Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30030 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30030 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Torre Annunziata il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/4/2024 emessa dal Tribunale di Salerno lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame confermava il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca ex art. 240-bis cod. pen., disposto in relazione alle quote pari al 98% della società RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che si trattasse di quote fittiziamente d proprietà del ricorrente, ma in realtà appartenenti al padre, COGNOME NOME,
attualmente latitante a seguito della sottrazione all’esecuzione dell’ordinanza cautelare emessa in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis e 628 cod. pen. con l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen.
Avverso tale ordinanza, nell’interesse del ricorrente è stato formulato un unico, articolato, motivo di impugnazione, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Sostiene il ricorrente che il profilo dell’intestazione fittizia sarebbe stato d tutto pretermesso, essendosi ricondotta la titolarità delle quote ad COGNOME NOME sulla base di una mera presunzione fondata sul rapporto parentale e sulla pretesa incapacità patrimoniale del ricorrente di procedere alla costituzione della società. Invero, non veniva in alcun modo valutata la circostanza dell’avvenuto ottenimento di un finanziamento mediante il quale il ricorrente aveva provveduto all’avvio dell’attività imprenditoriale, dalla quale aveva costantemente tratto guadagni leciti e crescenti.
In definitiva, il Tribunale avrebbe sovrapposto il profilo dell’intestazione fittiz con quello della sproporzione reddituale rispetto all’acquisto, in tal modo omettendo di motivare in ordine alle ragioni che dovrebbero deporre a favore dell’appartenenza del bene a COGNOME NOME, piuttosto che alla figlia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Occorre premettere che, in base all’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’art. 324, cod. proc. pen., è consentito soltanto per violazione di legge, mentre non è consentito dedurre vizi della motivazione. È pur vero che, per giurisprudenza unanime, le lacune motivazionali possono rientrare nella violazione di legge, ma solo nei casi in cui la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente e non anche allorquando essa sia affetta da illogicità, quand’anche manifesta (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611).
Al contempo, si afferma che la motivazione “assente” è quella che manca fisicamente o che è graficamente indecifrabile, s’intende, invece, per “motivazione apparente” quella affetta da vizi così radicali, da rendere l’apparato argomentativo, anche quando non del tutto mancante, comunque privo dei requisiti minimi di
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coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; più recentemente Sez.2, n.18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez.6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893).
Nel caso di specie, deve ritenersi che la motivazione resa con riguardo all’intestazione fittizia del bene sequestrato sia meramente apparente. Invero, il Tribunale ha sovrapposto due aspetti che – a livello logico-giuridico – devono essere tenuti necessariamente distinti.
L’intestazione fittizia presuppone la simulata appartenenza del bene ad un soggetto diverso rispetto a quello che, invece, ne ha l’effettiva disponibilità e che ne è il proprietario di fatto.
Del tutto distinto è il profilo della sproporzione reddituale tra i redditi de destinatario della confisca e il valore del bene acquistato, posto che tale valutazione si applica previo accertamento dei beni appartenenti al destinatario della confisca allargata e, quindi, non può costituire il presupposto per riconoscere l’intestazione fittizia a terzi.
Il Tribunale ha invertito l’ordine delle valutazioni, operando un ragionamento circolare per cui ha dedotto dalla sproporzione dei redditi di COGNOME NOME rispetto alla costituzione della società il fatto che quest’ultima sia frutto di intestazione fittizia e che, in realtà, dovesse ritenersi appartenente al padre. Invero, l’accertamento deve esser condotto stabilendo prima gli elementi che depongono a favore dell’intestazione fittizia, per poi andare a verificare l’eventuale sproporzione reddituale.
La circostanza per cui il ricorrente non era titolare di redditi dichiarati idonei a giustificare l’acquisto del bene, potrebbe essere indice di un accumulo di ricchezza illecita a suo carico, ma non implica necessariamente l’intestazione fittizia del bene.
Anche recentemente, questa Corte ha avuto modo di precisare che ai fini dell’operatività della confisca di cui all’art. 240-bis cod. pen. nei confronti del terz estraneo alla commissione di uno dei reati menzionati da detta norma, grava sull’accusa l’onere di provare, in forza di elementi fattuali che si connotino di gravità, precisione e concordanza, l’esistenza della discordanza tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, non essendo sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore dei beni intestati e reddito dichiarato dal terzo, atteso che tale presunzione è prevista dall’art. 240-bis cod. pen. solo nei confronti dell’imputato (Sez.2, n. 37880 del 15/6/2023, COGNOME,
Rv. 285028).
3.1. 3.1. Il Tribunale, in buona sostanza, si è limitato a dar conto del rapporto parentale tra la ricorrente e l’autore dei reati spia, per poi desumere dalla sproporzione dei redditi anche l’ulteriore requisito dell’intestazione fittizia dell’immobile della ricorrente.
In tal modo, tuttavia, risulta violato il principio secondo cui incombe sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire l permanenza dell’acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca. Il giudice ha, a sua volta, l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario ma anche elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, tali da costituire prova indiretta del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene (Sez.5, n. 13084 del 6/3/2017, Carlucci, Rv. 269711).
Nell’applicare tale principio, peraltro, il Tribunale avrebbe dovuto adeguatamente valutare l’adeguatezza del finanziamento ricevuto dal ricorrente al fine della costituzione della società, circostanza enunciata, ma del tutto pretermessa nel giudizio in ordine all’intestazione fittizia.
Sulla base di tali considerazioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio, nell’ambito del quale il Tribunale dovrà attenersi ai principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 324, co.5, c.p.p.
Così deciso l’1 luglio 2024