Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3157 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3157 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/05/2023 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
letta la memoria degli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di NOME NOME, i quali hanno insistito per l’accoglimento del ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME, la quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito l’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME NOME, il quale, dopo la discussione, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29/05/2023, il Tribunale di Reggio Calabria, decidendo sulla richiesta di riesame che era stata proposta, ex art. 322 cod. proc. pen., dal difensore di NOME COGNOME, confermava l’ordinanza del 13/03/2023 del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria che aveva disposto il sequestro preventivo, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 321 cod. proc. pen., delle quote, nella titolarità dello stesso COGNOME, delle quattro società portoghesi RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE NOME, Teclamania RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Il sequestro era stato disposto sul presupposto del fumus di quattro corrispondenti reati di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis cod. pen.), con riguardo, in particolare, all’attribuzione fittizia al COGNOME delle suddette quote da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e, nel caso della società RAGIONE_SOCIALE, anche da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, «occultando così l’effettiva titolarità» delle stesse quote in capo al COGNOME e al COGNOME e, nel caso della società RAGIONE_SOCIALE, anche in capo ai due COGNOME, «finanziatori dell’iniziativa imprenditoriale e, al contempo, dissimulando la percezione, da parte degli stessi, degli utili (anche frutto di evasione fiscale) provenienti dalla conseguente attività economica» (così i capi d’imputazione provvisoria n. 5, n. 6, n. 8 e n. 9 che vengono qui in rilievo). Ciò al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione ptrimoniali.
Avverso l’indicata ordinanza del 29/05/2023 del Tribunale di Reggio Calabria, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite dei propri difensori, NOME COGNOME, affidato a quattro motivi, la cui enunciazione è fatta precedere dalla trascrizione dei motivi di riesame.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione di legge e la mancanza della motivazione con riguardo «alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 512 bis c.p.».
Il ricorrente deduce che il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe erroneamente ritenuto che, ai fini della sussistenza del fumus dell’elemento oggettivo di tale reato, fosse sufficiente la prova della gestione delle quattro società portoghesi da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, laddove, per la configurabilità dello stesso reato, sarebbe stata invece necessaria la prova dell’attribuzione fittizia da parte degli stessi COGNOME e NOME delle suddette società, in ordine alla quale lo stesso Tribunale di Reggio Calabria avrebbe omesso di motivare.
Anche in ragione di tale errore, il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe trascurato di rispondere alle censure difensive in ordine al fatto che già l’ordinanza genetica del 13/03/2023 avrebbe omesso di motivare in proposito, con particolare riferimento alle censure con le quali erano state evidenziate le circostanze: a) dell’esiguo valore della partecipazione/capitale; b) del fatto che le quattro società erano neocostituite per l’esercizio di attività di ristorazione non ancora avviate; c) del ricorso all’autofinanziamento e al credito bancario e dei fornitori per l’avvio delle iniziative imprenditoriali; d) della costituzione delle società (tra la seconda metà del 2017 e la fine del 2018) in epoca distante dalla diffusione di notizie di stampa sul cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE».
Parimenti trascurate dal Tribunale di Reggio Calabria sarebbero state anche le segnalazioni relative alle asserite carenze della ricostruzione che era stata effettuata dal consulente tecnico del pubblico ministero COGNOME in quanto la stessa si sarebbe «limita solo ad indicare l’imponibile dichiarato per il periodo di imposta 2015/2020, non essendo riportato l’utile di esercizio, i costi sostenuti e gli investimenti realizzati» e non avrebbe preso in esame le società RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE Lda.
Il ricorrente deduce poi che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, ai fine di dimostrare l’intestazione fittizia, sarebbe necessario provare, sia pure mediante indizi, che le risorse economiche impiegate per l’acquisto del bene provengano dal soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge e la mancanza della motivazione con riguardo «alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 512 bis c.p.» in capo ai soggetti interponenti.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale di Reggio Calabria, nel ritenere che gli interponenti NOME COGNOME e NOME COGNOME potessero presumere l’avvio di un procedimento per l’applicazione, nei loro confronti, di misure di prevenzione patrimoniali, avrebbe omesso di confrontarsi con gli elementi, che deponevano in senso contrario e che erano stati rappresentati dalla difesa, che: a) sia NOME COGNOME sia NOME COGNOME erano «usciti indenni» dai procedimenti di prevenzione che erano stati iniziati nei loro confronti; b) dopo la definizione di tali procedimenti non erano emersi fatti per i quali il COGNOME e il COGNOME potessero ritenere di essere “a rischio” di nuovi procedimenti di prevenzione; c) le date di presunta commissione dei contestati reati di trasferimento fraudolento di valori erano tutte successive alla conclusione dei menzionati conclusi procedimenti di prevenzione, «di guisa che non può certo dubitarsi della genuinità ed effettività dei sottostanti negozi giuridici»; d) le vicende “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE” erano già state vagliate nell’ambito degli stessi conclusi procedimenti di prevenzione e avrebbero trovato in essi «patente di irrilevanza»; f) le contestate intestazioni fittizie eran antecedenti le dichiarazioni del 23/01/2021 del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, sicché si doveva ritenere «illogico porre tali dichiarazioni a presupposto delle contestate intestazioni fittizie».
