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Introduzione cellulari in carcere: quando il reato?

Un caso di tentata introduzione di cellulari in carcere tramite un pallone da calcio arriva in Cassazione. La Corte conferma le condanne, chiarendo principi fondamentali: il reato di introduzione cellulari in carcere si perfeziona con il semplice ingresso del dispositivo nell’istituto, senza che sia necessaria la consegna al detenuto. Inoltre, le intercettazioni delle istruzioni fornite in diretta per il lancio costituiscono esse stesse ‘corpo del reato’, rendendole pienamente utilizzabili come prova.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Introduzione cellulari in carcere: quando il reato è consumato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33534/2025, affronta un caso complesso relativo alla introduzione cellulari in carcere, stabilendo importanti principi sulla consumazione del reato e sull’utilizzabilità delle intercettazioni. La vicenda, che vede coinvolti detenuti e complici esterni, offre lo spunto per analizzare in dettaglio la fattispecie prevista dall’art. 391-ter del codice penale e le sue implicazioni processuali.

Il caso: un pallone da calcio per far entrare i telefoni

Due detenuti, con l’aiuto di un complice all’esterno, organizzavano un piano per introdurre illecitamente cinque telefoni cellulari all’interno di un istituto penitenziario. Lo stratagemma consisteva nel modificare un pallone da calcio per nascondervi i dispositivi e lanciarlo oltre il muro di cinta. Durante la notte designata, i detenuti, intercettati, fornivano in diretta al complice esterno le coordinate e le istruzioni per effettuare il lancio con successo.

Nonostante diversi tentativi falliti, alla fine il pallone riusciva a superare il muro, ma veniva prontamente recuperato dalla polizia penitenziaria prima che potesse raggiungere i destinatari. I tre soggetti venivano condannati nei primi due gradi di giudizio. La difesa ricorreva in Cassazione sollevando diverse questioni, tra cui l’inutilizzabilità delle intercettazioni e l’errata qualificazione del reato come consumato anziché tentato.

Le questioni legali e la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di uno degli organizzatori e dichiarato inammissibili quelli degli altri due imputati, consolidando l’impianto accusatorio e fornendo chiarimenti cruciali su tre aspetti principali.

Le intercettazioni come “corpo del reato”

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’utilizzabilità delle captazioni telefoniche. La difesa sosteneva che fossero state disposte per reati che non le consentivano. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che le conversazioni della notte del lancio, in cui i detenuti guidavano l’esecutore materiale, non erano una mera prova del reato, ma costituivano esse stesse “corpo del reato”. La comunicazione, infatti, integrava ed esauriva la condotta criminosa di partecipazione morale al delitto. In questi casi, la registrazione della conversazione e il relativo supporto diventano l’oggetto materiale del reato, rendendoli pienamente utilizzabili.

Il reato di introduzione cellulari in carcere e la consumazione

La difesa aveva argomentato che il reato dovesse essere qualificato come tentato, dato che i detenuti non erano mai entrati in possesso dei telefoni. La Cassazione ha chiarito che l’art. 391-ter, comma 1, c.p. configura un reato a consumazione anticipata. La norma punisce chi “introduce in un istituto penitenziario uno dei predetti strumenti al fine di renderlo disponibile a una persona detenuta”.

Il momento consumativo del reato, quindi, coincide con la mera “introduzione” dell’oggetto all’interno delle mura carcerarie. Non è richiesta la successiva “messa a disposizione” o la ricezione effettiva da parte del detenuto. Quest’ultima condotta (“riceve o utilizza”) è sanzionata autonomamente dal terzo comma dello stesso articolo. Pertanto, il fatto che il pallone avesse superato il muro di cinta era sufficiente a integrare il reato nella sua forma consumata.

La posizione del complice esterno

L’esecutore materiale del lancio aveva richiesto la riqualificazione del fatto in favoreggiamento. La Corte ha ritenuto tale richiesta manifestamente infondata. La sua condotta non era successiva al reato commesso da altri, ma costituiva una partecipazione diretta e materiale all’esecuzione del delitto di illecita introduzione. Pertanto, la sua responsabilità è a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 391-ter c.p.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato le sue decisioni basandosi su una lettura rigorosa e testuale delle norme incriminatrici. Per quanto riguarda l’introduzione cellulari in carcere, ha sottolineato che la ratio della norma è quella di prevenire la comunicazione illecita dei detenuti, un obiettivo che viene compromesso già nel momento in cui un dispositivo idoneo a tale scopo viola il perimetro dell’istituto. Attendere la consegna al destinatario finale significherebbe interpretare la norma in modo restrittivo e non conforme alla sua finalità di tutela.

Sulle intercettazioni, la Corte ha richiamato il principio delle Sezioni Unite secondo cui la conversazione che integra la fattispecie criminosa è essa stessa corpo del reato. Le indicazioni fornite in diretta non erano una semplice narrazione di un piano, ma l’esecuzione stessa del contributo causale al reato, rendendo la loro captazione legittima.

Infine, per la dichiarazione di delinquenza abituale di uno degli imputati, i giudici hanno ritenuto sufficiente la motivazione basata sulla “lunghissima serie di precedenti penali” di varia natura e gravità, che dimostravano una tendenza al reato non frenata neppure dallo stato di detenzione.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa sentenza ribadisce la severità con cui l’ordinamento persegue il fenomeno dell’introduzione cellulari in carcere. Le conclusioni della Corte hanno importanti implicazioni pratiche:

1. Anticipazione della soglia di punibilità: Chiunque contribuisca a far superare le mura di un carcere a un telefono commette il reato in forma consumata, anche se il piano fallisce nella fase finale della consegna.
2. Valore probatorio delle intercettazioni: Le conversazioni che costituiscono una modalità di esecuzione del reato sono pienamente utilizzabili come prova diretta, rafforzando gli strumenti investigativi a disposizione degli inquirenti.
3. Responsabilità a titolo di concorso: L’aiuto fornito dall’esterno non è un mero favoreggiamento, ma una partecipazione piena al reato principale, con conseguenze sanzionatorie più gravi.

Quando si considera consumato il reato di introduzione di cellulari in carcere?
Il reato si considera consumato nel momento in cui il dispositivo viene introdotto all’interno dell’istituto penitenziario, superando le mura di cinta. Non è necessario che il detenuto destinatario ne entri effettivamente in possesso.

Una conversazione telefonica che fornisce istruzioni per commettere un reato può essere usata come prova?
Sì. Quando la conversazione stessa costituisce una modalità di esecuzione del reato (ad esempio, dando istruzioni in diretta per un lancio), essa viene considerata ‘corpo del reato’ e la sua registrazione è pienamente utilizzabile come prova.

Chi aiuta dall’esterno a lanciare un oggetto in carcere commette concorso nel reato o favoreggiamento?
Commette concorso nel reato di illecita introduzione (art. 391-ter c.p.), poiché la sua condotta è una partecipazione diretta all’esecuzione del fatto. Il favoreggiamento, invece, presuppone un aiuto fornito a reato già concluso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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