Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3561 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3561 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIOIA COGNOME il 17/04/1992
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, che ha parzialmente riformato (ritenendo assorbito il reato di cui al capo 104 in quello di cui al capo 103, rideterminando conseguentemente il trattamento sanzionatorio, e confermando nel resto) la sentenza di condanna emessa dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria;
rilevato che il ricorrente lamenta, con il ricorso principale, vizio motivazione con riferimento all’affermazione di penale responsabilità per i capi 102) e 103), alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 d 1990, e alla mancata concessione delle attenuanti generiche;
rilevato inoltre che, con motivi aggiunti tempestivamente trasmessi, la difesa ribadisce (quanto al primo motivo principale) che il tenore dei messaggi scambiati non consentiva di affermare che il MOLE’ avesse la disponibilità dello stupefacente; quanto al secondo motivo principale, censura il riferimento alla volatilità della sostanza, evidenziando l’impossibilità di ritenere superato il valo soglia in assenza di analisi; quanto al terzo motivo, lamenta il carattere apodittico del riferimento all’abilità del ricorrente nel procurarsi la droga, nonché il mancat apprezzamento della giovane età, incensuratezza, epoca risalente dei fatti, buon comportamento processuale, richiesta di ammissione al patteggiamentoi;
ritenuto che il primo motivo sia manifestamente infondato, anzitutto, quanto al capo 102), in quanto – sia pure in estrema sintesi (cfr. pag. 1) – la valorizzazione del colloquio tra il ricorrente e COGNOME Rocco, operata dalla Corte territoriale, consente di ritenere adeguatamente motivata la conferma della condanna per tale capo, alla luce del più recente indirizzo di questa Suprema Corte secondo cui «in materia di stupefacenti, tra le condotte illecite descritte nell norma incriminatrice di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, rientr anche quella di intermediazione, che è ricompresa nella condotta del “procurare ad altri”, con la quale si intende punire l’attività illecita di chi agisce al f provocare l’acquisto, la vendita o la cessione di droga da parte di terzi, perfezionandosi il reato nel momento in cui l’agente manifesta la disponibilità a procurare ad altri droga, sempre che ne abbia la disponibilità, pur mediata» (Sez. 6, n. 46367 del 11/10/2023, S., Rv. 285882 – 01). L’applicazione di tale principio deve essere tenuta ferma anche quanto al capo 103), emergendo dalla sentenza (pag. 2) una disponibilità diretta dello stupefacente da offrire in vendita (e no mediata attraverso “NOME“, come nel capo 102);
ritenuto, quanto al secondo motivo, che il richiamo all’elevatissimo quantitativo di stupefacente a disposizione del MOLE’ (100 kg) consenta di ritenere
immune da censure la conferma dell’aggravante contestata, alla luce del consolidato principio secondo cui «in tema di stupefacenti, la circostanza aggravante della detenzione di ingente quantità di cui all’art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990 può essere configurata anche in mancanza del sequestro della sostanza, purchè vi siano elementi di prova certi che consentano di pervenire per via indiretta alla individuazione del dato ponderale» (Sez. 3, n. 7385 del 19/11/2014, dep. 19/02/2015, COGNOME, Rv. 262409 – 01);
ritenuto che anche la residua censura sia manifestamente infondata, avendo la Corte territoriale adeguatamente motivato il diniego delle attenuanti generiche (si è pur sinteticamente valorizzato, sulla scorta dei fatti accertati, rilievo dimostrativo di questi ultimi circa la vicinanza del MOLE’ ad ambienti criminali, oltre che l’abilità nel procacciarsi quotidianamente la droga) ed avendo la difesa fatto riferimento in termini totalmente generici – un riferimento non emendabile con i motivi aggiunti – ad elementi favorevoli asseritamente trascurati dalla Corte territoriale (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
ritenuto che le considerazioni fin qui svolte impongano una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della causa di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 novembre 2024