Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30638 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30638 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
NOME, nata a Locri il DATA_NASCITA
NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del Tribunale di Reggio Calabria;
letti gli atti, i ricorsi ed il provvedimento impugnato; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; uditi i difensori dei ricorrenti, AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato il decreto del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale del 5 febbraio 2024, che ha disposto il sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale della “RAGIONE_SOCIALE, delle cui quote sono titolari i fratelli NOME, NOME e NOME.
La misura è stata disposta in relazione ai reati di partecipazione ad associazione per delinquere e di autoriciclaggio, addebitati, il primo, a NOME e NOME COGNOME ed il secondo soltanto a quest’ultimo.
In estrema sintesi, NOME e NOME, insieme ad altre persone, avrebbero preso parte ad un’associazione criminale costituita e gestita dal loro NOME NOME, avente per scopo la fittizia intestazione ad altri di società, tutte in realtà a lui riferibili, esercenti l’attività di ristorazione in Italia e in Por (capo 1); NOME, inoltre, nella qualità di socio ed amministratore unico della predetta “RAGIONE_SOCIALE“, in concorso con il NOME, avrebbe reimpiegato i profitti realizzati attraverso il reato di intestazione fittizia delle relative quote social quello di infedele dichiarazione dei redditi, acquistando, in nome e per conto della società, degli immobili e dei terreni da destinare alla realizzazione di una struttura turistico-ricettiva (capo 3).
Avverso il provvedimento del Tribunale hanno proposto ricorso NOME e NOME COGNOME, con unico atto dei loro comuni difensori, e NOME COGNOME, con distinto atto dei suoi difensori.
Essendo praticamente identici, i relativi motivi d’impugnazione possono essere esposti in modo unitario per tutti costoro.
2.1. Il primo consiste nella inutilizzabilità dell’informativa conclusiva di polizia giudiziaria del 10 dicembre 2022, della relazione di consulenza tecnico-contabile del Pubblico ministero del 10 novembre 2022 e di altri atti indicati in una memoria depositata in sede di riesame, e nel vizio della motivazione con la quale il Tribunale ha disatteso la relativa eccezione.
Tali atti sarebbero inutilizzabili a norma dell’art. 407, comma 3, cod. proc. pen., per essere stati acquisiti al fascicolo investigativo oltre il termine di durata delle indagini preliminari, pari a due anni dall’iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato, avvenuta tra luglio e settembre del 2020 (nell’àmbito del procedimento n. 1589/19 r.g.n.r., dal quale è sorto per separazione, dopo il deposito della predetta informativa di polizia, il procedimento n. 5208/22 r.g.n.r., a sua volta successivamente confluito in quello n. 3886NUMERO_DOCUMENTO22 r.g.n.r.); né può ritenersi che si trattasse di atti dal contenuto puramente ricognitivo di precedenti acquisizioni, recando essi in allegato materiale probatorio precedentemente non presente nel fascicolo investigativo.
La difesa lamenta, inoltre, l’erroneità della motivazione con cui il Tribunale ha respinto la relativa eccezione, avendola ritenuta tardiva perché non presentata dagli indagati nella prima occasione utile, ovvero nell’udienza del giudizio di riesame proposto da costoro avverso un precedente sequestro della società,
disposto nel 2023 in relazione al solo delitto di cui all’art. 512-bis, cod. pen., ed annullato in quell’occasione per essere tale reato già prescritto.
Obiettano, in proposito, i ricorrenti che il primo momento utile vada individuato nel procedimento di riesame e non nel “primo atto di riesame”.
Deducono, poi, con i motivi aggiunti depositati nelle more dell’udienza, che l’adozione di un nuovo ed autonomo titolo cautelare avrebbe imposto ex novo la verifica sulla utilizzabilità degli atti posti a fondamento dello stesso, essendo essa necessaria ogni qual volta l’atto investigativo venga in considerazione a fini cautelari o probatori; conseguentemente, si dolgono del fatto che il Tribunale non vi abbia provveduto.
2.2. Con il secondo motivo, a sua volta ulteriormente articolato, si lamenta l’assenza del fumus commíssi delicti in relazione ai reati-presupposto del delitto di autoriciclaggio di cui al capo 3) dell’incolpazione.
2.2.1. Con riferimento all’interposizione fittizia di cui all’art. 512-bis, co pen., si lamenta che:
si trattava di reato prescritto già prima dell’esercizio dell’azione penale, come rilevato dallo stesso Tribunale in occasione del giudizio di riesame avverso il primo sequestro;
l’ordinanza dà rilievo esclusivamente alla gestione di fatto delle società da parte del NOME dei ricorrenti, occorrendo tuttavia dimostrare, altresì, affinché possa parlarsi di proprietà o di partecipazione sociale occulte, la provenienza da costui anche delle risorse economiche impiegate per la costituzione delle stesse, mancando invece ogni accertamento sull’esistenza di eventuali suoi conferimenti, sulla tipologia e sull’ammontare degli stessi, sulla loro congruenza contabilefinanziaria con le scritture contabili e le dichiarazioni fiscali delle società, essendo del tutto generiche le conclusioni rassegnate in proposito dal consulente del Pubblico ministero;
l’ordinanza non dà conto del necessario dolo specifico dei ricorrenti, vale a dire della finalità elusiva di eventuali misure di prevenzione, confondendolo con la mera consapevolezza di costoro di aver ricevuto emolumenti leciti da un soggetto – il loro NOME – che, nel lontano 2008, era stato semplicemente destinatario di una proposta di applicazione di tali misure, tuttavia mai concretizzatasi.
