Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4017 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Catanzaro il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 30 maggio 2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal componente NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la reiezione del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO COGNOME nell’interesse del ricorrente che ha ribadito la fondatezza dei motivi di ricorso per come integrati dalla memoria trasmessa via “pec”
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza descritta in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha integralmente confermato quella sottoposta a riesame, resa dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale locale ai danni di NOME COGNOME, al quale è stata applicata la misura custodiale di maggior rigore perché gravemente indiziato di appartenenza all’associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo 93) della rubrica nonché di diversi reati fine sempre resi in violazione della disciplina sugli stupefaèenti ( capi 104, 120, 159, 167, 183, 184, 199, 202, 210, 211, 214, 228, 232, 254).
Propone ricorso la difesa dell’indagato e prospetta 11 motivi di ricorso, l’ultimo dei quali dedicato all’esigenze cautelari e alla esclusiva adeguatezza della custodia in carcere quale strumento utile a neutralizzarne il portato.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla eccepita nullità dell’ordinanza genetica ai sensi dell’art 292, comma 2- ter, cod. proc. pen., contestazione che la difesa, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, aveva formulato in termini specifici e puntuali, attraverso una sistematica comparazione – operata con i motivi nuovi allegati nel corso del riesanne- tra contenuto dell’ordinanza e corrispondente portato della richiesta del Pubblicd Ministero mettendo in evidenza, capo per capo, la sostanziale sovrapponibilità dei due atti a conferma inequivoca dell’assenza di una valutazione autonoma da parte del giudice della cautela.
2.2. Con il secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione vengono riferiti al confermato giudizio di gravità indiziaria relativo alla ritenuta intrane all’associazione di cui al capo 93).
Con la doglianza la difesa affronta e disattende tutti i momenti indiziari apprezzati dal giudice della cautela a sostegno della ritenuta partecipazione associativa, anche confrontandosi con momenti argomentativi non valorizzati dal Tribunale ( il ruolo di custode del denaro riferibile all’attività del gruppo e quello vedetta reso nell’interesse dei diversi sodali), mettendo in evidenza il travisamento del dato probatorio richiamato a sostegno della prospettazione accusatoria ( in particolare, con riguardo al tenore delle dichiarazioni di NOME COGNOME) nonché l’illogicità manifesta della lettura relativa alle diverse emergenze tratte dall singole imputazioni, frutto anche di una incompleta e parziale interpretazione dei dati acquisiti, diretta ad emarginare vuoti argomentativi resi ancora più evidenti dalla sostanziale pretermissione delle censure mosse con i motivi nuovi addotti nel corso del riesame, diretti anche a rappresentare l’assenza di contatti del ricorrente con soggetti diversi da NOME COGNOME e il mancato riferimento alla posizione del ricorrente da parte dei collaboranti escussi e dei diversi assuntori coinvolti nella rete di fornitura correlata al circuito criminale del gruppo i contestazione.
2.3. Con i motivi addotti dal terzo al settimo, sempre sotto il versante del difetto di motivazione anche in relazione ai motivi nuovi e della violazione di legge quanto alla ritenuta configurabilità dei reati considerati dalle rispettive doglianze, si contesta la gravità indiziaria riferita ai capi 104), 120), 159), 167), 202) e 254). Vengono analizzate, imputazione per imputazione, le relative emergenze indiziarie e si contesta la tenuta motivazionale sottesa alle rispetl:ive contestazioni, recuperando, peraltro, motivi di criticità del provvedimento gravato già prospettati nel contrastare la gravità indiziaria inerente alla intraneità associativa, ove valorizzati in tal senso dal Tribunale.
2.4. Con i motivi addotti per ottavo e nono, si mettono in discussione i capi di imputazione sub 228) e 232) e quelli sub 183) e 184) della rubrica. Per i primi due si lamenta un integrale difetto di motivazione anche grafica, avendo il tribunale omesso di rispondere ai rilievi prospettati con i motivi nuovi. In relazione agli altri due si segnala che, per quanto il giudizio di responsabilità non fosse in discussione (avendo il ricorrente confermato anche in sede di riesame i fatti contestati), nessuna risposta era stata fornita alla sollecitazione difensiva diretta ad inquadrare le vicende in questione all’interno dell’ipotesi di cui all’art 73 c:omma 5 d.P.R. n. 309 del 1990.
