Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30342 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 24/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GALATINA il 13/11/1969
avverso l’ordinanza del 21/02/2025 del TRIB. RIESAME DI LECCE
Udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
Udite le conclusioni dell’avv. COGNOME per il ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 21 febbraio 2025 depositata in data 20 marzo 2025 il Tribunale di Lecce, sez. Riesame, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del tribunale cittadino del 7 gennaio 2025 nei confronti di NOME NOME con la quale è stata applicata all’indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari:
per avere acquistato a fini di spaccio sostanza stupefacente del tipo cocaina per poi cederla a terzi; in particolare 3 chilogrammi al mese in epoca antecedente al 25 settembre 2021; ulteriori tre chilogrammi in epoca antecedente e prossima al 15 settembre 2021 (capo 5.1.).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato attraverso il difensor di fiducia con atto sottoscritto da quest’ultimo articolando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge e nullità dell’ordinanza per violazione dell’art.292 comma 3 bis cod. proc. pen.
Il ricorrente è risultato destinatario dell’ordinanza cautelare unicamente in relazione alla contestazione provvisoria di cui all’art.73 comma 1 D.p.r. 309/90.
Tale fattispecie di reato non rientra tra quelle di cui agli artt. 407 comma 2 lett. A) cod. proc. pen. e di cui all’art.362 comma 1 ter cod. proc. pen. in relazione alle quali è possibile procedere all’interrogatorio di garanzia successivamente alla esecuzione dell’ordinanza cautelare.
Dunque, nel caso di specie la regola da applicare risultava quella dell’interrogatorio preventivo, non sussistendo alcuna delle ipotesi in deroga.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
L’ordinanza fonda la gravità indiziaria su tre conversazioni telematiche e sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME NOME COGNOME
Delle conversazioni richiamate come intercorrenti tra COGNOME NOME e COGNOME, la prima (n.1781 dell’8 luglio 2021) intercorre in realtà tra COGNOME ed NOME che commentano l’incidente in cui risulta coinvolto il primo ma non vi è alcun riferimento alla persona dell’indagato.
La seconda conversazione (n.10770 dell’8 settembre 2021) non opera alcun riferimento all’indagato.
La terza conversazione (n.13595 del 25 settembre 2021) intercorrente tra COGNOME NOME e COGNOME opera un riferimento a tale NOME e i due interlocutori danno la prova di non conoscerlo personalmente.
Con riferimento alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME le sue dichiarazioni sono generiche in quanto non si chiarisce l’epoca in cui COGNOME si sarebbe rifornito da lui di sostanza stupefacente nel territorio di Tricase.
L’indagato si è infatti trasferito nel comune indicato nel 2013 dal momento che la moglie aveva lì avviato un’attività commerciale.
Egualmente errato il riferimento alla persona del suocero del ricorrente che nell’ordinanza impugnata è individuato in COGNOME NOME NOME, noto esponente della criminalità tricasina, laddove il suocero di COGNOME risulta essere COGNOME NOME
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge quanto alla sussistenza di esigenze cautelari.
Non vi è una motivazione individualizzante in relazione all’indagato quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari e la scelta della misura.
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Alcuna motivazione in relazione all’attualità e alla concretezza delle stesse in relazione anche al tempo decorso dalla commissione dei fatti contestati.
Il Tribunale ha omesso di considerare la risalenza dei precedenti penali e la insussistenza del pericolo di fuga, avendo il ricorrente continuato a vivere in Tricase.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
1.11 primo motivo è infondato.
La censura proposta comporta la risoluzione di due diverse questioni strettamente connesse.
1.1.La prima attiene alla disciplina degli interrogatori di garanzia nella ipotesi di procedimenti soggettivamente cumulativi allorquando alcuni soggetti destinatari della misura cautelare risultino indagati per reati ostativi all’interrogatorio preventivo e altri risultino indagati per reati non ostativi.
Questa Corte, ha avuto già modo di pronunziarsi in modo uniforme rispetto alla ipotesi in cui il medesimo soggetto sia destinatario del titolo cautelare sia per reati ostativi all’interrogatorio preventivo, sia per reati che non lo siano (procedimenti oggettivamente cumulativi con più reati ascritti al medesimo indagato).
