Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15156 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15156 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a La Spezia il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso l’ordinanza in data 17/10/2023 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degl artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, consèguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 17/10/2023, il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME, indagato per il reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen., avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma in data 14/09/2023.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, per i motivi che vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge per omessa motivazione sulla titolarità ad impugnare del ricorrente. L’interesse ad impugnare si fonda sulla presenza della “residenza” del ricorrente, assolutamente legittima e mai revocata che gli permette di ricevere tutte quelle prestazioni socio-sanitarie assolutamente vitali per una persona nelle sue condizioni, come rappresentato dalla documentazione depositata.
Secondo motivo: violazione di legge per omessa motivazione in ordine al periculum in mora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente va ritenuta priva di effetto la dichiarazione fatta pervenire dal difensore, in limine litis, di adesione all’astensione indetta dalla categoria di appartenenza.
Invero, si afferma in giurisprudenza che, nel giudizio di cassazione celebrato secondo la disciplina emergenziale pandemica, in assenza di tempestive richieste di discussione orale (quale il presente giudizio), è priva di effetti l’istan di rinvio presentata dal difensore che dichiari di aderire all’astensione collettiv proclamata dai competenti organismi di categoria, non avendo l’istante diritto di partecipare all’udienza camerale (Sez. 5, n. 26764 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 284786, nella quale la SRAGIONE_SOCIALE ha precisato che il rinvio può essere concesso solo in relazione ad atti o adempimenti per i quali sia prevista la presenza del difensore e che, dunque, in caso di trattazione scritta, rimangono del tutto irrilevanti, ai f dell’accoglimento dell’istanza, ulteriori circostanze quali la data di scadenza del
termine previsto per la trasmissione delle conclusioni o se tale termine ricada nel periodo di astensione).
Aspecifico e comunque manifestamente infondato è il primo motivo.
3.1. La legittimazione astratta alla proposizione del riesame reale è attribuita dall’art. 322 cod. proc. pen. all’imputato/indagato, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Tuttavia, oltre alla legittimazione, deve sussistere l’interesse all’impugnazione, previsto dalle norme di carattere generale del libro IX sulle impugnazioni e nel Titolo I sulle «disposizioni generali», quale requisito necessario per tutte le impugnazioni, anche quelle cautelari.
Va rilevato che questa Suprema Corte ha superato l’indirizzo giurisprudenziale più risalente, il quale affermava, valorizzando la lettera dell’art. 322 cod. proc. pen. e il principio generale espresso dall’art. 568, comma 3, dello stesso codice, che la persona sottoposta alle indagini nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo è legittimata a richiedere il riesame di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi. Secondo tale orientamento – richiamato dalla difesa nel presente procedimento non può contestarsi la presenza nell’indagato dell’interesse al gravame: sia perché presupposto del sequestro preventivo è che la persona sottoposta alle indagini abbia un qualche potere di disposizione sulla cosa, sia perché i provvedimenti cautelari influenzano comunque il corso del procedimento penale (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, COGNOME, Rv. 251091; Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005, COGNOME, Rv. 231374; Sez. 6, n. 3366 del DATA_NASCITA, Fiorentini, Rv. 192089).
In senso contrario, a partire da Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, dep. 2014, Lesto, Rv. 259412, è stato però ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098; Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280005; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 276545; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Held, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, COGNOME, Rv. 263799).
Affinché sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo cautelare, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Rv. 259601).
1.2. Nel caso della legittimazione al riesame reale vengono in rilievo non soltanto le norme “settoriali” poste nell’ambito della disciplina delle impugnazioni dei sequestri preventivi – gli artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen. – ma altresì le norme generali in materia di impugnazione (in particolare gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.).
Tali norme generali non possono ritenersi derogate dalle norme in tema di impugnazioni delle misure cautelari reali, che, indicando tre categorie di “legittimati” (“l’imputato… la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…”), individua il genus di persone che avrebbero astratto interesse alla proposizione del riesame o dell’appello, trattandosi di categorie alternative – come indiziato dall’uso della congiunzione “e”
e non necessariamente sovrapponibili; le norme sulle impugnazioni in generale, invece, disciplinano il diverso profilo dell’ammissibilità, postulando la necessità di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale l’impugnazione va dichiarata inammissibile. In altri termini, l’art. 322 cod. proc. pen. individua l categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale. Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo è proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare (Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Piances, Rv. 266713).
1.3. Deve, inoltre, precisarsi che la sussistenza dell’interesse ad impugnare non può presumersi dalla legittimazione ad impugnare.
È, infatti, onere di chi impugna dedurre la sussistenza dell’interesse ad impugnare, ai sensi degli artt. 568, comma 4, e 581 comma 1, lett. d), cod. proc. pen. Nei procedimenti cautelari reali la sussistenza dell’interesse è strettamente collegata alla richiesta di restituzione del bene, sicché è onere di chi impugna indicare, a pena di inammissibilità, oltre all’avvenuta esecuzione del sequestro, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe la restituzione del bene a chi impugna.
1.4. Fermo quanto precede, facendo applicazione dei predetti principi al caso in esame, il Tribunale ha ritenuto determinante, per negare correttamente l’interesse a proporre istanza di riesame in proprio dell’odierno ricorrente, il fatto che NOME COGNOME non avesse titolo ad occupare l’immobile in questione, attesa la sua qualità di occupante abusivo. Da qui la carenza di interesse all’impugnazione posto che, in caso di accoglimento del gravame, il ricorrente non avrebbe, in ogni caso, alcun titolo alla restituzione del bene immobile (Sez. 3, n. 31374 del 22/03/2017, Maddaluno, non mass.).
Con questa argomentata conclusione, il ricorrente omette di confrontarsi, preferendo la “strada”, conducente all’inammissibilità, della sostanziale reiterazione del motivo di gravame.
Aspecifico e comunque manifestamente infondato è anche il secondo motivo.
Invero, dal tenore della decisione, nonostante si affermi la preclusione all’esame della sussistenza del periculum in conseguenza del difetto di interesse a proporre impugnazione, la sussistenza di tale ulteriore requisito della misura cautelare reale appare comunque valutato. In tal senso, la sussistenza del requisito viene collegata al protrarsi dell’indebita occupazione, stante la sottrazione dell’immobile alla diversa destinazione – rispetto alle esigenze abitative dell’edilizia residenziale pubblica, ma sempre pubblicistica – rappresentata dalla già individuata destinazione d’uso da parte della RAGIONE_SOCIALE.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, così quantificata tenuto conto del grado di colpa evincibile dal ricorso
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 07/02/2024.