2.5. Con il decimo motivo, relativamente ai capi 199), 210), 211) e 214), si contesta la qualificazione data ai fatti, resa senza considerare le specifiche connotazioni delle vicende in questione, il cui scrutinio effettivo non avrebbe che potuto portare alla configurazione dei reati in questione in termini coerenti al disposto’ di cui all’art 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990.
2.6. Con l’ultimo motivo per un verso si segnala l’integrale pretermissione di diversi elementi diretti a mettere in crisi il ritenuto profilo di attualità e concretez del rischio di reiterazione: in particolare, non si sarebbe dato il giusto rilievo quattro anni che separano l’applicazione della misura dalla data delle condotte ascritte al ricorrente; l’insieme di elementi che mettevano in discussione già in radice lo specifico vincolo partecipativo e che comunque ne affievolivano il portato; l’incensuratezza del ricorrente in uno al fatto che lo stesso era occupato da attività lavorativa stabile perché titolare di una impresa avviata.
Per altro verso, in punto di esclusiva adeguatezza della misura, si lamenta la irragionevolezza della scelta adottata, distonica rispetto alla posizione di altri indagati., titolari di posizione processualmente più rilevanti e ciò malgrado sottoposti soli arresti domiciliari. Né si precisa perché, nel caso, non andrebbero applicati gli arresti, se del caso integrati dal braccialetto elettronico, interven idoneo a neutralizzare il ritenuto rischio di recidiva.
Con le memorie depositate il 6 dicembre 2023 la difesa ha ulteriormente contrastato il giudizio afferente alla sussistenza delle esigenze cautelari alla luce delle nQvità acquisite nel corso dell’interrogatorio reso dall’indagato in data 4 ottobre 2023, la cui copia fono registrata trascritta risulta allegata allo scrit difensivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso riposa su censure quantomeno infondate. Merita in coerenza la reiezione.
Il primo motivo è inammissibile per più concorrenti ragioni.
Il Tribunale, dopo aver rimarcato la genericità dell’analogo rilievo addotto con il riesame, ha affrontato e superato la censura evidenziando le ragioni per le quali il provvedimento genetico, nel caso, non potrebbe ritenersi affetto dal difetto di autonorria valutativa prospettata dalla difesa (si veda da pagina 2 della decisione gravata, ultimo capoverso).
Considerazioni, queste, che il ricorso che occupa non affronta con la dovuta specificità critica e che, comunque, risultano attinte in modo evidentemente inadeguato.
La difesa lamenta una integrale sovrapponibilità tra i punti dell’ordinanza diretti ad argomentare la gravità indiziaria per ciascuna imputazione (richiamati con riferimento alle relative pagine di volta in volta interessate) e quelli dell richiesta cautelare corrispondenti alle singole imputazioni (anche questi richiamati attraverso il mero riferimento alle relative pagine di interesse).
Segue, tuttavia, una tecnica argomentativa all’evidenza non condivisibile: sia perché t denunzia la sovrapponibilità dei due momenti del relativo giudizio comparativo trascurando di operare immediati riferimenti ai contenuti dei due atti che consentano di supportare, in via argomentativa, il vulnus addotto; sia perché la sollecitazione rivolta alla Corte presupponeva, comunque, il riferimento imprescindibile al contenuto di un atto (la richiesta di applicazione della misura), non allegato né compreso tra quelli comunque trasmessi al giudice di legittimità, così da impedire a monte la verifica del vizio invalidante prospettato.
Venendo agli altri motivi, non colgono nel segno quelli inerenti alle singole imputazioni per i reati fine, né la censura diretta a contrastare l’imputazione associativa.