In tal caso il giudice, a fronte della contestazione di una pluralità di reati, taluno soltanto dei quali consenta la non effettuazione dell’interrogatorio preventivo ex art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen., non può procedere separatamente per ciascuno di essi, ma è tenuto a provvedere avuto riguardo alla complessiva domanda cautelare, sicché deve effettuare l’interrogatorio successivo, ex art. 294 cod. proc. pen., in relazione a tutti i reati ritenuti configurabili, al stregua della propria valutazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti, alla configurabilità di circostanze e alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari, stante la natura speciale di tale ultima disposizione e, quindi, la sua portata derogatrice rispetto alla regola generale dell’interrogatorio anticipato (Sez. 2, n. 12034 del 18/02/2025, Melis, Rv. 287774); dovendosi riconoscere prevalenza al più grave reato ritenuto a ciò ostativo dal legislatore, in funzione della prevalente esigenza di mantenere riservata l’iniziativa cautelare unitaria. (Sez. 3, n. 19068 del 15/01/2025, V., Rv. 288044).
Nel caso in esame, tuttavia, la diversità del titolo di reato non riguarda il medesimo soggetto, ma indagati diversi alcuni dei quali rispondono unicamente del reato per cui la disposizione di legge prevede l’interrogatorio preventivo.
Sul punto la recentissima giurisprudenza di questa Corte formatasi sul punto, attesa la novità della questione, ha assunto posizioni diverse.
1.1.1.Secondo un orientamento ( Sez. 6, n. 27080 del 27/06/2025, COGNOME,Rv.288191), il giudice per le indagini preliminari, nei procedimenti plurisoggettivi, deve procedere all’interrogatorio di garanzia postumo, nei soli confronti dell’indagato rispetto al quale ritiene sussistenti esigenze cautelari impeditive o la gravità indiziaria per un reato ostativo ai sensi della disposizione citata, in quanto non assume rilievo, a tal fine, l’eventuale sussistenza di cause derogatorie afferenti a coindagati, pur se gravemente indiziati del medesimo reato ovvero di reati connessi o, comunque, collegati.
In tali casi la posizione del singolo indagato non può essere pregiudicata dalla presenza di cause derogatorie afferenti ad altri indagati, dovendosi “dare prevalente rilievo al fatto che la regola del previo interrogatorio è volta alla tutela del singolo indagato, il quale non può essere pregiudicato dalla posizione di altri indagati, che debbano rispondere di reati più gravi o nei cui confronti siano specificamente ravvisabili esigenze che impongono un intervento a sorpresa .”
La sentenza precisa, inoltre, che ciò non implica che il giudice debba procedere ad una separazione delle posizioni, restando unico il procedimento, ma essendo differenziato il rispettivo regime cautelare, con l’emissione di autonome ordinanze e l’adozione di prassi virtuose volte ad evitare che l’interrogatorio anticipato di un indagato possa compromettere le esigenze di immediata tutela che possano essere ravvisate nei confronti di altro indagato, facendo coincidere l’esecuzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare con l’avviso finalizzato al previo interrogatorio di coloro nei cui confronti non operano le ragioni di eccezione alla regola.
Siffatto modus procedendi garantirebbe le esigenze sottese alla domanda cautelare ma anche quelle difensive del singolo indagato rispetto al quale non sussistono cause ostative all’espletamento dell’interrogatorio preventivo.
1.1.2. Va, tuttavia segnalata, la diversa interpretazione offerta della norma sul punto da sentenza quasi coeva (Sez. 2, n. 26920 del 12/06/2025, Gravinese, non massimata) che ha invece affermato che in tema di misure cautelari, il giudice per le indagini preliminari che, in un procedimento cautelare riguardante più indagati e avente ad oggetto più reati connessi ex art. 12 cod. proc. pen. o probatoriamente collegati ex art. 371, comma 2, lett. b) e c), cod. proc. pen., ritenga sussistenti le condizioni per applicare, nei confronti di un indagato, una misura personale in ordine a reato per cui non è prescritto il previo interrogatorio ai sensi dell’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen., deve effettuare l’interrogatorio successivo anche nei confronti dei coindagati per i quali ricorrono le condizioni per disporre una misura in ordine a reati connessi non ostativi
all’espletamento dell’interrogatorio preventivo, non potendo disporre la separazione processuale d’ufficio e senza sentire le parti.
