Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30589 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
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sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME nato il 06/02/1964 a S. Eufemia, ora Lamezia Terme avverso l’ordinanza del 21/11/2024 del Tribunale della Libertà di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 novembre 2024 il Tribunale di Catanzaro -decidendo in M. 4 merito all’istanza di riesame proposta da Cunsoloz6verso l’ordinanza emessa il ottobre 2024 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catan di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere in ordine al di cui agli artt. 74, commi 1, 2, 3 e 4, d.P.R. n. 309/90 e 416-bís.1 cod.pen. 2 di contestazione)- ha rigettato il ricorso e confermato il provvedimento genet
Avverso l’ordinanza testè indicataunsolo ha proposto, a mezzo del difensor di fiducia, tempestivo ricorso, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) e cod.proc.pen., inOsservanza o erronea applicazione di legge, in relazione all’ 178, comma 1, lett. c), con riferimento agli artt. 293, comma 3, e 294, comma cod.proc.pen., e 24 Cost, e correlato vizio di motivazione, asseritam contraddittoria. It Ait
L’interrogatorio di garanzia dell’indagato, odierno ricorrente, è stato cela novembre 2024, prima della comunicazione di avviso di deposito dell’ordinanza e della richiesta di misura (del 18 novembre 2024).
Attesa la funzione di tale inctimbente, di ‘riequilibrio’ del contradd processuale tra accusa e difesa, ritiene il ricorrente la nullità dell’interr come teirtiMetuglk, per violazione del diritto inviolabile di difesa, e la dell’ordinanza impugnata, dovendosi considerare spirato il termine inderogabi massimo di cinque giorni previsto ex art. 294, comma 1, cod.proc.pen. per la s legittima celebrazione in caso di indagato sottoposto a misura cautelare (richi Sez. Unite n. 26798 del 20/07/2005 a proposito della necessarietà del depos dell’istanza del pubblico ministero, dei suoi allegati e dell’ordinanza genetica dell’interrogatorio di garanzia):
-il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’eccezione formulata al proposito;
-rilevato che l’inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza, tar o invalidità dell’interrogatorio non è sii/deducibile né rilevabile di uff procedimento di riesame, avrebbe, poi, comunque, contraddittoriamente dedotto in merito alla eccepita violazione dell’art. 178 cod.proc.pen., osservando, lato, che il termine dei cinque giorni risponde, anche, all’interesse dell’inda sollecito svolgimento dell’atto, dall’altro, che l’omessa notifica del d dell’ordinanza cautelare non comporta nullità, conseguente invero, soltanto, mancata disponibilità per il difensore degli atti nella cancelleria del giudice emesso l’ordinanza, ben potendo il difensore -noto che gli atti suddetti de
trovarsi nella cancelleria- consultarli ed estrarne copia e presentare istanza di differimento dell’interrogatorio;
-nel caso concreto il difensore non ha avuto tempo di aver contezza degli atti, di fare istanza di visione e/o copia, né tanto meno di formulare richiesta di differimento ex art. 294 cod.proc.pen..
Da tanto la eccepita nullità.
2.2. Col secondo motivo la difesa denuncia, ex art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod.proc.pen., violazione di legge, artt. 292, comma 2, lett.c), 2-ter, e 34 cod.proc.pen., in relazione agli artt. 74 d.P.R. 309/90 e 416-bis cod.pen..
Il Tribunale ha rigettato l’eccezione difensiva al proposito mossa, evidenziandone la genericità, per difetto di indicazione delle ragioni in base alle quali tanto avrebbe avuto incidenza sulle determinazioni cautelari, con motivazione ritenuta dalla difesa ‘ondivaga”tra legittimità e merito’, così perpetuando l’errore dell’ordinanza genetica senza riesaminare, concretamente, la condotta contestata al Cunsolo, di intraneità alla associazione, anche alla luce della documentazione offerta dalla difesa.
Intraneità -continua la difesa- ritenuta sulla scorta della valorizzazione di taluni contatti coi sodali, delle dichiarazioni di COGNOME (in ordine alla assistenza legale pagamento delle spese relative) non riscontrate e dunque non utilizzabili in termini di validi indizi, del coinvolgimento dell’odierno ricorrente nell’episodio del maggio 2022 (invero maturato in contesto diverso e in ordine al quale, comunque, gli elementi costitutivi della fattispecie sono stati ritenuti infondati da Tribunale de riesame e Cassazione in quanto investiti delle impugnazioni avverso il provvedimento genetico), comunque in assenza di una censita condotta partecipativa attiva del Cunsolo, prima e dopo l’episodio del 2022, tale da attestarne l’attualità.
2.2.1. Emerge, inoltre, secondo la difesa, un profilo di violazione del disposto dell’art. 34 cod.proc.pen., in virtù del ruolo svolto dall’estensore dell’ordinanza de Tribunale del riesame che ebbe ad interessarsi della vicenda del Cunsolo nel maggio del 2022.
2.3. Col terzo motivo la difesa denuncia, ancora ex art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod.proc.pen., violazione di legge, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
L’ordinanza del Tribunale fa generico riferimento alla gravità dei fatti, senza distinguere le specifiche posizioni e senza operare una autonoma valutazione sulla configurabilità di concrete esigenze cautelari. A fronte del forzatamente dedotto contributo del Cunsolo all’apparato associativo, il Tribunale avrebbe svolto una deduzione indiretta per sostenere una peculiare caratura e spregiudicatezza del
ricorrente su cui fondare la sussistenza del pericolo di reiterazione del delitto e la sua attualità pur in assenza di condotte dopo il maggio del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 primo motivo è manifestamente infondato.
