’annullamento per i motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come disposto dall’art. 173 disp att. cod.proc.pen.
2.1. Il Procuratore Generale della Corte d’appello di Milano deduce, con un unico articolato motivo la violazione RAGIONE_SOCIALE norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen.
Argomenta il ricorrente che il giudice d’appello sarebbe pervenuto all’assoluzione degli imputati dal reato associativo e dalla maggior parte dei reati tributari accogliendo l’eccezione processuale di inutilizzabilità dei processi verbali d constatazione redatti in sede di verifica tributaria dalla RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e dei documenti allegati acquisiti in copia e RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni assunte dai verificatori per violazione dell’art. 220 disp. att. cod.proc.pen. con riguardo all’atti svolta dopo l’emersione di indizi di reato.
Sotto un primo profilo il processo verbale di constatazione redatto dall’RAGIONE_SOCIALE rientrerebbe nella categoria dei documenti extraprocessuali ricognitivi di natura amministrativa acquisibili ai sensi dell’art. 234 cod.proc.pen., non essendo un atto processuale. Le stesse dichiarazioni rese ai funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE da persone non sottoposte ad indagini sarebbero utilizzabili contro i terzi.
Sotto altro profilo, tenuto conto che successivamente all’emersione della notizia di reato nel luglio 2013, l’RAGIONE_SOCIALE aveva continuato lo svolgimento dell’attività ispettiva concretizzatasi in accessi, ispezioni e acquisizione cartacea e informatica con estrazione di copia e assunzione di informazioni, e, tenuto conto dei principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la violazione dell’ar 220 disp. att. cod.proc.pen. non determina l’inutilizzabilità in via assoluta dei da probatori acquisiti, ma è necessario che tale inutilizzabilità sia prevista dalle norme del codice di procedura penale, non sarebbero richiamabili i prin4ipi espressi in materia di inutilizzabilità nello svolgimento di perquisizioni e sequestri, ma sarebbe applicabile il disposto di cui all’art. 248 cod.proc.pen. e l’attività di access acquisizione di copia del materiale consegnato su richiesta di esibizione non costituirebbe perquisizione ma attività prodromica che, se avvenuta a seguito di
consegna di parte, non è suscettibile di sequestro. Peraltro, a parere ‘ del ricorrente, sarebbe tutta da verificare la qualifica degli ispettori tributari quali ufficiali di p giudiziaria. Quanto acquisito dall’autorità amministrativa in base alla propria competenza e secondo precise modalità in relazione a dati rispetto ai quali il titolare ha espresso consenso sarebbe pienamente acquisibile e utilizzabile nel processo non essendo neppure pertinente il richiamo all’art. 354 cod.proc.pen. e alla necessità che l’eventuale consenso all’acquisizione debba essere informato.
In definitiva si sarebbe trattato di un’autonoma attività dell’autorit amministrativa che forma documenti poi acquisiti, ex art. 234 cod.proc.pen., nel fascicolo del dibattimento che sono valutabili quali prove documentali. Chiede l’annullamento della sentenza.
2.2. Il ricorso nell’interesse di COGNOME NOME è affidato a sei motivi di ricorso
2.2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 220 disp.att. cod.proc.pen. eccependo l’inutilizzabilità dei P.V.C. redatti dall’RAGIONE_SOCIALE e allegati.
Premette il ricorrente che il Giudice dell’appello ha confermato l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese in sede di verifica ai funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE, gi statuita dal Tribunale di Milano, e, in parziale accoglimento dell’eccezione sollevata dalle difese, ha dichiarato, inoltre, l’inutilizzabilità dei soli dati e documenti estrapo dai sistemi informatici, segnatamente con particolare riferimento alle e mail allegate ai P.V.C. Tuttavia, la corretta applicazione dei principi enunciati dal giudice avrebbe dovuto condurre alla dichiarazione di inutilizzabilità dell’ulteriore documentazione acquisita (fatture attive e passive, contratti stipulati con clienti e forni documentazione bancaria), mentre la ritenuta utilizzabilità sarebbe fondata sull’erroneo presupposto che si tratterebbe di documenti per loro natura ostensibili. Si tratta di una motivazione in contrasto con il disposto di cui all’art. 220 disp.at cod.proc.pen. in quanto anche questi documenti sarebbero affetti dalla sanzione di inutilizzabilità di cui alla disposizione normativa in quanto acquisiti senza l’osservanza RAGIONE_SOCIALE garanzie difensive. Nel caso di specie l’acquisizione dei documenti sarebbe avvenuta in violazione degli artt. 253 e 258 cod.proc.pen. essendo mancato il decreto motivato dell’A.G. necessario per l’imposizione del vincolo cautelare e per l’estrazione di copie.
2.2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art 606 comma 1, lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 415 bis, 416, ‘419, comma 3 cod.proc.pen. deducendo l’inutilizzabilità dei P.V.C. e dei relativi allegati per omesso tempestivo deposito.