1.2. Questa Corte ritiene di aderire alla prima delle due soluzioni proposte condividendo le ragioni esposte nella motivazione della sentenza richiamata (Sez. 6, n. 27080 del 27/06/2025, cit.). Nella interpretazione della norma in esame appare infatti necessario valorizzare la circostanza che la regola del previo interrogatorio è volta alla tutela del singolo indagato, il quale non può essere pregiudicato dalla posizione di altri indagati, che debbano rispondere di reati più gravi o nei cui confronti siano specificamente ravvisabili esigenze che impongono un intervento postumo.
La obiezione avanzata dal diverso orientamento secondo cui non sarebbe possibile procedere in assenza di contraddittorio e di ufficio la separazione processuale delle diverse posizioni può essere superata, come indicato in precedenza, attraverso la individuazione di modelli procedurali volti ad evitare che l’interrogatorio anticipato di un indagato possa compromettere le esigenze di immediata tutela che possano essere ravvisate nei confronti di altro indagato ( ad es. facendo coincidere l’esecuzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare con l’avviso finalizzato al previo interrogatorio di coloro nei cui confronti non operano le ragioni di eccezione alla regola).
Una volta risolta nei termini esposti la prima questione, occorre stabilire che cosa accade nell’ipotesi in cui non si è proceduto all’interrogatorio preventivo nonostante il reato contestato nella incolpazione provvisoria rientrasse tra i reati non ostativi.
Occorre, cioè, verificare la natura della nullità verificatasi e – nel caso non si tratti di nullità assoluta – i termini entro i quali eccepirla.
2.1.In primo luogo, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte è sinora univoca nel riconoscere alla nullità derivante dall’omesso interrogatorio preventivo la natura di nullità a regime intermedio, posto che trattasi di un difetto procedurale che incide sulla piena estrinsecazione del diritto di difesa, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. ( Sez. 6, n. 17916 del 20/03/2025, COGNOME, Rv. 288037; Sez. 2, n. 5548 del 09/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 12034 del 18/02/2025, COGNOME, Rv.28774; Sez. 5, n. 12857 del 22/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 26920 del 12/06/2025, COGNOME, cit.; Sez. n. 27080 del 27/06/2025, COGNOME, cit.)
Sul punto possono essere altresì richiamate le riflessioni a suo tempo espresse in tema di obbligo del giudice per le indagini preliminari di procedere all’interrogatorio dell’indagato, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di applicazione di una misura personale cautelare interdittiva, laddove si era affermato essere in presenza di una nullità di ordine generale per violazione
del diritto di difesa, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., a regi cosiddetto intermedio ( Sez. 6, n. 2412 del 24/05/2000, Corea, Rv. 217318).
2.2. Controverso piuttosto risulta il secondo dei temi e cioè i termini entro i quali siffatta nullità a regime intermedio deve essere eccepita: se cioè la nullità a regime intermedio derivante dalla mancata effettuazione dell’interrogatorio preventivo nei casi in cui lo stesso è obbligatorio deve essere necessariamente eccepita in sede di interrogatorio postumo (ove effettuato in sostituzione di quello anticipato) ovvero la predetta nullità può essere dedotta, per la prima volta, in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen.
2.2.1.Secondo le indicazioni contenute nella sentenza già citata (Sez.2, n. 26920 del 12/06/2025,COGNOME cit.), in tema di nullità processuali, l’omissione del previo interrogatorio ai sensi dell’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen., nei casi in cui esso sia prescritto, integra una nullità cd. a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che non può essere dedotta dinanzi al Tribunale del riesame o da quest’ultimo rilevata ex officio ove non sia stata in precedenza eccepita dall’interessato, in sede di interrogatorio postumo di garanzia nelle more svolto.
