Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29561 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29561 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME nato a BRESCIA il 14/02/1981 NOME COGNOME nato a null (ALBANIA) il 26/01/1986
avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Brescia sentita la relazione del consigliere relatore NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso d COGNOME e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., il Tribunale del Riesame di Brescia ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Brescia aveva applicato la misura della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, commesso quanto meno dal luglio 2020 al 25 giugno 2023 e tutt’ora operante (capo 1) e ai reati scopo di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 ( capi 25 e 53); il Tribunale ha annullato la medesima ordinanza in ordine ad altri reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 (capi 38, 50 e 51).
Il Tribunale, in parziale riforma dell’ordinanza, ha sostituito nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 74 d.P.R. n. 309/90, quale concorrente esterno dell’associazione, con la misura degli arresti domiciliari.
I giudici COGNOME hanno dato atto che le indagini, GLYPH relative ad un’attività di commercio di sostanze stupefacenti all’interno di locali situati nella riviera del lago di Garda, avevano condotto, in data 14 dicembre 2020, all’arresto di NOME COGNOME trovato in possesso di 1,8 kg di cocaina; erano stati, indi, identificati il fornitore della sostanza, NOME COGNOME e, più in alto nella s gerarchica, l’organizzatore della transazione, NOME COGNOME In tal modo era stata disvelata l’esistenza di un sodalizio criminale di matrice albanese, riconducibile al clan COGNOME di Elbasan, dedito al narcotraffico su scala internazionale, con acquisto di cocaina dal Sudamerica e successivo trasporto e smercio in vari paesi europei; era emersa, altresì, una articolazione italiana di detto sodalizio, operante nel territorio bresciano e capeggiata dai fratelli COGNOME e NOME COGNOME
NOME COGNOME era stato individuato, insieme a NOME COGNOME, NOME COGNOME e al fratello NOME COGNOME come uno dei partecipi dell’articolazione italiana, in diretto contatto con i fratelli COGNOME era stato tratto arresto 1’8 novembre 2021, mentre trasportava a bordo di un furgone kg. 350 di cocaina (fatto per il quale si era proceduto separatamente); anche dopo l’arresto, dalla casa circondariale, comunicando con il fratello attraverso un telefono di cui aveva avuto la disponibilità grazie alla complicità di un agente di polizia penitenziaria, aveva proseguito l’attività di smercio di droga nel quartiere INDIRIZZO di Brescia.
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NOME era stato ritenuto concorrente esterno dell’associazione, per avere fornito i mezzi di comunicazione criptati e assicurato l’assistenza tecnica al fine di rilevare la presenza di microspie installate dalla polizia.
Contro l’ordinanza, GLYPH gli indagati summenzionati, a mezzo dei GLYPH loro difensori, hanno proposto ricorso.
2.1. NOME COGNOME ha formulato tre motivi.
2.1.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e in specie dell’art. 268 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per avere il Tribunale, da una parte, dichiarato l’inutilizzabilità delle intercettazioni e, dall’altra, utili alcuni dati riferiti a dette intercettazioni (quali il nominativo del sogget contattato) a fondamento della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo.
Il Tribunale, pur avendo dichiarato l’inutilizzabilità delle intercettazioni dell conversazioni sul telefono cellulare per la mancata messa a disposizione dei relativi file audio, cionondimeno aveva dato rilievo al dato per cui dette conversazioni erano avvenute con il fratello NOME NOME, impegnato in attività di spaccio nel quartiere San Polo di Brescia e aveva, anche, affermato, in altro passaggio dell’ordinanza, che il ricorrente aveva proseguito i traffici illecit dirigendo dal carcere l’attività del fratello. Il difensore ricorda che il concetto inutilizzabilità non riguarda solo il processo di formazione della prova, ma anche quello della sua utilizzazione processuale: l’art. 191 cod. proc. pen. individua un divieto di utilizzazione che discende da un divieto di acquisizione, sicché la prova, in tal caso, deve considerarsi esclusa radicalmente dal sistema processuale (Sez. 5 n. 20855 del 26 maggio 2021). Ne consegue che il giudice non può trarre da essa alcun elemento utile per la decisione e la prova deve essere espunta dal compendio probatorio.
