Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23850 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23850 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Romania il 26/01/1972
avverso la sentenza del 15/01/2025 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i delitti di cui agli artt. 48-479 cod. pen. (capo A dell’imputazione) e 640, comma secondo, n. 1 cod. pen. (capo B), consistiti:
quanto al capo A), nell’aver fatto risultare dai registri pubblici, inducendo in errore i pubblici ufficiali, di essere proprietario di diciotto veicoli (elencati in imputazione), di cui l’imputato era solo intestatario fittizio;
quanto al capo B), nell’aver aperto una partita IVA, simulando una inesistente attività di commercio autoveicoli, procurandosi indebiti vantaggi patrimoniali per le agevolazioni ottenute nel pagamento di imposte e tasse relative ai passaggi di proprietà.
Avverso la sentenza ricorre l’imputat o, tramite il difensore, proponendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dei reati di falso e truffa.
Sostiene che, come già aveva evidenziato nell’atto di appello, ricorrevano solidi elementi a dimostrazione della effettività dell’impresa esercitata dall’imputato quali: la regolare iscrizione nel registro delle imprese; l’ottenimento di una “targa prova” da utilizzare per poter “muovere e far provare” i veicoli commercializzati; la correlativa sottoscrizione di una onerosa polizza assicurativa; il ricorso alla attività di una ” regolare agenzia di pratiche-auto “.
La Corte di appello non solo non avrebbe adeguatamente valutato tali circostanze, ma sarebbe incorsa in ulteriori errori e travisamenti dei dati probatori nella ricostruzione della normativa applicabile alla targa di prova, nella documentata vendita di sette veicoli in Romania, nella valutazione dei certificati acquisiti dal collegio di appello.
Il regolare svolgimento di attività imprenditoriale farebbe cadere entrambi gli addebiti.
2.2. Il secondo motivo si appunta sulla mancanza di adeguata motivazione circa i presupposti della recidiva.
Il ricorso, proposto in data successiva al 30 giugno 2024, è stato trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., nel testo riscritto dal d. lgs. n. 150 del 2022 e successive modifiche.
Il Procuratore generale ha depositato una articolata requisitoria a sostegno delle conclusioni in epigrafe trascritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo esula dal novero dei vizi deducibili.
2.1. Va premesso, in diritto, che la Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di rapporti tra l’illecito amministrativo di cui all’art. 94-bis cod. strada e il delitto di falso per induzione.
L’art. 94-bis cod. strada disciplina il “divieto di intestazione fittizia dei veicoli” e prevede una clausola di riserva espressa (“salvo che il fatto costituisca reato”) che regolamenta l’eventuale concorso apparente con norma incriminatrice penale.
La fattispecie amministrativa punisce la condotta di chi chieda o ottenga il rilascio della carta di circolazione, del certificato di proprietà e del certificato di circolazione di un veicolo in caso di intestazione simulata.
Il fatto contestato all’odierno ricorrente, al contrario, prevede la determinazione del pubblico ufficiale a commettere la falsità ideologica dei certificati di proprietà e delle carte di circolazione di numerosi veicoli, mediante l’induzione in errore del medesimo posta in essere tramite la presentazione di documentazione con la quale l’imputato dichiarava di essere il proprietario dei veicoli nella sua qualità di titolare di una inesistente impresa individuale ed integra dunque la fattispecie di cui agli artt. 48 e 479 c.p. (cfr. tra le ultime Sez. 5, n. 37019 del 28/06/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 5, n. 37944 del 31/05/2017, COGNOME, Rv. 270762 – 01).
2.2. Il ricorso, pur enunciando formalmente vizi della motivazione, svolge una critica non alla tenuta logica della motivazione, ma alla bontà della decisione e all’apprezzamento (che reputa errato) del materiale probatorio.
Tuttavia, il sindacato di legittimità non può spingersi a verificare se gli esiti dell ‘ interpretazione delle prove siano realmente rispondenti alle acquisizioni probatorie emergenti dagli atti del processo.
Infatti, alla Corte di cassazione è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondament o della decisione impugnata e l’ autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, che il ricorrente indichi come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacit à esplicativa rispetto a quelli ado ttati dal giudice del merito. L’oggetto dello scrutinio di legittimità resta la motivazione del provvedimento impugnato, l’ esame della cui illogicità non può mai trasmod are in un’ inammissibi le e rinnovata valutazione dell’ intero compendio probatorio posto dal giudice di merito a fondamento delle proprie conclusioni.
2.3. La Corte di appello spiega le ragioni per le quali, valutato il quadro probatorio raccolto, ha ritenuto: che le intestazioni dei veicoli fossero fittizie (cfr. pag. 4 sentenza impugnata); che l’impresa dell’imputato fosse inesistente (pag. 4); che l’esistenza di targhe di prova fosse irrilevante (pag. 4); che la documentazione attestante le vendite in Romania fosse inaffidabile e comunque che gli acquisti documentati, collocati in epoca successiva al momento in cui
l’imputato ha avuto conoscenza della pendenza del procedimento, fossero privi di rilevanza (pag. 4).
Tali valutazioni, immuni da vizi logici, non possono essere rivisitate in sede di legittimità.
3. Il secondo motivo è infondato
La recidiva contestata e ritenuta è una recidiva c.d. semplice.
Il relativo onere motivazionale risulta adeguatamente soddisfatto (cfr. pag.5 sentenza impugnata).
Discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/06/2025