Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19127 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale presso Corte d’appello di Reggio Calabria avverso la sentenza del 22/03/2023 della Corte d’appello di Reggio Calabria resa nel procedimento a carico di
NOME nato a BOVALINO il 27/03/1948
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette la requisitoria trasmetta dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata letta la memoria del difensore dell’imputato, che ha chiesto la conferma della decisione impugnata; GLYPH %
lette le conclusioni inviate dalle parti civili Comune di Reggio Calabria, Comune di Condofuri e Comune di San Luca Romeo, che hanno ribadito la fondate ‘ zza dei motivi di ricorso, concludendo per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
t
Con la sentenza descritta in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria ha integralmente riformato quella appellata, resa dal Tribunale di Locri, assolvendo NOME COGNOME COGNOME dal reato di cui all’ad 416 bis cod. pen. allo stesso ascritto e ritenuto in primo grado, per non avere commesso il fatto.
Ad avviso della Corte del merito, gli elementi apprezzati dal Tribunale a sostegno della ritenuta intraneità sarebbero, in realtà, neutri dal punto di vista probatorio disfunzionali rispetto all’attività del consorzio criminale di riferimento, perché, pur rappresentativi della carica di capo ‘ndrina attribuita al ricorrente, non darebbero conto del contributo dinamico da questi garantito all’interno dell’associazione.
Propone ricorso la Procura Generale presso la Corte di Appello di Reggio Calabria e con un uniVai motivo adduce diversi vizi di motivazione destinati ad inficiare il percorso logico tracciato dalla sentenza di appello nel pervenire alla assoluzione dell’imputato. (6)
La sentenza impugnata, in primo luogo, avrebbe apoditticamente ascritto rilievo a circostanze non decisive (la mancata partecipazione di NOME alla cena di natale del 2009 ), al contempo privando- sempre senza argomentazione alcuna- di incidenza probatoria sia il comportamento dell’imputato tenuto successivamente alla detta cena, una volta conosciuto quanto avvenuto nell’occasione; sia il dato inerente alle mancate comunicazioni rispetto a fatti di interesse della ‘ndrina operate da NOME al responsabile del locale di riferimento, Varacalli.
E ciò senza considerare che le circostanze non comunicate a quest’ultimo, non potevano non ritenersi indice di una puntuale conoscenza in capo a Romeo di fatti di certa incidenza rispetto agli agiti illeciti gravitanti nell’orbita della relativa azione associ (in particolare la rapina operata da COGNOME ai danni di NOME COGNOME per reperire armi utili alla cosca).
In termini erronei, ancora, la Corte del merito avrebbe dato rilievo all’orientamento giurisprudenziale in forza del quale il semplice fatto della affiliazione, senza la puntuale individuazione di un concreto contributo dinamico rispetto agli interessi del consorzio criminale non darebbe conto della intraneità. In parte qua, la Corte del merito avrebbe confuso il tema della dote con quello della carica, la quale ultima, a differenza della prima, presupponendo l’attribuzione di un ruolo apicale all’interno della relativa associazione, darebbe conto per forza di cose di una consolidata e stabile compenetrazione all’interno del relativo assetto associativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento per le ragioni precisate di seguito.
Giova prendere le mosse dal portato argomentativo della sentenza appellata / che ricostruiva l’intraneità ascritta a NOME (quale vertice della ‘ndrina di Schiavo, facente
capo al locale di Bianco), facendo leva sui contenuti di un articolato dialogo, oggetto di intercettazione, intervenuto tra tre soggetti, coinvolti nel medesimo contesto associativo ascritto all’imilutato e tutti altrettanto pacificamente condannati per partecipazione ad associazione di matrice ndranghetista.
2.1. Ci si riferisce al colloquio del primo aprile del 2010, avvenuto all’interno dell’abitazione di NOME COGNOME all’epoca a capo del mandamento ionico della ‘ndrangheta reggina.
Colloquio che vide tra i protagonisti, oltre a COGNOME, anche NOME COGNOME, affiliato alla medesima ‘ndrina di NOME e NOME COGNOME, esponente del locale di Bianco; e che, per quanto messo in evidenza dal Tribunale, pur prendendo spunto da vicende immediatamente inerenti alla figura di COGNOME, finì per riguardare, in termini di più ampio respiro, le questioni afferenti alla gestione della ‘ndrina di Schiavokil comportamento del reggente della stessa filtrato alla luce della conflittualità con il soggetto posto a cari del locale di Bianco, (‘ndrina) poi chiusa da quest’ultimo proprio per l’asserita conflittualità ocorsa con NOME.
