Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17486 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17486 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 27/11/1970
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del rigetto del ricorso.
L’avvocato COGNOME conclude insistendo per l’accoglimento del ricorso. L’avvocato COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Salerno ha confermato quella del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale del 10 ottobre 2024 che aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per l’omicidio di NOME COGNOME, sindaco di Pollica, delitto commesso il 5 settembre 2010.
Secondo la conforme conclusione dei Giudici della cautela NOME COGNOME che all’epoca dei fatti rivestiva il grado di tenente colonnello dei Carabinieri unitamente al brigadiere NOME COGNOME, al pregiudicato NOME COGNOME e a numerosi altri soggetti – era coinvolto in un traffico illecito di stupefacenti che
sindaco COGNOME aveva scoperto e che era in procinto di denunciare, avendo già preso contatti con la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania; di qui la sua concordata eliminazione.
COGNOME e COGNOME si erano occupati dell’attività di pianificazione organizzazione dell’omicidio, svolgendo a tal fine due sopralluoghi funzionali alla consumazione del reato: il primo realizzato da COGNOME, il secondo, su mandato di questi, da NOME COGNOME insieme a NOME e a NOME COGNOME con l’utilizzo dell’autovettura di quest’ultimo.
NOME COGNOME aveva rafforzato il proposito criminoso dei correi, assicurando, in epoca antecedente all’agguato, il depistaggio delle indagini che, in effetti, aveva posto in essere sin dalle ore immediatamente successive alla scoperta del corpo della vittima. Giunto sui luoghi prima dell’arrivo della Sezione Scientifica, si era adoperato per realizzare un notevole inquinamento della scena del crimine; aveva, poi, indirizzato le indagini nei riguardi di tale NOME COGNOME, trafficante di droga, comunicando agli inquirenti la falsa notizia che la vittima, prima di morire, aveva avuto uno scontro con il trafficante che, peraltro, aveva indicato come sicuro autore dell’omicidio nelle conversazioni con i parenti della vittima.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale ha dato conto del compendio indiziario raccolto nei confronti dell’odierno ricorrente e ha condiviso l’impostazione del Giudice per le indagini preliminari, muovendo dagli elementi confermativi del movente: le preoccupazioni di Vassallo sul traffico di stupefacenti che si svolgeva presso il porto di Acciaroli, di cui aveva riferito all fine del mese di agosto 2010 al Procuratore NOME COGNOME. Questi, a sua volta, aveva disposto indagini, affidandole alla Compagnia Carabinieri di Agropoli in ragione dei dubbi espressi da COGNOME sui militari della locale Arma.
2.1. Quanto al coinvolgimento di COGNOME, sono state innanzitutto valorizzate le dichiarazioni, aventi portata di chiamata in reità, rese da NOME COGNOME
Ridosso – per il quale era stato presentato un programma di protezione per l’attività di collaborazione con la giustizia iniziata nel 2016, poi revocato – nel prime propalazioni, pur riferendo ampiamente sul traffico di stupefacenti in cui egli stesso era coinvolto, facente capo a NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME non aveva fatto cenno al coinvolgimento di COGNOME.
Invece, nelle dichiarazioni rese 1’8 giugno 2022, dopo avere definitivamente ammesso l’esistenza e il proprio coinvolgimento nell’attività di traffico di stupefacenti in Acciaroli, aveva indicato anche COGNOME al quale era legato da amicizia, come persona coinvolta in detto traffico; aveva, altresì, riferito che
NOME COGNOME, in occasione di uno dei viaggio ad Acciaroli, gli aveva confidato della sua intenzione di eliminare il Sindaco COGNOME e aveva ammesso di essersi recato ad Acciaroli il 3 settembre 2010, unitamente a COGNOME e al figlio NOME COGNOME ma NOME COGNOME non confermava che il viaggio fosse finalizzato ad un sopralluogo finalizzato all’omicidio, anzi affermando che, a suo avviso, in quell’occasione gli era stato teso un tranello perché COGNOME, che guidava l’auto di Ridosso, aveva attraversato una zona pedonale, rendendolo così facilmente identificabile.
COGNOME riferiva, ancora, che, qualche giorno dopo l’omicidio di COGNOME, aveva ricevuto la visita di COGNOME e COGNOME presso l’abitazione dove conviveva con NOME COGNOME; i due uomini, alle sue rimostranze per averlo condotto qualche giorno prima ad Acciaroli, gli avevano intimato di non riferire notizie in merito e lo avevano minacciato, circostanza che aveva suscitato preoccupazioni per se stesso e per la sua famiglia.
