Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33691 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33691 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME
UP – 16/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME, nato ad Alcara Li Fusi il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Militello Rosmarino il DATA_NASCITA
NOME, nato ad Alcara Li Fusi l’DATA_NASCITA
NOME COGNOME NOME, nato a Patti il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Barcellona Pozzo di Gotto il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 07/11/2024 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha così concluso: dichiarare inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOME; accogliere il ricorso di COGNOME NOME e annullare con rinvio la sentenza; accogliere parzialmente i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, rettificando ai sensi dell’art. 619 c.p. la sentenza relativamente ai capi 36, 39, 42 e annullandola con riguardo ai capi 37, 38, 43, 47, 48, 49, 77, 83, 84;
uditi i difensori delle parti civili AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per il Tribunale del
Consumatore-APS; l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per ADUSBEF, che depositano conclusioni alle quali si riportano;
uditi i difensori dei ricorrenti AVV_NOTAIO (per NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO (per NOME COGNOME), AVV_NOTAIO (per NOME COGNOME), che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Patti, con sentenza del 19 luglio 2023, per quanto qui rileva, dichiarava:
NOME colpevole dei reati di associazione per delinquere, quale organizzatore (capo 35), e ricettazione in concorso (capi 58 e 75);
NOME COGNOME colpevole dei reati di associazione per delinquere, quale
organizzatore (capo 1), e ricettazione in concorso (capo 10);
NOME COGNOME colpevole del reato di ricettazione in concorso ascritto al capo 22.
Con sentenza emessa il 7 novembre 2024, la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in relazione alla posizione dei suddetti imputati, così provvedeva:
assolveva NOME dai reati di cui ai capi 35) e 58) e rideterminava la pena per il residuo reato di ricettazione, contestato al capo 75, in due anni, due mesi di reclusione e 800,00 euro di multa;
assolveva NOME COGNOME dal reato ascrittogli al capo 10) e rideterminava la pena per il residuo reato di organizzazione dell’associazione per delinquere di cui al capo 1) in tre anni di reclusione;
rideterminava la pena inflitta a NOME COGNOME per la ricettazione contestagli al capo 22), in un anno, quattro mesi di reclusione e 800,00 euro di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e con la concessione della sospensione condizionale.
La Corte territoriale, quanto alle statuizioni civili, confermava solo la condanna di NOME COGNOME al risarcimento del danno subito dalle associazioni costituitesi parte civile.
Hanno proposto ricorso i suddetti tre imputati nonchØ NOME COGNOME e NOME NOME COGNOME, a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello.
Il ricorso presentato dall’AVV_NOTAIO per NOME Ł articolato in cinque motivi.
3.1. Violazione della legge penale (artt. 42, 43 e 648 cod. pen.) e vizio della motivazione in relazione alla conferma della responsabilità dell’imputato per il reato di ricettazione.
La Corte territoriale, con riferimento alla doglianza difensiva relativa alla mancanza di prova del reato presupposto, ha erroneamente affermato che NOME fosse allevatore di suini e non anche di bovini, come invece risulta dalla documentazione prodotta dalle parti.
La provenienza furtiva degli animali Ł stata poi desunta da una conversazione intercettata la cui lettura non Ł stata corretta, ponendosi poi in contraddizione con la pronuncia assolutoria emessa dalla stessa Corte per il reato di cui al capo 58).
La sentenza ha inspiegabilmente svalutato le conclusioni della perizia sui dieci bovini sequestrati, richiesta dalla difesa e disposta con incidente probatorio, grazie alla quale si Ł accertato che sette bovini erano effettivamente figli di bovine appartenenti all’azienda della madre del ricorrente, come da quest’ultimo dichiarato nell’immediatezza.
La circostanza ha rilievo per escludere la sussistenza del dolo quanto alla ricettazione degli altri tre vitelli, se effettivamente di provenienza furtiva.
3.2. Violazione della legge penale (art. 648 cod. pen.) e vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della ipotesi del fatto di particolare tenuità, in considerazione della modesta consistenza economica dei beni (tre bovini) e della insussistenza di alcun danno patrimoniale per le persone offese, stante la mancanza di denunce, anche contro ignoti, relative a furti di bovini.