In tesi difensiva, dunque, l’ordinanza impugnata sarebbe viziata, in quanto recupera surrettiziamente il contenuto delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili. Il dato storico dei contatti fra l’indagato e suo fratello forma pa integrante del ragionamento del Tribunale sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo 1): il Tribunale lo richiama a pag. 10 e anche nelle conclusioni a pag. 28, affermando che COGNOME, anche dopo l’arresto dell’8 novembre 2021, era rimasto operativo per il tramite del fratello. Al contrario, depurata la piattaforma conoscitiva dal dato storico dei contatti fra l’indagato e il fratello, non rimane che l’uso dei telefoni criptati per un period di tempo limitato, intercorrente tra la fine del 2020 e l’ inizio del 2021, fronte della operatività dell’associazione protrattasi, secondo la contestazione, dal luglio 2020 al 25 giugno 2023 e ritenuta ancora attiva.
2.1.2 Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in specie dell’art. 254 cod. proc. pen. come interpretat3 a seguito della sentenza n. 170/2023 della Corte Costituzionale, quale norma processuale stabilita a pena di nullità, nonché a pena di inutilizzabilità, nella parte in cui utilizza conversazioni mediante applicativo whatsapp tra il ricorrente e il fratello NOME COGNOME a sostegno dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo 53 e a sostegno delle esigenze cautelari.
L’utilizzo probatorio delle chat è in contrasto con il principio per cui le stesse non hanno natura di documenti, bensì di corrispondenza tutelata dall’art. 15 della Costituzione e, dunque, la loro acquisizione richiede il sequestro nelle forme di cui all’art. 254 cod. proc. pen. del dispositivo ove sono memorizzate (Sez. 1 n. 43444 del 28 novembre 2024). I richiami che l’ordinanza effettua alle conversazioni whatsapp tra l’indagato e il fratello appaiono viziati, in quanto acquisiti al di fuori delle garanzie previste dal codice di rito, mancando il sequestro dei dispositivi. Escluse le suddette conversazioni, non rimane alcun elemento per sostenere i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo 53, nonché le esigenze cautelari.
2.1.3 Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per avere il Tribunale confermato la misura della custodia in carcere, pur a fronte di un quadro accusatorio mutato rispetto al momento dell’emissione dell’ordinanza, stante la inutilizzabilità delle intercettazioni e la dichiarata insussistenza d gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di cui ai capi 38), 50) e 51), nonché a fronte del significativo periodo di tempo decorso dal GLYPH momento della realizzazione delle condotte; GLYPH ha dedotto, altresì, la mancata autonoma valutazione GLYPH delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della misura della custodia in carcere. GLYPH Più in generale l’ordinanza non ha dato conto degli elementi da cui desumere la concretezza e l’attualità del pericolo, tenuto anche conto che COGNOME, nel momento in cui è stato attinto dalla misura, era già ristretto in carcere.
2.2 NOME COGNOME ha formulato un solo motivo con cui ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di concorso esterno in associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Il difensore osserva che l’ordinanza impugnata avrebbe valorizzato solo la consapevolezza da parte dell’indagato di relazionarsi con un’associazione dedita ad attività illecita, ma nulla avrebbe argomentato in merito alla valenza causale del contributo: l’utilizzo da parte degli indagati dei cellulari della piattaforma Sky ECC forniti dall’indagato non ha impedito in alcun modo lo sviluppo delle indagini, in quanto tali telefoni, fin all’inizio dell’anno 2021, hanno perso la caratteristica impenetrabilità che avevano in precedenza’ posseduto.
Il Procuratore Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso dí Paolisso e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di Isteri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Entrambi i ricorsi devono essere rigettati.
