Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20886 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20886 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato a Platania il 11/08/1973, avverso la sentenza del 23/09/2024 della Corte d’appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato ex art. 377 cod. pen. descritto nella imputazione decisa dal Tribunale di Lamezia Terme a conclusione di un giudizio abbreviato.
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento del la sentenza.
2.1. Con il primo motivo si deduce manifesta illogicità della motivazione nel ravvisare il reato ex art. 377 cod. pen. trascurando che questo ricorre in relazione a dichiarazioni da rendere alla Autorità giudiziaria o delegata dalla autorità giudiziaria, mentre, nella fattispecie, COGNOME sollecitò COGNOME a recarsi dalla Polizia giudiziaria che agiva senza alcuna delega del Pubblico ministero e , per altro
verso, non ha mai assunto la qualità di testimone, stante la scelta processuale dell’imputato di essere giudicato nelle forme del giudizio abbreviato .
Si evidenzia che il nostro ordinamento non prevede il reato di false dichiarazioni alla Polizia giudiziaria e si osserva che a questa conclusione giunge anche la sentenza della Corte costituzionale n. 60 del 1995 nella parte in cui, nel dichiarare la illegittimità costituiate dell’art. 513, comma 1, cod. pen. non prevede che, ricorrendone le condizioni, il giudice disponga che sia data lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato alla polizia giudiziaria che non siano state assunte su delega del Pubblico ministero. Si aggiunge che, affinché sia integrato il reato di subornazione di testimone, occorre che il destinatario dell’offerta illecita prevista dalla disposizione, abbia già assunto la qualità di testimone a seguito di un provvedimento del giudice che ne ammetta la testimonianza. Si considera, quindi, che la qualità di testimone si acquisisce nel momento in cui giudice autorizza la citazione della persona quale testimone e viene meno con il termine del processo. Si osserva che quando, come nella fattispecie, si procede con il rito abbreviato è inibita qualsiasi attività istruttoria, compresa la possibilità di citare testimoni, sicché, anche configurando il reato ex art. 377 cod. pen. come reato di pericolo nel caso concreto nessun pericolo, nemmeno astratto, era configurabile, tanto più che proprio COGNOME ha chiesto di procedersi con giudizio abbreviato, così accettando di difendersi sulla base di quanto da COGNOME già dichiarato, sulla scorta di una conversazione telefonica registrata sia da COGNOME, sia da COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso di deduce vizio della motivazione nel negare la Corte, senza appello del Pubblico ministero, la sospensione condizionale della pena, pur avendo il Tribunale formulato una prognosi favorevole circa l’ astenersi di COGNOME da futuri reati, e solo perché l’ imputato ha già due volte beneficiato della sospensione condizionale della pene, ma trascurando che tra i due reati in sede di esecuzione, è stato riconosciuto il vincolo della continuazione: l’ avere effettuato una valutazione sulla meritevolezza del beneficio, già vagliata dal Tribunale, viola, in assenza di impugnazione da parte del Pubblico ministero, il divieto di reformatio in peius.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Deve ribadirsi, infatti, che integra il delitto di intralcio alla giustizia ex art. 377 cod. pen. la condotta di chi compie pressioni o minacce sulla persona che ha reso dichiarazioni accusatorie in fase di indagini preliminari per indurla alla ritrattazione in detta fase o in prospettiva del successivo dibattimento (Sez. 2, n.
27382 del 08/02/2023, Rv. 284866; Sez. 6, n. 17665 del 17/02/2016, Rv. 266796; Sez. 6, n. 50008 del 20/10/2015, Rv. 266040).
Il delitto di «intralcio alla giustizia», introdotto dalla legge 16 marzo 2006, n. 146, ha sostituito la precedente figura di reato della subornazione, prevista dal previgente art. 377 cod. pen., modificandone il nomen juris e punendo, oltre all’ipotesi originaria della promessa o offerta di denaro o altra utilità, comportamenti di violenza o minaccia.
Pertanto, è rimasta inalterata la struttura della fattispecie di reato di pericolo (Sez. U, n. 37503 del 30/10/2002, COGNOME, Rv. 222348; Sez. 6, n. 34667 del 05/05/2016, Rv. 267704).
Ne consegue quindi, relativamente anche all’ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 377 cod. pen., che è irrilevante che l’azione realizzi o meno un effettivo condizionamento delle dichiarazioni del destinatario dell’azione aggressiva o intimidatoria, perché la norma intende realizzare una tutela anticipata del bene giuridico dell’amministrazione della giustizia: quel che rileva è che la condotta al momento in cui fu resa sia stata potenzialmente idonea, in base ad un giudizio ex ante , a raggiungere il suo scopo ( Sez. 6, n. 45002 del 06/07/2018, Rv. 274222).
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale non aveva concesso la sospensione condizionale della pena, tant’è che la mancata concessione ha costituito uno dei motivi di appello e il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata.
La Corte di appello non ha negato la concessione della sospensione condizionale della pena per la presenza di due precedenti sospensioni, ma perché ─ valutate specificamente le condotte oggetto dell’im putazioni e la personalità dell’ imputato, desunta dai precedenti penali ─ non ha ravvisato elementi per formulare una prognosi positiva circa l’astensione da ulteriori reati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/05/2025