3.3. Vizio della motivazione in relazione alla omessa trattazione o al contrasto con il dispositivo per i capi 36), 37), 38), 42), 43), 54), 62) e 63), relativi a presunti furti di animali e ad altre fattispecie collegate che la Corte territoriale ha esaminato solo là dove ha spiegato le ragioni dell’assoluzione del ricorrente dal reato associativo.
Per i reati contestati in detti capi la difesa aveva chiesto l’assoluzione piena.
Nonostante la Corte d’appello abbia espressamente condiviso le doglianze difensive
circa l’insussistenza dei reati ascritti ai capi 36) e 42), nel dispositivo non risulta l’assoluzione per i predetti reati, mentre manca del tutto l’esame dei motivi di gravame riguardanti i reati contestati negli altri sei capi d’imputazione.
3.4. Vizio della motivazione in ordine all’omesso esame del quinto e del sesto motivo di gravame, pure sintetizzati nella premessa della sentenza, con i quali si era chiesta l’assoluzione nel merito per i reati contestati ai capi 47), 48), 49), 77), 83) e 84), dei quali il Tribunale aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione.
3.5. Violazione della legge penale (art. 62bis cod. pen.) e vizio della motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche, giustificato solo con la circostanza della detenzione dell’imputato per reati di mafia.
La Corte d’appello avrebbe dovuto valorizzare l’accertata insussistenza dell’associazione per delinquere e il radicale ridimensionamento delle accuse che il Tribunale aveva ritenuto provate.
Il ricorso proposto per NOME COGNOME, a firma dell’AVV_NOTAIO, con un unico motivo denuncia violazione della legge penale (art. 416 cod. pen.) e vizio della motivazione in ordine alla erronea attribuzione all’imputato del ruolo di capo e promotore dell’associazione per delinquere.
Detto ruolo Ł stato confermato dalla Corte d’appello, che però non ha evidenziato in modo chiaro e univoco gli elementi fattuali idonei a fondare tale qualificazione soggettiva, essendosi limitata a riferire il coinvolgimento dell’imputato in numerosi reati fine senza specificare il concreto contributo offerto nella direzione e organizzazione del sodalizio criminoso.
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME dall’AVV_NOTAIO Ł articolato in quattro motivi.
5.1. Violazione della legge penale processuale (art. 179, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen.) per omessa citazione dell’imputato.
La Corte di appello ha dato atto che il decreto di fissazione dell’udienza preliminare e quello che disponeva il giudizio erano stati notificati all’imputato, rimasto assente, sull’erroneo presupposto che egli avesse mantenuto il domicilio presso il difensore di fiducia, quando invece con dichiarazione precedente alle suddette notificazioni, ritualmente depositata in Procura, COGNOME aveva indicato il proprio domicilio in altro luogo.
Tuttavia, la stessa Corte ha ritenuto detta nullità tardivamente eccepita con l’atto di appello, in quanto generale a regime intermedio, in contrasto con la piø recente giurisprudenza di legittimità che qualifica il vizio di cui si tratta come una nullità assoluta e insanabile.
5.2. Vizio della motivazione in relazione alla conferma della responsabilità dell’imputato per il reato di ricettazione, giustificata con espressioni generiche, prive di attinenza con gli specifici motivi di gravame.
Con il secondo motivo di appello la difesa aveva dedotto che non era stato accertato il delitto presupposto (il furto di cui al capo 21); che in ogni caso non vi era prova che i tre vitelli asseritamente rubati a NOME COGNOME fossero finiti nella cella frigorifera di proprietà di NOME, tanto piø che il concorrente nel reato di ricettazione (colui che in ipotesi aveva ivi trasportato la carne ricavata da detto furto) era stato assolto già in primo grado; che la carne detenuta da NOME ben poteva essere il frutto di una macellazione clandestina, il cui reato di natura contravvenzionale non poteva all’epoca del fatto fungere da reato presupposto; che comunque sarebbe mancato il dolo, integrando la condotta del ricorrente tuttalpiø il reato di incauto acquisto.
La sentenza impugnata non ha dato risposta ad alcuno dei suddetti motivi.
5.3. Vizio della motivazione ed erronea applicazione della legge penale (artt. 379 e 648 cod. pen.) in ordine alla omessa riqualificazione del fatto nel delitto di favoreggiamento reale, estinto per prescrizione.