La Corte territoriale avrebbe errato nel respingere l’eccezione di inutilizzabilità dei P.V.C. per omesso tempestivo deposito nei termini di cui agli artt. 415 bis, 416 e 419 comma 3 cod.proc.pen. in quanto i suddetti P.V.C. sarebbero stati messi a disposizione del PM già in data 08/09/2015 e il PM avrebbe chiesto la loro acquisizione per la prima volta solo in dibattimento il 07/03/2017 e, quindi, nonostante risultasse pacifico l’omesso avviso di deposito prima della celebrazione dell’udienza preliminare, in violazione dell’art. 419 comma 3 cod.proc.pen., con conseguenti riflessi anche in tema di scelta di riti alternativi. La Corte territoriale avrebbe respinto la eccezion difensiva di inutilizzabilità nella parte in cui il PVC avrebbe contenuto meramente ricognitivo dell’attività e RAGIONE_SOCIALE operazioni materiali svolte ovvero riproduttivo documenti pienamente ostensibili ed acquisibili anche nel dibattimento senza preclusioni processuali come, ad esempio, le fatture emesse o annotate in contabilità. Escludendo la natura quale atto di indagine tout court RAGIONE_SOCIALE acquisizioni meramente riproduttive di documenti pienamente ostensibili avrebbe escluso la sanzione di inutilizzabilità per le acquisizioni tardive specificando che tale sanzione riguarderebbe soltanto gli atti di indagine in senso stretto e non già gli elementi di prova acquisibi indipendentemente da un atto d’impulso della pubblica accusa. Si tratta di una motivazione palesemente infondata in diritto e in contrasto col dettato normativo e con la ratio ad esso sottesa. Ed invero, l’omesso tempestivo deposito di elementi di prova centrali raccolti attraverso l’espletamento di attività di perquisizione e sequestro, ancorché illegittimamente compiuta e ottenuta dal PM prima dell’inizio dell’udienza preliminare, avrebbe violato le prerogative difensive tutelate dagli artt. 415 bis, 416 e 419 comma 3, cod.proc.pen. che sono espressione del principio di completezza RAGIONE_SOCIALE indagini e del correlato obbligo per il PM di sottoporre al vaglio giurisdizionale tutto il materiale raccolto. Infatti, nel caso di attività integr compiuta successivamente all’avviso di conclusione RAGIONE_SOCIALE indagini, ma antecedente all’emissione del decreto che dispone il giudizio l’inutilizzabilità non sussiste soltant qualora la relativa documentazione sia stata depositata e posta immediatamente a disposizione degli imputati non essendo ravvisabile in tal caso alcuna violazione dei diritti di difesa. In altri termini, la sanzione di inutilizzabilità non potrebbe es esclusa dalla mera circostanza che si trattava di parti del documento-processo verbale di constatazione riproduttive di documenti ostensibili e acquisibili anche in dibattimento senza preclusioni processuali. In conclusione, i tredici processi verbali di constatazione dovrebbero ritenersi interamente inutilizzabili per tardivo deposito, ai sensi degli articoli 415 bis, 416, 419 comma 3 cod.proc.pen. poiché, pur in possesso della Procura prima della celebrazione dell’udienza preliminare, sarebbero Corte di Cassazione – copia non ufficiale
stati depositati soltanto all’udienza dibattimentale con conseguente violazione del diritto di difesa.
2.2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 415 bis, cod.proc.pen., eccependo l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche. Ribadisce la difesa, a sostegno de erroneità della risposta della corte territoriale, che le intercettazioni telefoniche era state messe a disposizione degli imputati solo dopo la formale chiusura RAGIONE_SOCIALE indagini e soltanto in occasione del deposito dei faldoni al momento della richiesta di rinvio a giudizio e non al momento della conclusione RAGIONE_SOCIALE indagini.
2.2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il capo 3) in punto di dimostrazione della inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture.
2.2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il capo 3) sul ruolo di amministratore di fatto del COGNOME allegando il travisamento della prova in relazione al contenuto RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche.
2.2.6. Con il sesto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, non avendo, la Corte territoriale, valutato il comportamento collaborativo, e sul trattamento sanzionatorio che si discosta eccessivamente dal minimo edittale.
Il ricorso nell’interesse di NOME NOME è affidato a nove motivi.
3.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà, carenza di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio e alla commisurazione della pena finale in anni tre e mesi sei di reclusione.
La Corte territoriale avrebbe applicato al COGNOME una pena illegittima (anni 3 e mesi 6 di reclusione) in luogo della pena corretta (anni 3 e mesi 5 di reclusione) come risultante dalla lettura della stessa motivazione in sentenza deducendo, inoltre, la mancanza e contraddittorietà della motivazione, violazione degli artt. 81, 132, 133 cod.pen. La motivazione sarebbe mancante e in violazione di legge rispetto al capo 6) dell’imputazione in quanto il trattamento sanzionatorio sarebbe privo di qualsivoglia giustificazione pur essendo stata pronunciata condanna anche con riferimento al reato ivi contestato, e non vi sarebbe motivazione in relazione ai singoli reati satellite secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità.
3.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà e carenza di motivazione quanto all’affermazione di responsabilità, inutilizzabilità degli atti e mancata prova del superamento della soglia di punibilità.
Il motivo, che ripercorre le stesse argomentazioni svolte dall’imputato COGNOME (vedi supra), censura la decisione in punto di inutilizzabilità di tutti gli atti di indagi e non solo di alcuni, come invece aveva ritenuto la Corte d’Appello di Milano, mediante un’operazione ermeneutica arbitraria ed illogica. Se è vero che, come argomenta il ricorrente, nella generalità dei casi i P.V.0 sono trattati alla stregua d “documenti extraprocessuali”, nel caso concreto è tanto più vero che non potrebbe certamente parlarsi di “documenti” formati al di fuori di un procedimento penale in quanto, per come emerge tanto dalla sentenza del Tribunale di Milano quanto da quella della Corte d’Appello di Milano, i PVC sarebbero inequivocabilmente informative di reato che hanno fatto ingresso illegittimamente nel processo. E ciò in quanto, sin dall’inizio, l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE era stata svolta l’accertamento dei reati. Non vi sarebbero documenti e atti formati e acquisiti prima e a prescindere da un procedimento penale. È la stessa corte territoriale che riconosce che “risulta, invero, pacifico ed incontestato che l’RAGIONE_SOCIALE ha, nella specie, riscontrato il concreto fumus di reati fiscali sin dalle primissime fasi dei propri accertamenti inoltrando la comunicazione di notizia di reato al Pubblico Ministero in epoca ampiamente anteriore al formale inizio dell’attività di verifica fiseale, culminata nella redazione dei predetti PVC”. Da cui consegue l’inutilizzabilità di tutti gli atti indagine.
3.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà della dichiarazione di utilizzabilità dei documenti cartacei provenienti dai sequestri riconosciuti illegali riconosciuta inutilizzabilità dei documenti informatici provenienti dagli stessi sequestri illegali. Formula eccezione di legittimità costituzionale in ordine all’interpretazione invalsa nel diritto vivente della disposizione di cui all’art. 220 di att. cod.proc.pen.
La Corte territoriale avrebbe correttamente dichiarato l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE acquisizioni informatiche non essendo stata rispettata la disciplina del sequestro probatorio, mentre a diversa conclusione è pervenuta con riguardo alla altra documentazione cartacea. Eppure, per costante giurisprudenza di legittimità, trattasi, nell’uno e nell’altro caso, di documenti. La natura della fonte di prova sarebbe la medesima, ma il trattamento riservato dalla Corte d’Appello di Milano sarebbe stato, arbitrariamente, differente.
Nell’uno e nell’altro caso, l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe palesemente violato le stesse norme del codice di procedura penale e gli stessi diritti cosituzionali.
La Corte territoriale avrebbe violato l’art. 191 cod.proc.pen. e contraddittoriamente motivato l’utilizzabilità dei documenti non informatici. Ciò che rileverebbe è la modalità di acquisizione del documento e non tanto il documento in sé facilmente reperibile. Il fatto processuale inequivocabile è che tali documenti sarebbero stati appresi in maniera del tutto illegale. Rispetto a questo sarebbe inconferente che l’autorità avrebbe potuto reperirli altrove e che il soggetto fosse obbligato a tenerli fino alla fine dell’accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte. Non sarebbe neppure stato specificato in motivazione quale elemento probatorio tratto da banche dati o da altre fonti aperte “accessibili” sarebbe stato poi effettivamente utilizzato fini di prova.
Nella denegata ipotesi in cui non si ritengano sufficienti per l’annullamento della sentenza impugnata le argomentazioni sopra esposte, il difensore chiede che si valuti la non manifesta infondatezza della interpretazione, richiamata dalla Corte d’Appello di Milano, dell’art. 220 disp. att. cod.proc.pen., secondo cui “la violazione dell’art. 220 disp. att. cod.proc.pen. non importa certo l’inutilizzabilità tout c dell’atto, ma solo di quelle prove acquisite in violazione di speCifiche garanzie processuali che si sarebbero dovute applicare” con rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinché vagli la ragionevolezza di siffatta interpretazione e ne verific la rispondenza alle disposizioni costituzionali a presidio del diritto di difesa e del gius processo.
3.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla mancata motivazione sulla responsabilità penale all’esito della dichiarazione di inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE prove documentali informatiche.
La motivazione sarebbe carente e manifestamente illogica dal momento che, nonostante la riconosciuta inutilizzabilità di ampie parti RAGIONE_SOCIALE prove acquisite ne primo grado, la Corte d’Appello di Milano non avrebbe fornito alcuna ragionevole e persuasiva giustificazione in ordine al superamento della c.d. “prova di resistenza”, regola che, come noto, impone di valutare se la motivazione “resti in piedi”, nonostante l’elemento viziato e di verificare la sufficienza e l’adeguatezza degli ulteriori elementi considerati in motivazione a sostenere la decisione assunta.
3.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di cui all’art. 600 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il capo 10 c), deducendo il travisamento della prova per omissione stante la Mancanza RAGIONE_SOCIALE fatture per l’anno di imposta 2012.
3.6. Con il sesto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione all’elemento oggettivo del capo 3) e i’illogicità dell motivazione in relazione ai capi 11), 17) e 16).
3.7. Con il settimo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla prova del superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità in relazione alla dichiarazione infedele di cui ai capi 10) e 16).
