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Intestazione fittizia: sequestro e prova della titolarità

La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo di un immobile, ritenendo provata l’intestazione fittizia a una terza persona. La decisione si basa sulla palese sproporzione tra il reddito della proprietaria formale e il valore del bene, unita alla dimostrazione che l’effettiva disponibilità dell’immobile era in capo a un’indagata per reati tributari. Il ricorso è stato rigettato in quanto gli elementi raccolti erano sufficienti a dimostrare che la ricorrente fosse una mera prestanome.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intestazione Fittizia: Quando il Sequestro del Bene è Legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36113 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità e complessità: l’intestazione fittizia di beni e i presupposti per il loro sequestro preventivo. La decisione offre importanti chiarimenti su come l’autorità giudiziaria debba valutare la titolarità apparente di un bene quando si sospetta che essa serva a mascherare la reale disponibilità da parte di un soggetto indagato. Questo caso specifico riguarda il sequestro di un capannone formalmente di proprietà di una terza persona, ma di fatto riconducibile a un’indagata per gravi reati tributari.

I Fatti del Caso: Il Sequestro del Capannone

Nell’ambito di un’indagine per reati fiscali a carico di diversi soggetti, il GIP del Tribunale di Rovigo aveva disposto il sequestro preventivo di un capannone. L’immobile risultava formalmente di proprietà di una donna, estranea alle indagini principali. Tuttavia, secondo l’accusa, si trattava di un caso di intestazione fittizia, poiché il bene era nella piena disponibilità di una delle principali indagate nel procedimento.

La proprietaria formale ha impugnato il provvedimento, prima davanti al Tribunale del Riesame e poi in Cassazione, sostenendo di essere l’effettiva titolare dell’immobile e negando qualsiasi legame di parentela o di affari con l’indagata.

La Prova dell’Intestazione Fittizia secondo la Cassazione

Il punto centrale della questione giuridica riguarda l’onere della prova in capo al pubblico ministero. La Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento (sent. n. 35771/2017), ha ribadito un principio fondamentale: per giustificare il sequestro di un bene intestato a un terzo estraneo al reato, non basta dimostrare la sua mancanza di risorse finanziarie per l’acquisto. È necessario un doppio accertamento:

1. La mancanza di capacità economica del terzo intestatario: Bisogna provare che la persona non aveva i mezzi finanziari per acquisire il bene.
2. La concreta riferibilità del bene all’indagato: Occorre dimostrare che l’indagato avesse l’effettiva disponibilità e il controllo del bene.

Solo quando entrambi i requisiti sono soddisfatti, il sequestro può ritenersi legittimo, in quanto si dimostra che il terzo è solo un prestanome.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse correttamente applicato questi principi, confermando la legittimità del sequestro. Le motivazioni si fondano su una serie di elementi gravi, precisi e concordanti:

Inconsistenze della proprietaria formale: La donna non ricordava né la data di acquisto, né il prezzo, né l’intermediario dell’operazione. L’unica informazione fornita riguardava il pagamento di una rata di mutuo di 1.200 euro, a fronte di uno stipendio dichiarato di soli 500 euro.
Sproporzione finanziaria: Le indagini sul suo conto corrente avevano rivelato un saldo attivo irrisorio (circa 524 euro) e solo due operazioni significative risalenti a molti anni prima, del tutto inadeguate a giustificare l’acquisto di un immobile industriale.
Disponibilità effettiva del bene: Il capannone era utilizzato da società di cui la ricorrente era stata dipendente, ma che erano di fatto gestite e amministrate dall’indagata principale. Quest’ultima, inoltre, era legata da un rapporto di parentela con la ricorrente (sorella del cognato).

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno portato i giudici a concludere che la ricorrente fosse una mera intestataria fittizia e che il bene fosse nella piena disponibilità dell’indagata. Pertanto, il ricorso è stato rigettato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante principio in materia di misure cautelari reali. L’intestazione fittizia non può essere presunta sulla base della sola sproporzione economica del titolare formale. È richiesta una prova rigorosa, a carico dell’accusa, che dimostri il collegamento concreto tra il bene e l’indagato. La decisione evidenzia come tale prova possa essere raggiunta anche attraverso un quadro indiziario solido, basato su elementi logici, finanziari e fattuali che, nel loro insieme, smascherano la simulazione della titolarità e riconducono il bene al suo effettivo dominus.

Cosa si intende per intestazione fittizia in un procedimento penale?
Per intestazione fittizia si intende la situazione in cui un bene viene formalmente intestato a una persona (detta ‘prestanome’) che non ne è l’effettivo proprietario, al fine di nascondere la reale disponibilità del bene da parte di un altro soggetto, spesso indagato in un procedimento penale.

Chi deve fornire la prova dell’intestazione fittizia per legittimare un sequestro?
L’onere della prova grava sul Pubblico Ministero. Non è sufficiente dimostrare che il proprietario formale non avesse i mezzi economici per l’acquisto, ma è necessario provare anche che l’effettiva disponibilità del bene fosse riconducibile all’indagato.

Quali elementi ha considerato decisivi la Cassazione per confermare il sequestro in questo caso?
La Corte ha ritenuto decisivi tre elementi: 1) la palese sproporzione tra i redditi della proprietaria formale e il costo dell’immobile; 2) le dichiarazioni confuse e lacunose della stessa riguardo all’acquisto; 3) il fatto che il bene fosse concretamente utilizzato e nella disponibilità di società riconducibili all’indagata, la quale era anche legata da un rapporto di parentela con la ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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