Le dichiarazioni di NOME COGNOME – chiariva il Tribunale – erano completate da quelle di NOME COGNOME, detenuto che aveva riferito i dettagli di una vera e propria confessione ricevuta da COGNOME – suo compagno di cella con il quale aveva stretto un rapporto di particolare fiducia nel periodo di detenzione comune nel carcere di Sollicciano – in un momento di particolare scoramento per l’esclusione dal programma di collaborazione e dai benefici penitenziari, esclusione causata dal suo atteggiamento reticente nelle indagini per l’omicidio COGNOME.
COGNOME, detenuto per il reato di associazione mafiosa con ruolo verticistico e per omicidio, aveva ricordato di avere ricevuto la prima confidenza in occasione di un incontro con l’avvocato di COGNOME, NOME COGNOME. In quell’incontro, cui aveva partecipato COGNOME (circostanza confermata dal legale), COGNOME era stato invitato più volte a riferire quanto a sua conoscenza su quell’omicidio; a tali sollecitazioni COGNOME aveva reagito nervosamente, affermando che non poteva farlo poiché altrimenti “si sarebbe preso un ergastolo”. Dopo l’incontro COGNOME aveva spiegato a COGNOME‘Atri che nella vicenda erano implicati anche dei Carabinieri.
Secondo quanto riferito da COGNOME, in successive conversazioni COGNOME non aveva fatto mistero del suo stretto legame con il carabiniere NOME COGNOME anch’egli coinvolto nel traffico di stupefacenti, aveva stigmatizzato le dichiarazioni agli investigatori della sua ex-compagna, NOME COGNOME relative ad una conversazione avvenuta tra lui e COGNOME, avente a oggetto il sindaco COGNOME, conosciuto con l’appellativo di “pescatore”, a seguito delle quali egli aveva perso il programma di protezione e aveva manifestato preoccupazione per il sopralluogo ad Acciaroli, svolto con la sua auto nei giorni precedenti l’omicidio, su espressa richiesta di NOME COGNOME affermando di temere che la vettura fosse
stata ripresa dalle telecamere rendendolo identificabile; aveva, ancora, riferito che l’omicidio era stato organizzato da COGNOME, COGNOME e altri carabinieri a questi fedelissimi e che il primo, grazie alla sua abilità, era riuscito a depistare indagini; aveva, infine, indicato il movente dell’omicidio nel coinvolgimento di COGNOME e COGNOME nel traffico di stupefacenti ad Acciaroli e nella sua scoperta da parte del Sindaco COGNOME.
L’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la credibilità intrinseca di COGNOME, le cui dichiarazioni sono state riscontrate da quelle dell’avv. COGNOME e d NOME COGNOME A conferma dei rapporti nient’affatto tesi tra D’Atri e Ridosso come invece riferito da quest’ultimo – è stato valorizzato il contenuto di una missiva inviata dal dichiarante dopo il trasferimento in altro Istituto di pena, oltre alle dichiarazioni di NOME COGNOME, detenuto in carcere con Ridosso, sulla proposta di quest’ultimo di riferire fatti che potessero screditare quanto narrato da COGNOME. In quell’occasione, secondo COGNOME, COGNOME aveva confermato la veridicità della confidenze riferite da COGNOME.
È stato posto in rilievo – a ulteriore riscontro – che COGNOME, a sua volta, aveva riferito quanto appreso da COGNOME al detenuto NOME COGNOME il quale aveva chiesto di riferire con il Pubblico ministero, avvisando di ciò COGNOME.
Il Tribunale ha motivato l’infondatezza della tesi difensiva secondo cui i dichiaranti avevano riferito notizie apprese dai mass media e di quella secondo cui le dichiarazioni fossero il frutto di un accordo calunnioso di COGNOME e COGNOME a danni di COGNOME.
2.2. Così sintetizzata la provvista indiziaria, il Tribunale ha condiviso la qualificazione giuridica dell’incolpazione provvisoria come concorso in omicidio, in quanto, pur in mancanza di elementi sulla base dei quali ritenere COGNOME autore materiale del fatto (in ragione del lasso temporale trascorso tra l’abbandono della piazzetta di Acciaroli da parte del Sindaco e quella in cui l’ufficiale se ne era allontanato a sua volta), l’attività di depistaggio era avvenut in stretta contiguità temporale con l’omicidio, sintomo evidente che essa era stata assicurata dall’indagato in epoca antecedente all’agguato.