Richiamato l’apporto ermeneutico di due fondamentali decisioni della Corte Costituzionale -n. 16 del 1999 e n. 424 del 2001- si è chiarito come alla base della necessaria previsione di un obbligo di deposito degli atti a disposizione della difesa vi fosse la necessità di un “contraddittorio cartolare” la cui previsione è più ampia rispetto al contraddittorio che potrebbe realizzarsi con la mera illustrazione della contestazione del fatto e degli elementi di prova a carico da parte del pubblico ministero o del giudice ex art. 65, comma 1, cod. proc. pen., non essendo tanto funzionale a “difendersi provando” anche con l’allegazione di atti tesi a contrastare gli elementi d’accusa. Tanto conformemente a quanto deciso dalla CEDU (Brandstetter c. Austria, 28 agosto 1991, §§ 6667, serie A n. 211), esigendo l’articolo 6 §1 che le autorità procedenti comunichino alla difesa tutte le prove
pertinenti in loro possesso, sia a carico che a discarico (Edwards c. Regno Unito, 16 dicembre 1992, § 36, serie A n. 247B).
Il nucleo comune della disciplina è costituito, quindi, dalla «possibilità di conoscere direttamente, da parte del difensore, la integralità degli elementi e degli atti che formano oggetto della richiesta di convalida e di applicazione della misura, a prescindere dalla mediazione illustrativa del pubblico ministero o del giudice», tanto rappresentando «la base ineludibile sulla quale poter configurare un contraddittorio effettivo e, con esso, un effettivo soddisfacimento della funzione difensiva che l’interrogatorio», tenuto poi conto che,. e~ «l’accesso agli att previsto come disposizione di carattere generale in favore di chiunque vi abbia interesse’Rart. 116 cod. proc. pen.).
Diritti, quelli all’accesso agli atti, alla richiesta di copia, alla richiesta an differimento dell’interrogatorio nel caso di specie non solo mai negati o compressi, ma, neppure mai esercitati dalla difesa, con la conseguenza che nessuna violazione del diritto costituzionalmente garantito può rilevarsi.
1.2. Si osserva, poi, che l’omesso o invalido interrogatorio di garanzia, successivo all’esecuzione della misura cautelare, non determina alcuna nullità dell’ordinanza applicativa, ma incide sulla sua efficacia.
Questa Corte, con orientamento pacifico (Sez. U, n. 26 del 05/07/1995, Rv. 202015 – 01; nello stesso senso, più di recente, Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Rv. 286202 – 01; Sez. 2, n. 54267 del 12/10/2017, Rv. 271366 – 01;) ha ritenuto che poiché il procedimento di riesame è preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare, e non anche di quelli incidenti sulla sua persistenza, non è consentito dedurre con tale mezzo di impugnazione la successiva perdita di efficacia della misura derivante dalla mancanza o invalidità di successivi adempimenti; la questione inerente all’inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza, tardività o, comunque, invalidità dell’interrogatorio previsto dall’art. 294 cod. proc. pen., non è deducibile, né rilevabile d’ufficio, nel procedimento di riesame, potendo esser dedotta, invece, dinanzi al giudice che ha applicato la misura, la cui decisione sul punto è appellabile ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen..
Corretta, dunque, anche sotto tale profilo, la decisione del Tribunale della Libertà.
2. Generico ed inammissibile è il secondo motivo.
Non si confronta con le puntuali argomentazioni dell’ordinanza impugnata sul tema dell’autonoma valutazione di indizi e esigenze cautelari.
D’altra parte, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod.proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante
dal testo del provvedimento impugnato: il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti -che la difesa peraltro non contesta per come effettuatané l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, inammissibili essendo quelle censure che -come nella specie- pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Cass. Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400 – 01).
2.1. Argomentazioni, quelle appena svolte, che ancor più si attagliano alla postulata incompatibilità -parrebbe del giudice ‘relatore’ dei provvedimenti inerenti al fatto del 2022 nel relativo procedimento- con -deve presumersi solo in via di logica- taluno dei componenti del collegio del Tribunale la cui ordinanza qui si discute, in difetto di qualsivoglia documentazione a sostegno dell’assunto difensivo.
Il tutto, comunque, coerente con una eventuale istanza di ricusazione, che non risulta nella specie proposta.
3. Manifestamente infondato è l’ultimo motivo di ricorso.
Sul tema, l’ordinanza, senza aporie o vizi logici-giuridici, ha richiamato la nota presunzione ex art. 275, comma 3, cod. proc pen, e in concreto argomentato sul pericolo di recidiva e sulla necessità della custodia in carcere, anche richiamando il fatto che l’indagato aveva coltivato le piantagioni di cannabis proprio in siti nel sua disponibilità.
A fronte di una ampia valutazione da parte del Tribunale della Libertà, sulla scorta della approfondita rilettura delle emergenze investigative atte a supportare la gravità indiziaria, le censure difensive, intrinsecamente generiche e senza confrontarsi con il testo del provvedimento impugnato, sono meramente contestative, non allegano alcun elemento concreto atto a superare la presunzione normativa e, ancor meno, a sostenere la adeguatezza di una misura cautelare meno afflittiva di quella confermata.
4. Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.att.cod.proc.pen.
La Cons. est.
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Il Presidente