3.1. Il Tribunale, nel ricostruire l’ipotizzata intraneità associativa, ha dat peculiare rilievo alle emergenze legate ai capi di imputazione sub 104), 120), 159), 167), 2ó2), 254), destinate a consolidare il quadro indiziario in termini di fattiva e
consapevole partecipazione all’attività illecita facente capo al gruppo di cui al capo 93), risultando il ricorrente coinvolto in diversi momenti di interazione con le iniziative criminali comuni.
Ha poi messo in risalto le dichiarazioni di NOME COGNOME (abituale acquirente del gruppo), che avrebbe riconosciuto in foto NOME COGNOME, descrivendolo come braccio destro del vertice dell’associazione, NOME COGNOME.
Nel delineare il ruolo assunto dal ricorrente all’interno della relativa struttura organizzativa e delle correlate dinamiche criminali, tra i profili emarginati dall’ordinanza genetica in linea con la prospettazione accusatoria, è stato dato specifico rilievo al compito di custodire la sostanza, demandatagli dal gruppo (in particolare, facendo leva sui dati acquisiti in relazione al capo 120). Ancora, si è messa in evidenza la disponibilità mostrata da COGNOME in occasione delle difficoltà riscontrate dal COGNOME quanto alla possibilità di proseguire l’attività di lavorazione e spaccio riferibili al gruppo presso l’abitazione (e la stalla annessa) di quest’ultimo, messa in crisi dall’attività di osservazione realizzata dalla polizia giudiziaria (collocando una telecamera nei pressi del detto sito): collaborazione concretatasi nell’avere il ricorrente individuato una sede alternativa presso la quale dare cohtinuità all’attività comune (indicando un immobile di proprietà di un suo zio sito in località COGNOME, sempre in Catanzaro).
3.2. Va subito detto che questo ultimo dato indiziario non è contestato dal ricorso. Ed è di tutta evidenza che lo stesso è denso di ricadute logiche a conferma della ritenuta intraneità perché, per un verso, conferma la rilevante fiducia di cui il ricorrente godeva presso il vertice dell’associazione (già solo per averne ricevuto le relative confidenze quanto alla detta problematica); e perché, per altro verso, si lega ad un momento di particolare rilevanza della vita associativa, sostanzialmente garantendone la continuità, malgrado la pervasiva attività di indagine alla quale il gruppo e la sua azione erano sottoposti.
Sempre su tale punto, va anche sottolineato come da una lettura congiunta del prov,vedinnento gravato e di quello genetico emerga altresì che il trasferimento dell’attività venne effettivamente realizzato, avendo il NOME COGNOME accolto il suggerimento del COGNOME; che la relativa struttura immobiliare venne prontamente approntata in funzione dell’attività alla quale asservirla, dal sodale COGNOME (si veda il provvedimento impugnato alla pagina 12, penultimo capoverso); che al sopralluogo effettuato presso la nuova sede operativa ebbe a partecipare lo COGNOME COGNOME al COGNOME e che nell’occasione il ricorrente ebbe anche a suggerire determinate modalità logistiche di gestione della sede in funzione dell’attività di spaccio mentre COGNOME:ano propose anche le modalità di
ripartizione soggettiva dei turni di lavorazione (pagina 666 e 667 dell’ordinanza sottoposta a riesanne).
3.3. Emerge, dunque, con evidenza, che le superiori emergenze di indagine da un lato disvelano autonomamente, con adeguata immediatezza, il grado di intraneità da ascrivere al ricorrente, pienamente coinvolto negli snodi dinamici essenziali della azione criminale del gruppo di riferimento tanto da contribuire e partecipare consapevolmente in termini decisivi agli sviluppi organizzativi delle relative iniziative illecite; dall’altro lato costituiscono una chiave di lett inequivoca delle altre acquisizioni indiziarie messe in luce a sostegno della singole imputazioni. E ciò perché ne consolidano il relativo e specifico portato in una ottica coerente alla prospettazione accusatoria; ma anche perché, in modo circolare, finiscono per alimentare le ricadute logiche che dal riscontro della gravità indiziaria relativa a tali imputazioni possono desumersi a sostegno della ritenuta intraneità associativa.
