Interruzione di Pubblico Servizio: la Cassazione Conferma la Condanna
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi affronta un caso emblematico di interruzione di pubblico servizio e violenza a pubblico ufficiale, scaturito da un episodio apparentemente banale: il divieto di salire su un autobus con una bicicletta. La decisione degli Ermellini ribadisce principi fondamentali sull’elemento soggettivo del reato e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità.
I Fatti del Caso: Bicicletta sull’Autobus e Reazione Violenta
La vicenda ha origine quando un uomo tenta di salire su un autobus di linea portando con sé una bicicletta. Di fronte al rifiuto dell’autista, che applicava il regolamento del servizio di trasporto pubblico, l’uomo reagisce in modo violento e minaccioso. La sua condotta non si limita a una semplice protesta, ma si traduce in un comportamento volto a costringere il conducente a trasgredire le regole. L’insistenza e l’atteggiamento aggressivo dell’uomo portano a un blocco del servizio, impedendo al mezzo di proseguire la sua corsa e creando un disservizio per gli altri passeggeri. Per questi fatti, l’uomo viene condannato in primo grado e in appello per i reati di violenza a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) e interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.).
L’Analisi della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione
La Corte d’Appello di Torino, nel confermare la condanna, aveva fornito una motivazione dettagliata e logicamente coerente. I giudici di secondo grado avevano accertato la presenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati. In particolare, avevano ravvisato il “dolo specifico” richiesto per il reato di cui all’art. 336 c.p., poiché la violenza e le minacce erano chiaramente finalizzate a coartare la volontà dell’autista per ottenere un risultato contrario al suo dovere. Allo stesso modo, era stata dimostrata la “coscienza e volontà” di interrompere il servizio di trasporto fino a quando non gli fosse stato concesso di salire con la bicicletta. Insoddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, contestando proprio la valutazione dell’elemento soggettivo dei reati.
La Decisione sulla configurabilità dell’interruzione di pubblico servizio
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione si fonda su due pilastri: la correttezza della motivazione della Corte d’Appello e la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso. I giudici di legittimità hanno sottolineato come il ricorrente, in sostanza, stesse cercando di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non sul merito della vicenda.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse già esaminato in modo adeguato e completo tutti i profili sollevati dal ricorrente. La motivazione della Corte d’Appello è stata definita “esaustiva e priva di fratture logiche”. I giudici di merito, sulla base delle prove raccolte, avevano correttamente concluso che la condotta dell’imputato non fosse una mera reazione impulsiva, ma un’azione deliberata e finalizzata. L’intento di costringere l’autista a violare il regolamento (dolo specifico ex art. 336 c.p.) e la consapevolezza di bloccare il servizio pubblico (dolo generico ex art. 340 c.p.) erano emersi chiaramente dalle risultanze probatorie. Pertanto, il ricorso è stato giudicato inammissibile in quanto le censure erano già state vagliate e disattese con argomenti giuridici corretti.
Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza
L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un “terzo grado” di giudizio per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione conferma inoltre che la reazione violenta nei confronti di un pubblico ufficiale che sta compiendo il proprio dovere integra il reato di cui all’art. 336 c.p., soprattutto quando è finalizzata a costringerlo a un’azione contraria ai suoi doveri. Sul fronte dell’interruzione di pubblico servizio, la sentenza chiarisce che è sufficiente la coscienza e volontà di causare il blocco del servizio, anche se per un periodo di tempo limitato, per configurare il reato. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende suggella l’inammissibilità del suo tentativo di contestare una decisione ben motivata.
Di quali reati era accusato il ricorrente?
L’imputato era stato condannato per i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 del codice penale) e interruzione di un ufficio o servizio pubblico (art. 340 del codice penale).
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano già stati adeguatamente valutati e respinti con argomenti giuridici corretti dalla Corte d’Appello. Inoltre, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato.
Come è stato provato l’intento criminale per il reato di interruzione di pubblico servizio?
L’intento è stato provato dimostrando che il ricorrente aveva la coscienza e la volontà di interrompere il servizio pubblico di circolazione dell’autobus, mantenendo tale condotta fino a quando non gli fosse stato consentito di salire a bordo con la sua bicicletta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21440 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21440 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BIELLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
t
n. 119 R.G. n. 44001/23
OSSERVA
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso, afferente alla condanna del ricorrente in relazione ai reati di cui agli artt. 336 e 340 cod. pen. – con cui censura la motivazione della sentenza impugnata in relazione all’accertamento dell’elemento soggettivo dei reati ascritti al ricorrente – è inammissibile in quanto avente ad oggetto profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e, comunque, manifestamente infondato: invero, la Corte d’appello, con motivazione esaustiva e priva di fratture logiche, ha rilevato come – alla luce delle risultanze probatorie – fosse stato accertato tanto il dolo specifico richiesto ai fini dell’integrazione del reato di c all’art. 336 cod. pen., essendo la condotta violenta e minacciosa del ricorrente finalizzata ad indurre l’autista a trasgredire la regola che impedisce l’accesso sull’autobus delle biciclette, quanto la coscienza e volontà del ricorrente di interrompere il pubblico servizio di circolazione fino a che non gli fosse consentito di salire (cfr. pag. 3);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/04/2024.