3.8. Con l’ottavo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche,
3.9. Con il nono motivo deduce l’inesistenza del provvediment0 di proroga del deposito della motivazione ai sensi dell’art. 154 comma 4 bis disp.att. cod.proc.pen. e nullità per omesso avviso all’imputato in proprio del deposito della motivazione della sentenza oltre il termine stabilito.
La difesa di COGNOME NOME ha depositato memoria difensiva con la quale insiste nella dichiarazione di inutilizzabilità, per violazione dell’art. 220 disp. cod.proc.pen., di tutti gli atti di indagine compiuti. Argomenta la difesa che, nel caso in esame, il tema centrale non concerne il momento dell’effettiva emersione degli indizi di reità, pacificamente emersi dal 22/07/2013, ma gli effetti della mancata osservanza dell’art. 220 disp.att. cod.proc.pen. Da cui l’ulteriore carenza di motivazione là dove la sentenza impugnata si risolverebbe in un mero richiamo per relationem della sentenza di primo grado in presenza di dichiarazioni di inutilizzabilità parziale degli atti.
In subordine, eccepisce la prescrizione dei reati maturata nelle more del giudizio di legittimità e la revoca della confisca per equivalente.
La difesa di COGNOME NOME ha depositato motivi nuovi con cui ha insistito nell’accoglimento dei motivi originari. In particolare, la fondatezza dell’eccezione di inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine compiuti comporterebbe il venir meno qualsiasi elemento probatorio e dunque della tenuta logico argomentativa dell’affermazione della responsabilità per il capo 3), non essendo sufficiente a fondare la responsabilità le sole intercettazioni telefoniche e le prove dichiarative.
I difensori di NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, hanno depositato memorie difensive chiedendo l’inammissibilità/rigetto del ricorso del Procuratore generale.
7. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento della sentriza con rinvio in accoglimento del ricorso del Procuratore generale, e il rigetto dei ricorsi di COGNOME e COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Procuratore generale è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Sotto un primo profilo, il ricorso non appare rispettare i requisiti di cui all’a 581 comma 1, lett. a) cod.proc.pen. non essendo enunciati specificatamente i capi e i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
Il ricorso deduce, con un unico motivo, la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione all’inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità, nel procedimento penale soggettivamente e oggettivamente cumulativo nei confronti di COGNOME NOME NOME. Contesta l’assoluzione degli imputati dal “reato associativo e dalla maggior parte dei reati tributari”, pronunciata in ragione dell’inutilizzabilità del contenuto dei verb redatti in sede di verifica tributaria dell’RAGIONE_SOCIALE e, poi, dall’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ma non contiene, il ricorso, alcun riferimento né ai capi di imputazione a cui si riferisce l’impugnazione, né si fa carico di argomentare l’incidenza dei dati probatori ritenuti inutilizzabili – erroneamente secondo la prospettazione del ricorrente – sul compendio probatorio e del diverso epilogo rispetto a quello della sentenza impugnata.
A fronte di un processo soggettivamente e oggettivamente cumulativo, con diverso epilogo, era onere del ricorrente indicare le ragioni di censura rispetto ai capi per cui vi è stata assoluzione/proscioglimento in rapporto anche con la formula assolutoria.
Né vi è indicazione degli atti erroneamente dichiarati inutilizzabili nella prospettiva del ricorrente, e della loro rispettiva incidenza quanto ai capi d imputazione a cui si riferisce l’impugnazione.
Con riferimento poi ai capi per i quali è già intervenuta sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, anch’essi, come detto, indistintamente ricompresi tra quelli oggetto di ricorso, il ricorrente, senza contestare la correttezza L/t della declaratoria di estinzione dei reati a seguito appunto della già maturata prescrizione per effetto del computo del relativo termine, non spiega quale sarebbe il diverso esito invocato e quale comunque l’interesse che condurrebbe, anche ferma la predetta prescrizione, ad un risultato più favorevole alla stregua dei consolidati principi sul punto di questa Corte.
Quanto invece ai restanti reati per i quali, come si dirà oltre, a prescrizione maturata nelle more del giudizio di legittimità, parimenti non appare articolato il necessario interesse all’impugnazione che solo impedirebbe l’altrimenti inevitabile, secondo la giurisprudenza di legittimità, dichiarazione di inammissibilità del ricorso (da ultimo Sez. 2, n. 40373 del 27/09/2023, Pantano, Rv. 285254).
In ogni caso, la prospettazione del ricorrente è manifestamente infondata. L’interpretazione, da cui muove il Procuratore generale, dell’art. 220 disp. att. cod.proc.pen., come sopra ricostruita, finisce per travolgere la ratio della disposizione che sarebbe svuotata nella sua portata ed appare, comunque, in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
2.1. Questa Corte ha più volte affermato che, a norma dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da legg o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale debbono essere compiuti con l’osservanza RAGIONE_SOCIALE disposizioni del codice.