4. E così, prendendo le mosse dalle valutazioni spese in relazione al capo 120) della rubrica, le considerazioni difensive non mettono in crisi la valutazione resa dal Tribunale alla luce del dato offerto dalle intercettazioni’ ritenuto tale da sostenere la gravità indiziaria sia della cessione operata dai fornitori COGNOME e COGNOME il 10 marzo 2019 in favore di più sodali ( tra i quali il ricorrente); sia del custodia relativa alla sostanza ceduta il 9 giugno 2019 (da COGNOME a NOME COGNOME), affidata,a1 NOME dal gruppo (in particolare consegnatagli da COGNOME che ebbe a ‘rassicurare gli altri sodali sulle modalità con le quali il ricorrente avrebbe provveduto ad occultarla all’interno della propria abitazione).
In questo contesto, le critiche difensive non valgono a mettere in crisi la lettura logica del dato privilegiata dai giudici della cautela. Si risolvono in una lettura alternativa delle emergenze, peraltro basata su circostanze in fatto estranee ai poteri di verifica della Corte (quanto alle effettive ragioni per cui COGNOME chiese di incontrare personalmente il ricorrente); hanno, ancora, un modesto portato logico (la circostanza che la perquisizione operata presso l’abitazione del COGNOME non diede alcun riscontro non vale, infatti, a disattendere il chiaro tenore delle intercettazioni valorizzate dai giudici della cautela, a tacer d’altro per l distanza temporale tra la consegna e il successivo controllo, avvenuto quattro giorni dopo); non scalfiscono, infine, il rilievo inferenziale attribuito a tali situazi in fatto valorizzate dai giudici della cautela nel consolidare il quadro indiziario relativo alla consapevole partecipazione del ricorrente all’azione comune, perché dirette a cristallizzarne il relativo contributo in termini coincidenti con l’assunzion di un ruolo fiduciario e dunque strategico (quello di custodia della sostanza
stupefacente riferibile agli interessi comuni), all’evidenza ulteriore sintomo coerente della stabilità della relativa partecipazione associativa.
Non diversamente è a dirsi con riferimento al capo 104 (la droga consegnata al ricorrente da NOME COGNOME e destinata alla cliente di quest’ultimo, NOME COGNOME, che al COGNOME ne aveva sollecitato la consegna), le cui emergenze in fatto cristallizzano il concorso del ricorrente nel reato in questione quale protagonista della relativa intermediazione illecita (già realizzata per effetto della consegna allo stesso effettuata), alla luce di una lettura delle relative acquisizioni indiziarie non manifestamente illogica (la causale lecita dell’incontro prospettato dalla acquirente al COGNOME, rivendicata dalla difesa, è stata coerentemente ritenuta recessiva rispetto al riferimento alla cocaina contenuto nella conversazione intercettata, clecriptato dai giudici della cautela secondo indicazioni argomentative che non sono censurabili e non vengono puntualbiente censurate in questa sede); e che, a sua volta, assume rilievo, in ottica associativa, perché da ulteriormente conto della disponibilità mostrata dal ricorrente ad interagire con le iniziative illecite ricomprese nella comune attività del gruppo.
Ad analoghe considerazioni porta la contestazione mossa dalla difesa con riguardo al dato offerto dal capo 159 (le dazioni di cocaina operate dal sodale NOME COGNOME e dirette a consentire al ricorrente di rifornire NOME COGNOME, abitale acquirente del gruppo), che non intacca il giudizio di gravità reso dal Tribunale: si sostanzia, infatti, in una sollecitazione logica alternativa (quanto al compenso pattuito tra i due interlocutori, garantito da una datio in solutum che la difesa riconduce ad altri rapporti correnti tra i due, non di matrice illecita) e i una indicazione non decisiva ( la scelta di COGNOME di non recarsi presso l’abitazione di NOME COGNOME per rifornirsi in ragione dei controlli in atti in quel frangente temporale, smentita, ad avviso della difesa, dalle stesse emergenze indiziarie), che lasciano immutato il dato, emerso dai colloqui intercettati, attestante l’accordo illecito inerente alla dazione di sostanza stupefacente tra (NOME COGNOME e il ricorrente.