Il ricorrente deduce altresì il carattere asseritamente tautologico, tale da integrare inesistenza della motivazione, dell’affermazione del Tribunale di Reggio Calabria in ordine all’«assenza di spiegazioni alternative plausibili al fatto che NOME NOME gestisse un patrimonio aziendale di tale portata in maniera del tutto occulta, non conservando per sé neppure la minima quota di alcune delle società sottoposte a sequestro».
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione di legge e la mancanza della motivazione con riguardo «alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 512 bis c.p.» in capo al soggetto interposto.
Dopo avere richiamato alcune pronunce della Corte di cassazione sul tema del dolo specifico in capo a concorrenti nel reato di cui all’art. 512-bis cod. pen., il ricorrente lamenta che il Tribunale di Reggio Calabria non avrebbe motivato in ordine alla sussistenza né del proprio dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale né della propria consapevolezza di tale intenzione in capo ai due soggetti interponenti.
Il ricorrente rappresenta che il Tribunale di Reggio Calabria non avrebbe indicato i motivi per i quali egli si sarebbe prestato a operare come «interposto consapevole», tenuto anche conto del fatto che la documentazione contabile e fiscale che era stata depositata dai propri difensori avrebbe comprovato che egli aveva effettivamente la qualifica di socio delle quattro società e svolgeva realmente le funzioni di amministratore delle stesse, come sarebbe risultato, in particolare, dalle circostanze, che sarebbero emerse dalla suddetta documentazione, che: a) egli era regolarmente assunto e stipendiato, in Portogallo, dalle società che amministrava e per le quali lavorava; b) egli era residente in Portogallo dal 30/07/2018 ed era iscritto all’AIRE; c) sia le società sia egli stesso pagavano le imposte sui redditi in Portogallo, «né appar che i Signori NOME COGNOME e/o NOME COGNOME intervengano o partecipino in qualche modo agli affari sociali»; d) non vi era traccia di apporti economici o finanziari da parte dei presunti interponenti nelle società da lui gestite.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta il carattere apparente della motivazione in ordine al periculum in mora atteso che, con riguardo al sequestro disposto in funzione anticipatoria della confisca, l’affermazione del Tribunale di Reggio Calabria circa il «pericuium che i beni, se lasciati nella libera disponibilità degli indagati, possano essere facilmente dispersi, occultati o dissipati» non sarebbe «corroborat dall’indicazione di elementi concreti atti a sostanziarl».
Il ricorrente contesta altresì le motivazioni del Tribunale di Reggio Calabria relative alla confermata esigenza del sequestro in funzione impeditiva e in funzione di una futura confisca ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È opportuno rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della Corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta a indagini in ordine al reato
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840-01).
In sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata (Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, COGNOME, Rv. 266896-01; Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, COGNOME, Rv. 240521-01).
Giova altresì ricordare che le Sezioni Unite hanno anche chiarito che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di «violazione di legge» per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710-01; successivamente: Sez. 5, n. 8434 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236255-01; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 242916-01; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 26911901).
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Sul piano dell’elemento oggettivo, il reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. richiede la sussistenza di una vicenda negoziale con effetti traslativi che soltanto all’apparenza faccia acquistare a terzi la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità i quali, in realtà, rimangono nel patrimonio e sotto il controllo de soggetto apparente cedente degli stessi.
Nel caso in esame, il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto la sussistenza di tale elemento oggettivo sulla base degli elementi di fatto che NOME COGNOME e NOME COGNOME non solo si occupavano integralmente della gestione delle quattro società portoghesi le cui quote erano intestate al COGNOME ma decidevano anche dell’ingresso di nuovi soci nelle stesse società.
Tale motivazione della riconducibilità delle quattro menzionate società ai suddetti NOME e NOME, in quanto interessati a non far apparire la propria titolarità delle relative quote sociali (e dei conferimenti nei costituiti patrimoni sociali) si deve ritenere dare sufficientemente conto del fumus dell’elemento oggettivo dei reati di trasferimento fraudolento di valori, sicché essa, in quanto sussistente e non meramente apparente, non presta il fianco a censure di violazione di legge, le
quali segnano il limite del sindacato di legittimità a norma dell’art. 325 cod. proc. pen.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Sul piano dell’elemento soggettivo, il reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. richiede la sussistenza, per quanto qui interessa, dello scopo di eludere, mediante il trasferimento fraudolento dei valori, le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.