Tanto premesso, il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale (la cui natura non muta sia che venga acquisito quale atto irripetibile, come ritenuto da una risalente pronuncia, Sez. 3, n. 36399 del 18/05/2011, Aponte, Rv. 251235, ovvero quale prova acquisibile ex art. 234 cod. proc. pen., come affermato da Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 242523). Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’art. 220 disp. att., poiché altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 242523). Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell’insorgere degli indizi ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni dei codice di rito. Il presupposto per l’operatività dell’art. 220 in esame, peraltro, è costituito dal sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 246599; Sez. Un., 28/11/2004, n. 45477, COGNOME, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, COGNOME, Rv. 233330). Non di meno, la violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. non determina automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell’ambito di att
ispettive o di vigilanza, ma è necessario che tale inutilizzabilità (cóme la nullit dell’atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l’art. 220 stesso rimanda (Sez. 3, n. 9977 del 21/11/2019, Dichiara, Rv. 278423 – 01; Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, COGNOME, Rv. 269299). Diversamente ragionando, infatti, si giungerebbe a ritenere l’inutilizzabilità di tutti i risultati probatori e degli altri della verifica dopo la comunicazione della notizia di reato, situazione, all’evidenza priva di fondamento. Non, dunque, la generica violazione dell’art. 220 può essere dedotta, occorrendo, invece, la specifica indicazione della violazione normativa che avrebbe determinato l’inutilizzabilità con riguardo ai singoli atti compiuti dal Guardia di Finanza e riportati nel processo verbale di constatazione (Sez. 3, n. 54379 del 23/10/2018, G., Rv. 274131; successivamente, tra le molte non massimate, Sez. 3, n. 33969 del 13/6/2023).
3. Così ricordato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, è la stessa impostazione generale da cui muove il ricorrente che non può essere condivisa e risulta manifestamente infondata.
Non vi è alcun dubbio che il verbale di constatazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rientri nella categoria dei documenti extraprocessuali ricognitivi di natura amministrativa, acquisibili ai sensi dell’art. 234 cod.proc.pen., ma l’argomentata conclusione secondo cui la riconosciuta natura di autonomi e legittimi atti amministrativi per cui le modalit e i tempi della loro acquisizione devono essere quelli RAGIONE_SOCIALE prove documentali (cfr. pag. 8), vanifica la portata applicativa della disposizione di cui all’art. 220 disp. cod.proc.pen. e nega la ratio dell’estensione RAGIONE_SOCIALE garanzie difensive agli atti compiuti dall’autorità amministrativa, sottesa alla disposizione che si assume violata. E ciò in quanto, come ben osservato dai giudici del merito, non rileva il tipo di autorità che svolge l’indagine ispettiva e compie gli atti, ma la tipologia degli atti compiuti e modalità di acquisizione degli stessi, modalità di acquisizione che impone l’osservanza RAGIONE_SOCIALE disposizioni specificatamente dettate per il compimento di taluni atti in presenza di indizi di reato.
Ai fini dell’applicazione dell’art. 220 disp. atto cod.proc.pen., non è, in al termini, la veste assunta dagli accertatori, ma il tipo di attività a determinare disciplina applicabile, onde l’unico dato che conta è che in sede di accertamento si sarebbe dovuto inderogabilmente fare ricorso alle forme del codice di rito, attesa la palese emersione di elementi di reità a carico degli odierni imputati in epoca anteriore agli accertamenti di cui si discute. Ove così non fosse, e a voler seguire la tesi secondo cui il fatto che il personale dell’RAGIONE_SOCIALE, non disponga di poteri autoritativi e non possa svolgere funzioni di p.g., giustificherebbe comunque
l’acquisizione di qualsivoglia elemento documentale in violazione di ogni norma processuale sanzionata a pena di inutilizzabilità, condurrebbe all’irragionevole conclusione, come scrivono i giudici dell’impugnazione (pag. 18) che, per prescindere dalle garanzie del codice di rito, o per aggirarle, basterebbe delegare il compimento di atti formalmente amministrativi, ma nella sostanza inscrivibili nella categoria degli atti di indagine preliminare.
Se poi, come ritiene il ricorrente Procuratore generale, è indiscutibile che, nel caso in esame, la informativa alla Procura in relazione ad ipotizzabili fatti costituenti illeciti penali risalga sin dal luglio 2013, ben prima del compimento degli atti dichiarati inutilizzabili dai giudici del merito, come sopra indicato, il ricorso ri anche nella corretta interpretazione del disposto di cui all’art. 220 disp. att. cod.proc.pen., in definitiva, manifestamente infondato alla luce ,della corretta impostazione giuridica del provvedimento impugnato su cui oltre.
Osserva, infatti, il Collegio, che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali, esposti al par. 2, in tema di applicazione dell’art. 220 disp. att. cod.proc.pen., che ha espressamente richiamato là dove, in primis, ha condiviso le conclusioni a cui era già pervenuto il Tribunale, che aveva già dichiarato l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese da soggetti in realtà già indag estendendo poi, sempre in applicazione di tali principi, la portata della inutilizzabili alla documentazione informatica (cfr. pag. 128).
La sentenza impugnata, dopo avere ricordato che, fin dall’avvio dei propri mirati accertamenti, l’Ufficio erariale ne aveva rilevato i risvolti penali, informandon la Procura della Repubblica fin dalla nota del 22/07/2013 e successivamente aveva operato in collegamento con la G.d.F. delegata, ha richiamato il contenuto dell’ordinanza del 23/01/2018 del Tribunale che aveva osservato che i PVC, di cui il P.M. aveva richiesto l’acquisizione all’udienza del 7/03/2017, costituivano la riproposizione ordinata RAGIONE_SOCIALE informative dell’Ufficio finanziario al P.M., a loro volt incorporate nei rapporti all’A.G. e della G.d.F., con in allegato tutti gli atti e documen raccolti da tali organi nel corso dei procedimenti amministrativo e penale, ha condiviso il giudizio già espresso dal giudice di primo grado secondo cui l’acquisizione RAGIONE_SOCIALE fonti di prova dichiarativa e documentale era avvenuta in violazione RAGIONE_SOCIALE norme processuali che avrebbero dovuto essere osservate dai funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (tant’è che il Tribunale aveva dichiarato l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazio erga omnes: cfr. pag. 122), ha poi esteso l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE acquisizion documentali estrapolate, dietro ordine di esibizione, dai supporti informatici e dai pc
in uso al personale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE cooperative, don particolare riferimento alle numerosissime e-mail ed ai file contenenti prospetti contabili in formato excel ed altro su cui il Tribunale aveva fondato espressamente, ed in maniera preponderante, la propria decisione di condanna.
Al riguardo, osserva, il giudice dell’impugnazione che l’acquisizione di tali documenti informatici in sede ispettiva dopo l’emersione di indizi di reità, aveva comportato la mancata applicazione della disciplina del codice di rito, e segnatamente RAGIONE_SOCIALE disposizioni in tema di sequestro probatorio di cui agli artt. 253 e 258 cod.proc.pen., essendo mancato il decreto motivato dell’A.G. necessario sia per l’imposizione del vincolo cautelare, sia anche per la estrazione di copie; ovvero, nel caso di sequestro eseguito di iniziativa da parte della p.g., previsto dall’art. 35 cod.proc.pen., in assenza della convalida da parte del P.M. ex art. 355 cod.proc.pen.
Nel disattendere la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale, i giudici dell’impugnazione hanno richiamato la più recente e consolidata giuriSprudenza della Corte di cassazione, che, in armonia con i principi sovranazionali e con l’impostazione ermeneutica tracciata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e dalle stesse Sezioni Unite della Cassazione, ha affermato il principio secondo il quale l’illegittimità de sequestro, e a maggior ragione, va detto, l’apprensione del dato sensibile nella radicale assenza del dovuto provvedimento acquisitivo dell’A.G., travolge anche l’eventuale acquisizione di copia, che deve, perciò, essere restituita all’avente diritto in quanto titolare del diritto alla esclusiva disponibilità del dato informativo in es incorporato. Con conseguente inutilizzabilità a fini probatori. ex art. 191 cod.proc.pen. della cosa sequestrata e della copia estratta (Sez. 2, n. 33520 del 28/05/2021, Rv. 281919 – 01, secondo cui «In caso di sequestro probatorio eseguito d’iniziativa dalla polizia giudiziaria e divenuto inefficace per la mancata tempestiva convalida da parte del pubblico ministero, è a questi inibito di estrarre copia del compendio appreso, al fine di farne probatoriamente uso, atteso che, diversamente, la prevista sanzione dell’inefficacia del sequestro non produrrebbe alcun effetto, assumendo la tardiva estrazione della copia valenza di espediente per elidere le garanzie procedimentali)»(cfr. pag. 123 della sentenza impugnata).
Argomentano i giudici territoriali, per disattendere la tesi “salvifica” d Tribunale, che: “ai fini dell’art. 220 disp. att. c.p.p., non è affatto la veste assu dagli accertatori, ma è il tipo di attività a determinare la discipl na applicab (conclusione puntualmente condivisa dal G.u.p. che, con ordinanza del 3.3.2016, aveva accolto la medesima eccezione poi rigettata dal Tribunale), onde l’unico dato che conta è che in sede di accertamento si sarebbe dovuto inderogabilmente fare ricorso alle forme del codice di rito, attesa la palese emersione di elementi di reità a
carico degli odierni imputati in epoca anteriore agli accertamenti di cui si discute: dunque, anche a voler seguire la tesi secondo cui il personale dell’RAGIONE_SOCIALE non disponga di poteri autoritativi e non possa svolgere funzioni di p.g., ciò non potrebbe comunque giustificare l’acquisizione di qualsivoglia elemento documentale in violazione di ogni norma processuale sanzionata a pena di inutilizzabilità; altrimenti, si arriverebbe all’irragionevole conclusione che, p prescindere dalle garanzie del codice di rito o per aggirarle, basterebbe incaricare del compimento di atti formalmente amministrativi ma nella sostanza inscrivibili nella categoria degli atti di indagine preliminare funzionari amministrativi che non rivestano il ruolo di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria.
In breve: se, nonostante l’emersione di indizi di reato, si sceglie la via della delega all’A.d.E. per le attività di verifica, non si sfugge all’alternativa: o si ricon che i funzionari dell’A.d.E. rivestono il ruolo di agenti o ufficiali di polizia giudiz e allora saranno tenuti ad applicare le norme processuali penali nel compiere gli atti necessari ad assicurare le fonti di prova, a pena di inutilizzabilità, nei dovuti casi, d materiale acquisito; o si nega che i funzionari dell’A.d.E. rivestano tale ruolo, e allor l’impossibilità di applicare le predette norme farà sì che si tratti di accertament utilizzabile solo in sede tributaria, ma non penale; di certo, non potrà certamente determinare l’utilizzabilità omnimodo del materiale acquisito.