In relazione al capo 167), il rilievo posto dalla difesa non coglie nel segno perché prospettato senza leggere e interpretare il dato acquisito (l’intercettazione riportata nella parte iniziale della pagina 11) alla luce del più ampio e composito quadro indiziario fotografato dalle emergenze acquisite.
In juesta cornice, il seppur scarno e apparentemente indifferente contributo materiale offerto dal ricorrente (che, dopo la consegna della droga all’assuntore
da parte di NOME COGNOME, si sarebbe limitato ad avviarlo fuori dalla stanza), visto alla luce della sua intraneità associativa e dei rapporti che lo legavano al COGNOME, consente oggi, nei limiti propri della attuale verifica cautelare, di attribuire al ricorrente un ruolo concorsuale nella vicenda in questione, valorizzandone la presenza al momento della lavorazione della dose e della successiva consegna all’acquirente, in termini di evidente sostegno e condivàone rispetto alla condotta materialmente riferita al solo COGNOME.
Parimenti, deve ritenersi adeguatamente supportata sul piano argomentativo la valutazione resa con riferimento ai capi 202) e 254).
In entrambi i casi la condotta illecita del ricorrente trova conforto adeguato nel chiaro tenore dei colloqui captati che rende recessivi i rilievi difensivi, del tutt evanescenti (in relazione al capo 254, alla luce del portato delle dichiarazioni intercettate) o comunque destinati a risolversi in questioni in fatto (la riferibilità COGNOME della condotta descritta dal concorrente NOME), incompatibili con lo scrutinio di legittimità (vieppiù considerando che il dato non risulta sia stato contestato con il riesame).
E si,tratta, anche in questo caso, di emergenze indiziarie dotate di una duplice valenza’logica: cristallizzano la gravità con rispetto ai relativi capi di incolpazione provvisoria; valorizzano, al contempo, la partecipazione associativa perché attestano la disponibilità del ricorrente a contribuire agli interessi del gruppo (prelevando dal terreno adiacente l’abitazione del Donnenico COGNOME sostanza ivi occultata su mandato del sodale NOME COGNOME, e ciò malgrado la sorveglianza in atto) e confermano la stabile interlocuzione illecita con gli altri sodali (vieppiù attestata dalla fornitura ricavata dalla intercettazione relativa al capo 254).
Ne viene l’assenza di vizi invalidanti il giudizio di gravità indiziaria relativamente ai singoli reati fine. Al contempo, con riguardo alla imputazione associat:iva, la sostanziale indifferenza sia dell’addotto travisamento legato alle dichiarazioni di NOME COGNOME, sia della mancanza di valide argomentazioni spese nel sostenere il ruolo di cassiere e vedetta assunto dal ricorrente nel relativo organigramma associativo, trattandosi di aspetti e conclusioni non dirimenti rispetto alla conferma del giudizio reso sulla intraneità associativa, altrimenti supportata, e in termini più che adeguati, dall’ulteriore insieme di argomentazioni svolte dal provvedimento gravato, sopra puntualizzate.
Con riguardo ai capi 182), 183), 199), 210), 211) e 214) il ricorrente non contesta la gravità indiziaria ma si limita esclusivamente a rivendicarne una
diversa qualificazione, da ricondurre all’ipotesi di cui all’art 73 comma 3 d.P.R. n. 309 del 1990.
La deduzione, se non inammissibile per carenza di interesse, è manifestamente infondata.
Non risulta adeguatamente argomentata, sottolineando l’attuale interesse che la domina, a fronte della connpresenza di un titolo di reato (qui l’imputazione associativa ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990) che porta con sé la duplice presunzione di legge relativa dettata dall’art. 2.75 comma 3, ultimo periodo, cod. proc. pen. la quale, in assenza di altre precisazioni, rende, rel caso, fine a sé stessa l’anticipazione cautelare del giudizio inerente alla qualificazione delle dette condotté.
