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Interrogatorio preventivo e reati connessi: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di effettuare l’interrogatorio preventivo prima di applicare una misura cautelare viene meno per tutti i reati contestati se anche solo uno di essi è un ‘reato ostativo’ (per il quale tale interrogatorio non è previsto), a condizione che vi sia una connessione probatoria tra i diversi illeciti. Nel caso specifico, il Tribunale del Riesame aveva annullato una misura per la mancata audizione dell’indagata, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando il principio di ‘attrazione’ della disciplina del reato più grave, che prevale per garantire l’efficacia e la segretezza dell’indagine nel suo complesso.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interrogatorio preventivo: la Cassazione fa chiarezza sulla sua applicazione in caso di reati connessi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26917/2025, affronta un tema cruciale della procedura penale: l’obbligatorietà dell’interrogatorio preventivo prima dell’emissione di una misura cautelare. La decisione chiarisce come comportarsi in procedimenti complessi, dove un indagato è accusato di reati con regimi procedurali differenti. Il principio affermato è quello dell’attrazione: la disciplina prevista per il reato più grave si estende anche a quelli connessi, bilanciando diritto di difesa ed esigenze investigative.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un’ordinanza di arresti domiciliari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) nei confronti di un’indagata. Originariamente, il Pubblico Ministero aveva contestato il concorso esterno in associazione di tipo mafioso, un reato per cui non è previsto l’interrogatorio preventivo. Il GIP, tuttavia, ha riqualificato il fatto in un’associazione per delinquere ‘semplice’, un’ipotesi di reato che invece richiederebbe l’audizione dell’indagato prima dell’applicazione della misura.

Nonostante la riqualificazione, il GIP ha emesso l’ordinanza restrittiva senza procedere all’interrogatorio. L’indagata ha quindi presentato ricorso al Tribunale del Riesame, che ha annullato il provvedimento, ritenendo fondata la violazione del diritto di difesa per il mancato interrogatorio. Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione.

La Questione Giuridica: il dilemma dell’interrogatorio preventivo

Il nodo della questione era stabilire quale disciplina dovesse prevalere in un procedimento caratterizzato da una pluralità di reati, alcuni ‘ostativi’ (che escludono l’interrogatorio preventivo) e altri ‘comuni’. L’indagine, nel suo complesso, coinvolgeva anche altri soggetti accusati di reati ostativi, come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reato probatoriamente collegato a quello contestato alla ricorrente.

Il Tribunale del Riesame aveva adottato un approccio ‘frazionato’, valutando la posizione dell’indagata in modo isolato e basandosi sulla qualificazione giuridica data dal GIP al suo specifico reato. La Cassazione è stata chiamata a decidere se questa visione fosse corretta o se dovesse prevalere una visione unitaria del procedimento.

Le motivazioni della Cassazione: il principio di attrazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la decisione del Tribunale del Riesame. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda sul principio di attrazione, secondo cui la disciplina processuale prevista per il reato più grave si estende a tutti gli altri reati ad esso connessi.

La Corte ha specificato che il giudice non può ‘spacchettare’ il procedimento per applicare regole diverse a singole imputazioni o a singoli indagati. Un approccio del genere sarebbe impraticabile e pregiudicherebbe l’efficacia delle indagini. In particolare, effettuare un interrogatorio preventivo per un reato comune, quando ne sono contestati altri di natura ostativa, vanificherebbe ‘l’effetto sorpresa’ dell’operazione cautelare, rischiando di compromettere l’intera indagine.

Il discrimine fondamentale, secondo la Cassazione, risiede nella connessione qualificata tra i reati, ai sensi dell’art. 12 c.p.p. o della connessione probatoria ex art. 371 c.p.p. Se i reati sono legati da un nesso investigativo o probatorio, la disciplina derogatoria prevista per il reato ostativo prevale su quella generale. Nel caso di specie, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina contestato ad altri coindagati era probatoriamente collegato ai reati contestati all’indagata. Pertanto, la regola che esclude l’interrogatorio preventivo per tale reato si estendeva a tutto il compendio accusatorio, rendendo legittima l’omissione dell’interrogatorio anche per i reati ‘comuni’.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto processuale: in presenza di procedimenti complessi con imputazioni multiple, la valutazione sull’obbligo dell’interrogatorio preventivo deve essere unitaria e non parcellizzata. La presenza di un solo reato ostativo, legato da un nesso di connessione con gli altri, è sufficiente a giustificare la deroga alla regola generale del contraddittorio anticipato. Questa interpretazione mira a salvaguardare la segretezza e l’efficacia delle indagini per i reati di maggiore allarme sociale, pur nel necessario bilanciamento con i diritti di difesa, che vengono comunque garantiti attraverso l’interrogatorio di garanzia successivo all’esecuzione della misura.

Quando un giudice non è obbligato a svolgere l’interrogatorio preventivo prima di applicare una misura cautelare?
L’interrogatorio preventivo non è obbligatorio quando si procede per uno dei reati ‘ostativi’ elencati specificamente dalla legge (es. reati di mafia, terrorismo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), per i quali si privilegiano le esigenze di segretezza e sorpresa dell’indagine.

Cosa accade se in un’indagine sono contestati sia reati che richiedono l’interrogatorio preventivo sia reati che non lo richiedono?
Secondo la Corte, si applica il ‘principio di attrazione’: la disciplina procedurale prevista per il reato più grave (quello ostativo) si estende anche ai reati comuni ad esso collegati. Di conseguenza, il giudice può omettere l’interrogatorio preventivo per tutte le accuse contestate.

Quale tipo di legame deve esistere tra i reati perché si applichi il principio di attrazione?
Non basta una mera contestazione nello stesso procedimento. Deve esistere una ‘connessione qualificata’, ovvero un legame probatorio o investigativo concreto tra il reato ostativo e gli altri reati, tale per cui la prova di uno influisce sulla prova degli altri. Se i reati sono uniti solo per opportunità processuale, le diverse discipline procedurali devono essere applicate separatamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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