La Corte territoriale non ha esaminato neppure la suddetta questione posta con il terzo motivo di appello, con il quale si era dedotto che, secondo la ricostruzione effettuata dal Tribunale, COGNOME, ritenuto autore del reato presupposto, aveva consegnato a COGNOME la carne per il brevissimo lasso di tempo necessario per trovare un acquirente; quest’ultimo, pertanto, aveva ricevuto la cosa nell’esclusivo interesse dell’autore del reato principale, con l’unica finalità di aiutarlo ad assicurarsi il profitto del reato.
5.4. Vizio della motivazione con riferimento alla richiesta di assoluzione piena per i reati dichiarati estinti per prescrizione in primo grado, contestati ai capi 1), 6), 7) e 8), formulata con il quinto motivo di appello, rimasto anch’esso senza risposta.
Nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME l’AVV_NOTAIO ha proposto due distinti ricorsi con analoghe doglianze, lamentando – così come già nel terzo e nel quarto motivo dell’impugnazione presentata per NOME COGNOME – un vizio della motivazione in ragione del contrasto con il dispositivo o della omessa trattazione di alcuni capi d’imputazione, inerenti a reati per i quali la difesa aveva chiesto l’assoluzione piena dei ricorrenti.
6.1. Quanto a NOME COGNOME, nonostante la Corte d’appello abbia espressamente condiviso le doglianze difensive circa l’insussistenza dei reati ascritti ai capi 36) e 42), nel dispositivo non risulta la sua assoluzione per i predetti reati, mentre manca del tutto l’esame dei motivi di gravame riguardanti i reati contestati nei capi d’imputazione 37), 38), 43), 54) e 55).
6.2. Quanto a NOME COGNOME, nonostante la Corte d’appello abbia condiviso le doglianze difensive circa l’insussistenza del reato ascritto al capo 54), nel dispositivo non risulta la sua assoluzione, mentre manca del tutto l’esame del motivo di gravame riguardante il reato contestato al capo 49).
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio in relazione alle posizioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre sono inammissibili gli altri tre ricorsi.
Ricorso NOME.
Ad esito del giudizio di appello l’imputato Ł stato condannato soltanto per il reato di ricettazione contestato al capo 75), limitatamente a tre bovini.
Già il Tribunale aveva escluso la responsabilità di NOME COGNOME in relazione agli altri sette bovini, originati dall’allevamento della madre (pag. 51), mentre la Corte di appello ha escluso anche la provenienza delittuosa dei dieci suini (pagg. 16 e 20).
Premesso che indubbiamente non Ł stato acquisito alcun elemento specifico relativo agli ipotizzati furti dei tre animali e ai loro proprietari, osserva il Collegio che l’assai sintetica motivazione della sentenza sul punto si Ł confrontata solo in parte con le argomentazioni difensive svolte nell’atto di appello, avuto particolare riguardo alla tesi alternativa.
In particolare, in relazione all’unica conversazione intercettata richiamata in sentenza, la difesa non ne aveva proposto una rilettura o una diversa interpretazione, ma aveva contestato il valore indiziante di una frase (‘senza buttuna’, cioŁ senza segni identificativi) sostenendo che l’imputato avrebbe concordato con il fratello una versione dei fatti di comodo solo per nascondere un tipo di illecito che comunque avrebbe creato problemi amministrativi
e burocratici.
Ne consegue che il motivo non risulta manifestamente infondato, cosicchØ il rapporto processuale si Ł costituito e la sentenza impugnata va annullata in ragione della estinzione del reato (consumato in data 1 febbraio 2015) per sopravvenuta prescrizione, maturata successivamente alla pronuncia impugnata, ai sensi degli artt. 157, secondo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., e precisamente il 5 giugno 2025, considerati i 124 giorni di sospensione indicati espressamente nella sentenza di primo grado (pagg. 7 e 39).
Il secondo e il quinto motivo sono conseguentemente assorbiti, mentre della infondatezza dei motivi dei residui motivi, riguardanti altri capi d’imputazione, si dirà esaminando i ricorsi dei coimputati NOME COGNOME e COGNOME NOME.
Ricorso COGNOME NOME.
L’imputato Ł stato condannato, in entrambi i gradi del giudizio soltanto per il reato di ricettazione contestato al capo 22), avente ad oggetto la carne ricavata a seguito della macellazione abusiva di tre vitelli.
