Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29670 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29670 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 384/2025
UP – 23/05/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
Segnatamente, secondo la tesi del ricorrente, la Corte di appello avrebbe dovuto valutare quale fosse la sua condizione antecedente alla reazione psicotica acuta, al fine di verificare la possibile rappresentazione, volizione o accettazione del rischio, e l’evitabilità dei fatti criminosi successivi.
Il ricorrente, attraverso la riproduzione di stralci di motivazioni di sentenze di merito, evidenzia come sia possibile e opportuna l’individuazione di un tertium genus tra l’incapacità derivante da intossicazione cronica e incapacità da intossicazione volontaria e che, infatti, la psicosi acuta indotta dall’assunzione di stupefacenti di cui l’imputato aveva sofferto, ancorchØ colpevolmente, dovesse essere assimilata a una malattia mentale, pienamente riconducibile al concetto d’infermità di mente.
Ciò potrebbe e dovrebbe affermarsi, secondo la tesi del ricorrente, alla stregua del dato obiettivo che il concetto d’infermità mentale si Ł evoluto negli ultimi decenni e, muovendo da una situazione in cui l’incapacità d’intendere e volere era legata alla sussistenza di substrati organici integranti patologia mentale, Ł approdato a un’apertura verso forme di disturbi nevrotici, psicotici, della personalità la cui entità appare spesso proporzionalmente correlata all’abuso di sostanze alcoliche ovvero stupefacenti.
Conclusivamente, s’invoca una rivalutazione della vicenda sotto il profilo della colpevolezza e, dunque, un differente trattamento sanzionatorio.
3.2. Con il secondo motivo si denunciano i vizi di violazione di legge e di motivazione,
ivi compreso il travisamento della prova, in punto di confermata sussistenza del dolo del tentato omicidioai danni dei due ufficiali dell’Arma di Asolo.
Il ricorrente – dopo avere richiamato la ricostruzione in fatto della relativa azione criminosa, così come ritenuta dai in Giudici di merito – ha lamentato che le risposte che la Corte di appello ha fornito alle censure difensive riposerebbero su dati travisati attinenti alle modalità dell’azione, al contesto nel quale si collocano i fatti e alla percezione della presenza dei militari all’interno del veicolo che, lungi dall’essere stato preso di mira deliberatamente dall’imputato, era invece posizionato al centro di due semi-carreggiate e che non poteva essere altrimenti evitato, senza porre a rischio l’incolumità degli automobilisti che provenivano dal lato opposto.
In particolare, secondo la tesi del ricorrente, le risultanze di prova renderebbero ragione del fatto che – diversamente da quanto sostenuto dal Giudice di appello – i) l’imputato non era inseguito dal veicolo di servizio con i dispositivi acustici e luminosi in funzione; ii) il mezzo di servizio travolto dall’auto dell’imputato non aveva a disposizione un’ampia semicarreggiata a sinistra, ma era in posizione orizzontale al centro delle due semicarreggiate, costituendo un doppio ostacolo a chi proveniva dal lato opposto; iii) non Ł certo che il veicolo dei militari, fermo sulla strada, avesse dispositivi luminosi e acustici accesi, poichØ nessuno lo aveva riferito.
Il ricorrente, dunque, agì anche in quel frangente al solo fine di portare a termine la folle corsa, intrapresa per sfuggire a un pericolo immaginario, com’Ł dimostrato dal fatto che cagionò diversi incidenti, non certo volontariamente, ma per incapacità tecnica di portare avanti quella condotta di guida, sfrecciando per le strade di vari paesi in un orario di traffico urbano. L’azione fu, dunque, sorretta da un atteggiamento psichico qualificabile al piø come dolo eventuale e, come tale, incompatibile con il delitto di tentato omicidio.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 6 maggio 2025, ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deduce censure infondate e, come tale, va rigettato.
Il motivo con il quale il ricorrente lamenta la mancata verifica, da parte della Corte territoriale, dell’elemento della colpevolezza dell’imputato riguardo alla fase di assunzione della sostanza stupefacente che gli ha determinato la reazione psicotica Ł inammissibile e, comunque, infondato.
1.1. In via preliminare, non può non rilevarsi come si tratti di doglianza che non Ł stata devoluta con i motivi di appello, come richiamati nella sentenza della Corte territoriale, la cui completezza rispetto alle deduzioni avanzate dall’imputato in secondo grado non Ł stata revocata in dubbio.
