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Interesse ad impugnare: sequestro e non titolarità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona indagata per l’occupazione abusiva di un immobile pubblico. La decisione si fonda sulla mancanza di un concreto interesse ad impugnare, poiché l’indagata, non essendo proprietaria del bene, non avrebbe potuto ottenerne la restituzione neanche in caso di annullamento del sequestro preventivo. La sentenza ribadisce che per impugnare una misura cautelare reale non basta essere la persona sottoposta a indagini, ma è necessario dimostrare un interesse pratico e attuale alla rimozione del vincolo.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: L’Indagato Non Proprietario Può Impugnare?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44823/2024, torna su un tema procedurale di grande rilevanza: i limiti del diritto di impugnazione dell’indagato avverso un sequestro preventivo. Il caso analizzato chiarisce che non basta essere coinvolti nel procedimento penale per poter contestare la misura cautelare reale. È indispensabile dimostrare di avere un interesse ad impugnare concreto e attuale, legato alla possibilità di ottenere la restituzione del bene. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Occupazione Abusiva e Sequestro

Il caso ha origine dal sequestro preventivo di un immobile situato nel “Parco Verde” di Caivano, di proprietà del Comune. Il provvedimento era stato disposto nell’ambito di un’indagine per il reato di invasione di terreni o edifici (artt. 633 e 639-bis c.p.) a carico di una donna che occupava l’abitazione. Il Tribunale del riesame confermava il sequestro, ravvisando sia il fumus commissi delicti (la parvenza del reato) sia il periculum in mora (il rischio che la libera disponibilità dell’immobile potesse protrarre le conseguenze del reato).

Il Ricorso in Cassazione e le Tesi Difensive

La difesa dell’indagata proponeva ricorso per cassazione, sostenendo la violazione di legge. In particolare, si argomentava che i giudici non avessero adeguatamente considerato la sussistenza di uno stato di necessità, dovuto a un’emergenza abitativa, che avrebbe dovuto escludere la colpevolezza. Inoltre, il tentativo di regolarizzare la propria posizione e il pagamento di alcuni canoni avrebbero dimostrato la volontà di non commettere il reato.

La Decisione della Corte: l’Importanza dell’Interesse ad Impugnare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle argomentazioni difensive. La ragione è puramente processuale e si fonda sulla mancanza di un presupposto fondamentale: l’interesse ad impugnare.

I giudici hanno chiarito che, sebbene l’art. 322 c.p.p. attribuisca la legittimazione a proporre riesame all’imputato, alla persona a cui le cose sono state sequestrate e a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, la sola qualifica di indagato non è sufficiente. È necessario che l’impugnazione possa portare a un risultato pratico e favorevole per chi la propone.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza è netta. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, superando una visione più datata che riconosceva all’indagato un interesse generale alla rimozione di qualsiasi provvedimento che potesse influenzare il procedimento.
Oggi, l’interesse deve essere concreto e attuale. Nel caso di un sequestro preventivo, l’obiettivo tipico dell’impugnazione è ottenere il dissequestro e la conseguente restituzione del bene. Pertanto, chi impugna deve dimostrare di avere una relazione qualificata con la cosa sequestrata, tale da giustificarne la restituzione in suo favore in caso di accoglimento del ricorso.

Nel caso di specie, l’indagata non era proprietaria dell’immobile, che apparteneva al Comune. Di conseguenza, anche se il sequestro fosse stato annullato, l’immobile non le sarebbe stato restituito. Non avendo alcun titolo (come la proprietà, il possesso legittimo o altro diritto reale o personale di godimento) da far valere, la sua impugnazione era priva del risultato pratico richiesto dalla legge per la sua ammissibilità.

Le Conclusioni

La sentenza n. 44823/2024 offre un’importante lezione pratica: non si può impugnare un provvedimento cautelare reale solo “per principio”. L’indagato che non sia titolare del bene sequestrato può ricorrere contro il sequestro solo se è in grado di allegare e dimostrare l’esistenza di un titolo giuridico che, in caso di esito favorevole, ne comporterebbe la restituzione a suo vantaggio. In assenza di tale prova, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Una persona indagata per l’occupazione abusiva di un immobile può sempre impugnare il sequestro preventivo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente essere indagati. Per poter impugnare il sequestro, la persona deve dimostrare di avere un interesse concreto e attuale, che consiste nella possibilità di ottenere la restituzione del bene in caso di annullamento del provvedimento. Se non ha alcun titolo sull’immobile (es. proprietà, possesso legittimo), non ha interesse ad impugnare.

Cos’è l'”interesse ad impugnare” in un caso di sequestro preventivo?
È il vantaggio pratico che l’impugnante otterrebbe dall’accoglimento del suo ricorso. Nel caso del sequestro, questo vantaggio è tipicamente la restituzione del bene. L’interesse non può essere presunto dalla sola qualità di indagato, ma deve essere collegato a un risultato giuridicamente apprezzabile e favorevole per chi agisce.

Qual è l’onere della prova per chi impugna un sequestro di un bene di cui non è proprietario?
Chi impugna ha l’onere di allegare, a pena di inammissibilità, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sequestrata. Deve dimostrare di possedere un “titolo” che, in caso di accoglimento del gravame, consentirebbe o imporrebbe la restituzione del bene in suo favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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