2.3. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari del pericolo di inquinamento probatorio e della reiterazione di fatti della stessa specie.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con il ministero dell’avv. COGNOME e dell’avv. COGNOME deducendo quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge e la conseguente inutilizzabilità di risultanze decisive nell’economia del provvedimento impugnato.
Il ricorrente, preliminarmente, ripercorre i provvedimenti di archiviazione aventi ad oggetto l’omicidio di NOME COGNOME commesso il 5 settembre 2010 in
Pollica, nei confronti di tre dei quattro soggetti nei cui confronti oggi si procede dà poi contezza dell’incipit dell’attuale vicenda processuale, originariamente iscritta a modello 44 (contro ignoti), nel cui ambito, in epoca antecedente alla richiesta e ottenuta riapertura delle investigazioni (quest’ultima in data 11 maggio 2022) era stato ascoltato (il 7 aprile 2022), sulla scorta di una missiva inviata dal detenuto, NOME COGNOMEin data 30 gennaio 2022) alla Procura della Repubblica.
Secondo il ricorrente, le dichiarazioni di COGNOME sarebbero viziate da inutilizzabilità, con la conseguenza che il restante compendio indiziario viene a coincidere con quello oggetto di più richieste di archiviazione.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente censura l’illogicità dell’ordinanza in punto di valutazione delle dichiarazioni ai sensi dell’art. 192 comma 3 cod. proc. pen.
Le dichiarazioni di NOME COGNOME, in quanto provenienti da imputato del medesimo reato, necessitavano di validi riscontri esterni con specifico riferimento alla condotta contestata a Cagnazzo, ovverosia all’affermata assicurazione del futuro depistaggio. Sotto questo profilo il ricorrente evidenzia, inoltre, che l dichiarazioni di COGNOME non concretizzano una vera chiamata in reità ovvero in correità, perché COGNOME non si è mai assunto la responsabilità del delitto e neppure ha mai esplicitato, con riferimento all’omicidio, accuse nei confronti di COGNOME, piuttosto limitandosi a segnalare elementi di sospetto nei suoi comportamenti, atteggiamenti e frequentazioni, oltre al suo grande ascendente sui sottoposti e in particolare sul COGNOME.
Nella ricostruzione dei fatti, i Giudici della cautela hanno preferito al racconto di COGNOME la versione di COGNOME, sebbene di “seconda mano”.
Il ricorrente lamenta che la “catena narrativa” riguardante il coinvolgimento di COGNOME è costituita da ciò che COGNOME avrebbe riferito a Ridosso e Ridosso a D’Atri, ma trascurando il dato obiettivo che le dichiarazioni di Ridosso sono assai più prudenti con riferimento al ruolo di COGNOME. Inoltre, poiché l’editto accusatorio segue la narrazione di Ridosso, il provvedimento impugnato sarebbe contraddittorio, avvalorando un assunto accusatorio diverso rispetto a quello accreditato nell’imputazione provvisoria.
Il ricorso si appunta, inoltre, sulle dichiarazioni di COGNOME, delle quali lament l’affermata patente di inattendibilità, nonostante egli avesse fatto diverse accuse poi risultate senza esito.
Nel prosieguo il ricorrente svolge una serrata critica del provvedimento in relazione alla ritenuta dimostrata previa assicurazione da parte di COGNOME ai complici del futuro depistaggio.
Infine, si lamenta la mancata motivazione in ordine alle censure difensive, alle quali il Tribunale dedica appena un paio di pagine di considerazioni assertive.
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’erronea applicazione della legge penale con riferimento all’aggravante del metodo mafioso.
Una volta esclusa, da parte del Giudice per le indagini preliminari, l’aggravante della finalità di agevolare un’inesistente associazione mafiosa, sopravvissuta quella del cd. metodo mafioso, quest’ultima sarebbe ricollegata sic et simpliciter alle modalità dell’azione onnicidiaria, siccome realizzata nella forma di un vero e proprio agguato, in un contesto che lo stesso Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto “non mafioso”.
A tali considerazioni il Tribunale del riesame nulla ha aggiunto, omettendo qualsiasi motivazione sul punto.
3.4. Il quarto motivo ha per oggetto le esigenze cautelari.
Secondo il ricorrente, siamo di fronte a un caso paradigmatico nel quale sono stati acquisiti elementi dai quali risulta l’insussistenza di esigenze cautelari: ciò non tanto per il tempo trascorso dai fatti, ma per la positiva verifica che in quel lungo arco temporale COGNOME è approdato al grado di colonnello dell’arma dei carabinieri.
