Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9457 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9457 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile NOME nato a CATANIA il 02/08/1988 nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nata a NOTO il 23/02/1954
inoltre:
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la memoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per materia. Lette le memorie depositate dalle parti.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la decisione del Tribunale della stessa sede del 3 luglio 2023, che aveva assolto con la formula perché il fatto non sussiste NOME COGNOME imputata per il reato previsto dall’art. 590 bis, comma 1, cod.pen, per aver cagionato ad NOME COGNOME lesioni personali gravi, a seguito di collisione avvenuta tra l’autovettura condotta dalla COGNOME ed il motociclo del COGNOME condotto dallo stesso.
Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la persona offesa si era costituita parte civile e, su istanza della stessa parte civile costituita, era stata disposta la citazione della responsabile civile, Compagnia di assicurazione SARA, che si costituiva in giudizio.
Il Tribunale ritenne non raggiunta, oltre ogni ragionevole dubbio, la prova della responsabilità dell’imputata nella determinazione del sinistro e, per tale ragione, la stessa fu assolta ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod.proc.pen.
La Corte d’appello ha ritenuto non sostenuto dal necessario interesse ad impugnare l’appello proposto dalla sola parte civile, posto che lo stesso, oltre alla contestazione delle motivazioni della sentenza impugnata, che avevano portato ad escludere la prova della condotta colposa addebitata all’imputata, aveva concluso con la richiesta di un petitum di euro 100.000, oltre spese legali, somma inferiore a quella già ottenuta a seguito della unilaterale valutazione effettuata dalla compagnia assicurativa responsabile civile, che aveva stimato la responsabilità dell’ imputata nella misura del 70% del totale, corrispondendo alla parte civile un risarcimento pari a euro 143.653, 07.
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore, sulla base di un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’art. 576 cod.proc.pen., in quanto sarebbe stato negato l’interesse ad agire sulla base dell’equivoco determinato dal non aver considerato che il petitum di euro 100.000 era costituito dalla differenza tra l’importo originariamente richiesto, pari a euro 250.000, e l’importo ottenuto in via di anticipazione dell’intero ancora asseritamente dovuto.
La Procura generale, in persona del Sostituto procuratore NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per materia.
La difesa dell’imputata ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto rigettarsi il ricorso. Anche la difesa del ricorrente ha depositato memoria con cui ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata ed ha depositato note spese.
Considerato in diritto
In via preliminare, va rilevato che (Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, Rv. 285036) alla presente controversia non si applica il disposto dell’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che tale disposizione si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione. Nel caso di specie, la costituzione di parte civile è avvenuta anteriormente all’apertura del dibattimento, e cioè alla data del 17 novembre 2021.
Il motivo è fondato.
L’agire in giudizio, sia in campo civile che penale, è subordinato (art. 100 cod. proc. civ., artt. 568, comma 4, cod. proc. pen.) all’esistenza, in capo al soggetto astrattamente legittimato, di un concreto interesse, giuridicamente apprezzabile, all’attivazione del mezzo: nello specifico, l’interesse richiesto dall’art. 568, quarto comma, cod.proc.pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti «primari e diretti» del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente e non altrimenti ottenibile (Sez. 4, n. 40917/2008, Rv. 241480).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto che la parte civile avesse ridotto la propria richiesta all’importo di euro 100.000,00, somma coperta da quella già ottenuta dalla Compagnia Assicuratrice, per cui ha ritenuto insussistente l’interesse ad impugnare.
Il ricorrente assume l’illogicità della motivazione alla luce del contenuto, innanzi tutto, dell’atto di costituzione di parte civile, dal quale si evince che tale costituzione era tesa alla affermazione della responsabilità penale dell’imputata e alla condanna della stessa alle pene di legge e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che si riteneva equo quantificare in euro 250.000,00. Attraverso l’atto di costituzione in giudizio della Compagnia assicuratrice Sara, pure allegato al ricorso per cassazione, si evince che la stessa responsabile civile aveva già corrisposto alla parte civile, alla data del 5 giugno 2017, la somma di euro 143.653,07.
In seno alla comparsa conclusionale, all’esito del primo grado, la parte civile aveva chiesto la condanna dell’imputata alle pene di legge e per l’effetto, in solido
con il responsabile civile costituito, ad un risarcimento del danno da liquidare in separata sede, disponendosi il pagamento di una provvisionale pari ad euro 50.000,00; veniva poi ribadito, alla pagina 3 della memoria, pure allegata al presente ricorso, la richiesta di pagamento degli ulteriori danni da liquidare in separata sede, specificando che la richiesta di provvisionale era pari al 30% di danno certo e quantificato, che la Compagnia assicurativa non aveva sborsato per effetto di un presunto concorso di colpa, da ciò la quantificazione della richiesta d’appello in euro 100.000,00.
La motivazione addotta dalla sentenza impugnata non trova supporto logico nel contenuto degli atti indicati dal ricorrente; in particolare, la sentenza ha fornito una interpretazione dell’atto di parte ingiustificatamente parziale e avulsa dal concreto svolgersi dei precedenti accadimenti, pur emergenti dagli atti presenti al fascicolo ed è giunta erroneamente alla declaratoria del difetto di interesse ad impugnare della parte civile.
Deve infatti ritenersi che la parte civile, solo parzialmente soddisfatta nelle richieste risarcitorie mediante la corresponsione di una parte dell’intera pretesa da parte della compagnia assicurativa obbligata solidale dell’imputata, mantenga l’interesse attuale e concreto ad ottenere in via giudiziale l’integrale ristoro del proprio diritto nei riguardi del debitore principale.
L’interesse della parte civile all’impugnazione deve, infatti, essere valutato non soltanto in termini di attualità, ma anche di concretezza e deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare: di talché un tale interesse va riconosciuto se l’impugnazione è idonea a sostituire una situazione pratica più vantaggiosa, rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale impugnata (Sez. U. n. 42 del 13/12/1995, dep. 1996, Timpani, Rv. 203093).
Tanto premesso, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Catania, che dovrà procedere al giudizio che è mancato. Il Collegio ritiene, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, che, in caso di annullamento da parte della Cassazione del provvedimento di inammissibilità dell’impugnazione, ancorché emesso con sentenza, consegue il rinvio allo stesso giudice che lo ha pronunciato, in quanto si tratta di un provvedimento per il quale è normalmente prevista la forma dell’ordinanza e che, impedendo la prosecuzione del processo, richiede in caso di sua invalidità, l’annullamento senza rinvio con la trasmissione degli atti al giudice che avrebbe dovuto conoscere dell’impugnazione (Sez. 6, n. 27949 del 3/6/2016, non massimata; Sez. 6, n. 3736 del 25/11/2015, dep. 2016, non massimata; Sez. 3, n. 41592 del 19/10/2005, COGNOME ed altri, Rv. 232746; Sez. 5, n. 5166 del
17/03/1992, COGNOME e altro, Rv. 190077). Sez. 3, n. 37737 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 259908).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso.
Deciso il 16 gennaio 2025.
INDIRIZZO est.
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