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Inutilizzabilità chat: quando la prova non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1269/2025, ha stabilito l’inutilizzabilità delle chat acquisite tramite screenshot dal telefono di un indagato senza un provvedimento formale. Tuttavia, ha confermato la condanna per spaccio di stupefacenti applicando il principio della ‘prova di resistenza’, poiché le altre prove raccolte erano sufficienti a dimostrare la colpevolezza. Il caso chiarisce che una prova illegittima non garantisce l’assoluzione se il quadro probatorio complessivo è solido.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inutilizzabilità chat: la condanna resta valida?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito sull’acquisizione delle prove digitali nel processo penale. Il caso affronta una questione cruciale: cosa succede quando la prova principale, come gli screenshot di una chat, viene ottenuta illegalmente? La risposta non è scontata e ruota attorno al concetto di inutilizzabilità chat e alla cosiddetta ‘prova di resistenza’. La decisione chiarisce che, anche in presenza di un’acquisizione illegittima, la condanna può essere confermata se il resto del quadro probatorio è sufficientemente solido.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La condanna si basava su diversi elementi, tra cui il ritrovamento di droga e una somma di denaro, ma un peso significativo era stato attribuito al contenuto di alcune conversazioni trovate sul suo smartphone. La polizia giudiziaria, durante un controllo, aveva avuto accesso al telefono dopo che l’indagato stesso aveva fornito il codice di sblocco. Gli agenti avevano quindi proceduto a fotografare (effettuando dei cosiddetti ‘screenshot’) le chat ritenute rilevanti ai fini dell’indagine.

La Questione Giuridica: L’illegittima Acquisizione delle Chat

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un punto fondamentale: l’acquisizione delle chat era avvenuta in violazione delle norme procedurali e delle garanzie difensive. In particolare, si lamentava che la polizia avesse avuto accesso al contenuto del telefono senza un formale decreto di sequestro e, soprattutto, senza aver preventivamente avvisato l’indagato della sua facoltà di farsi assistere da un difensore. Questo vizio procedurale, secondo la difesa, rendeva le prove digitali raccolte del tutto inutilizzabili.

La Prova di Resistenza e l’Inutilizzabilità Chat

La Corte di Cassazione ha accolto la tesi difensiva riguardo all’illegittimità dell’acquisizione. Richiamando una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 170 del 2023), i giudici hanno ribadito che i messaggi archiviati su un dispositivo elettronico, anche se già letti, rientrano a pieno titolo nella nozione di ‘corrispondenza’, tutelata dall’articolo 15 della Costituzione.

Di conseguenza, per accedere a tali dati non è sufficiente il consenso del proprietario, ma è necessario un atto motivato dell’autorità giudiziaria, ovvero un decreto di sequestro. L’acquisizione tramite screenshot da parte della polizia giudiziaria è stata qualificata come un atto atipico che elude le garanzie legali. Pertanto, la Corte ha dichiarato la piena inutilizzabilità chat.

Tuttavia, questo non ha comportato l’annullamento della condanna. I giudici hanno infatti applicato il principio della ‘prova di resistenza’. Questo significa che hanno verificato se, eliminando dal compendio probatorio le chat inutilizzabili, le restanti prove fossero comunque sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che la condanna ‘resistesse’ anche senza le chat. Gli elementi considerati sufficienti erano:

1. Il dato ponderale: La quantità di sostanza stupefacente sequestrata (pari a circa trenta dosi di cocaina) è stata ritenuta non compatibile con un uso meramente personale.
2. Le modalità di custodia: La droga era suddivisa in più involucri e nascosta in parte presso l’abitazione dei genitori e non presso la residenza dell’imputato, un comportamento tipico di chi vuole eludere i controlli.
3. Altri elementi indiziari: Il rinvenimento di banconote di piccolo taglio ‘accartocciate’, l’assenza di redditi leciti compatibili con l’acquisto di una tale quantità di droga e la mancata allegazione, da parte dell’imputato, di una sua condizione di consumatore.

La Corte ha inoltre rigettato gli altri motivi di ricorso. La richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stata respinta a causa dei precedenti specifici dell’imputato. Anche la richiesta di attenuanti per la presunta collaborazione (aver fornito il codice di sblocco) è stata negata, poiché la collaborazione non era stata piena, avendo l’imputato omesso di indicare dove era nascosto il resto della sostanza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre due importanti lezioni. La prima è che la garanzia della segretezza della corrispondenza si estende pienamente ai dati digitali archiviati su smartphone e dispositivi simili. La loro acquisizione richiede il rispetto di rigorose procedure legali, e scorciatoie come gli screenshot operati direttamente dalla polizia giudiziaria portano all’inutilizzabilità chat. La seconda lezione è che l’annullamento di una prova, anche se importante, non determina automaticamente l’assoluzione. Il processo si basa sulla valutazione complessiva di tutti gli elementi, e se le prove ‘superstiti’ sono abbastanza forti, la condanna può essere legittimamente confermata.

Le fotografie delle chat (screenshot) prese dal telefono di un indagato sono una prova valida?
No, non se acquisite dalla polizia giudiziaria senza un formale provvedimento di sequestro e la relativa autorizzazione dell’autorità giudiziaria. La Corte le considera inutilizzabili perché violano il diritto alla segretezza della corrispondenza, costituzionalmente garantito.

Se una prova come una chat viene dichiarata inutilizzabile, l’imputato viene sempre assolto?
Non necessariamente. La condanna può essere confermata se le altre prove legittimamente acquisite sono, da sole, sufficienti a dimostrare la colpevolezza. Questo processo di valutazione è noto come ‘prova di resistenza’.

Fornire il codice di sblocco del telefono è considerata una collaborazione che dà diritto a delle attenuanti?
In questo caso specifico, la Corte ha stabilito di no. La collaborazione è stata giudicata non piena e valida perché l’imputato, pur fornendo il codice, ha omesso di rivelare altre informazioni cruciali, come il luogo in cui nascondeva ulteriore sostanza stupefacente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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