In motivazione, la Corte chiarisce ulteriormente che trattandosi di nullità di ordine generale a regime intermedio, ex art. 178, lett. c), cod. proc. perì., relativa alla violazione del diritto di difesa, la conseguenza è che la stessa deve essere dedotta con l’interrogatorio di garanzia postumo, che rappresenta il primo momento utile, ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen., restando altrimenti sanata.
2.2.2. Di contrario avviso risulta la già citata sentenza (Sez. 6, n. 27080 del 27/06/2025, COGNOME, cit.) che ha invece ritenuto che in tema di nullità processuali, l’omissione del previo interrogatorio ai sensi dell’art. 291, comma 1quater, cod. proc. pen., nei casi in cui esso sia prescritto, integra una nullità cd. a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che può essere dedotta dinanzi al Tribunale del riesame o da quest’ultimo rilevata ex officio anche ove non sia stata in precedenza eccepita dall’interessato, in sede di interrogatorio postumo di garanzia svolto nelle more, non essendo per contro deducibile per la prima volta oltre tale fase procedimentale.
La pronuncia in questione si pone in consapevole contrasto con la prima delle sentenze richiamate che viene, infatti, espressamente commentata.
La sentenza in esame si confronta con il testo dell’art. 182 cod. proc. pen., statuendo che, “quanto alle regole di deducibilità e di preclusione di cui all’art. 182 cod. proc. pen., le stesse devono essere valutate alla luce della peculiarità dello schema procedimentale: il secondo comma presuppone infatti che all’atto assista la parte, ciò che non è ravvisabile con riguardo all’adozione di un atto a sorpresa, quale l’ordinanza applicativa di misura cautelare non preceduta da AI
interrogatorio. Per giunta l’assistenza della parte va correlata alla possibilità di immediato esercizio delle facoltà difensive e dunque all’effettiva presenza della parte tecnicamente assistita da un difensore[. .1″.
Si osserva, inoltre, che “non diverse indicazioni si traggono dalle pronunce che hanno riguardato peculiari ipotesi di nullità a regime intermedio, correlate alla mancata notifica dell’avviso di udienza al secondo difensore o a vizi della notifica, e hanno contemplato uno sbarramento alla loro deducibilità (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, COGNOME, Rv. 244188 -901; Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, COGNOME, Rv. 229504 – 01): in tali casi, infatti, si presuppone comunque che il vizio si consolidi alla presenza di una parte assistita, al momento della verifica della sua regolare costituzione, situazione non riproducibile nel caso dell’ordinanza applicativa di misura cautelare e della sua esecuzione”.
Sottolinea infine che vedendosi in tema di invalidità del provvedimento cautelare, non sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 306 e 310 cod. proc. pen., ma il mezzo tipico di deduzione della nullità è rappresentato dalla richiesta di riesame, che costituisce il mezzo di impugnazione preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare e che consente all’indagato di ottenere un pieno controllo giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento.
2.3. Questa Corte ritiene di aderire alle indicazioni fornite dalla prima delle sentenze più volte citata (Sez.2, n. 26920 del 12/06/2025, COGNOME, cit.): l’interrogatorio di garanzia effettuato successivamente appare ai sensi dell’art.182 cod. proc. pen. senz’altro il primo momento utile in cui la parte regolarmente assistita dal suo difensore può (e deve) rappresentare al giudice per le indagini preliminari la nullità verificatasi. In quanto nullità a regime intermedio l’art.182 cod. proc. pen. chiarisce che la mancata deduzione comporta la sua sanatoria.
A conforto di siffatta conclusione può richiamarsi la indicazione già fornita da questa Corte con riferimento all’interrogatorio preventivo previsto per le misure interdittive secondo cui la nullità a regime intermedio dell’interrogatorio e del conseguente provvedimento cautelare dell’interdizione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio – determinata dal rifiuto opposto dal giudice procedente alla richiesta del difensore o dell’indagato di estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta della misura – è da ritenersi sanata se non eccepita prima dell’interrogatorio stesso. (Sez. 5, n. 8977 del 01/12/2021, dep.2022, COGNOME, Rv. 282901).
