Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20514 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20514 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a POMIGLIANO D’ARCO il 07/02/1972
avverso la sentenza del 15/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza Corte di appello di Napoli che ha confermato la sentenza del Tribunale di Noia che lo ha condannato per il delitto previsto dall’art. 216, legge fall.;
rilevato, altresì, che con il primo motivo il ricorso deduce violazione di legge processuale, sostenendo l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore fallimentare dal coimputato, per il quale si è proceduto separatamente;
ritenuto che esso sia manifestamente infondato, avuto riguardo, in primo luogo, al disposto sia del comma 1 dell’art. 33, legge fall. nella parte in cui esso cui prevede che il curatore, nella relazione al giudice del fallimento, esponga anche quanto di interesse ai fini delle indagini preliminari, sia del comma 4 dello stesso articolo, che prevede la trasmissione di copia integrale della relazione al pubblico ministero, e, in secondo luogo, alla circostanza che, come correttamente affermato dal Giudice di merito, il curatore, qualora nel corso delle attività ispettive e di vigilanza emergano indizi di reato, ha l’obbligo di osservare le disposizioni del codice di rito ex art. 220 disp. att. cod. proc. pen., senza che la sua attività possa rientrare nell’ambito di operatività della disciplina dettata per la polizia giudiziaria, non essendo finalizzata alla verifica di una notitía críminis ma ad ottenere tutti le informazioni e i chiarimenti necessari per la corretta gestione della procedura, di tal che non si può affermare l’inutilizzabilità processuale delle dichiarazioni rese dall’imputato al curatore nel corso della procedura fallimentare e da questi trasfuse nella propria relazione (v. Sez. 5, n. 17828 del 09/02/2023, Caserta, in motivazione);
ritenuto, in ogni caso, che il motivo in esame non abbia chiarito la reale rilevanza delle dichiarazioni in parola, essendo onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, a pena di inammissibilità del ricorso pe genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne, altres l’incidenza sul complessivo compendio probatorio, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 1219 del 12/11/2019, COGNOME, Rv. 278123 – 01);
rilevato che, con il suo secondo motivo, il ricorso contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, con particolare riferimento alla qualità di amministratore di fatto attribuita all’imputato;
ritenuto che esso non sia consentito in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, di tal che le stesse devono essere considerate aspecifiche in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto, in ogni caso, che la motivazione del provvedimento impugnato sia esente da vizi logici e giuridici e sia, inoltre, coerente con l’orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di bancarotta, la qualifica di amministratore di fatto di una società non richiede l’esercizio di tutti i poteri tipi
dell’organo di gestione, essendo necessaria e sufficiente una significativa e continua attività gestoria o co-gestoria – puntualmente accertata nel caso di specie – che sia
stata svolta in modo non episodico o occasionale, anche solo in specifici settori, pur se non interessati dalle condotte illecite, tale da fornire indici sintomatici della quali
di intraneus
del soggetto, siccome organicamente inserito nell’assetto societario
(Sez. 5, n. 2514 del 04/12/2023, Commodaron, Rv. 285881 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
tremila euro in favore della Cassa delle ammende,
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 aprile 2025
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Il Presidente