Segnatamente, nell’atto di appello la difesa si era limitata a lamentare l’omessa valutazione di alcuni elementi risultanti dagli atti che, ove adeguatamente considerati, avrebbero condotto a conclusioni diverse i periti e, tra questi, la familiarità per schizofrenia (di cui erano affetti il padre ed un nonno), l’osservazione, ancora dieci giorni dopo i fatti, di uno stato «tranquillo, ma delirante» e la conseguente somministrazione di psicofarmaci. SicchØ, secondo la tesi sostenuta nell’atto di appello, le psicosi del 10 ottobre 2022 non erano collegate all’assunzione di droga, ma presumibilmente a una condizione di malattia o a uno stato di alterazione indipendente da sostanze, oppure da queste slatentizzata, così come affermato dal consulente di parte, dottor COGNOME
Nel ricorso per cassazione, invece, s’invoca l’omessa valutazione, da parte del Giudice di secondo grado, dell’elemento della colpevolezza, tema però mai devoluto alla Corte di
appello, la cui ammissibilità Ł, dunque, preclusa dal disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
In tema di ricorso per cassazione, la regola desumibile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo a un punto del ricorso non investito dal controllo del giudice di appello, perchØ non segnalato con i motivi di gravame, punto su cui, quindi, il giudice di secondo grado abbia correttamente omesso di pronunziarsi in quanto esso non era stato devoluto alla sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577 – 01; Sez. 4, n. 10611 del 4/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256631 – 01).
In tal senso, il limite desumibile dalla disciplina indicata, riguardo alla non deducibilità con il ricorso per cassazione di questioni che non abbiano costituito oggetto dei motivi di gravame, Ł posto per evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento a un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per il solo fatto che lo stesso sia stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316), salvo che la proposizione delle questioni non sollevate prima non costituisca l’effetto della diretta controdeduzione agli argomenti nuovi, enunciati “a sorpresa” dal giudice dell’impugnazione di merito in funzione risolutiva, allorchØ, per l’assoluta imprevedibilità della loro rilevanza, tali questioni rientrino tra quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, come tali oggetto di ammissibile delibazione dalla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 35494 del 17/06/2021, Razzauti, Rv. 281852 – 01).
1.2. Il motivo Ł, comunque, infondato.
1.2.1. Non Ł superfluo evidenziare che il Giudice per le indagini preliminari, a seguito della perizia dei dottori COGNOME e COGNOME volta a valutare l’imputabilità di XXXXXXXX, ha concluso che questi: i) al momento dei fatti, era in preda una reazione psicotica da assunzione voluttuaria di cannabis , perdurata per diverse ore; ii) la sua capacità di intendere e volere era grandemente scemata; iii) ciò nonostante, non venendo in rilievo l’ipotesi di un’intossicazione acuta da sostanze che, sul piano forense, integra il concetto giuridico d’infermità di mente, i comportamenti posti in essere dall’imputato non assumevano valore di malattia.
SicchØ, richiamata la giurisprudenza in base alla quale «la situazione di tossicodipendenza che influisce sulla capacità di intendere e volere Ł solo quella che, per il suo carattere ineliminabile per l’impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioŁ una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un’azione strettamente collegata all’assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica” ha ritenuto che l’imputato fosse pienamente imputabile al momento del fatto.
1.2.2. La Corte territoriale, al fine di rispondere alle doglianze contenute nell’appello, si Ł fatta carico di disporre un supplemento di perizia, affidata al medico psichiatra, dottoressa COGNOME per accertare – considerati gli spunti segnalati dall’appellante (segnalata familiarità
per schizofrenia, osservazione e terapia farmacologica assunta in carcere nei giorni successivi al fatto e all’attuale) – l’eventuale sussistenza di una precedente malattia, costituente infermità ai sensi degli artt. 88 e 89 cod. pen.
Quindi – con motivazione in accordo con le conclusioni del perito, in alcun modo contraddette dalle valutazioni del consulente di parte – ha ben spiegato l’assenza dei criteri diagnostici della cronica intossicazione nell’imputato che, difatti, non ha avuto un danno organico a carico delle funzioni psichiche fuori dalla fase acuta e dalla sindrome di astinenza; la psicosi indotta dall’assunzione volontaria di sostanza stupefacente Ł, dunque, durata fino a quando vi Ł stata la relativa assunzione e nel periodo immediatamente successivo alla carcerazione, come «suo strascico o astinenza». Ha, poi, chiarito che l’imputato, all’atto del colloquio clinico svolto nel corso del procedimento di appello, si era presentato libero da sintomi psicotici, pur in assenza di terapia antipsicotica: ciò che consentiva di concludere che lo stesso non presentava, nØ aveva mai presentato, i segni di un’intossicazione cronica da assunzione di sostanze, quanto piuttosto uno stato d’intossicazione abituale, ossia uno stato transitorio che non può in alcun modo costituire infermità nel senso penalmente rilevante, in ragione della specifica previsione dell’articolo 94 cod. pen. e della successiva elaborazione giurisprudenziale a riguardo.
1.2.3. Quanto all’indagine sulla colpevolezza, va ricordato che essa dev’essere valutata secondo i normali criteri d’individuazione dell’elemento psicologico del reato e, poichØ l’art. 92 cod. pen. nel disciplinarne l’imputabilità nulla dice in ordine alla colpevolezza del soggetto agente, questa deve essere apprezzata alla stregua delle regole dettate dagli artt. 42 e 43 cod. pen.; si Ł, dunque, condivisibilmente specificato che «per ritenere sussistente il dolo diretto, non Ł richiesto che sia stata effettuata un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto».