In definitiva, dunque, tutti i dati informatici acquisiti, anche in copia, d funzionari dell’A.d.E., fra i quali le numerosissime e-mail allegate ai 13 p.v.c. prodott nel corso del dibattimento sono inutilizzabili, al pari RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese in sed di verifica dai soggetti indagati (ad esempio, COGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOME e, altresì, dalle persone informate sui fatti, essendo equiparabili ai verbali di s.ì.t. di non è consentita l’utilizzazione a fini di prova in dibattimento, ovviamente al di fuor RAGIONE_SOCIALE deroghe previste dal codice di rito” (cfr. pag. 128).
Il ricorso del Procuratore generale va, in definitiva, dichiarato inammissibile.
6. A diversa conclusione, qui venendosi a valutare i ricorsi di COGNOME COGNOMECOGNOME perviene, invece, la sentenza impugnata con riguardo ad altra documentazione acquisita, ovvero le fatture attive e passive, i registri e libri contabili, i co stipulati con clienti e fornitori, gli elenchi clienti, gli estratti conto e documentaz bancaria, i verbali di assemblea, gli atti costitutivi e statuti, i regolament certificazioni, le risultanze RAGIONE_SOCIALE banche dati dell’Anagrafe tributaria e Simili.
Tali documenti, infatti, sarebbero pienamente utilizzabili, secondo la sentenza impugnata, poiché, rispetto ad essi non ricorre la medesima ratio di tutela che fonda
la soluzione interpretativa adottata dalla giurisprudenza rispetto ai dati sensibili incidenti su diritti meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza o al segreto.
Secondo la sentenza impugnata si tratta, all’opposto, di documenti per loro intrinseca natura ostensibili, essendo istituzionalmente destinati alla prova ed al riscontro – anche e soprattutto da parte RAGIONE_SOCIALE pubbliche autorità – della gestione e dei risultati dell’attività professionale o imprenditoriale dei contribuenti, nella specie cooperative ed il RAGIONE_SOCIALE, sul piano dell’esatta determinazione dell’imponibile e dei tributi dovuti all’Erario, onde non è nemmeno astrattamente ipotizzabile un interesse giuridicamente tutelato alla disponibilità esclusiva del dato conoscitivo rappresentato. Conclude, la sentenza impugnata, che per tali documenti, dunque, non sussiste una particolare disciplina di acquisizione riconducibile ad una previsione di inutilizzabilità positivizzata in specifiche norme processuali o ricostruita in via interpretativa dal formante giurisprudenziale, con conseguente loro piena utilizzabilità ai fini della decisione (cfr. pag. 129).
6.1 Tale conclusione appare, tuttavia, non coerente con la corretta applicazione dei principi giurisprudenziali che costituiscono la premessa da cui ha mosso la stessa sentenza impugnata.
Il fondamento dell’opzione ermeneutica seguita dai giudici territoriali, e più in generale la ratio del presupposto dell’utilizzabilità, prevista dall’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., “RAGIONE_SOCIALE fonti di prova” e di “quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale” sembra venire disattesa dai giudici territoriali laddove appaiono far leva sulla ritenuta “ostensibilità” dei documenti, ricollegata al solo fatto della n digitalizzazione degli stessi, onde desumerne un differente regime rispetto ai dati informatici ritenuti invece, come visto, inutilizzabili.
Tanto è sufficiente per ritenere che i ricorsi di COGNOME e COGNOME non sono manifestamente infondati con riguardo ai comuni motivi di violazione di legge di cui all’art. 220 disp. att. cod.proc.pen., situazione che, come, del resto richiesto nelle memorie difensive, comporta il rilievo della causa di estinzione dei reati maturata nelle more del giudizio di legittimità, non apparendo peraltro sussistere i presupposti per una pronuncia assolutoria nel merito ex art. 129 cod.proc.pen. come si dirà oltre.
In specifico, la prescrizione è maturata, tenuto conto dei periodi di sospensione di mesi sei e giorni diciassette: con riferimento al reato di cui al capo 3, comune ad entrambi i ricorrenti (art. 8 d.lgs. n. 74/2000) in data 17 Maggio 2023; con riferimento invece ai reati, attribuiti al solo COGNOME, di cui, rispettivamente, capi 6 e 8 (art. 5 d.lgs. n. 74/2000) in data 17 luglio 2023; con riferimento al reato di cui ai capi 10a, 10b e 10c (art. 4 d.lgs. n. 74/2000), rispettivamente, in data 9
ottobre 2023 e 22 settembre 2023 e 14 ottobre 2023; con riferimento ai capi 11, (artt. 110 cod.pen. e 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74), capo 13 (artt. 110 cod.pen. e 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74,), capo 16) (art. 110 cod.pen. 4 d.lgs 10 Marzo 2000, n. 74), capo 17 (artt. 110 cod.pen. e 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74), la prescrizione è pdte GLYPH 44k.maturata in data 14 ottobre 2023,17 luglio 2023 e 14 ottobre 2023 (per i capi 16 e 17).