2.2. In particolare, secondo la ricostruzione del citato dialogo effettuata dalla sentenza appellata, nell’occasione COGNOME, soggetto intraneo alla ‘ detta ‘ndrina di Schiavo, ebbe a riferire a Pelle di alcune accuse mosse nei suoi confronti nel corso di una cena avvenuta nel natale del 2009; cena alla quale presero parte i “giovanotti” (gli intranei dotati di minore anzianità) e il mastro di giornata (NOME COGNOME), ma non COGNOME né NOME, descritto al vertice della citata ‘ndrina di Schiavo.
COGNOME, ancora, riferì a COGNOME dei ragguagli chiesti a NOME, per il ruolo dallo stesso rivestito, rispetto a tali accuse, che peraltro erano indirettamente rivolte anche ai COGNOME e delle quali era venuto a sapere da un soggetto che alla cena aveva partecipato; ancora, portò a conoscenza di NOME le iniziative assunte da NOME in esito alla sua sollecitazione, realizzate dall’imputato compulsando su tali fatti il mastro di giornata (gerarchicamente sottordinato al ruolo di NOME), ma anche appurando la veridicità del racconto di quest’ultimo, sentendo al fine NOME COGNOME che alla detta riunione aveva partecipato prendendo le difese di Balzano nonché degli appartenenti alla famiglia del capo mandamento.
Compulsato da Pelle sulle ragioni per le quali il capo del locale di Bianco, COGNOME, dal quale dipendeva la ‘ndrina di Schiavo, aveva deciso di chiudere tale articolazione, COGNOME ebbe poi a sottolineare le conflittualità occorsa tra Romeo e il COGNOME stesso. Quest’ultimo, infatti, per quanto riferito da COGNOME, non aveva gradito il comportamento dell’imputato che, senza consultarlo, aveva deciso di negare la dote ad un soggetto che ne rivendicava l’attribuzione; ancora, era venuto a sapere di un furto, operato in quel contesto territoriale, rispetto al quale NOME si era totalmente disinteressato malgrado fosse il soggetto al quale era demandato il controllo del relativo territorio; non aveva mai
ricevuto notizia alcuna da parte di NOME della rapina che lo stesso COGNOME aveva effettuato per reperire armi nell’interesse della cosca.
Da qui la prospettata ipotesi in virtù della quale COGNOME, preoccupato dell’intenzione di NOME di scalzarlo dalla posizione che rivestiva, aveva deciso di neutralizzarne ruolo e posizione, con la radicale chiusura della ‘ndrina.
Questo il quadro fattuale emerso dalla sentenza di condanna, giova poi rimarcare che la Corte del merito, nel ribaltarne l’esito, non ha inteso mettere . in discussione la posizione dei tre colloquianti, quali soggetti intranei al medesimo contesto associativo riferibile all’imputato, anche con riguardo al ruolo dagli stessi assunto in tale cornice criminale e al grado di possibile credibilità degli stessi, anche sotto il versante del possibile conoscenza dei dati fattuali riportati nel corso della interlocuzione in questione.
In linea con quest’ultima impostazione, ancora, i giudici dell’appello non si sono in alcun modo soffermati sulla incidenza probatoria da assegnare alla detta intercettazione, alla quale l’imputato era rimasto estraneo; né hanno ricostruito in termini diversi il significato da ascrivere ai colloqui captati, finendo anche per asseverare il dato, emergente dalle dichiarazioni captate e valorizzato dal Tribunale, riguardante il ruolo di vertice all’interno del sottosistema criminale offerto dalla ‘ndrina di COGNOME affidat all’imputato e riconosciuto dai citati colloquianti.
Piuttosto, pur muovendo dal medesimo impianto probatorio, ne hanno svalutato il portato, denunziandone una asserita inadeguatezza rispetto alla contestazione mossa a NOME sul piano della relativa intraneità associativa ex ad 416 bis cod. pen.
Il tutto con considerazioni per più versi inappaganti, perché sostenute apoditticamente o con argomentazioni destinate a sorreggere valutazioni manifestamente illogiche, all’evidenza affatto confacenti con la fattispecie criminale ascritta all’imputato.
