Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11149 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11149 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria del 30.6.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30.6.2023 il Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, l’istanza di riesame che era stata avanzata
per conto di NOME COGNOME contro il provvedimento del GIP che, in data 11.5.2023, aveva convalidato il sequestro preventivo d’urgenza e disposto la misura cautelare reale sui beni ivi indicati, ai fini della loro confisca da adottarsi sensi dell’art. 240-bis cod. proc. pen.;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia che deduce:
2.1 violazione di legge processuale al combinato disposto degli artt. 322 e 568, comma quarto, cod. proc. pen.: rileva che il GIP, sul presupposto dell’esistenza di un compendio indiziarlo relativo al delitto di cui all’art. 512-b cod. proc. pen., ha disposto il sequestro tanto dei beni anche formalmente intestati al ricorrente quanto di quelli intestati alla compagna NOME ed a lui riconducibili; osserva che è certamente legittimato a proporre istanza di riesame colui che non sia formalmente titolare del bene, laddove il presupposto del sequestro sia proprio quello della sua sostanziale disponibilità e correlativo diritto alla restituzione;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020, concludendo per il rigetto del ricorso: rileva, infatti, che nel sequestro preventivo, che non ha finalità probatorie ma solo cautelari, l’indagato, per avere interesse a proporre impugnazione, deve poter ottenere la restituzione della cosa come effetto dell’accoglimento della domanda; precisa che nella ipotesi di misure cautelari reali adottate nei confronti di un soggetto terzo che si assuma interposto, legittimato a proporre ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione è il soggetto presunto interponente “che non contesti la propria titolarità dei beni oggetto del sequestro”; tanto premesso, rileva che il ricorso nulla specifica sul punto ed è, pertanto, generico e carente sull’allegazione della sussistenza alla legittimazione ed, anzi, la circostanza della riconducibilità della proprietà dei beni all’indagato medesimo e non alla moglie appare in contrasto con la linea difensiva assunta dall’indagato in merito al fumus del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con provvedimento dell’11.5.2023 il GIP del Tribunale di Reggio Calabria, ritenuto il fumus del delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. (relativo alla formale intestazione di beni riferibili al COGNOME ed intestati alla di lui conviven NOME) aveva disposto il sequestro preventivo – finalizzato alla confisca per
sproporzione del 40% RAGIONE_SOCIALE quote della società MAMA e della autovettura Fiat 500 TARGA_VEICOLO. TARGA_VEICOLO, acquistata dalla stessa NOME in data 14.11.2018.
Avverso il decreto del GIP aveva proposto istanza di riesame il COGNOME sollecitando la revoca del provvedimento cautelare.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile l’istanza per difetto di legittimazione del ricorrente il quale, non titolare dei beni di cui si discute, non poteva vantare un diritto alla lor restituzione.
2. Il provvedimento impugnato è corretto perché coerente con i principi più volte ribaditi da questa Corte, secondo cui l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedirnentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, COGNOME, Rv. 259412 – 01, che ha giudicato non censurabile il provvedimento con cui era stata esclusa la legittimazione attiva di un soggetto indagato per il reato di trasferimento fraudolento di valori e che aveva impugnato il decreto di sequestro preventivo di beni di cui aveva confermato l’altruità; conf., Sez. 2, n. 17852 del 12/03/2015, COGNOME, Rv. 263756 – 01, resa in una fattispecie pure relativa ad una ipotesi di intestazione fittizia di beni in cui la Corte ha nuovamente escluso la legittimazione dell’indagato, che sosteneva di avere interesse all’impugnazione per evitare che i proprietari potessero intentare nei suoi confronti azioni di responsabilità per l’ablazione dei beni medesimi; cfr., ancora, Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011, COGNOME non mass.; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/02/2002, COGNOME, Rv. 221693). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
A partire da Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, dep. 2014, Rv. 259412, è stato perciò continuativamente affermato il principio per il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo – che sia tale, come avviene nel caso in esame, per sua esplicita affermazione -, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla
restituzione della cosa come effetto del dissequestro (cfr., Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Rv. 276545; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Rv. 263799 e, ancora, Sez. 2, n. 25171 del 4.6.2021, Pennestri, n.m.).
In definitiva, per sostenere la propria legittimazione a proporre impugnazione, l’indagato o l’imputato deve pertanto dedurre l’esistenza di una relazione qualificata con il bene attinto dalla misura e che ponga a fondamento della propria pretesa alla sollecitata cessazione del vincolo cautelare, in quanto il gravame deve essere funzionale a un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (cfr., Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Rv. 259601).
In tal senso militano non soltanto le disposizioni che disciplinano le impugnazioni del sequestro preventivo – cfr., art. 322 e 322-bis cod. proc. pen. ma, prima ancora, quelle di natura generale dettate in materia di impugnazione, in particolare gli artt. 568 comma quarto e 591 comma primo lett. a) cod. proc. pen., non derogabili dalle norme in tema di impugnazioni RAGIONE_SOCIALE misure cautelari reali.
Queste ultime, allorché indicano tre categorie di soggetti legittimati, e cioè l’imputato o l’indagato, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, individua il genus di coloro in astratto interessati alla proposizione del riesame o dell’appello quali categorie alternative – come emerge dall’uso della congiunzione “e” – e non necessariamente sovrapponibili.
Le regole sulle impugnazioni in generale disciplinano invece il differente profilo dell’ammissibilità, ed esigono pertanto un concreto interesse all’impugnazione, senza il quale l’impugnazione deve essere ritenuta inammissibile.
L’art. 322 cod. proc. pen. individua pertanto le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre gli artt. 568 comma quarto e 591 comma primo lett. a) cod. proc. pen. impongono una verifica di ammissibilità fondata sulla concreta legittimazione correlata alla sussistenza di un interesse concreto e attuale che, per l’impugnazione del sequestro preventivo, si identifica per l’appunto nel risultato della restituzione del bene attinto dalla misura quale connotato essenziale e imprescindibile dell’interesse ad impugnare (cfr., ancora, Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016).
Si è anche sottolineato che l’interesse a impugnare non può presumersi dalla legittimazione a impugnare, essendo onere di chi impugna dedurne la
sussistenza, ai sensi degli art. 568 comma quarto e 591 comma primo lett. d), cod. proc. pen.: poiché nei procedimenti cautelari reali l’interesse è correlato alla richiesta di restituzione del bene, chi impugna ha l’onere di indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, che consentirebbe la restituzione del bene.
Nel caso sottoposto al presente giudizio cautelare, il ricorrente non adempie a tale onere, poiché genericamente si limita a richiamare l’imputazione provvisoriamente elevata nei suoi confronti, senza tuttavia giungere a confermare la fittizietà della intestazione dei beni in capo alla Matak che, invero, ben avrebbe potuto essere sostenuta da un interesse o da una finalità diversa rispetto a quella stigmatizzata dalla norma incriminatrice oggetto della provvisoria incolpazione (ad es., finalità di elusione fiscale o sottrazione di beni alle azioni esecutive di eventuali creditori).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 18.1.2024