Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23618 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23618 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato il DATA_NASCITA a Battipaglia avverso la sentenza in data 26/09/2023 della Corte di appello di Salerno
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26/09/2023 la Corte di appello di Salerno ha confermato quella del Tribunale di Salerno in data 06/10/2022, con cui NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole dei delitti di cui all’art. 377 cod. pen. in danno del V.AVV_NOTAIO COGNOME (capo e), all’art. 337 cod. pen. in danno del V. AVV_NOTAIO COGNOME (capo g), all’art. 377 cod. pen. in danno di NOME COGNOME (capo h).
Ha proposto ricorso NOME tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo e).
La Corte aveva valutato l’episodio alla luce del fatto di cui al capo al capo f), che tuttavia era stato riqualificato come minaccia, con proscioglimento per difetto di querela.
Inoltre, la Corte non aveva tenuto conto della doglianza formulata nell’atto di appello, riguardante la configurabilità del reato, non ricorrendo un’ipotesi in cui il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO aveva reso dichiarazioni in sede di indagini che egli avrebbe dovuto ritrattare. Era mancante un rapporto di conseguenzialità tra le minacce e l’imminente testimonianza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo g).
Ai fini della configurabilità del reato avrebbe dovuto porsi sotto il profil soggettivo un nesso di causalità tra la violenza o minaccia e il compimento dell’atto del pubblico ufficiale, mentre in mancanza del necessario requisito avrebbe potuto semmai ravvisarsi un reato diverso, quale quello di minaccia, nel caso di specie suffragato dal risentimento provato dal ricorrente nei confronti del V.AVV_NOTAIOadiere.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo h).
La lettura fornita dalla Corte disattendeva il dato normativo come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, occorrendo per il reato di intralcio alla giustiz la condotta di chi compie pressioni sulla persona che abbia reso dichiarazioni accusatorie, al fine di indurla alla ritrattazione nella stessa o in una successiva fase del giudizio, presupposto nel caso di specie insussistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
Il primo motivo, riguardante il capo e), risulta da un lato generico e dall’altro manifestamente infondato.
I Giudici di merito hanno ricostruito l’episodio sulla base delle dichiarazioni del V. AVV_NOTAIO COGNOME e della conferma riveniente dalle dichiarazioni del AVV_NOTAIO.NOME COGNOME, ritenendo che il ricorrente avesse minacciato il V. AVV_NOTAIO COGNOME -che aveva redatto un’informativa nei confronti di COGNOME e che era chiamato a testimoniare nel relativo processo; onde intimidirlo e indurlo a rendere dichiarazioni accomodanti.
In tale quadro la Corte non ha inteso stabilire un’indebita interferenza con un successivo episodio, che in primo grado era stato riqualificato come minaccia, risultata improcedibile per difetto di querela, ma solo dar conto delle ragioni per cui il AVV_NOTAIO avesse inteso denunciare dopo il secondo episodio anche quello precedente, strutturalmente autonomo.
Aspecifiche risultano inoltre le deduzioni riguardanti il coefficiente psicologico, alla luce del tenore delle frasi pronunciate in quel peculiare contesto dal ricorrente.
E’ manifestamente infondato l’assunto secondo cui il reato di cui all’art. 377 cod. pen. debba correlarsi alla ritrattazione di precedenti dichiarazioni del soggetto chiamato a deporre.
In realtà la giurisprudenza si è spesso pronunciata, per far luce su un presupposto costitutivo del reato, in ordine alla configurabilità dello stesso nel caso di condotte tenute nei confronti di soggetto che abbia reso dichiarazioni in fase di indagini, onde ottenerne la successiva ritrattazione: ciò non significa tuttavia che questo sia l’unico e ineludibile presupposto del reato di intralcio alla giustizia, nella forma contemplata dal terzo comma, essendo necessario che il destinatario della condotta sia soggetto chiamato a rendere dichiarazioni o a svolgere incarichi quale ausiliario e che la violenza o la minaccia sia volte al compimento di uno dei reati di cui agli artt. 371-bis, 371-ter, 372 e 373 cod. pen., a cominciare dunque da una deposizione non rispondente al vero, a prescindere da pregresse dichiarazioni.
Per le ragioni fin qui evidenziate risulta inammissibile il terzo motivo, concernente il reato di intralcio alla giustizia di cui al capo h), coinvolgente NOME COGNOME, chiamato a rendere testimonianza in un processo a carico di COGNOME.
Incontestata la natura di velata minaccia della frase pronunciata dal ricorrente nei confronti di COGNOME, risulta aspecifica la deduzione incentrata sull’assenza dell’elemento psicologico, oltre che, di nuovo, manifestamente infondata la tesi incentrata sulla pretesa assenza di un presupposto del reato, costituito da pregresse dichiarazioni, presupposto che, come si è già rilevato, non è previsto, non essendo necessario che la condotta sia volta ad ottenere una ritrattazione.
E’ infine inammissibile il secondo motivo, riguardante il delitto di resistenza di cui al capo g): meramente assertivo risulta l’assunto difensivo secondo cui la condotta si sarebbe risolta nella mera manifestazione di astio nei confronti del AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. COGNOME senza alcuna correlazione eziologica tra la condotta e il compimento dell’atto di ufficio, avendo i Giudici di merito rilevato che il ricorrente tenne una condotta minacciosa e violenta di tipo oppositivo nei confronti del militare nella
fase in cui costui cercava di notificare al ricorrente un provvedimento restrittivo, frangente nel quale dopo iniziali minacce il militare si era dapprima recato in un limitrofo ufficio e aveva poi cercato di completare la procedura con la firma del ricorrente, che quel punto gli aveva scagliato contro il ponderoso provvedimento.
In conclusione deve ribadirsi l’inammissibilità del ricorso cui segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2024