Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9015 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9015 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TORREMAGGIORE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 24/11/2021 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori degli imputati, gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che si riportano ai motivi e insistono per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 24/11/2021, ha confermato la sentenza di condanna pronunciata all’esito del processo celebrato con le forme del giudizio abbreviato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Foggia in data 18/12/2018 nei confronti di COGNOME NOME NOME COGNOME NOME in relazione ai reati di detenzione e porto di due pistole, armi comuni da sparo clandestine, di cui agl artt. 81 e 110 cod. pen., 23, commi 1, 4 e 5 della L. 110/1975 e di cui agli artt. 81, 110 648 cod. pen. per la ricettazione delle medesime armi.
I due imputati sono stati processati con le forme del rito abbreviato per avere detenuto e portato in luogo pubblico due pistole, una RAGIONE_SOCIALE & RAGIONE_SOCIALE e una Arminius, con
la matricola resa irriconoscibile mediante punzonatura ovvero abrasa e per la ricettazione delle stesse armi.
All’esito delle indagini il giudice di primo grado ha fondato la dichiarazione responsabilità sulla base del contenuto di alcune conversazioni intercettate, sugli spostamenti monitorati a mezzo GPS e sulle attività poste in essere dalla polizia giudiziaria
Avverso la sentenza hanno proposto appello gli imputati evidenziando che il compendio indiziario posto a fondamento della decisione era inidoneo a concludere per la responsabilità degli stessi per l’illogicità del ragionamento seguito al fine di ritenere ch armi (una rinvenuta occultata in un terreno e l’altra sul manto di una strada provincial fossero a loro attribuibili. Nello specifico, poi, la difesa ha censurato le modalità co quali i due imputati sono stati identificati come le persone che hanno intrattenuto conversazioni intercettate, riconoscimento effettuato dalla polizia giudiziaria comparando le voci di diverse conversazioni.
Prima della celebrazione dell’appello la difesa ha depositato dei motivi nuovi nei qual ha eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni, che sarebbero state disposte in un procedimento.
All’esito del giudizio di appello la Corte territoriale, dichiarati inammissibili in tardivamente depositati i motivi nuovi, ha ritenuto infondata l’impugnazione e ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo del comune difensore, l’AVV_NOTAIO, rilevato che l’identificazione riportata in sentenz errata, hanno dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge in relazione alla ritenuta inammissibilità dei motivi nuovi appello. Nel primo motivo la difesa rileva che la questione posta con i motivi nuovi -pur a prescindere dall’eventuale tardività del deposito degli stessi e dal fatto che questi riferissero a un punto non contenuto nei motivi originariamente proposti- avrebbe dovuto essere comunque valutata dalla Corte territoriale. Le questioni afferenti all’inutilizzabi delle intercettazioni, infatti, sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del proced così che possono essere sollevate dalle parti in qualunque fase del processo senza che valgano i limiti di decadenza ovvero le preclusioni previste per i motivi nuovi o aggiunti
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione d responsabilità degli imputati con riferimento: all’individuazione degli stessi quali i sogg che avevano utilizzato le schede telefoniche intercettate o che erano all’intern dell’autovettura il 12/5/2017; all’attribuzione della pistola Arminius, rinvenuta sul cigl una strada provinciale; alla detenzione delle armi, ritenuta senza che sia stato dimostrato che i ricorrenti abbiano mai avuto la disponibilità delle stesse.
In data 15 settembre 2023 gli imputati, a mezzo del comune difensore, AVV_NOTAIO, hanno depositato ex artt. 585, comma 4 e 611 comma 1, cod. proc. pen. dei motivi nuovi nei quali hanno dedotto.
4.1. La violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 178, comma 4 e 597 cod. proc. pen. I ricorrenti, facendo riferimento al primo motivo di ricorso, ribadendo che la questione sollevata con i motivi nuovi di appello si riferiva alla violazio dell’art. 191 cod. proc. pen., evidenziano che rispetto a questa non sussisteva alcuna preclusione, ciò anche perché la stessa si riferiva comunque al petitum, afferente all’attribuzione di responsabilità, già oggetto dei motivi originari di appello.