2. Il ricorso di NOME COGNOME.
2.1. Il primo GLYPH motivo, incentrato sulla GLYPH valorizzazione da parte del Tribunale di dati, quali in particolare i contatti dal carcere fra il ricorrente fratello, tratti da intercettazioni ritenute inutilizzabili, è infondato.
2.1.1 E noto che la Corte Costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 336, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 268 cod. proc. pen. “nella parte i cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate.” L’intervento della Consulta ha, quindi, introdotto un vero e proprio diritto del difensore di conoscere compiutamente il contenuto delle intercettazioni, anche in fase cautelare, e di ottenere la trasposizione delle stesse su nastro magnetico, al fine di espletare al meglio la difesa.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che «in tema di riesame, l’illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell’art. 268 cod. proc. pen., l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzat fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in considerati. Ne consegue che, qualora tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame ed il Tribunale non abbia potuto acquisire il relativo supporto fonico entro il termine perentorio di cui all’art. 309, nono comma, cod. proc. pen., le suddette trascrizioni non possono essere utilizzate come prova nel
giudizio «”de libertate”» (Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, Lasala, Rv. 246907 – 01).
2.1.2. Sulla scorta di tali principi, il Tribunale, su eccezione della difesa, ha dichiarato l’inutilizzabilità delle intercettazioni fra l’indagato e il fra transitate su un’utenza in uso al primo nel momento in questi si trovata ristretto in carcere. Il Tribunale ha, tuttavia, precisato che l’inutilizzabilità de intercettazioni non privava di rilievo il dato, risultato accertato, che NOME dal carcere comunicasse con il fratello, dedito al traffico di droga, tramite utenza telefonica.
dato nel procedere alla valutazione della prova: in tal senso ed a tali fini quel dato, perciò, rimane in quella sede inutilizzabile”.
La decisione impugnata, dunque, ha fatto corretta applicazione di tali principi e ha rilevato l’impossibilità di valutare il contenuto delle intercettazio ma non anche di tenere conto degli altri dati non ricavabili dal contenuto, quali in primis l’identità dei soggetti colloquianti e le date delle conversazioni.
Lo stralcio di motivazione della sentenza della Sez. 5 n. 20588 del 17/03/2021 riportata nel ricorso, secondo cui la prova dichiarata inutilizzabile deve considerarsi radicalmente espunta dal sistema processuale, ha riguardo al differente caso in cui l’inutilizzabilità è collegata al processo di formazione dell prova, ovvero alla c.d inutilizzabilità patologica, relativa alle prove assunte in violazione dei divieti stabiliti dalla legge, e non già alla inutilizzabilità estrinseca, relativa alla lesione del diritto di difesa verificatasi nella f cautelare per l’impossibilità di esaminare la fonte diretta delle intercettazioni, ovvero le registrazioni.
In ogni caso, COGNOME la motivazione del Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza si fonda su un vasto compendio probatorio e in particolare:
sulle conversazioni delle chat SKY ECC, acquisite tramite OIE in epoca precedente all’arresto dell’8 novembre 2021, nel periodo 22 giugno 2020 – 8 marzo 2021, con i fratelli COGNOME finalizzate ad organizzare il traffico di droga nella provincia bresciana, da cui erano emersi il risalente e consolidato contatto di COGNOME con i vertici del sodalizio, la sua indefessa attività di acquisto rivendita di ingenti quantitativi di cocaina e marijuana per conto degli stessi e la rivendicata appartenenza a tale sodalizio;
sui servizi di osservazione condotti parallelamente che avevano consentito di appurare come COGNOME avesse messo a disposizione dei fratelli COGNOME la sua macchina e verosimilmente anche il suo alloggio;
dal contenuto delle chat SKY ECC rilevanti per il reato fine di cui al capo 25 (relativo alla fornitura di 5 kg, di cocaina in data 25 febbraio 2021) e delle chat whatsapp intervenute fra l’utenza in uso al fratello e l’utenza di cui NOME disponeva in carcere, rilevanti per il reato-fine di cui al capo 53 (relativo al detenzione illecita in concorso con il fratello NOME COGNOME di un 1 kg di cocaina il 30 gennaio 2022);
-sulla ricostruzione dell’ episodio relativo al trasporto di 350 kg di cocaina intervenuto 1’8 novembre 2021, indicativa della intraneità del ricorrente al contesto associativo.
2.2. Il secondo motivo, con cui si censura l’utilizzo delle conversazioni mediante applicativo whatsapp tra il ricorrente e il fratello NOME COGNOME a
sostegno dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo 53 e delle esigenze cautelari, è inammissibile per carenza di specificità.
Il ricorrente si duole dell’utilizzo delle chat intervenute fra il telefono fratello e il telefono di cui l’indagato disponeva all’interno del carcere, in quanto estrapolate in assenza di sequestro dell’apparecchio telefonico.
2.2.1. Occorre dare atto che nella sentenza n. 23755 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286573 e nella sentenza n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME Rv. 286589 le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che, «quando la prova documentale ha ad oggetto comunicazioni scambiate in modo riservato tra un numero determinato di persone, indipendentemente dal mezzo tecnico impiegato a tal fine, occorre assicurare la tutela prevista dall’art. 15 Cost. in materia d “corrispondenza”». Richiamata la giurisprudenza costituzionale – secondo la quale quello di “corrispondenza” è concetto ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza – le Sezioni Unite hanno sottolineato che, secondo la Consulta, tale concetto prescinde dalle caratteristiche del mezzo tecnico utilizzato e si estende anche alla posta elettronica e ai messaggi inviati tramite l’applicativo WhatsApp, o SMS o sistemi simili, «del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi» perché accessibili solo mediante l’uso di codici di accesso o altri meccanismi di identificazione (così Corte cost., sent. n. 170 del 2023; nello stesso senso, Corte cost., sent. n. 227 del 2023 e Corte cost., sent. n. 2 del 2023) e che l’art. 15 Cost. assicura la libertà e segretezza «della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione», consentendone la limitazione «soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».
A questi principi si è uniformata la giurisprudenza successiva. Si è affermato, infatti, che «la messaggistica archiviata nei telefoni cellulari non può più essere considerata alla stregua di un mero documento, liberamente acquisibile senza la garanzia costituzionale prevista dall’art. 15 Cost., ma richiede l’assoggettamento alla disciplina dell’art. 254 cod. proc. pen. che impone un provvedimento dell’autorità giudiziaria, necessariamente motivato al fine di giustificare il sacrificio della segretezza della corrispondenza, senza la possibilità di accesso diretto da parte della Polizia Giudiziaria, che ha solo il potere di acquisire materialmente il dispositivo elettronico, analogamente a quanto previsto per l’invio della corrispondenza postale dall’art. 254, comma 2, cod. proc. pen., fermo quanto disposto dall’art. 353 cod. proc. pen. sull’apertura dei plichi o di corrispondenza con l’autorizzazione del pubblico ministero quando ciò sia necessario per l’assicurazione di elementi di prova che potrebbero andare
persi a causa del ritardo» (Sez. 6, n. 1286 del 20/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287421 pag. 4 della motivazione).
Nella medesima prospettiva, sono stati ritenuti «affetti da inutilizzabilità patologica i messaggi “WhatsApp” acquisiti dalla polizia giudiziaria mediante “screenshot” eseguiti con il consenso dell’indagato, ma in mancanza degli avvisi delle facoltà difensive spettanti per l’apertura della corrispondenza, ivi compresa quella di rifiutare tale collaborazione, nonché del diritto di essere assistito da un difensore (Sez. 6, n. 1269 del 20/11/2024, dep. 2025, Lato, Rv. 287504; Sez. 6, n. 39548 del 11/09/2024, Di Francesco, Rv. 287039; Sez. 2, n. 25549 del 15/05/2024, Tundo, Rv. 286467).