Osserva in proposito il Collegio come detta indagine, diversamente da quanto lamentato dal ricorrente, sia stata adeguatamente svolta nella sentenza di appello (si veda p. 20, §2.2.), la cui struttura motivazionale viene a saldarsi perfettamente con quella di primo grado (§ 2 della sentenza), sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune anche nella parte in cui si Ł approfondito il tema dell’atteggiamento psicologico riguardante il reato di tentato omicidio, essendo stata valorizzata l’intera sequenza delle condotte poste in essere (i ripetuti atti predatori, posti in essere con la precisazione da parte dell’imputato di non voler fare del male alle vittime, l’accelerazione e la deliberata sterzata in direzione del mezzo ove si trovavano i carabinieri) a buona ragione ritenute indicative della piena consapevolezza di quanto stava accadendo, dimostrando come la sua reazione fosse sostenuta da una motivazione logica che, per quanto inaccettabile, denotava piena capacità di comprensione e autodeterminazione al momento del fatto, unitamente alla volontà di opporsi, con atti violenti e gravemente minacciosi, all’espletamento di atti legittimamente compiuti dai pubblici ufficiali in quel frangente intervenuti.
Alla stregua di siffatte emergenze probatorie, deve ritenersi che l’impugnata pronunzia abbia fatto buon governo del quadro di principii che regolano la materia in esame, avendo questa Corte già affermato che la colpevolezza di una persona in stato di ubriachezza deve essere valutata secondo i normali criteri d’individuazione dell’elemento psicologico del reato e, poichØ l’art. 92 cod. pen. nel disciplinarne l’imputabilità nulla dice in ordine alla di lui colpevolezza, questa deve essere apprezzata alla stregua delle regole dettate dagli artt. 42 e 43 cod. pen. (Sez. 1, n. 18220 del 11/03/2015, COGNOME, Rv. 263857 – 01; Sez. 6, n. 38513 del 22/05/2008, dep. 09/10/2008, Rv. 241399;Sez. 1, n. 42387 del 28/09/2007, COGNOME, Rv.
238111 – 01). L’azione esercitata sulla psiche dall’alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato non impedisce di accertare il dolo diretto, per la cui esistenza non Ł richiesta un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto – come puntualmente spiegato nel caso in esame dai Giudici di merito – che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto (Sez. 1, n. 5175 del 17/12/2012, dep. 01/02/2013, Rv. 255179).
Ne discende che, nel caso di reato commesso in stato di ebbrezza alcoolica ovvero di alterazione da assunzione di stupefacenti non accidentale nØ preordinata, ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’agente Ł decisivo l’atteggiamento psichico, sia pure abnorme, del momento in cui il fatto si Ł verificato: trattandosi di delitto doloso, la responsabilità del soggetto deve essere esclusa soltanto se risulti, in concreto, che il fatto Ł stato commesso per colpa o comunque non Ł stato voluto (Sez. 1, n. 2509 del28/04/1989, dep. 22/02/1990, Rv. 183426; Sez. 1, n. 42387 del 28/09/2007, dep. 16/11/2007, Rv. 238111): evenienze, quelle or ora considerate, la cui presenza nel caso in esame i Giudici di merito hanno motivatamente escluso in ragione dei già evidenziati rilievi.
Privo di pregio Ł anche il secondo motivo di ricorso.
La Corte territoriale, riprendendo il ragionamento del Giudice di primo grado, ha desunto la natura volontaria della condotta di cui al capo f) come rappresentazione dell’evento nella sua forma alternativa delle lesioni ovvero della morte : i) dall’elevata velocità mantenuta e, anzi, dall’intensificazione della velocità di marcia e dalla sterzata in direzione del veicolo dei militari; ii) dalla chiara presenza di persone all’interno del veicolo, fermo in mezzo alla corsia di marcia percorsa dall’imputato; iii) dalla zona d’impatto, al centro della fiancata dell’auto, ossia in un punto in cui era sicuro, a quella velocità, colpire le persone sedute nell’abitacolo.
Come ha opportunamente evidenziato il Giudice per le indagini preliminari, l’esito fatale (ossia la morte di uno o entrambi gli agenti) fu evitato solo per un caso fortuito, poichØ i militari, miracolosamente non feriti in modo grave, riuscirono a uscire dall’auto che avrebbe, invece, potuto incendiarsi dopo l’urto ovvero, a causa dei ripetuti capovolgimenti sulla carreggiata, schiacciare gli agenti che si trovavano all’interno.
Non Ł dunque rinvenibile nella motivazione del Giudice di appello alcun travisamento della prova (che, va ricordato, Ł configurabile quando s’introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia), in considerazione della dinamica dei fatti, così come ricostruita nel conforme accertamento dei giudici di merito, secondo cui diversamente da quanto si dubita nel ricorso – l’auto dei Carabinieri era pienamente identificabile giacchØ si trattava di veicolo con i colori d’istituto e con i dispositivi luminosi in funzione, come risultante dalle incontestate dichiarazioni rese da XXXXXXXXXXXXXXXXX.
Per le ragioni sin qui esposte il ricorso dev’essere rigettato e il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., condannato al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento vanno omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d. lgs. 193 del 2003, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI
Il Presidente NOME COGNOME