Nel caso di specie, dalla lettura degli atti processuali in ragione del dedotto error in procedendo, risulta che il difensore in sede di interrogatorio non ha eccepito la nullità dell’interrogatorio, facendo valere siffatto vizio soltanto in sede di riesame.
Conseguentemente il motivo deve essere respinto.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che in tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza non sono altro che “una prova allo stato degli atti”, valutata dal giudice allorché la formazione del materiale probatorio è ancora in itinere e non è stato sottoposto al vaglio del contraddittorio dibattimentale ed è precisamente questo aspetto dinamico e non la loro differente capacità dimostrativa a contraddistinguerli rispetto alla prova idonea a giustificare la pronuncia di condanna. (Sez.1, n. 19867 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232601).
La ordinanza ha operato corretta applicazione del principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in base al quale ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, è illegittima una valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire, alla verifica della gravità e precisione dei singoli elementi indiziari, il loro esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine. (Sez.1, n. 30415 del 25/09/2020, Rv. 279789).
3.1. Il Tribunale del Riesame con motivazione immune da vizi (pp.4/6), contrariamente a quanto indicato nel ricorso, ha richiamato le conversazioni ambientali e telematiche intercorse nelle date 8 luglio 2021, 8 settembre 2021, 25 settembre 2021 tra i coindagati COGNOME NOME e COGNOME che hanno rivelato l’approvvigionamento attraverso Geusa di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente di tipo cocaina (“la bianca”).
Sul punto va ricordata la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di prove, il contenuto di intercettazioni telefoniche captate fra terzi, da cui emergano elementi di accusa nei confronti dell’indagato, può costituire fonte probatoria diretta della sua colpevolezza, senza necessità di riscontro ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica. (Sez. 3, n. 10683 del 07/11/2023, dep.2024, COGNOME Rv. 286150).
Va altresì evidenziato che questa Corte ha chiarito come, in tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano nelle dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente (la c.d. droga parlata), la loro valutazione, ai sensi dell’art.192, comma secondo, cod. proc. pen., deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di là di ogni ragionevole dubbio”,
caratterizzato da un alto grado di credibilità razionale, con esclusione soltanto delle eventualità più remote. (ex multis Sez.4, n.20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv.279521).
3.2. Nel caso in esame il compendio indiziario risulta costituito anche dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME che nell’interrogatorio del 19 dicembre 2021 indicava COGNOME quale storico acquirente di cocaina dal clan COGNOME; nel successivo interrogatorio del 21 dicembre 2022 precisava che la consolidata attività di Geusa nel territorio di Tricase aveva ricevuto il benestare di COGNOME NOME NOME, zio della di lui moglie e personaggio di spicco della criminalità dell’area.
L’ordinanza chiarisce l’equivoco quanto all’identificazione di COGNOME. Il collaboratore fa riferimento a COGNOME NOME NOME e non a COGNOME NOME, quest’ultimo suocero di COGNOME.
A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter argomentativo sviluppato dal Giudice del gravame nell’ordinanza impugnata, il ricorso si risolve nella sollecitazione di una diversa valutazione su aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu ocull percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Il terzo motivo di ricorso risulta generico.
La doglianza non si confronta con l’ordinanza impugnata che motiva esaurientemente in ordine agli elementi che fondano la sussistenza delle esigenze cautelari quali concrete ed attuali evidenziando:
la personalità dell’indagato il quale, pur non rispondendo del reato di cui all’art.74 d.p.r. 309/90, risulta “un narcotrafficante di spicco” che gestisce ingenti quantitativi di sostanza stupefacente e comunque risulta avere una stretta contiguità con gli ambienti della criminalità organizzata;
la risalenza all’anno 2021 degli episodi di spaccio contestati non rileva in punto di attualità e concretezze delle esigenze in ragione della perduranza della e dell’operatività dell’associazione.
Siffatti elementi sono interpretati correttamente dall’ordinanza impugnata, quali espressione di attualità e concretezza del pericolo; sul punto, dunque, l’ordinanza impugnata appare immune da censure 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 24 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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