In primo luogo, non può non concordarsi con il ricorso quanto alla radicale erroneità logico-giuridica della indicazione di principio, ricavabile dalla sentenza gravata, in forza della qUale l’attribuzione di un ruolo di vertice all’interno di uno specifico contest associativo, quale che ne sia la dimensione ma ferma la sua riconducibilità all’ipotesi di cui all’art. 416 bis cod. pen., se frutto di una mera collocazione formale, non seguita da concrete dinamiche che diano conto del grado di serietà dell’offerta partecipativa garantita dall’interessato, non sarebbe valido indice dell’intraneità mafiosa.
È a dirsi, piuttosto, il contrario, giacchè il riconoscimento di un ruolo di preminenza in un determinato ambito governato dalle logiche proprie della criminalità organizzata, quale che ne sia la matrice territoriale di riferimento, porta con sé, sul piano della linearit del ragionamento, l’idea presupposta del pregresso, radicato e stabile consolidamento
della relativa presenza associativa, ragione logica fondante del substrato fiduciario che giustifica l’investitura.
Nel caso, poi, il ragionamento tracciato dalla sentenza gravata è anche concretamente contraddetto dalle emergenze ricavate dal colloquio intercettato, ove se ne intenda ritenere valido il relativo assetto probatorio.
Basta guardare ai riferimenti operati da COGNOME rispetto alle concrete dinamiche, tipicamente proprie dell’associazione di interesse, al centro .delle quali è stato posto il Romeo; fatti rispetto ai quali la Corte del merito si è limitata a rimarcarne, in modo affatto argomentato, Mndifferenza probatoria rispetto al giudizio da rendere.
5.1. Più precisamente, non è stato precisato per quale ragione l’azione svolta da COGNOME, così come riferito da COGNOME, per appurare i contenuti della conflittualità riferitagli da quest’ultimo all’interno della ‘ndrina, chiamando a se altri componenti della medesima articolazione ed anche confrontandone le dichiarazioni, non possa ritenersi espressione del suo potere di controllo della relativa struttura territoriale in linea con una sua collocazione, nel relativo organigramma criminale, tutt’altro che solo formale.
5.2. Quanto alle ragioni del dissidio con COGNOME, sempre riferito da COGNOME con il supporto di COGNOME, la sentenza non spiega perché non assumerebbe rilievo la preoccupazione del primo di vedersi sopraffatto da COGNOME rispetto al ruolo che rivestiva, tanto da decidere di neutralizzare il problema sospendendo la stessa attività della ndrina.
Di contro, :una volta che se ne dia per assodata la sussistenza, la presenza di una siffatta conflittualità, letta alla luce del ruolo di COGNOME, imponeva di indicare le rag per le quali tali preoccupazioni non imponessero a monte di considerare l’imputato come innestato nel medesimo circuito criminale che il primo mirava a presidiare.
5.3. Né, ancora, sono state tenute in debito conto le causali del detto dissidio, siccome riferite a Pelle, tutte inerenti ad aspetti riguardanti l’azione associativa: si pens al conferimento di doti; o 1 ancora, alla esecuzione di una rapina dominata dalla esigenza di reperire armi funzionali all’azione comune; infine, all’omesso controllo territoriale prestato dall’imputato rispetto a situazioni illecite realizzate nel contesto di su immediato riferimento. Aspetti questi, tutti valorizzati, nell’ottica della detta conflittual perché non portati a conoscenza del vertice del locale di riferimento, sottraendogli ambiti di conoscenza dell’azione associativa criminale.
•
Di contro, senza confrontarsi con la decisa rilevanza logica di tali emergenze, la sentenza gravata ha inteso valorizzare aspetti tutt’altro che dirimenti nell’ottica dell verifica alla stessa demandata.
In particolare, anche qui senza puntellare il ragionamento con adeguati riferimenti argomentativi, non viene spiegato perché la mancata partecipazione di NOME alla detta cena dì natale del 2009 sarebbe stata ritenuta decisiva nell’escluderne l’intraneità,
vieppiù quando se ne dia per scontata la causale ‘ndranghetista, per ciò solo destinata anche ad influenzare il tenore dei relativi momenti di discussione, successivamente p
da COGNOME a fondamento della richiesta di intervento indirizzata a NOME.
7.Da qui l’annullamento della sentenza gravata con rinvio alla Corte del merito per un nuovo giudizio da rendere alla luce delle superiori indicazioni valutative.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso il 09/04/2025.