Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2612 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2612 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/12/2024
DeposLua in Cancelleria
SENTENZA
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sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Pietrasanta (Lu) il 07/11/1977
avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del Tribunale di Genov
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16 ottobre 2024 il Tribunale di Genova ha confermato l’ordinanza del 2 ottobre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Massa che ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in ordine al delitto di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, per più episodi di cessione di sostanza stupefacente del tipo hashish e cocaina a Massa dal dicembre 2023 al 4 luglio 2024, con recidiva specifica e reiterata.
Avverso l’indicato provvedimento l’Avv.to NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandosi ad un unico motivo con il quale lamenta la violazione dell’art 292, comma 3-bis cod. proc. pen. per difetto della sussistenza dei presupposti che, a seguito della riforma introdotta dalla legge
9 agosto 2024, n. 114, consentono l’applicazione della misura cautelare senza il previo interrogatorio dell’indagato.
Si osserva che il Giudice per le indagini preliminari, prima, e il Tribunale sezione riesame, poi, hanno ritenuto la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio radicandolo su circostanze non significative, ossia su due mancati contatti telefonici dell’indagato.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso in quanto fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità delle doglianze oggetto dell’unico motivo di ricorso.
La questione sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi riguarda la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti che, a seguito della riforma introdotta dalla legge 9 agosto 2024, n. 114 (cd. Riforma Nordio), ammettono l’applicazione della misura cautelare personale senza il previo interrogatorio dell’indagato.
1.2. Va premesso che la legge 9 agosto 2024, n. 114 (pubblicata in G.U. 10 agosto 2024, n.187, ed entrata in vigore il 25 agosto 2024) ha disposto, con l’art. 2, comma 1, lettera f), la modifica dell’art. 292, commi 2-ter e 2-quater e, per quanto rileva in questa sede, l’introduzione del comma 3-bis all’art. 292 cod. proc. pen, ossia alla disposizione che disciplina l’ordinanza del giudice che applica la misura cautelare personale.
A norma dell’attuale art. 292, comma 3-bis cod, proc. pen – introdotto come detto dall’art. 2, comma 1, lett. f), I. n. 114 del 2024. – «L’ordinanza è nulla se non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’articolo 291, comma 1quater, nonché quando l’interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo».
A sua volta l’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen. – anch’esso introdotto dalla legge 9 agosto 2024, n. 114 che ha disposto, con l’art. 2, comma 1, lettera e), la modifica dell’art. 291, comma 1-ter e l’introduzione dei commi 1-quater, 1quinquies, 1-sexieS, 1-septies, 1-octies e 1-novies all’art. 291 cod. proc. pen. prevede che «Fermo il disposto dell’articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, comma 1, lettera c), in
relazione ad uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), o all’articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale».
Nel caso di specie, tanto il Giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza applicativa della misura, quanto il Tribunale sezione riesame hanno ritenuto che sussistessero i presupposti di legge per non procedere al (previo) interrogatorio della persona destinataria della misura con motivazione congrua ed adeguata, rispetto alla quale il motivo di ricorso proposto appare generico.
2.1 A questo proposito, deve ricordarsi, in punto di diritto, che la genericità del ricorso sussiste non solo quando i motivi risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710). Sotto questo profilo sono precluse alla Corte di cassazione sia la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, che l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482).
2.2 Il ricorrente censura nuovamente che i due mancati contatti telefonici dello COGNOME nei confronti di due persone cui aveva venduto lo stupefacente potessero fondare la valutazione di sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio senza tuttavia confrontarsi con le argomentazioni del Tribunale sezione riesame che, con motivazione congrua ed adeguata, ha valorizzato ciò che, secondo il primo giudice, era un significativo indice di rischio per la genuinità delle prova da acquisire, specificatamente individuate nell’escussione a sommarie informazioni dei numerosi acquirenti già identificati, ossia la circostanza, concreta, che l’indagato, a seguito dei riscontri operati dalla polizia giudiziaria mediante il sequestro dello stupefacente in danno di alcuni tossicodipendenti che avevano acquistato lo stupefacente da lui, abbia subito cercato di contattarne due.
Omettendo di confrontarsi con le argomentazioni del Tribunale sezione riesame, e prim’ancora con quelle del giudice che ha applicato la misura cautelare, il ricorrente si limita apoditticamente ad affermare l’irrilevanza di tali (mancati) contatti telefonici, che sono stati invece ritenuti, con motivazione logica e coerente, specifici e concreti, tali da escludere che la ricognizione dell’esigenza cautelare probatoria si sia risolta in una sorta di escamotage processuale per aggirare la nuova norma che, salva l’esistenza di specifiche condizioni, tra cui quella del pericolo di inquinamento probatorio, impone il previo interrogatorio dell’indagato prima dell’adozione nei suoi confronti di un’ordinanza cautelare.
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Sotto questo profilo, è immune da vizi la valorizzazione, ai fini della sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, dell’astuzia e della scaltrezza dimostrate nel corso delle indagini (cfr. pag. 14 dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare), ritenute tali da rendere probabile che l’indagato potesse indurre i suoi abituali clienti a rendere dichiarazioni false e reticenti, nel tentativo ridimensionare la sua responsabilità.
Ed è, parimenti, priva di illogicità la necessità, rappresentata dai giudici della cautela, di acquisire elementi di prova mediante l’escussione a sommarie informazioni degli acquirenti individuati e di quelli individuabili a seguito dell’analis dei tabulati telefonici, evitando che gli stessi potessero rendere dichiarazioni contaminate, situazione questa congruamente ritenuta probabile alla luce della circostanza, concreta, che l’indagato, subito dopo il sequestro delle dosi da lui cedute a due acquirenti, ha cercato di contattarli.
2.3 Senza confrontarsi compiutamente con tali logiche valutazioni, il ricorrente reitera la sua censura in termini, come visto, generici, e ciò rende inammissibile il proposto ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento e, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/12/2024.