In ogni caso, inCOGNOME, la considerazione spesa nell’ordinanza gravata in forza della quale i singoli fatti a giudizio andrebbero valorizzati nel complessivo contesto associativo all’interno del quale si innestano, apprezzandone le capacità di smercio e, a monte, di approvvigionamento, aspetti poco compatibili con l’ipotesi di reato rivendicata dalla difesa, si sottrae a censure utilmente prospettabili in questa sede perché coerente al dato normativo di riferimento COGNOME che lineare, tenuto anche conto del portato della verifica cautelare, in quanto destinata a mettere in luce elementi che, prescindendo dal dato ponderale e qualitativo inerente la sostanza considerata dalle singole imputazioni, sono destinati ad influenzare il giudizio sulla tenuità delle singole condotte, puntualizzando aspetti afferenti alle condizioni e alle modalità dell’azione criminale da valutare. S
Vero è, infine, che sui motivi (aggiunti) di riesame diretti a contestare il giudizio reso sui capi 228) e 232) non si rinviene risposta alcuna da parte del Tribunale.
La pretermissione in questione, tuttavia, è all’evidenza neutralizzata negli effetti dalle considerazioni spese nel punto che precede, atteso che il tenore delle doglianze pretermesse (la riconducibilità delle condotte all’ipotesi di cui al comma 5 del citato art 73 e l’applicabilità dell’art 114 cod. pen.) risulta assorbito dal manifesta infondatezza o comunque dalla carenza di interesse che ne connotava il portato.
12.: Sono manifestamente infondate le censure spese nel contrastare le valutazioni rese dal Tribunale sulle esigenze da cautelare e sulla adeguatezza della misura adottata.
Il Tribunale, senza rifugiarsi nel favor argomentativo favorito dalla presenza della imputazione associativa, ha dato ulteriori contenuti al giudizio di attuale sussistenza del rischio di recidiva e di necessaria applicazione della misura
custodiale maggiormente afflittiva facendo leva sul rilevante grado di consapevole e consolidata intraneità riferibile al ricorrente, destinata a rimarcare una persorAità criminale assai elevata confermata anche dal numero non indifferente di reati fine.
Aspetti questi che coerentemente, nella valutazione di merito esclusivamente propria del giudice della cautela, rendono recessivi sia il profilo della incensuratezza del ricorrente, sia il rilievo da ascrivere al tempo trascorso dai fatti, peraltro sminuito, nel suo portato inferenziale, dal fatto che l’imputazione associativa non risulta chiusa e che non sono emersi elementi addotti dalla difesa diretti a comprovare l’allontanamento del ricorrente dal relativo contesto territoriale e criminale.
Del resto, sul piano della adeguatezza esclusiva del carcere, a supporto della presunzione di legge, sono state anche coerentemente rimarcate le modalità di azione del gruppo, sottolineando la centralità per così dire “domestica” dei luoghi di realiz`zazione delle condotte – non solo di lavorazione e custodia ma anche- di spaccio delle sostanze commercializzate dall’associazione, perall:ro essenzialmente favorite dal contributo del ricorrente, decisivo nel garantire una nuova sede logistica al gruppo così da ovviare alle attività di controllo in atto, sintomo evidente della inaffidabilità dello stesso con riguardo allo spontaneo rispetto delle cautele domiciliari, in radice ritenute puntualmente inidonee a neutralizzare il rischio di recidiva, anche se supportate da altri strumenti di controllo.
Ne viene la manifesta infondatezza delle censure proposte sul punto dal ricorso, valutazione che non viene messa in crisi dalle considerazioni spese dalla difesa con la memoria depositata, fondata su emergenze (le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dal ricorrente, allegate alla detta memoria) che, a tacer d’altro, ,sono successive al provvedimento gravato e restano dunque eccentriche 4 ai possibili temi da sottoporre alla odierna verifica di legittimità.
13. Alla reiezione del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
O GLYPH Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese ‘2 9) processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’alt 94 comma 1 ter disp att cod. proc. pen.
Così deciso il 13/12/2023.