Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27478 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27478 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Napoli il 19/08/1981
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del Tribunale di Napoli; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME concludeva con requisitoria scritta, tempestivamente depositata, chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari personali di Napoli respingeva l’istanza di riesame dell’ordinanza che aveva applicato ad NOME COGNOME cl. 1981 la custodia cautelare in carcere ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per i reati di autoriciclaggio, riciclaggio ed intestazione fittizia, oltre che l ‘ esigenza cautelare di impedire la reiterazione di reati analoghi a quelli per cui si procede.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME cl. 81, che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 273 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: si allegava che il Tribunale avrebbe omesso di valutare le doglianze difensive proposte con memoria depositata all’udienza del 20 febbraio 2025 con la quale la difesa del ricorrente aveva dedotto (a) la non configurabilità dei delitti di reimpiego e riciclaggio nel caso in cui come sarebbe avvenuto nel caso in esame l’accusato avesse posto in essere il reato -presupposto di intestazione fittizia, (b) l’assorbimento del reato di intestazione fittizia contestato al capo m) nei reati di reimpiego contestati provvisoriamente ai capi b) ed n), in ragione del fatto che la dissimulazione della provenienza illecita dei beni sarebbe stata agita attraverso la condotta di intestazione fittizia.
Si deduceva, inoltre, che il Tribunale avrebbe offerto una motivazione contraddittoria in ordine alla identificazione del reato presupposto delle condotte descritte ai capi b) ed n);
2.2. violazione di legge (art. 275 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: per denegare l ‘ idoneità contenitiva di una misura meno afflittiva il Tribunale avrebbe valorizzato il riconoscimento dell’aggravante previsto dall’articolo 416bis .1. cod. pen. cui erano correlate le presunzioni previste dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nonostante tale aggravante non fosse stata contestata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1.Contrariamente a quanto dedotto il Tribunale chiariva che il reato presupposto dei reati derivati contestati ai capi b) ed n) non era, come allegato, il reato di intestazione fittizia, ma il reato associativo dal quale derivavano tutte le risorse illecitamente reimpiegate dal ricorrente (pagg. 25 e 28 dell’ordinanza impugnata) .
Tale netta affermazione non entra in contraddizione con la ricostruzione teorica effettuata dal Tribunale dei rapporti tra il delitto di intestazione fittizia ed i delitti derivati di riciclaggio e reimpiego attraverso la condivisione della interpretazione secondo cui il reato di intestazione fittizia può costituire il reato presupposto dei delitti di reimpiego e riciclaggio riportata ( pag. 24 dell’ordinanza impugnata dove si condivide quanto affermato, tra le altre, da Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 267694 -01; Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, COGNOME, Rv. 251193 -01)
1.2. Non supera la soglia di ammissibilità la parte del motivo che contesta il difetto di motivazione in ordine al mancato assorbimento del reato di intestazione fittizia contestato al capo m) nei reati di reimpiego – ed autoriciclaggio – descritti ai capi b) ed n).
In via generale si osserva che il delitto di intestazione fittizia, oltre a punire l’intestazione di beni funzionale ad eluder e le misure di prevenzione patrimoniale, condotta che non implica che i beni intestati siano di ‘ provenienza illecita ‘ , sanziona anche l’intestazione di beni funzionale ad ‘ agevolare ‘ i delitti derivati di ricettazione, riciclaggio e
reimpiego. Se l’intestazione è diretta ad agevolare i delitti derivati decritti agli artt. 648, 648bis e 648ter cod. pen. la stessa deve necessariamente riguardare beni di ‘ provenienza illecita ‘ , dato che solo in relazione a tali beni possono essere consumate le condotte derivate di ricettazione, riciclaggio e reimpiego.
La funzione ancillare della intestazione fittizia (che, oltre che essere funzionale ad eludere le misure di prevenzione, può essere anche diretta ad agevolare la consumazione dei delitti di cui agli artt. 648, 648bis e 648ter cod. pen.) implica la teorica possibilità di concorso formale con i reati derivati, possibilità invero già riconosciuta da un interpretazione risalente secondo cui il reato di intestazione fittizia o di fraudolento trasferimento di denaro, beni o altra utilità -in allora previsto dall’art. 12quinquies d.l. n. 306 del 1992, conv. in legge n. 356 del 1992 – ha una sua autonoma valenza strumentale, con la conseguenza che esso può concorrere con il riciclaggio di denaro provento delle attività illecite del sodalizio mafioso, le quali integrano, invece, il reato presupposto del riciclaggio (Sez. 6, n. 18496 del 09/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252658 – 01).
