Interesse Attuale al Ricorso: Quando la Cassazione Nega gli Arresti Domiciliari
La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 20862 del 2025, offre un importante chiarimento su un requisito processuale fondamentale: la necessità di un interesse attuale al ricorso. Anche in situazioni delicate che coinvolgono la cura di figli minori, la mancanza di questo presupposto può portare a una declaratoria di inammissibilità. Il caso esaminato riguarda un padre, detenuto in custodia cautelare, che aveva richiesto gli arresti domiciliari per assistere i figli durante l’orario di lavoro della moglie. Analizziamo come l’evoluzione dei fatti abbia reso la sua richiesta priva di fondamento agli occhi della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un uomo, condannato in primo grado a una pena di 13 anni di reclusione per reati di particolare gravità (associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti), si trovava in regime di custodia cautelare in carcere da oltre tre anni. Attraverso il suo difensore, presentava un’istanza per ottenere la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari.
La richiesta era motivata da esigenze familiari specifiche: la moglie del ricorrente aveva un impiego nel settore della ristorazione che la impegnava dalle 18:00 alle 23:00, dal martedì alla domenica. Durante queste fasce orarie, i due figli minori della coppia, di nove e cinque anni, non potevano essere assistiti adeguatamente, né erano disponibili altri familiari o strutture di supporto. La presenza del padre a casa era, quindi, ritenuta indispensabile.
A sostegno dell’istanza, era stato prodotto un contratto di lavoro a tempo determinato della moglie, con scadenza al 31 dicembre 2024. Sia la Corte di Appello che, successivamente, il Tribunale della libertà avevano rigettato la richiesta, ritenendo non provata in un caso l’assenza di familiari disponibili e, nell’altro, giudicando la breve durata del contratto di lavoro non sufficiente a configurare una difficoltà di accudimento della prole duratura e significativa.
La Decisione della Cassazione e l’Interesse Attuale al Ricorso
La Corte di Cassazione, investita della questione, non è entrata nel merito della fondatezza delle esigenze familiari. Ha invece dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione puramente processuale: la carenza di un interesse attuale al ricorso.
Il punto centrale della decisione risiede nel fatto che la condizione che aveva originato la richiesta — l’impegno lavorativo della moglie — si era già estinta al momento della pronuncia della Corte. Il contratto di lavoro era infatti scaduto il 31 dicembre 2024. Poiché non era stata rappresentata né al Tribunale né in sede di legittimità l’imminenza di una nuova opportunità lavorativa per la donna, la situazione di presunta difficoltà nell’accudire i figli non era più attuale.
Le Motivazioni della Sentenza
La Suprema Corte ha motivato la propria decisione basandosi su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: l’interesse ad agire (e, di conseguenza, a impugnare). Questo interesse deve essere non solo concreto, ma anche attuale, ovvero deve sussistere per tutta la durata del processo, fino al momento della decisione. Se la situazione di fatto o di diritto che ha dato origine all’impugnazione cessa di esistere, l’eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe alcun effetto utile per il ricorrente.
Nel caso specifico, una decisione favorevole non avrebbe potuto modificare una situazione (la difficoltà di cura dei figli a causa del lavoro della madre) che non esisteva più. La Corte non può pronunciarsi su questioni ipotetiche o passate. Il ricorso, pertanto, non poggiava più su un interesse meritevole di tutela, rendendolo di fatto inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce con forza che le condizioni a fondamento di un’istanza o di un’impugnazione devono permanere fino al momento della decisione finale. Qualsiasi mutamento delle circostanze che elimini il problema originario può determinare l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Per gli operatori del diritto, ciò rappresenta un monito a verificare costantemente la persistenza dei presupposti delle proprie azioni legali, adattando la strategia difensiva all’evolversi dei fatti per evitare di incorrere in pronunce di inammissibilità che precludono l’esame nel merito della questione.
Perché il ricorso per ottenere gli arresti domiciliari è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la circostanza su cui si fondava, ovvero il contratto di lavoro a tempo determinato della moglie, era cessata con la sua scadenza. Di conseguenza, il ricorrente non aveva più un interesse concreto e attuale all’accoglimento della sua richiesta al momento della decisione della Corte.
Qual era il motivo principale per cui l’imputato aveva richiesto la sostituzione della custodia in carcere?
Il motivo principale era la necessità di assistere i due figli minori, di nove e cinque anni, poiché la moglie lavorava in orario serale e festivo e, secondo la difesa, non vi erano altri familiari o strutture in grado di provvedere alla loro cura.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20862 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20862 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 27/06/1979 avverso l’ordinanza del 13/12/2024 del Tribunale della libertà di Palermo; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; Avvocato NOME COGNOME che, in difesa di NOME COGNOME anche in sostituzione udito l ‘ dell’Avvocato NOME COGNOME si riporta ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo, decidendo sul l’appello contro il provvedimento della Corte di appello di Palermo, ha rigettato l’istanza di sostituzione con gli arresti domiciliar della custodi cautelare in carcere applicata a NOME COGNOME in relazione ai reati ex artt.73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n.309 e 416bis cod. pen, per i quali è stato condannato in primo grado alla pena di 13 anni di reclusione.
Nel ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME si chiede l ‘annullamento della ordinanza per violazione dell’art. 275, comm 4, cod. proc. pen. e per vizio della motivazione.
Si espone che l’stanza era stata presentata poiché la moglie del ricorrente lavora dalle ore 18 alle ore 23 dal martedì alla domenica, sicché non può adeguatamente assistere la figlia NOME, di nove anni, e il figlio NOME, di cinque anni, peraltro in un fascia oraria in cui non sono collocabili presso una struttura, né vi sono altri familiari che potrebbero sostituirla, sicché la presenza del padre (che è detenuto da oltre tre anni) è necessaria. Si specifica che è stato prodotto un contratto di lavoro che è a termine (con scadenza il 31/12/2024), come è consueto nel settore della ristorazione, ma che questo non comporta che la donna non stia ora lavorando per sostentare i figli. Si osserva che il Tribunale per il riesame avrebbe dovuto comunque valutare la situazione al momento in cui gli è stata sottoposta, salva la successiva eventualità di una revoca della misura, con il ripristino dello status libertatis anteriore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello aveva rigettato la istanza non essendo stata provata l’assenza di strutture di supporto o di familiari disponibili.
Il Tribunale ha rigettato l’stanza sul presupposto che la esigua durata della prestazione di lavoro ─ dal 2° ottobre al 31 dicembre 2024, con estinzione automatica, senza preavviso, alla scadenza del termine ─ escluderebbe la perduranza di una significativa difficoltà di accudire la prole.
Deve, in ogni caso, rilevarsi che la condizione in relazione alla quale l ‘ istanza era stata presentata si è estinta il 31 dicembre 2024 e non risulta che al Tribunale sia stata rappresentata ─ né in questa sede è stata prospettata ─ l ‘ imminenza di una nuova possibilità di lavoro per la moglie del ricorrente, sicché in ricorso non poggia su un interesse concreto e attuale al suo accoglimento.
Pertanto, esso è inammissibile e da questo deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/04/2025