La Corte di cassazione ha peraltro chiarito che, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, la valutazione del fumus del reato deve essere svolta con riferimento anche all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo dello stesso, purché di immediato rilievo, nel senso che è sufficiente che il giudice dia atto dei dati di fatto che non permettono di escludere ictu ocuii la sussistenza di tale elemento (Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015-01; Sez. 6, n. 06/02/2014, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO01).
Ciò posto, con riguardo alla sussistenza del suddetto scopo, in capo ai soggetti interposti NOME COGNOME e NOME COGNOME, di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, il Tribunale di Reggio Calabria l’ha motivata nel modo che segue.
Quanto a NOME COGNOME, il Tribunale del riesame ha ritenuto la sussistenza di tale scopo sulla base dei seguenti elementi: a) dalle indagini che erano state svolte in Germania sul cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” – locuzione che fa riferimento a un gruppo di soggetti calabresi dediti al riciclaggio dei proventi del narcotraffico effettuato dalla ‘ndrangheta -, era emersa la partecipazione del COGNOME allo stesso “RAGIONE_SOCIALE“, tramite la partecipazione ad attività imprenditoriali in territorio tedesco nel settore della ristorazione; b) era ravvisabile una contestualità temporale tra la reviviscenza del clamore mediatico intorno al “RAGIONE_SOCIALE” e l’intestazione, nel gennaio del 2016, delle quote di “RAGIONE_SOCIALE” ai figli del COGNOME; c) non erano ravvisabili spiegazioni alternative plausibili al fatto che il COGNOME gestisse un rilevante patrimonio aziendale senza detenere alcuna quota delle quattro società portoghesi; d) il collaboratore di giustizia NOME COGNOME aveva riferito, il 23/01/2021, che il NOME era soprannominato “COGNOME” per le grandi ricchezze che aveva accumulato grazie al narcotraffico ed era affiliato alla ‘ndrina dei “RAGIONE_SOCIALEGambazza”.
Quanto a NOME COGNOME, il Tribunale del riesame ha ritenuto la sussistenza del medesimo menzionato scopo sulla base degli elementi che lo stesso era già stato proposto, nel 2013, per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza RAGIONE_SOCIALE ed era stato più volte segnalato con riguardo alla commissione di reati tributari.
Il Collegio ritiene che, in tale modo, il Tribunale di Reggio Calabria abbia dato adeguatamente conto dei dati di fatto che non permettevano di escludere lo scopo dei due soggetti interponenti NOME COGNOME e NOME COGNOME di eludere, mediante l’intestazione fittizia a NOME COGNOME delle quote delle quattro società portoghesi, le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, comprovando, i suddetti dati, come il COGNOME e il COGNOME potessero in effetti temere che fossero loro applicate cotali misure.
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Si deve infatti ritenere corretta in diritto la considerazione del Tribunale di Reggio Calabria secondo cui il difetto dell’elemento soggettivo in capo all’interposto, se potrebbe rilevare ai fini dell’applicazione di una misura cautelare personale, per la cui applicazione sono richiesti gravi indizi di colpevolezza, non rileva invece in punto di fumus del reato – sufficiente ai fini della disposizione del sequestro preventivo -, la cui valutazione si deve arrestare alla verifica della sussistenza di gravi indizi di reità.
Di conseguenza, si deve ritenere parimenti corretta la considerazione del Tribunale di Reggio Calabria in ordine alla sufficienza, ai fini dell’integrazione del suddetto fumus, della ritenuta verosimile sussistenza del dolo specifico in capo ai concorrenti soci occulti delle quattro società portoghesi.
Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale di Reggio Calabria ha argomentato: a) in relazione alla finalizzazione del sequestro alla confisca ex art. 240 cod. pen., che la consapevolezza, in capo agli indagati, della pendenza del procedimento penale a proprio carico comportava il rischio che essi potessero svuotare il patrimonio aziendale delle quattro società e ricostituirne altre per lo svolgimento della medesima attività imprenditoriale; b) in relazione alla finalizzazione del sequestro alla confisca ex art. 240-bis cod. pen., che dalle note del RAGIONE_SOCIALE emergeva la sproporzione tra i beni da apprendere e il reddito degli indagati; c) in relazione alla funzione impeditiva del sequestro, che la libera disponibilità delle quote sociali avrebbe consentito la prosecuzione della gestione occulta delle società da parte degli interponenti.
Il Collegio ritiene che, in tale modo, il Tribunale di Reggio Calabria abbia dato adeguatamente conto delle esigenze di cautela sottese all’adozione dell’impugnato provvedimento di sequestro, rendendo una motivazione non apparente, la quale si sottrae perciò a censure di violazione di legge.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagament della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
j 1 -Dichiara inammissibil r e) ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa dell ammende.
Così deciso il 30/11/2023.