Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5001 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5001 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME IMPERIALI NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VENARIA REALE il 29/09/1964
avverso l’ordinanza del 22/07/2024 del TRIBUNALE di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le conclusioni de difensori del ricorrente, Avv. ti COGNOME e COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bologna – con provvedimento del 22/0//2024, a seguito dell’appello proposto dal Pubblico Ministero presso la Procura di Parma avverso l’ordinanza del 22/06/2024 pronunciata dal Gip del Tribunale di Parma nei confronti di NOME COGNOME – ha riformato la predetta ordinanza e riqualificato le condotte di cui al capo a) ai sensi degli artt. 628, comma secondo e quarto, in relazione al comma terzo, n. 1 e 3bis e 3quinquies , cod. pen., dando atto che in relazione a tale capo era già in essere la misura della custodia in carcere.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME proponendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ mancante, manifestamente illogica ed apparente, oltre che incongrua; l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto non presentato direttamente dal Pubblico ministero quanto piuttosto dall’ispettore NOME COGNOME in assenza di delega; l’eccezione era stata esplicitamente posta e il Tribunale non la aveva in alcun modo affrontata.
2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente mancante, apparente,
illogica ed incongrua nella parte in cui non ha dichiarato inammissibile l’appello del Pubblico ministero per carenza di interesse; manca totalmente una enunciazione chiara del concreto interesse ad impugnare del Pubblico ministero, mentre in concreto Ł stata solo censurata l’interpretazione di merito del provvedimento impugnato; Ł mancata qualsiasi enunciazione a sostegno della attualità e concretezza delle esigenze cautelari, al fine di perseguire comunque un risultato processuale immediato e conseguente all’accoglimento dell’appello, quale la cristallizzazione del giudicato cautelare in relazione al capo a); il Pubblico ministero non ha esplicitato alcuna deduzione sul punto.
2.3. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ apparente, mancante, illogica e incongrua in ordine alla qualificazione giuridica del fatto di cui alla imputazione provvisoria formalizzata nel capo a) della rubrica; la difesa, richiamando l’esito della attività di indagine che portava all’arresto del ricorrente, ha evidenziato come non ricorresse alcun impossessamento come dimostravano le video riprese effettuate dal figlio della persona offesa mediante telecamere di video sorveglianza; ricorre un evidente travisamento dei fatti.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile perchØ proposto con motivi generici, aspecifici, oltre che manifestamente infondati.
In relazione al primo motivo il ricorrente non chiarisce quale sia il pregiudizio derivante dal deposito del provvedimento di impugnazione, attesa la chiara e diretta riferibilità dello stesso al Pubblico ministero impugnante, come emerge dalla sottoscrizione dell’atto presente al fascicolo, la attestazione del deposito da parte del funzionario di cancelleria addetto, la chiara identificazione del soggetto delegato al deposito. La censura si caratterizza in tal senso non solo per la sua evidente genericità ed aspecificità, ma anche per la sua manifesta infondatezza, ricorrendo una chiara identificazione del soggetto delegato al deposito, attestata e riscontrata dal cancelliere addetto; tali atti e la portata chiaramente fide faciente degli stessi, in assenza di alcuna osservazione o allegazione in senso contrario, non Ł stata in alcun modo contestata.
Identiche conclusioni possono essere tratte in relazione al secondo motivo di ricorso.
Il ricorrente, infatti, omette di confrontarsi con il provvedimento impugnato, che ha specificamente risposto alla identica censura proposta dinnanzi al Tribunale, che ha – con motivazione del tutto immune da manifesta illogicità – evidenziato la ricorrenza dell’interesse del Pubblico ministero all’impugnazione quanto alla diversa qualificazione giuridica del fatto oggetto di imputazione provvisoria, con particolare riferimento alla diversa decorrenza del termine di fase. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta affatto; di contro, si deve rilevare la corretta applicazione da parte del Tribunale del principio di diritto, già affermato da questa Corte, secondo cui nel procedimento cautelare, sussiste l’interesse concreto e attuale del Pubblico ministero a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame, pur confermando il provvedimento applicativo della misura cautelare, abbia attribuito al fatto una diversa qualificazione incidente sulla durata della misura (Sez. 3, n. 6738 del 12/01/2023, Shanan, Rv. 284357-01; Sez. 6, n. 5332 del 06/12/2023, dep. 2024, Vignola, Rv. 286061-01; Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489-01).
In tal senso, si Ł affermato, in modo del tutto condivisibile, che in tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali, vi Ł carenza di interesse sia al riesame sia al ricorso per cassazione, quando l’indagato tenda ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, salvo che da tale
esclusione derivi, per lui, una concreta utilità, ovvero immediati riflessi sull’ an o sul quomodo della misura (Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508-01; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028-01; Sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013, Fabricino, Rv. 258502-01; tra le non massimate, Sez. 4, n. 36806 del 01/12/2020, COGNOME), interesse esplicitamente richiamato dal provvedimento impugnato in considerazione della diversa qualificazione giuridica del fatto, con motivazione del tutto immune da illogicità manifesta o apparenza e con la quale il ricorrente non si confronta.
4. Il terzo motivo di ricorso non Ł consentito.
La difesa, lungi dall’evidenziare una violazione di legge o la ricorrenza di una motivazione apparente o manifestamente illogica, si Ł limitata a richiamare l’esito delle indagini per proporre una propria alternativa lettura di tali elementi, non consentita in questa sede a fronte di una serie di elementi valutati approfonditamente e in assenza di illogicità manifeste da parte del Tribunale.
In tal senso, occorre richiamare il principio già espresso da questa Corte, che qui si intende ribadire, secondo il quale il controllo di legittimità non concerne nØ la ricostruzione dei fatti, nØ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698-01; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012-01).
Nel caso in esame, il ricorrente ha formulato censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma stimata equa di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.; con adempimenti a carico della Cancelleria ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME