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Interposizione fittizia: Cassazione su indizi e dolo

Un imprenditore, indagato per estorsione, ricorre in Cassazione contro un’ordinanza di custodia cautelare basata anche sull’accusa di interposizione fittizia, per aver intestato la propria attività alla figlia. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando i criteri per la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in fase cautelare. In particolare, ha ribadito che il reato di interposizione fittizia si configura anche solo con il fondato timore di una misura di prevenzione patrimoniale, senza che sia necessario un procedimento già avviato, e che l’intestazione a un familiare non esclude la sussistenza del reato.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interposizione Fittizia: Quando il Timore di un Sequestro Fa Scattare il Reato

L’interposizione fittizia, prevista dall’art. 512-bis del codice penale, è un reato che mira a sanzionare chiunque attribuisca fittiziamente ad altri la titolarità di beni per eludere le misure di prevenzione patrimoniale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti di tale reato e sui criteri di valutazione degli indizi in fase cautelare, confermando un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso: Estorsione e Intestazione di un’Attività alla Figlia

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un indagato avverso un’ordinanza che disponeva la custodia cautelare in carcere. Le accuse erano di estorsione aggravata e, appunto, di interposizione fittizia. Secondo l’accusa, l’indagato aveva fittiziamente intestato la propria autorimessa alla figlia al fine di sottrarla a possibili misure di prevenzione patrimoniale, come il sequestro e la confisca.

Il Tribunale del Riesame aveva accolto l’appello del Pubblico Ministero, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per entrambi i reati, basandosi su dichiarazioni della persona offesa, intercettazioni telefoniche e ambientali, videoregistrazioni e le stesse ammissioni dell’indagato rese in sede di interrogatorio.

La Difesa: Carenza di Indizi e Inidoneità della Condotta

La difesa dell’indagato ha contestato la decisione, lamentando una carenza di prove sufficienti. In particolare, si sosteneva che le dichiarazioni accusatorie non fossero supportate da riscontri esterni adeguati. Per quanto riguarda l’interposizione fittizia, la difesa ha argomentato che l’intestazione dell’attività alla figlia non fosse una condotta idonea a integrare il reato, poiché il legame familiare avrebbe reso l’operazione inefficace ai fini elusivi secondo la normativa vigente.

La Decisione della Cassazione sull’Interposizione Fittizia

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo in parte manifestamente infondato e in parte non consentito in sede di legittimità. I giudici hanno confermato la correttezza dell’impianto motivazionale dell’ordinanza impugnata, fornendo precisazioni cruciali sulla valutazione probatoria e sulla configurabilità del reato di interposizione fittizia.

Le Motivazioni: La Valutazione degli Indizi in Fase Cautelare

La Corte ha innanzitutto ribadito un principio fondamentale del procedimento cautelare: gli elementi di riscontro alle dichiarazioni accusatorie possono essere anche solo parziali o “tendenzialmente individualizzanti”. In questa fase, non è richiesta la certezza della colpevolezza, ma un “consistente grado di probabilità”. Il giudice del merito, secondo la Cassazione, aveva correttamente valutato in modo globale tutti gli elementi a disposizione (dichiarazioni, intercettazioni, servizi di osservazione), giungendo a un giudizio di elevata probabilità circa la responsabilità dell’indagato, senza salti logici o contraddizioni.

Sul punto specifico dell’interposizione fittizia, la Corte ha smontato le argomentazioni difensive. Ha chiarito che il dolo specifico del reato, ovvero il fine di eludere le misure di prevenzione, può sussistere anche prima che una procedura di prevenzione sia formalmente avviata. È sufficiente che l’interessato possa “fondatamente presumerne l’inizio”. Lo “scopo elusivo” è integrato anche dal solo fondato timore di subire un sequestro, a prescindere dall’esito concreto di un eventuale procedimento.

Infine, la Corte ha definito “del tutto infondato” l’argomento secondo cui l’intestazione a un familiare stretto renderebbe la condotta inidonea. Richiamando un orientamento giurisprudenziale univoco, ha affermato che per la configurabilità del reato è sufficiente l’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di beni, anche quando questi siano intestati a un familiare.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida due principi di grande rilevanza pratica. Primo, in materia di misure cautelari, la valutazione degli indizi è meno rigorosa rispetto al giudizio di merito, essendo sufficiente una qualificata probabilità di colpevolezza basata su una valutazione complessiva degli elementi. Secondo, il reato di interposizione fittizia è un reato di pericolo che si perfeziona nel momento in cui viene realizzata l’intestazione fittizia, animata dal semplice timore di future misure ablative, senza che sia necessario attendere l’avvio formale di un procedimento. Questa interpretazione estende notevolmente l’ambito di applicazione della norma, colpendo le condotte elusive fin dal loro primo manifestarsi.

Per configurare il reato di interposizione fittizia è necessario che sia già in corso un procedimento di prevenzione patrimoniale?
No, la sentenza chiarisce che il reato si configura anche solo sulla base del fondato timore che tale procedimento possa essere avviato. Lo “scopo elusivo” è integrato dal timore dell’inizio del procedimento, a prescindere dal suo esito.

L’intestazione di un bene a un familiare stretto, come un figlio, esclude il reato di interposizione fittizia?
No, la Corte di Cassazione ribadisce che il reato sussiste anche se i beni vengono intestati a un familiare. L’attribuzione fittizia ad altri della titolarità di beni è sufficiente per integrare il reato, indipendentemente dal legame di parentela con l’interposto.

In fase di applicazione di una misura cautelare, le dichiarazioni di un co-indagato richiedono riscontri esterni completi e dettagliati?
No, secondo la Corte, in fase cautelare i riscontri possono essere anche solo parziali o tendenzialmente individualizzanti. Non è richiesta la certezza della colpevolezza, ma è sufficiente un “consistente grado di probabilità”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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