LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Intossicazione da stupefacenti: la colpevolezza

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per tentato omicidio di un individuo che, durante una pericolosa guida causata da intossicazione da stupefacenti volontaria, si è schiantato intenzionalmente contro un’auto di servizio. La Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui la psicosi acuta annullasse la responsabilità penale, chiarendo che l’assunzione volontaria di droghe non diminuisce la colpevolezza, a meno che non derivi da una patologia cronica e permanente. L’intento omicida è stato correttamente desunto dalla natura deliberata e violenta dell’impatto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intossicazione da stupefacenti e tentato omicidio: la Cassazione sulla colpevolezza

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, affronta un caso di tentato omicidio commesso in stato di alterazione psicofisica, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento: la volontaria intossicazione da stupefacenti non è una scusante e non diminuisce la colpevolezza. La pronuncia offre importanti chiarimenti sulla valutazione del dolo e sulla distinzione tra alterazione acuta e infermità di mente cronica.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria trae origine da una serie di atti criminali posti in essere da un individuo sotto l’effetto di cannabis. In preda a una reazione psicotica acuta, l’uomo si metteva alla guida, intraprendendo una folle corsa per le strade di diversi centri abitati. La sua condotta culminava in un atto di estrema violenza: dopo aver incrociato un’auto di servizio dei Carabinieri, accelerava deliberatamente e sterzava bruscamente, andando a impattare con violenza contro la fiancata del veicolo, al cui interno si trovavano due ufficiali. Solo per un caso fortuito, i militari riuscivano a uscire dall’abitacolo prima che potesse incendiarsi, evitando conseguenze letali.

L’Intossicazione da Stupefacenti e i Motivi del Ricorso

Condannato in primo e secondo grado per tentato omicidio, l’imputato presentava ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali.

La Tesi dell’Infermità Mentale

In primo luogo, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare la reazione psicotica acuta, indotta dall’assunzione di droga, come una vera e propria malattia mentale. Secondo questa tesi, tale stato avrebbe dovuto essere assimilato a un’infermità di mente, capace di escludere o ridurre la sua capacità di intendere e di volere, e dunque la sua colpevolezza.

L’Assenza del Dolo Diretto

In secondo luogo, si contestava la sussistenza del dolo diretto di tentato omicidio. L’imputato asseriva di aver agito per sfuggire a un pericolo immaginario e non con l’intenzione di colpire deliberatamente i militari. La sua azione, secondo la difesa, doveva essere al più qualificata come sorretta da dolo eventuale, ovvero la mera accettazione del rischio, elemento psicologico ritenuto incompatibile con la figura del delitto tentato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato, e ha confermato la condanna. Le motivazioni della decisione sono cruciali per comprendere come il diritto penale gestisce i reati commessi in stato di alterazione.

Sull’Imputabilità e la Colpevolezza nell’Intossicazione da Stupefacenti

La Corte ha innanzitutto chiarito che lo stato di intossicazione da stupefacenti acuta e volontaria non può mai essere equiparato all’infermità di mente di cui agli artt. 88 e 89 del codice penale. La giurisprudenza distingue nettamente tra:

* Intossicazione acuta: uno stato transitorio che non elide la responsabilità penale, come previsto dall’art. 92 c.p.
* Intossicazione cronica: una condizione patologica permanente, con alterazioni cerebrali stabili, che può integrare un’infermità di mente.

Nel caso di specie, le perizie avevano escluso una condizione cronica. L’imputato era in uno stato di intossicazione abituale ma transitoria. La Corte ha quindi affermato che la colpevolezza deve essere valutata secondo i criteri ordinari. Non è richiesta un’analisi lucida della realtà, ma è sufficiente che il soggetto sia stato in grado di “attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto”. Le azioni dell’imputato, per quanto illogiche nella motivazione di fondo, erano sequenziali e dirette a un fine: questo basta per ritenerlo colpevole.

Sul Dolo di Tentato Omicidio

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Cassazione ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente desunto il dolo diretto (e non solo eventuale) dalle concrete modalità dell’azione. L’accelerazione improvvisa, la sterzata deliberata verso il veicolo dei militari, la chiara visibilità delle persone a bordo e il punto d’impatto (il centro della fiancata, dove siedono gli occupanti) sono stati considerati elementi inequivocabili della volontà di causare un evento lesivo, accettandone anche la conseguenza più estrema, cioè la morte.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma con forza un principio cardine del sistema penale: chi si pone volontariamente in uno stato di alterazione per uso di alcol o droghe non può invocare tale stato per sfuggire alla propria responsabilità. La colpevolezza non viene meno, ma viene valutata sulla base delle azioni concretamente poste in essere. La distinzione tra un’alterazione passeggera e una vera e propria patologia mentale cronica rimane il discrimine fondamentale per l’applicazione delle norme sull’imputabilità. Questa decisione serve da monito: la scelta di alterare la propria percezione con sostanze stupefacenti non crea una zona franca dalla legge, ma al contrario, lascia l’agente pienamente responsabile delle proprie azioni.

L’intossicazione da stupefacenti volontaria può escludere o diminuire la responsabilità penale?
No, secondo la sentenza, uno stato di intossicazione volontaria da stupefacenti non esclude né diminuisce l’imputabilità. Il soggetto è considerato pienamente responsabile per i reati commessi in tale stato, a meno che l’intossicazione non sia accidentale o derivi da una condizione cronica assimilabile a una vera e propria malattia mentale permanente.

Come viene valutato il dolo (l’intenzione) di una persona che commette un reato sotto l’effetto di droghe?
La Corte valuta l’intenzione basandosi sulle circostanze oggettive e sulle azioni dell’agente al momento del fatto. La sentenza chiarisce che, anche se la percezione della realtà dell’agente è alterata, la sua capacità di dirigere le proprie azioni verso un obiettivo specifico (come schiantarsi contro un’altra auto) è sufficiente per configurare il dolo diretto, senza che sia necessaria una “analisi lucida” della realtà.

Qual è la differenza tra intossicazione acuta volontaria e intossicazione cronica ai fini dell’imputabilità?
L’intossicazione acuta volontaria è uno stato transitorio che, per legge, non costituisce infermità di mente. L’intossicazione cronica, invece, come definita dalla giurisprudenza, provoca alterazioni patologiche permanenti a livello cerebrale, dando origine a una vera e propria malattia psichica che sussiste indipendentemente dall’assunzione recente di sostanze. Solo quest’ultima può essere considerata causa di esclusione o diminuzione della responsabilità penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati