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Interruzione di pubblico servizio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per violenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio. L’imputato aveva tenuto una condotta violenta e minacciosa nei confronti di un autista di autobus per costringerlo a farlo salire con una bicicletta, interrompendo così la corsa. La Corte ha ritenuto che l’intento criminale fosse stato correttamente accertato nei precedenti gradi di giudizio, confermando la condanna.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interruzione di Pubblico Servizio: la Cassazione Conferma la Condanna

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi affronta un caso emblematico di interruzione di pubblico servizio e violenza a pubblico ufficiale, scaturito da un episodio apparentemente banale: il divieto di salire su un autobus con una bicicletta. La decisione degli Ermellini ribadisce principi fondamentali sull’elemento soggettivo del reato e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità.

I Fatti del Caso: Bicicletta sull’Autobus e Reazione Violenta

La vicenda ha origine quando un uomo tenta di salire su un autobus di linea portando con sé una bicicletta. Di fronte al rifiuto dell’autista, che applicava il regolamento del servizio di trasporto pubblico, l’uomo reagisce in modo violento e minaccioso. La sua condotta non si limita a una semplice protesta, ma si traduce in un comportamento volto a costringere il conducente a trasgredire le regole. L’insistenza e l’atteggiamento aggressivo dell’uomo portano a un blocco del servizio, impedendo al mezzo di proseguire la sua corsa e creando un disservizio per gli altri passeggeri. Per questi fatti, l’uomo viene condannato in primo grado e in appello per i reati di violenza a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) e interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.).

L’Analisi della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello di Torino, nel confermare la condanna, aveva fornito una motivazione dettagliata e logicamente coerente. I giudici di secondo grado avevano accertato la presenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati. In particolare, avevano ravvisato il “dolo specifico” richiesto per il reato di cui all’art. 336 c.p., poiché la violenza e le minacce erano chiaramente finalizzate a coartare la volontà dell’autista per ottenere un risultato contrario al suo dovere. Allo stesso modo, era stata dimostrata la “coscienza e volontà” di interrompere il servizio di trasporto fino a quando non gli fosse stato concesso di salire con la bicicletta. Insoddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, contestando proprio la valutazione dell’elemento soggettivo dei reati.

La Decisione sulla configurabilità dell’interruzione di pubblico servizio

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione si fonda su due pilastri: la correttezza della motivazione della Corte d’Appello e la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso. I giudici di legittimità hanno sottolineato come il ricorrente, in sostanza, stesse cercando di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non sul merito della vicenda.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse già esaminato in modo adeguato e completo tutti i profili sollevati dal ricorrente. La motivazione della Corte d’Appello è stata definita “esaustiva e priva di fratture logiche”. I giudici di merito, sulla base delle prove raccolte, avevano correttamente concluso che la condotta dell’imputato non fosse una mera reazione impulsiva, ma un’azione deliberata e finalizzata. L’intento di costringere l’autista a violare il regolamento (dolo specifico ex art. 336 c.p.) e la consapevolezza di bloccare il servizio pubblico (dolo generico ex art. 340 c.p.) erano emersi chiaramente dalle risultanze probatorie. Pertanto, il ricorso è stato giudicato inammissibile in quanto le censure erano già state vagliate e disattese con argomenti giuridici corretti.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un “terzo grado” di giudizio per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione conferma inoltre che la reazione violenta nei confronti di un pubblico ufficiale che sta compiendo il proprio dovere integra il reato di cui all’art. 336 c.p., soprattutto quando è finalizzata a costringerlo a un’azione contraria ai suoi doveri. Sul fronte dell’interruzione di pubblico servizio, la sentenza chiarisce che è sufficiente la coscienza e volontà di causare il blocco del servizio, anche se per un periodo di tempo limitato, per configurare il reato. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende suggella l’inammissibilità del suo tentativo di contestare una decisione ben motivata.

Di quali reati era accusato il ricorrente?
L’imputato era stato condannato per i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 del codice penale) e interruzione di un ufficio o servizio pubblico (art. 340 del codice penale).

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano già stati adeguatamente valutati e respinti con argomenti giuridici corretti dalla Corte d’Appello. Inoltre, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato.

Come è stato provato l’intento criminale per il reato di interruzione di pubblico servizio?
L’intento è stato provato dimostrando che il ricorrente aveva la coscienza e la volontà di interrompere il servizio pubblico di circolazione dell’autobus, mantenendo tale condotta fino a quando non gli fosse stato consentito di salire a bordo con la sua bicicletta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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