Si deve, dunque, GLYPH concludere che la corrispondenza conservata nella memoria di un telefono cellulare non è acquisibile senza il rispetto della garanzia prevista dall’art. 15 Cost., almeno fino a quando la comunicazione conserva carattere di attualità e di interesse per i corrispondenti. Un carattere che viene meno solo quando il decorso del tempo o altra causa trasforma la corrispondenza in un documento cui può attribuirsi valore retrospettivo, affettivo, collezionistico, artistico, scientifico o probatorio.
2.2.2. Così inquadrato il tema dal punto di vista normativo, si osserva che nel caso in esame il Tribunale ha rilevato (pag. 33) come le chat whastapp e lo scambio di foto fossero stati allegati alla informativa, attraverso gli screenshot tratti dal telefono cellulare.
Si osserva, dunque, che la estrapolazione dei messaggi e delle foto non può che essere avvenuta attraverso la materiale acquisizione dell’apparecchio telefonico di NOME, ovvero dell’apparecchio telefonico del fratello.
Il motivo di ricorso, a fronte dell’esistenza in atti degli allegati riportant screenshot dei messaggi e delle foto, assume in maniera apodittica, per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, l’inesistenza di un provvedimento di sequestro, senza dare modo al collegio di verificare, fra la mole degli atti di indagine a sostegno della misura, la effettiva mancanza di un provvedimento di acquisizione o di sequestro dell’apparecchio telefonico (o degli apparecchi), da cui sono stati tratti gli scambi, che rispetti le formalità su indicate.
2.3 GLYPH Il terzo motivo del ricorso, incentrato su esigenze cautelari, è manifestamente infondato.
Occorre ribadire che, in tema di misure coercitive, allorquando si proceda per un delitto per il quale opera la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura carceraria, ai fini della prova contraria occorrono elementi idonei ad escludere la sussistenza di ragionevoli dubbi, posto che la presunzione detta un criterio da applicarsi proprio
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in caso di incertezza (Sez. 2 n. 19341 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273434).
Il percorso argomentativo adottato dal Tribunale appare esente dalla censure dedotte, sotto tutti i profili invocati dal ricorrente.
Il Tribunale, pur a fronte della presunzione normativa, ha GLYPH motivato in ordine all’attualità delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della sola misura del carcere, GLYPH spiegando come dal compendio investigativo fosse emersa la assoluta affidabilità del ricorrente nell’ambito del sodalizio, GLYPH testimoniata dall’episodio del trasporto di 350 kg. di cocaina, e valorizzando il dato, come già detto utilizzabile, per cui durante la carcerazione aveva acquisito, con la compiacenza di un agente di polizia penitenziaria, la disponibilità di un telefono per comunicare con l’esterno e per proseguire nella illecita attività.
L’argomento del tempo trascorso rispetto ai fatti, oltre ad essere smentito dalla contestazione aperta del reato associativo, è stato, comunque, superato dai giudici con motivazione logica, a cui il ricorrente non ha contrapposto alcuna ragione in fatto o in diritto.
Il Tribunale GLYPH ha, infine, dato conto anche della irrilevanza dello stato di detenzione del ricorrente per altra causa, in conformità al principio per cui nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi, periodi, la condizione di libertà (Sez. 4 n. 484 del 12/11/2021, dep. 12/01/2022, Rv. 282416 – 01; Sez. 1, n. 3762 del 4/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278498; conf. Sez. 5, n. 28750 del 10/4/2017, Perskura, Rv. 270535; Sez. 6, n. 26231 del 15/3/2013, COGNOME, Rv. 256808; Sez. 1, n. 48881 del 2/10/2013, COGNOME, Rv. 258066 Sez. 4, n. 149 del 15/11/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 232631; Sez. 1, n. 719 del 6/12/1995, COGNOME, Rv. 201119; Sez. 6, n. 1453 del 19/4/1995, COGNOME, Rv. 202308).
3. Il ricorso di NOME COGNOME incentrato sulla sussistenza dei gravi indizi colpevolezza in ordine al concorso esterno nel reato associativo, è infondato.