Non sussiste alcun pericolo di inquinamento probatorio, che avrebbe dovuto già manifestarsi nel corso della protratta e tormentata vicenda giudiziaria, né alcun pericolo di reiterazione di reati, pericolo configurabile solo nella dimensione logica del non astrattamente impossibile, del tutto sganciata dalla realtà obiettiva, risultando del tutto assertiva l’affermazione secondo cui l’attività d depistaggio si sarebbe protratta sino ad epoca recente.
Da ultimo si lamenta la scelta della misura di maggior rigore, laddove sarebbe stato trascurato che lo stato di libertà non ha sollecitato negli anni le paventate pulsioni criminali del prevenuto, cosicché ogni altra misura cautelare sarebbe sufficiente a inibire quelle residue e latenti.
Il Sostituto Procuratore generale, COGNOME NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 21 marzo 2025 i difensori di COGNOME hanno depositato motivi nuovi con i quali hanno ribadito, ulteriormente articolandole, le censure contenute nel ricorso, sia in punto di gravità indiziaria, sia in punto di esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il ricorrente riassume la cronologia delle investigazioni poste in essere a seguito dell’omicidio di NOME COGNOME.
In particolare, nella fase finale delle indagini, il Pubblico Ministero, con att depositato il 6/5/2022, aveva chiesto l’autorizzazione alla riapertura delle indagini relative a due procedimenti archiviati, il primo dei quali, il n. 2603/18 RGNR, a carico di COGNOME NOME.
Nella richiesta di riapertura delle indagini, il PM sottolineava che le dichiarazioni rese da COGNOME Eugenio in data 7/4/2022 – che venivano integralmente riportate – erano fondamentali.
Tale carattere veniva confermato nella richiesta di applicazione della misura cautelare, nell’ordinanza genetica e nell’ordinanza in questa sede impugnata. Le stesse, unitamente a quelle di NOME COGNOME del 7/4/2022, vengono ampiamente riportate e commentate alle pagg. 44 e ss. dell’ordinanza; la credibilità intrinseca del dichiarante viene valutata alle pagg. 50 e ss., mentre alle pagg. 57 e ss. le dichiarazioni vengono valutate sotto il profilo della coerenza interna e dei riscontri esterni. La centralità di tali dichiarazioni si evi dall’ampiezza della trattazione del punto, che si conclude solo a pag. 75.
Non pare esservi dubbio che il materiale probatorio e indiziario – secondo la ricostruzione del tribunale – ha acquistato, in forza di tali dichiarazioni e di quel di Casillo, nuova pregnanza, così da superare quella insufficienza indiziaria che aveva portato il pubblico ministero ea chiedere e il Giudice per le indagini preliminari a disporre l’archiviazione del procedimento.
Ebbene: è pacifico che NOME COGNOME non è stato escusso dopo il decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini emesso dal Giudice per le indagini preliminari 1’11-12/5/2022.
Tali dichiarazioni sono pertanto, inutilizzabili.
In effetti, già prima della riforma che, dal 30 dicembre 2022, ha statuito che «gli atti di indagine compiuti in assenza di un provvedimento di riapertura del giudice sono inutilizzabili» (art. 414, comma 2 bis cod. proc. pen.), tale inutilizzabilità era stata affermata dalle Sezioni Unite (“Il difetto di autorizzazio alla riapertura delle indagini determina l’inutilizzabilità degli atti di indag eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione”, Sez. U, n. 33885 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 247834 – 01).
Tale inutilizzabilità è frutto di una preclusione processuale determinata dal decreto di archiviazione all’utilizzazione degli elementi acquisiti successivamente ad esso e prima dell’adozione del decreto di autorizzazione alla riapertura della
indagini di cui all’art. 414 cod. proc. pen., la cui emissione funge da condizione di procedibilità per la ripresa delle investigazioni in ordine allo stesso fatto e n confronti delle stesse persone, nonché per l’adozione di ogni consequenziale provvedimento, compresa l’applicazione di misure cautelari (Sez. 1, n. 4717 del 06/07/1999, Montalbano, Rv. 214099 – 01; Sez. 6, n. 3156 del 05/08/1997, Audino, Rv. 208863 – 01).
La preclusione opera, ovviamente, solo le nuove indagini siano avviate dalla medesima autorità, nei confronti delle medesime persone e per il medesimo fatto: ma ciò è esattamente il caso in esame.