2.2.2. Relativamente, poi, al delitto di infedele dichiarazione dei redditi (art. 4, d.lgs. n. 74 del 2000), si osserva: a) che l’acquisto degli immobili è avvenuto con operazioni bancarie lecite e tracciate (un bonifico di NOME COGNOME e l’accensione di un mutuo); b) che l’ipotizzata infedeltà delle dichiarazioni relative agli anni 2018-2020 è smentita dalla relazione degli amministratori giudiziari nominati in occasione del primo sequestro poi annullato, da cui risulta la sostanziale congruenza degli incassi conseguiti in tale periodo con quelli realizzati
durante la gestione degli indagati; c) che il bonifico di NOME NOME è dell’8 luglio 2020, e quindi è precedente a due delle dichiarazioni dei redditi asseritamente inveritiere indicate nel capo d’incolpazione, ovvero quelle delle annualità fiscali 2019 e 2020.
2.3. Il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 512-bis, cod. pen., in relazione alla ravvisabilità del dolo specifico di NOME COGNOME.
Si evidenzia, in proposito, la contraddittorietà con le diverse conclusioni cui lo stesso Tribunale è giunto per suo genero NOME COGNOME, marito di sua figlia NOME ed anch’egli raggiunto, nel 2013, da una proposta di applicazione di misure di prevenzione non accolta.
Inoltre si rileva: che, dopo la definizione senza esito di quei procedimenti di prevenzione, non sono emerse vicende ulteriori; che quelle indicate dal Tribunale sono state già vagliate in quei procedimenti; che le ipotizzate intestazioni fittizie sarebbero tutte successive agli stessi ed anteriori alle dichiarazioni accusatorie del collaborante COGNOME, valorizzate nell’ordinanza; che puramente tautologica è la considerazione del Tribunale per cui non sarebbe stata fornita una plausibile spiegazione alternativa del fatto che NOME gestisse un ingente patrimonio aziendale in maniera completamente occulta.
2.4. Il quarto motivo di ricorso denuncia l’assenza di un sufficiente quadro indiziante in relazione al delitto associativo.
Si tratterebbe, in realtà, di un nucleo d’imprenditori a base familiare. Contraddittoria, poi, sarebbe l’ordinanza sulla posizione di COGNOME, non ritenuto socio occulto, ma poi considerato «figura di raccordo e di coordinamento» tra tutti i sodali. Infine, la progettualità criminale viene desunta da conversazioni intercettate, nelle quali gli indagati manifestano l’intenzione di procedere all’apertura di nuovi ristoranti e che, dunque, sono prive, come tali, di ogni rilevanza.
2.5. Il quinto ed ultimo motivo d’impugnazione censura il giudizio del Tribunale in punto di sussistenza di esigenze cautelar’.
Si rileva, in proposito, che i ricavi realizzati e dichiarati dagli indagati son compatibili con quelli conseguiti durante il periodo di amministrazione giudiziaria della società; che, durante i dieci mesi intercorsi tra la fine del primo sequestro e l’imposizione del nuovo vincolo, non è stata rilevata alcuna condotta delittuosa ulteriore o diretta a protrarre od aggravare le conseguenze di quelle ipoteticamente precedenti; che l’amministrazione giudiziaria ha continuato ad avvalersi dei professionisti utilizzati dagli imputati, a riprova della correttezza dell relativa gestione contabile.
Il Tribunale, invece, si limita ad una motivazione di maniera, venendo meno all’obbligo di motivazione effettiva impostogli dalla “sentenza Ellade” delle Sezioni unite di questa Corte.
3. È fondato il primo motivo di ricorso.
La motivazione con la quale l’ordinanza impugnata ha dichiarato tardiva l’eccezione difensiva di inutilizzabilità di alcuni atti d’indagine, in quanto compiuti oltre il termine di legge, è errata.
Il Tribunale, per individuare il primo momento utile entro il quale tale eccezione avrebbe dovuto essere proposta, ha fatto riferimento al giudizio di riesame promosso contro un precedente decreto di sequestro, erroneamente non considerando come quella fosse una procedura incidentale autonoma e distinta da quella successiva, la quale ha ad oggetto un diverso decreto di sequestro, poco importa se emesso sui medesimi beni, per gli stessi reati e nei confronti dei medesimi soggetti nonché fondato in tutto o in parte sulle stesse risultanze investigative.
È di solare evidenza, infatti, come ha rilevato la difesa ricorrente, che, con l’emissione del successivo provvedimento di sequestro (autonomo dal primo, peraltro neppure più esistente a sèguito del suo annullamento all’esito del precedente giudizio di riesame), quegli atti d’indagine che si assumono essere stati compiuti oltre il termine di legge sono stati comunque – e nuovamente – utilizzati per giustificare la decisione, legittimando perciò la parte interessata ad eccepire che ciò non potesse essere fatto, a nulla rilevando che essa non l’avesse eccepito nel corso dell’incidente cautelare relativo ad un provvedimento diverso e non più esistente.
L’ordinanza impugnata dev’essere, perciò, annullata ed il procedimento dev’essere rinviato al Tribunale del riesame, perché, tenendo conto dell’anzidetta eccezione, ne valuti l’eventuale fondatezza e, in caso affermativo, verifichi la sussistenza o meno dei presupposti giustificativi del sequestro senza tener conto delle acquisizioni investigative tardive.
Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso discende il superamento degli altri, in quanto attinenti ai presupposti normativi della misura, sui quali il giudizi dev’essere rinnovato.
Essi, pertanto, rimangono assorbiti.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria, competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p.. Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024.