Corre l’obbligo di segnalare che t ale giurisprudenza è stata affinata con l’analisi dei casi in cui le condotte di intestazione fittizia e di riciclaggio ricettazione o reimpiego risultino integralmente coincidenti; in relazione a tale evenienza è stato affermato che il delitto di riciclaggio -e, deve ritenersi, anche quello di reimpiego -, in quanto reato a forma libera e a formazione eventualmente progressiva, assorbe il delitto di trasferimento fraudolento di valori in forza della clausola di riserva di cui all’art. 512bis cod. pen. nel caso in cui quest’ultimo costituisca un segmento della più articolata condotta riciclatoria (Sez. 6, n. 13083 del 21/01/2025, COGNOME, Rv. 287964 -02; Sez.2, n. 38141 del 15/7/2022, COGNOME, Rv. 283677; in relazione all’ipotesi dell’autoriciclaggio, reato non richiamato nel corpo dell’art. 512 -bis cod. pen. si è espressa nel medesimo senso Sez.1, n. 39489 del 22/6/2023, COGNOME, Rv. 285123).
In motivazione la sentenza pronunciata nel caso ‘ COGNOME ‘ afferma, condivisibilmente, che «aver subordinato la configurabilità dell’art. 512bis cod. pen. alla impossibilità di ricondurre il fatto ad un’ipotesi più grave di reato, sia funzionale ad evitare una duplicazione sanzionatoria con riguardo ai casi di specialità bilaterale o reciproca, connotati dalla possibilità che la condotta integri i presupposti comuni di due fattispecie di reato», cui ‘non’ si aggiungano ulteriori elementi differenziali.
In conclusione, deve essere affermato che, ove si proceda contestualmente sia per il reato previsto dall’art. 512 -bis cod. pen. nella sua espressione ‘ agevolativa ‘ dei delittiderivati previsti agli artt. 648, 648bis e 648ter cod. pen. che per tali ultimi delitti, la clausola di riserva contenuta nell’ incipit dell ‘ art. 512bis cod. pen. impone di valutare se tra il reato-derivato agevolato dalla condotta di intestazione fittizia e quest’ultimo vi sia una integrale sovrapponibilità dal punto di vista oggettivo e temporale, dato che ove tale
identità si rilevi, il reato di intestazione fittizia deve ritenersi assorbito in quello derivato di ricettazione, riciclaggio e reimpiego.
Applicando tali principi al capo di specie, il Collegio rileva che il ricorrente non ha chiarito le ragioni per le quali -in concreto -dovrebbe essere operativa la clausola di riserva contenuta nell’art. 512 -bis cod. pen. (‘salvo che il fatto non costituisca più grave reato ‘ ) limitando ad invocare l’assorbim ento senza indicare elementi idonei a valutare se i delitti di reimpiego contestati al ricorrente siano stati commesso integralmente – o almeno prevalentemente – attraverso la condotta di intestazione fittizia contestata al capo m), dato che solo in caso di identità delle condotte potrebbe ritenersi operativa la clausola di riserva.
Peraltro, nel caso in esame, dalla lettura del capo di imputazione descritto al capo n) emerge che le attività di reimpiego riguardavano una serie coordinata di operazioni finanziarie, bancarie e contabili finalizzate ad ostacolare l’identificazione delittuosa delle somme movimentate; in particolare venivano contestati i seguenti investimenti nella società RAGIONE_SOCIALE (a) il versamento della somma di euro 27.000, risalente al 2018, effettuato da NOME COGNOME cl. 79, (b) il versamento della somma di 19.700 euro da parte di NOME COGNOME cl. 81, (c) il versamento della somma di 11.800 euro da parte di NOME COGNOME cl.81 avvenuto nel 2019, (d) l’aumento nel 2020 del capitale sociale fino ad euro 50.000 avvenuto nel 2020. Si tratta dunque di condotte precedenti a quella descritta al capo n) ovvero alla condotta di intestazione fittizia della società RAGIONE_SOCIALE prima alla prestanome COGNOME NOME, nel 2021, e poi al prestanome COGNOME Antonio, nel 2024.
La discrasia temporale tra le condotte di cui si invoca l’assorbimento unitamente al difetto di specificità del ricorso – che invero affligge anche la deduzione presentata con la memoria al Tribunale per il riesame, impedisce al motivo di superare la soglia di ammissibilità.
2. E’ fondato il motivo che contesta la legittimità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. Come rilevato dal ricorrente il quadro cautelare viene valutato sulla base della erronea valutazione della sussistenza dell’aggravante agevolativa prevista dall’art. 416 -bis .1 cod. pen. che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non risulta contestata in nessuno dei capi di imputazione elevati provvisoriamente nei confronti del ricorrente.
La assenza di tale contestazione osta al riconoscimento della sussistenza della presunzione relativa prevista dall’art. 275, comma 3 cod. proc. pen., illegittimamente ritenuta operativa dal Tribunale.
Sul punto il provvedimento impugnato deve essere annullato. Il Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7 cod. proc. pen. rivaluterà la sussistenza delle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione inerente alle esigenze cautelari ed alle statuizioni consequenziali, e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. rigetta nel resto il ricorso. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il giorno 20 giugno 2025.