In definitiva, le dichiarazioni di COGNOME e COGNOME erano certamente utili per l richiesta di autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari correttamente accolta dal Giudice per le indagini preliminari: ma non potevano essere poste a base della richiesta di misura cautelare in quanto rese prima del decreto di autorizzazione; COGNOME avrebbe dovuto essere nuovamente sentito dopo tale provvedimento e, solo in questo caso, le sue dichiarazioni avrebbero potuto essere utilizzate.
Si è già sottolineata la centralità delle dichiarazioni di COGNOME del 7/4/202 nel complesso del quadro indiziario che ha reso possibile l’adozione della misura cautelare; di conseguenza, è inevitabile che l’accoglimento del primo motivo di ricorso determini l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, così da permettere al Tribunale di rivalutare detto quadro e la solidità degli indizi a carico del ricorrente.
I restanti motivi di ricorso restano, pertanto, assorbiti.
L’annullamento con rinvio permetterà, comunque, al Tribunale di valutare nuovamente i passaggi logici del provvedimento applicativo: gli elementi dimostrativi della partecipazione di COGNOME al traffico di stupefacenti e, quindi, la condivisione da parte della causale dell’omicidio; la dimostrata impossibilità che COGNOME avesse partecipato materialmente all’esecuzione dell’omicidio; la rilevanza o meno della sua “assenza” dal ristorante nell’orario dell’omicidio; i motivi dell’aggressione a Cillo.
Tema centrale, poi, è quella dell’attendibilità di NOME COGNOME e della effettiva possibilità di utilizzare le sue rivelazioni per fondare il giudizio di gra indiziaria: riconoscendo l’affidabilità di una parte soltanto del contribut dichiarativo fornito da COGNOME all’autorità giudiziaria, tanto de relato da COGNOME quanto per conoscenza diretta – e ripetutamente affermando, piuttosto, la decisività delle dichiarazioni rese de relato, al riguardo, da COGNOME (e, per ulteriore derivazione, da COGNOME) – il Tribunale ha finito per privilegiare, sistematicamente, queste ultime a cospetto delle prime, così sostanzialmente operando la
valutazione frazionata del narrato di Ridosso, considerato nella sua conclusiva dimensione e portata.
A fondamento di tale operazione valutativa il Tribunale sviluppa un ragionamento giuridico inadeguato. Esso, infatti, non si avvede dell’evidente interferenza fattuale e logica tra componenti del racconto destinate fatalmente ad integrarsi, né indica in modo convincente le ragioni per cui NOME COGNOME di cui pure ritiene ampiamente provato l’ostinato mendacio sulla sua personale partecipazione al fatto onnicidiario, sia invece da considerare credibile, e sia anzi dotato dell’elevato livello di affidabilità richiesto ai chiamanti in reità, quand dopo anni di reticenza, riferisce per la prima volta le informazioni da lui possedute in merito all’omicidio del sindaco COGNOME, cui in tesi sarebbe rimasto del tutto estraneo, se non per avere partecipato a un sopralluogo, organizzato da COGNOME a sua sedicente insaputa ed al solo fine di “incastrarlo”.
Se la spiegazione del mendacio fosse la volontà di lucrare i benefici penitenziari, sino a quel momento non ottenuti, mantenendosi al riparo da una diretta incriminazione, questo elemento non deporrebbe affatto, sul piano logico e razionale, a favore della credibilità complessiva del dichiarante. Le motivazioni meramente utilitaristiche di una chiamata in reità, e l’intento di conseguire suo tramite vantaggi di vario genere, inquinano infatti la genuinità della fonte (Sez. 1, n. 5438 del 07/11/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278470-01) e rendono arduo sceverare, in seno ad un narrato giudicato solo parzialmente attendibile, i contenuti affidabili da quelli spuri o falsati.
Né la credibilità di NOME COGNOME può dirsi rivalutata o rafforzata, di per sé, alla luce delle dichiarazioni de auditu rese dal compagno di detenzione D’Atri (e, in via indiretta ulteriore, da COGNOME), quand’anche il racconto di costoro fosse estremamente fedele al narrato della fonte.
Altro tema che merita di essere nuovamente valutato è quello della dimostrazione di un accordo preventivo relativo all’inquinamento delle indagini da parte di COGNOME: quali elementi sono indicativi del rafforzamento del proposito criminoso altrui mediante l’assicurazione del successivo depistaggio?
Il Tribunale, in sede di rinvio, valuterà nuovamente e liberamente questi passaggi, insieme agli altri evidenziati dal ricorrente, attendendosi, peraltro, alla dichiarata inutilizzabilità delle dichiarazioni di D’Atri del 7/4/2022.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno Sezione per il riesame.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso 1’08/04/2025