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione d responsabilità con specifico riferimento all’identificazione delle voci intercettate con que degli imputati e all’utilizzabilità della geolocalizzazione effettuata mediante GPS. N secondo motivo nuovo la difesa evidenzia la carenza di motivazione quanto alle modalità utilizzate, il mero riconoscimento delle voci effettuato dagli operanti, per attribuir ricorrenti le condotte oggetto di imputazione. Sotto altro profilo, poi, la difesa, ci anche giurisprudenza internazionale, censura l’utilizzabilità del geolocalizzatore GPS che sarebbe mezzo di ricerca della prova per il posizionamento del quale -considerato che ciò comporterebbe la violazione del diritto alla privacy e costituendo un’indebita interferenz nella vita privata- sarebbe necessaria un’espressa autorizzazione del giudice.
4.3. Violazione di legge in relazione alla nozione di detenzione di arma. Nel terzo motivo la difesa evidenzia che nel caso di specie non sarebbe emerso alcun elemento dal quale poter anche solo inferire che gli imputati abbiano avuto l’effettiva disponibilità d armi oggetto di contestazione.
4.4. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’identificazione degli imputat
4.5. Violazione di legge in relazione all’art. 49 cod. pen. in ordine alla rite sussistenza del reato di detenzione delle armi in quanto il costante monitoraggio da parte delle forze dell’ordine cui gli imputati erano sottoposti escluderebbe qualsivoglia offesa bene giuridico tutelato dalla norma.
4.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in merito all’elemento psicologico de reato di ricettazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono complessivamente infondati.
Nel primo motivo di ricorso e nel primo dei motivi nuovi la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta utilizzabilit intercettazioni.
La doglianza è infondata.
2.1. La Corte territoriale ha ritenuto di essere esonerata dall’obbligo di prendere considerazione l’eccezione relativa all’utilizzabilità delle intercettazioni in quanto qu era stata sollevata solo con i motivi nuovi, proposti nel corso dell’udienza di discussione pertanto, dopo che il termine previsto dall’art. 585 cod. proc. pen. era scaduto, ciò senza considerare che la questione rientrava tra quelle rilevabili d’ufficio in ogni stato e grad
Il giudice d’appello, pure senza fare alcuna esplicita citazione, ha evidentemente fatto riferimento ad alcune pronunce di questa Corte secondo le quali i motivi nuovi devono riguardare il medesimo peteum e la stessa causa petendi così che gli stessi non possono in alcun modo modificare il perimetro di quanto devoluto, neanche introducendo per la prima volta questioni rilevabili d’ufficio.
In questo senso, con una decisione relativa a un’analoga eccezione in materia di utilizzabilità di intercettazioni acquisite da altro procedimento in difetto dei presuppos legge, dedotta solo come motivo nuovo, si è espressa, tra le varie, da ultimo, Sez. 2, n. 11291 del 17/02/2023, Lanza, Rv. 284520 – 01 per la quale “è inammissibile il motivo nuovo di ricorso, presentato ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., avente ad oggetto un punto della decisione non investito dall’atto di ricorso originario, operando la preclusio prevista dall’art. 167 disp. att. e trans. cod. proc. pen. pur nell’ipotesi in cui la ded riguardi l’inutilizzabilità di prove acquisite illegittimamente, rilevabile anche d’ufficio stato e grado del procedimento ex art. 191, comma 2, cod. proc. pen., posto che occorre pur sempre che l’eccezione sia proposta con l’atto di ricorso principale” (nel medesimo senso, più risalente nel tempo Sez. 1, n. 33662 del 09/05/2005, Baldacchio, Rv. 232406 – 01).
2.2. Il principio applicato dalla Corte territoriale, corretto in generale quan limite posto per le censure che è possibile devolvere al giudice dell’impugnazione con i motivi nuovi, non è condivisibile con riferimento alle questioni che per espressa previsione possono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo.
La decisione in ordine alla possibilità di eccepire le violazioni di divieti probat che determinano la nullità assoluta di atti, infatti, non è lasciata alla libera dispon delle parti in quanto su tali questioni l’ordinamento attribuisce al giudice non solo e tanto il potere di intervenire in ogni stato e grado quanto il dovere di farlo, senza che possa essere evidentemente limitato dall’inerzia, dalle scelte o dall’interesse di una anche di tutte le parti del processo.
In questo senso, d’altro canto, deve intendersi la pacifica giurisprudenza di legittimità che, con specifico riferimento all’inutilizzabilità, ha evidenziato che le vio di divieti posti a tutela di diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzio soffrono alcuno sbarramento processuale (Sez. 3, n. 35705 del 29/09/2020, D., Rv. 280892 – 01; Sez. 4, n. 47803 del 09/10/2018, B., Rv. 274034 – 01; Sez. 3, n. 15828 del
26/11/2014, dep. 2015, V., Rv. 263342 – 01; Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014, dep. 2015, V., Rv. 263343 – 01; Sez. 3, n. 32530 del 06/05/2010, H, Rv. 248220 – 01; cfr. Sez. U, Sentenza n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216246 – 01).
