Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 621 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 621 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato in Marocco il 17/01/1977
avverso la ordinanza del 16/07/2024 della Corte di appello di Venezia;
letti gli atti del procedimento, il ricorso ed il provvedimento impugnato; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME attraverso il proprio difensore, impugna l’ordinanza del Tribunale del riesame di Firenze in epigrafe indicata, che ne ha confermato la custodia cautelare in carcere per il delitto di detenzione a fini di cessione di oltre settantasette chilogrammi lordi di hashish, trasportati all’interno dell’autovettura da lui guidata.
Il ricorso consta di un unico motivo, con il quale si deducono la violazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., e la conseguente inefficacia della misura cautelare in atto, a norma del successivo comma 10, per non essere stato
trasmesso al Tribunale il verbale dell’interrogatorio reso dall’indagato a norma dell’art. 294, cod. proc. pen..
Si deduce, a tal fine, che detto atto rappresenta naturalmente elemento sopravvenuto e favorevole all’indagato, essendo il primo atto di difesa consentitogli; che non è possibile valutare preventivamente se esso contenga oggettivamente elementi utili alla sua difesa; che l’affermazione del Tribunale riguardo all’assenza, nello specifico, di tali elementi è apodittica, non avendo esso potuto esaminare il verbale, non avendo l’indagato partecipato all’udienza e non avendo il suo difensore preso parte a quell’incombente, essendo stato nominato solo successivamente ad esso; che, comunque, secondo quanto emerge dall’ordinanza custodiale genetica, nel corso dell’interrogatorio l’indagato ha affermato di non conoscere il quantitativo della sostanza trasportata, adducendo così una circostanza a lui favorevole; che, infine, essendo la nomina del difensore intervenuta allorché gli atti erano stati restituiti al Pubblico ministero, non essendo perciò più ostensibili, quegli non ha potuto acquisire e produrre detto verbale, come l’ordinanza invece gli rimprovera.
Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
4. L’impugnazione è inammissibile, per la manifesta infondatezza del motivo. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’interrogatorio di garanzia previsto dall’art. 294, cod. proc. pen., deve ritenersi incluso tra gli elementi favorevoli sopravvenuti, per i quali l’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., impone l’obbligo di trasmissione da parte dell’autorità procedente al Tribunale del riesame, soltanto quando abbia un contenuto oggettivamente favorevole all’indagato e non si limiti alla mera contestazione delle accuse; e detta valenza dell’atto, idonea a comportare la caducazione della misura cautelare, dev’essere specificatamente indicata dalla parte nel ricorso al Tribunale del riesame (così, tra altre, Sez. 4, n. 12896 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 275574).
Nello specifico, dunque, correttamente il Tribunale ha rilevato come il contenuto dell’interrogatorio fosse noto attraverso la sintesi effettuatane dal giudice nell’ordinanza cautelare oggetto di riesame; come, rispetto a quella esposizione, il difensore e l’indagato non abbiano addotto alcuna circostanza ulteriore obiettivamente favorevole; e come, infine, a riprova di una tale , situazione, semmai esistente, il difensore ben avrebbe potuto acquisire detto verbale e produrlo, trattandosi di documentazione di un atto avvenuto in presenza della difesa, quantunque rappresentata da un diverso avvocato, ed avendo perciò egli diritto di averne copia.
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5. L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.