8. Non ricorrono i presupposti di evidenza della prova, ai sensi dell’art. 129 comma 2 cod.proc.pen. per la pronuncia assolutoria nel merito secOndo il dictum RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite Tettamanti, per cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 – 01).
Richiamato qui il ragionamento posto tbase della sentenza impugnata (vedi supra) che ha operato una distinzione tra documentazione dichiarata inutilizzabile e documentazione invece utilizzata per l’affermazione della responsabilità di COGNOME COGNOME COGNOME, per i reati per i quali è intervenuta condanna, rileva, il Collegio, che, ai f della prevalenza del proscioglimento nel merito sulla causa estintiva della prescrizione, dovrebbe essere chiaramente apprezzabile in quali termini le doglianze dei ricorrenti circa l’inutilizzabilità degli atti comporterebbero, per il loro numero e loro contenuto, la mancanza assoluta di prova dei fatti, ciò che, però, comporterebbe un ragionamento analitico e dettagliato, ovvero da effettuarsi atto per atto, del tutto incompatibile non solo con l’evidenza ictu °cui/ richiesta dall’art. 129 comma 2, cod. proc. pen., ma anche con i limiti cognitivi di questa Corte. E ci tanto più, e ancora prima, in un contesto nel quale la responsabilità è stata rnon solo su prove documentali ma anche sugli esiti di attività di intercettazione.
La declaratoria di prescrizione rende superfluo l’esame degli ulteiriori motivi di ricorso, con i quali si eccepisce l’inutilizzabilità dei PVC per tardivo deposito, pe violazione degli artt. 415 bis, 416 e 419 cod.proc.pen. terlzumatRzcrtmitsita . , l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche per omesso deposito in sede di avviso
ex art. 415 bis cod.proc.pen. e quelli di merito in relazione all’affermazione della responsabilità e al trattamento sanzionatorio.
Infine, deve trovare applicazione l’effetto estensivo, ai sensi dell’art. 587 comma 1, cod.proc.pen. dell’impugnazione, nei confronti del coimputato non impugnante COGNOME NOME nei cui confronti la sentenza va annullata senza rinvio per essere il reato a lui ascritto (capo 3) estinto per prescrizione.
Come affermato da Sez. U, n. 3391 del 26/10/2017, P.G. in proc. Visconti, Rv. 271539 – 01, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non può essere pronunciata anche nei confronti del coimputato non impugnante in forza dell’effetto estensivo dell’impugnazione previsto dall’art. 587, comma 1, cod. proc. pen., se il giudicato di colpevolezza nei suoi confronti si è formato prima del verificarsi della predetta causa estintiva. A contrario, l’effetto estensivo dell’impugnazione è operativo qualora il giudicato sulla colpevolezza sia successivo alla maturazione del termine di prescrizione.
Nel caso in esame, il giudicato di colpevolezza si è formato alla data del 15 ottobre 2023, tenuto conto del deposito RAGIONE_SOCIALE motivazioni al 10 agosto 2023, e il reato di cui al capo 3) si è estinto per prescrizione maturata il 17 maggio 2023, ovvero in epoca antecedente al giudicato di colpevolezza.
Alla dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME consegue la revoca della confisca per equivalente disposta per i reati dichiarati estinti per prescrizione, non trovando applicazione il disposto di cui all’art. 587 bis cod.proc.pen. secondo cui “Quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240 bis del codice penale e da altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall’articolo 322 ter del codice penale, il giudice d appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato”, alla luce del portato applicativo come delineato dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 4145/2022.
La confisca per equivalente era stata disposta nei confronti di COGNOME NOME, rideterminata sino alla concorrenza della somma di C 6.$52.439, pari all’importo complessivo dell’illecito profitto derivante dall’indebito risparmio imposta conseguito dai reati contestati all’imputato, quale amministratore di fatto RAGIONE_SOCIALE cooperative sopra specificate, ossia dei capi 6) – relativamente ai fatti commessi il 30.12.2012 -, 8), 10), 11), 13), 16) e 17).
Le Sezioni Unite della Cassazione, dopo avere precisato che al richiamo, contenuto nell’art. 578-bis cod.proc.pen., alla confisca “prevista da alte disposizioni
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di legge” – deve riconoscersi una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere, siccome formulato senza ulteriori specificazioni, anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 02), hanno, tuttavia, affermato che, stante la natura sanzionatoria, essa è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore e ove questa sia stata disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del citato art. 578bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 284209 – 01; Sez. 3, n. 20793 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281342 – 01; Sez. 3, n. 7882 del 21/01/2022, Rv. 282836 – 01; Sez. 3, n. 39157 del 07/09/2021, Rv. 282374 – 01).
La disposta confisca per equivalente va, dunque, revocata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e, per l’effetto estensivo di cui all’art. 587 cod.proc.pen., nei confronti di COGNOME NOME perché i residui reati a loro rispettivamente ascritti sono estinti per prescrizione. Revoca la confisca per equivalente disposta nei confronti di COGNOME NOME.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.
Così deciso il 14/05/2024