Conclusione questa anche confermata ora a livello normativo dal testo dell’art. 438, comma 6 bis, cod. proc. pen., che prevede espressamente che rispetto a tali violazioni non operi lo sbarramento costituito dall’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, conseguenza di una scelta di parte.
E ad analoghe conclusioni, inoltre, impone di addivenire quanto previsto dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. che, anche per la fase di legittimità, cioè per una impugnazione a devoluzione circoscritta, esclude che possa operare qualsivoglia sbarramento per le questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado.
In una corretta prospettiva interpretativa, pertanto, si deve ribadire che il li devolutivo previsto per i motivi nuovi non opera per le questioni, come l’inutilizzabil derivante dalla violazione di un divieto probatorio, rilevabili anche d’ufficio in ogni st grado del processo in ordine alle quali, pertanto, quando sono sollevate in una fase processuale già correttamente instaurata, il giudice è tenuto comunque a pronunciarsi, a prescindere dall’ammissibilità o meno dell’atto successivamente pervenuto.
Così già Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, U., Rv. 210259 – 01 che -nello stabilire il principio per cui «i “motivi nuovi” a sostegno dell’impugnazione, previsti tanto nel disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585, quarto comma, cod. proc. pen., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, cod. proc. pen.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, cod. proc. pen.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a), cod. proc. pen.»- hanno specificato in motivazione che nel ca di specie i motivi aggiunti erano inammissibili «dovendosi escludere che siano state proposte nullità rilevabili di ufficio”, con ciò confermando che il motivo “nuovo”, anche in astratto inammissibile, deve essere sempre esaminato dal giudice se involge una questione rilevabile d’ufficio.
2.3. Nel caso di specie la mancanza di una puntuale disamina e di una pronuncia da parte del giudice di appello in ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle intercetta non determina comunque la nullità della sentenza impugnata.
Come pacificamente riconosciuto, infatti, alla decisione in ordine alle questioni i rito poste dalla difesa in sede di appello può procedere direttamente questa Corte quale giudice dei presupposti della decisione stessa, sulla quale esercita il proprio controllo, qua che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, COGNOME, Rv. 186998; Sez. 1, n. 29036 del 06/02/2018 – dep. 22/06/2018, COGNOME, Rv. 273296Sez. 5,
n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255515; Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME, Rv. 221322), e, al limite, anche ove la giustificazione sia del tutto mancata.
2.3.1. Nelle conclusioni formulate nel corso della discussione al termine del giudizio di appello la difesa ha proposto come motivo nuovo la questione relativa all’utilizzabili delle intercettazioni ambientali e telefoniche rilevando che queste sarebbero state effettuate in un diverso procedimento, il n. 2221/17 r.g.nr., che non sarebbe connesso con quello oggetto del presente processo in quanto gli attuali imputati non erano in quello sottoposti a indagini. Sotto altro profilo, poi, le intercettazioni relative a due utenz sarebbero utilizzabili in quanto, “a lume della difesa”, i decreti autorizzativi non sarebb stati reperibili in atti.
La censura, allora formulata in termini generici e ora non meglio illustrata, manifestamente infondata.
La circostanza che i due attuali imputati non fossero originariamente sottoposti a indagini è del tutto irrilevante.
Così come inconferente risulta l’affermazione secondo la quale il procedimento nel quale sono state disposte ed effettuate le intercettazioni e il presente processo non sono connessi.
La questione circa l’esistenza o meno di un rapporto di connessione tra i reati, infatti, assume rilievo per individuare il significato da attribuire al sintagma “di procedimento” allorché si deve verificare se e in che termini operi il divieto di cui dall 270; comma 1, cod. proc. pen. e quanto previsto dal successivo comma 2 nel caso in cui le intercettazioni siano state effettuate all’interno di un unico procedimento/fascicolo ( tutte Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395 – 01).
Diversamente, in presenza di un reato per il quale è obbligatorio l’arresto in flagranza ovvero che rientra tra quelli indicati espressamente dall’art. 266 cod. proc. pen. come nel caso di specie, il riferimento alla connessione di cui all’art. 12 cod. proc. p non è necessario e, ai fini dell’utilizzabilità, è sufficiente il rispetto delle forme di c 270, comma 2, cod. proc. pen., ovvero che nel secondo procedimento/fascicolo siano stati depositati i verbali e le registrazioni delle attività compiute.
Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che l’attuale procedimento è stato iscritto il 10 ottobre 2017 quale stralcio di quello rubricato con il n. 2221/17 r.g.n.r.
Nel procedimento oggetto del processo, come indicato nel decreto che ha disposto lo stralcio, sono confluiti in copia tutti gli atti del procedimento originario e, nello spe gli atti relativi ai RIT delle intercettazioni poi utilizzate per la decisione.
In tal modo, pertanto, le conversazioni e tutti gli altri atti cui si è fatto riferimento nell’attuale processo, che sono stati autorizzati ed effettuati nel procediment originario prima dello stralcio, confluiti nell’attuale processo all’atto stesso della forma
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iniziale del fascicolo, sono stati correttamente acquisiti nel rispetto delle forme di cui al 270, comma 2, cod. proc. pen.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire in ordine alla questione posta con riferimento al presunto mancato reperimento in atti dei decreti autorizzativi relativi a d delle utenze intercettate.
Sul punto, al di là dell’incertezza e della genericità della deduzione (cfr. comunque pagine 6 e 7 della sentenza impugnata nelle quali si dà atto della presenza in atti dei decreti), si deve infatti ribadire che l’omesso deposito del decreto autorizzativo no determina l’inutilizzabilità delle intercettazioni posto che l’art. 270, comma 2, cod. pr pen. -all’epoca dei fatti ma anche seguito delle modifiche introdotte dalla legge 9 ottobr 2023, n. 137- prevede il solo deposito, presso l’autorità giudiziaria competente per i procedimento diverso da quello nel quale l’attività captativa è stata disposta, dell registrazioni e dei verbali delle intercettazioni da utilizzare (da ultimo Sez. 1, Sentenza 49627 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285579 – 02).
Nel secondo dei motivi originari di ricorso così come nel secondo, terzo, quarto e sesto dei motivi nuovi, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione ordine all’affermazione di responsabilità, con specifico riferimento all’individuazione deg imputati (effettuata anche ricorrendo al GPS che sarebbe inutilizzabile), all’attribuzion agli stessi delle armi e alla possibilità di ritenere che le abbiano detenute e, infine, sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione.
Le doglianze sono manifestamente infondate.
3.1. La Corte territoriale, con motivazione che si salda e integra con quella resa all’esito del giudizio di primo grado, ha fornito adeguata e coerente risposta alle censur formulate dalla difesa in ordine all’identificazione dei ricorrenti e si è così conformat criteri indicati dalla pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto (Sez. 2, Sentenz 12858 del 27/01/2017, COGNOME, Rv. 269900 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259478 – 01 per la quale «ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice ben può utilizz dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di riconosciuto le voci di taluni imputati, così come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario»)
Il giudice di appello, infatti, evidenziando la circostanza che le utenze riferibi due imputati erano da tempo oggetto di intercettazione, ha dato conto dell’attendibilità del riconoscimento delle voci effettuato dagli operanti, ciò anche tenendo conto dal percorso seguito dall’autovettura il giorno 12 maggio 2017 allorché ha iniziato la marcia da San Severo, da una località prossima all’abitazione di Bonsanto, e ha arrestato la marcia
per far salire il passeggero proprio a Torremaggiore, in INDIRIZZO, nei pressi dell’abitazione di Putignano.
Prive di fondamento, poi, sono le censure in ordine all’utilizzabilità del GPS, formulate per la prima volta in questa sede.
Dalla lettura della sentenza impugnatel i , infatti, risulta che l’istallazione del rilevatore satellitare era contenuta nella richiesta di intercettazione ed era sta autorizzata dal giudice per le indagini preliminari (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Più in generale, d’altro canto, pure tenuto conto delle considerazioni contenute in parte della giurisprudenza internazionale citata nell’atto di ricorso, si deve ribadire pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale «la localizzazione “da remoto”, a mezzo di sistema di rilevamento satellitare (GPS), degli spostamenti di un soggetto, rientrante fra i mezzi atipici di ricerca della prova, è utilizzabile nel processo penale sen necessità di autorizzazione preventiva da parte dell’autorità giudiziaria, in quanto non s risolve in una interferenza con il diritto alla riservatezza delle comunicazioni, né in u lesione dell’inviolabilità del domicilio» (Sez. 4, n. 21856 del 21/04/2022, COGNOME, Rv 283386 – 01; Sez. 2, n. 23172 del 04/04/2019, COGNOME., Rv. 276966 – 02; Sez. 2, n. 21644 del 13/02/2013, COGNOME, Rv. 255542 – 01; Sez. 4, n. 48279 del 27/11/2012, COGNOME, Rv. 253953 – 01; Sez. 1, n. 9416 del 07/01/2010, COGNOME, Rv. 246774 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 15396 del 11/12/2007, Sitzia, 2008, Rv. 239635 – 01).