Il Tribunale, a proposito degli elementi che valevano a documentare il concorso esterno del ricorrente, ha dato atto che le chat acquisite con OIE avevano fatto emergere numerosi messaggi fra COGNOME e i vertici del gruppo criminale e in particolare i fratelli COGNOME. Tali conversazioni avevano consentito di accertare: GLYPH che il ricorrente aveva consegnato a Shkelqim COGNOME un dispositivo, successivamente rinvenuto e sequestrato, GLYPH per inibire i segnali telefonici, al fine di preservare da eventuali intercettazioni; che il ricorren effettuava per conto del gruppo attività di bonifica di autovetture per verificare la presenza di microspie; che il ricorrente aveva consegnato, in più occasioni,
telefoni criptati a NOME COGNOME I giudici hanno anche ricordato gli incontri fra COGNOME e altri referenti dei COGNOME, ovvero NOME COGNOME e NOME COGNOME finalizzati alla configurazione degli apparecchi criptati.
Tali emergenze, GLYPH secondo il Tribunale, GLYPH consentono di delineare il suo contributo all’associazione come supporto tecnico, volto a consentire agli associati di agire indisturbati attraverso la dotazione di presidi, quali telefon criptati e dispositivi vari, che rendevano difficoltose le investigazioni dell’autorit giudiziaria: egli ha prestato la sua attività non già a favore dei singoli per i lo scopi individuali, bensì nell’interesse dell’attività delittuosa perseguita da sodalizio.
Si tratta di motivazione adeguata e coerente con i principi elaborati dalla giurisprudenza d legittimità, che a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. n. 33478 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671, si è espressa in senso favorevole alla configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa, precisandone, altresì, i presupposti. E’ concorrente esterno, infatti, per tale giurisprudenza, colui che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell'”affectio societatis”, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. Perché si possa parlare di concorso esterno occorre, quindi, un contributo consapevole e volontario del soggetto, che sia in rapporto causale con la conservazione o il rafforzamento dell’associazione.
La sentenza COGNOME e quelle dello stesso tenore, che l’hanno preceduta e seguita, hanno individuato la fonte legale dell’incriminazione – per il concorrente esterno – nella combinazione di una norma di carattere generale – quella di cui all’art. 110 cod. pen. – con una norma incriminatrice di carattere speciale: è la funzione incriminatrice dell’art. 110 cod, pen., infatti, che consente di dare rilevanza e di estendere l’area della tipicità e della punibilità alle condotte altrimenti atipiche, di soggetti “esterni” che rivestano le caratteristiche sopra indicate. Ne consegue che, attraverso la clausola prevista cItall’art. 110 cod. pen., si attribuisce alle fattispecie associative una responsabilità di carattere generale per l’apporto concorsuale che l’agente fornisce al gruppo criminale senza esserne affiliato (Sez. 1, n. 36509 del 12/6/2018, COGNOME, Rv 273615-01. In termini, Sez. 2, n.34147 del 30/04/2015, Agostino, Rv. 264624; Sez. 5, n. 2653 del 13/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265926).
La compatibilità logica e giuridica del concorso esterno con la struttura del reato associativo è stata affermata anche con riferimento all’associazione semplice
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(Sez. 3 n. 38430 del 9/7/2008, COGNOME, Rv 241274-01) e con riferimento all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (da ultimo Sez. 6 n. 42980 del 03/10/2024, P., Rv. 287264 – 02).
4.1. Il motivo di ricorso si limita ad avversare il percorso argomentativo dei giudici della cautela e ad affermare la irrilevanza, ex post, del contributo offerto dal ricorrente alla vita dell’associazione, solo per il fatto che le indagini avevano poi condotto agli arresti degli associati.
5.AI rigetto dei ricorsi segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
E (1. Gli – atti-devonoes GLYPH · – GLYPH cancelleria ·pgr gli ídempinnenti di cui all’art. 94, comma 1- ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1- ter, disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 8 luglio 2025
pi’salvo
IL FUNZIONARIO NOME