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Inutilizzabilità dichiarazioni curatore: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore di fatto condannato per bancarotta. Si è discusso sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore, ma la Corte ha stabilito che il curatore non è polizia giudiziaria e le sue attività sono finalizzate alla gestione della procedura, non all’indagine penale. Pertanto, le dichiarazioni sono utilizzabili. Il ricorso è stato respinto anche per la genericità delle contestazioni sui fatti.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni al Curatore Fallimentare: la Cassazione ne Conferma la Piena Utilizzabilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale all’intersezione tra diritto fallimentare e procedura penale: la questione della inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore da parte dell’indagato. La Suprema Corte ha fornito chiarimenti importanti, stabilendo che tali dichiarazioni sono, di norma, pienamente utilizzabili nel processo penale, delineando con precisione i confini operativi del curatore.

Il Caso: Reato Fallimentare e Ruolo dell’Amministratore di Fatto

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in primo e secondo grado per un reato previsto dalla legge fallimentare (art. 216). La condanna si basava, tra le altre cose, sul suo ruolo riconosciuto di amministratore di fatto della società fallita. L’imputato decideva di ricorrere per Cassazione, affidando la sua difesa a due motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Inutilizzabilità e Vizio di Motivazione

I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti fondamentali:

L’Inutilizzabilità delle Dichiarazioni Rese al Curatore

Il ricorrente sosteneva una violazione di legge processuale, asserendo che le dichiarazioni da lui rese al curatore fallimentare avrebbero dovuto essere considerate inutilizzabili. Secondo la sua tesi, tali dichiarazioni erano state raccolte senza le garanzie difensive previste dal codice di procedura penale, equiparando di fatto l’attività del curatore a quella della polizia giudiziaria.

La Contestazione sulla Qualifica di Amministratore di Fatto

Con il secondo motivo, l’imputato contestava la correttezza della motivazione della sentenza d’appello, in particolare riguardo all’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, ritenendola infondata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e fornisce indicazioni operative preziose per professionisti e imprese.

Le Motivazioni: Il Ruolo del Curatore e la Specificità del Ricorso

La Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente con un ragionamento lineare e fondato su precisi riferimenti normativi.

In primo luogo, riguardo alla presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni al curatore, i giudici hanno chiarito che l’attività del curatore non rientra nell’ambito operativo della polizia giudiziaria. Il suo scopo primario, infatti, non è la ricerca di una notitia criminis, ma l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie alla corretta gestione della procedura fallimentare. La legge stessa (art. 33 Legge Fallimentare) prevede che il curatore relazioni al giudice delegato e trasmetta copia della relazione al pubblico ministero. Sebbene il curatore abbia l’obbligo di osservare le disposizioni del codice di rito (art. 220 disp. att. c.p.p.) qualora emergano indizi di reato, ciò non trasforma la sua funzione in quella di un investigatore penale. Di conseguenza, le dichiarazioni rese in tale contesto sono pienamente utilizzabili.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un vizio metodologico del ricorso: la genericità. La parte che eccepisce l’inutilizzabilità di un atto ha l’onere di indicare specificamente quali atti sono viziati e di dimostrarne la decisività, ovvero come questi abbiano influenzato in modo determinante la decisione del giudice. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva assolto a tale onere.

In secondo luogo, per quanto riguarda la contestazione sulla qualifica di amministratore di fatto, la Cassazione ha bollato il motivo come una mera riproposizione di “doglianze in punto di fatto”. Si trattava, infatti, di una pedissequa reiterazione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Un simile approccio non è consentito in sede di legittimità, dove il giudizio è sulla corretta applicazione della legge e non sulla rivalutazione del merito dei fatti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in commento ribadisce principi fondamentali con importanti ricadute pratiche:
1. Utilizzabilità delle dichiarazioni: Gli amministratori (di diritto o di fatto) devono essere consapevoli che le informazioni fornite al curatore fallimentare possono essere legittimamente utilizzate contro di loro in un eventuale procedimento penale. Il curatore non è un confessore, ma un pubblico ufficiale con precisi obblighi di segnalazione.
2. Onere di specificità: Chi intende sollevare un’eccezione processuale, come l’inutilizzabilità, deve farlo in modo dettagliato e specifico, dimostrando l’impatto concreto del presunto vizio sulla decisione finale. Le contestazioni generiche sono destinate all’insuccesso.
3. Limiti del giudizio di Cassazione: Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. È inutile riproporre le stesse argomentazioni fattuali già respinte in appello, senza individuare un chiaro errore di diritto nella sentenza impugnata.

Le dichiarazioni rese da un imputato al curatore fallimentare possono essere utilizzate nel processo penale a suo carico?
Sì, possono essere utilizzate. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’attività del curatore non è assimilabile a quella della polizia giudiziaria, poiché il suo scopo è raccogliere informazioni per la gestione della procedura fallimentare, non per indagare su un reato. Pertanto, le dichiarazioni rese non sono soggette alle regole di inutilizzabilità previste per gli atti di indagine penale.

Il curatore fallimentare agisce come un organo di polizia giudiziaria quando raccoglie informazioni dall’imputato?
No. Sebbene il curatore abbia l’obbligo di osservare alcune disposizioni del codice di procedura penale se emergono indizi di reato, la sua attività non rientra nell’ambito operativo della polizia giudiziaria. La sua finalità principale è la corretta gestione della procedura concorsuale.

È sufficiente contestare genericamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice d’appello per ottenere un annullamento della sentenza in Cassazione?
No, non è sufficiente. Il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (errori di diritto) e non può limitarsi a una critica generica o a una mera riproposizione delle argomentazioni di fatto già respinte nei gradi di merito. Tali motivi sono considerati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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