3.2. Del pari manifestamente infondate sono le generiche doglianze afferenti alla mancanza di elementi dai quali poter desumere che gli imputati abbiano avuto la disponibilità delle armi e che le abbiano, pertanto, detenute.
In ordine alla RAGIONE_SOCIALE la sentenza impugnata, con il riferimento alle modalità di occultamento (analiticamente descritte riportando il contenuto della conversazione del 12 maggio 2017), al rinvenimento nell’abitazione di Putignano di oggetti compatibili con l’involucro nel quale l’arma era conservata e, da ultimo, al contenuto della conversazione intercorsa il 27 magio 2017, ha dato concreto e coerente conto della sussistenza dell’elemento materiale del reato contestato e della piena disponibilità dell’arma che i due ricorrenti hanno avuto sino alla data in cui la polizia giudiziaria proceduto al sequestro.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire quanto all’Arminius, arma detenuta dagli imputati sino alla data, il 5 maggio 2017, di cui gli stessi, come evidenziato dai due giudic di merito, si sono liberati al solo fine di evitare che questa potesse essere reperita n corso del controllo di polizia al quale sono stati sottoposti in quel frangente.
3.3. A fronte della provata detenzione delle armi clandestine qualsivoglia considerazione o censura in ordine alla sussistenza o meno dell’elemento psicologico del reato di ricettazione risulta inconferente.
La sola detenzione di un’arma illecita, peraltro in assenza di una spiegazione alternativa, infatti, configura il reato di cui all’art. 648 cod. pen. in ciò dovendosi r sul punto il consolidato orientamento di questa Corte (tra le tante Sez. 3, n. 40385 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 276935 – 01; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, RV. 270120 – 01; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, RV. 268713 – 01; specifiche sul punto Sez. 1, n. n. 23713 del 18/6/2020, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 4202 del 26/01/1985, Guasco, Rv. 169003 – 01) per il quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la p dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. In tal modo, d’altro canto, soprattutto in presenza di un bene come un’arma clandestina la cui provenienza illecita risulta evidente, non si richiede all’imputato provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire un’attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo così non a onere probatorio, bensì a un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (in tal senso, Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007, COGNOME, Rv. 236914). Ciò anche considerando che l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e dell relativa accettazione del rischio (Sez. U, n.12433 del 26/11/2009, dep. 2010, COGNOME, RV. 246324 – 01).
Nel quarto dei motivi nuovi la difesa deduce la violazione di legge in relazione all’art. 49 cod. pen. quanto alla ritenuta sussistenza del reato di detenzione delle du pistole.
La doglianza, formulata per la prima volta in questa sede, è manifestamente infondata.
La circostanza che la polizia giudiziaria abbia avuto conoscenza dell’occultamento della RAGIONE_SOCIALE, monitorandolo, è del tutto ininfluente.
L’arma, infatti, è stata nella disponibilità dei due imputati sino alla data sequestro a nulla rilevando il fatto che quanto accaduto in data 12 maggio 2017 sia stato seguito a distanza dagli investigatori che, all’evidenza, non hanno per ciò solo interrott la condotta di detenzione, pure almeno sino ad allora sussistente, ma, semplicemente, ne hanno avuto conoscenza.
L’Arminius, invece, diversamente da quanto indicato dalla difesa, non è stata “persa”, circostanza che pure non escluderebbe la precedente detenzione e, quindi la
sussistenza del reato, ma è stata “buttata” dai due ricorrenti in data 5 maggio 2017 al fine di impedire che l’arma venisse rinvenuta durante il successivo controllo di polizia. Anche in tale situazione, pertanto, l’elemento materiale del reato (la detenzione quanto meno sino al 5 maggio 2017) è stato correttamente ritenuto sussistente nelle conformi pronunce dei giudici di merito e la conclusione non è sindacabile in questa sede.
5. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 14 novembre 2023
Il Consigli e estensore
Il Presidente