La Corte d’appello ha confermato la condanna osservando soltanto che risulta ‘dalle intercettazioni eseguite e dai contatti tra il COGNOME e il COGNOME come il primo si ponga a disposizione del secondo, attraverso le celle frigorifere in suo possesso per la custodia di carni di provenienza illecita, che sapeva tale, in un contesto di estrema cautela e circospezione derivante dalla conoscenza del COGNOME‘ (pag. 19).
La sentenza non ha dato alcuna risposta al terzo motivo di gravame con il quale la difesa aveva sostenuto che, alla luce della ricostruzione della vicenda effettuata dal Tribunale (pagg. 15-17), COGNOME, autore del reato presupposto, aveva consegnato a COGNOME la carne per il breve lasso di tempo (due giorni) necessario per trovare un acquirente; la condotta dell’imputato, pertanto, avrebbe integrato il delitto di favoreggiamento reale.
Sul punto va ricordato che la distinzione tra questo ultimo reato e quello di ricettazione, nel caso di occultamento di un oggetto costituente provento di reato, Ł individuabile nel diverso atteggiamento psicologico dell’agente, il quale opera, nel favoreggiamento, nell’interesse esclusivo dell’autore del reato, per aiutarlo ad assicurarsene il prezzo, il prodotto o il profitto senza trarre per sØ o per altri alcuna utilità e, invece, nella ricettazione, successivamente alla commissione del reato presupposto, con il dolo specifico di trarre profitto, per sØ o per terzi, dalla condotta ausiliatrice (cfr., ad es., Sez. 2, n. 10980 del 22/01/2018, Quattrocchi, Rv. 272370 – 01).
Peraltro, in un passo della sentenza impugnata (pag. 15) si legge che ‘NOME si rendeva disponibile a detenere, nell’interesse di COGNOME, la carne di provenienza illecita nella propria cella frigorifera’ (pag. 15).
Il motivo, pertanto, non risulta manifestamente infondato, al pari di quello in rito, che pure risulta infondato, considerato che, in tema di notificazioni, ove il decreto di citazione sia notificato all’imputato in luogo diverso rispetto al domicilio validamente eletto o dichiarato, si determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta entro i termini decadenziali previsti dall’art. 182 cod. proc. pen., salvo che la irrituale notifica risulti, in concreto, inidonea a consentire l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, configurandosi, in tal caso, una nullità assoluta per omessa notificazione di cui all’art. 179 cod. proc. pen., ipotesi quest’ultima insussistente qualora, come nel caso di specie, la citazione sia stata eseguita presso il domicilio del difensore di fiducia (cfr., ad es., Sez. 3, n. 19086 del 10/04/2025, COGNOME, Rv. 287992 – 01; Sez. 5, n. 27546 del 03/04/2023, COGNOME, Rv. 284810 – 01; Sez. 2, n. 48610 del 23/10/2019, COGNOME, Rv. 277932 – 01; Sez. 1, n. 17123 del 07/01/2016, Fenyves, Rv. 266613 – 01).
Anche in questo caso, dunque, il rapporto processuale si Ł costituito e la sentenza impugnata va annullata in ragione della estinzione del reato (consumato il 23 gennaio 2015), per sopravvenuta prescrizione, maturata successivamente alla pronuncia impugnata, ai sensi degli artt. 157, secondo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., e precisamente il 27 maggio 2025, considerati i 124 giorni di sospensione indicati nella sentenza di primo grado (pagg. 7 e 39).
Gli altri motivi sono conseguentemente assorbiti, fatta eccezione per il quarto, infondato per le ragioni che verranno indicate esaminando i ricorsi dei coimputati NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME.
4. Ricorso COGNOME NOME.
Il ricorso Ł inammissibile perchØ proposto con un motivo manifestamente infondato e nel contempo generico, lamentando la considerazione da parte del Tribunale, ai fini del riconoscimento dell’imputato quale capo dell’associazione, della sola sua partecipazione a numerosissimi reati fine.
Va premesso che a COGNOME Ł stato contestato e riconosciuto, oltre al ruolo di capo, quello di organizzatore dell’associazione e non già quello di promotore, come invece dedotto dal ricorrente.
L’errore non Ł privo di rilievo, considerato che capo Ł colui che dirige la società ovvero anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati; promotore di una associazione per delinquere Ł chi della stessa si sia fatto iniziatore, enunciandone il programma, e colui che contribuisce alla potenzialità pericolosa del gruppo associativo già costituito, provocando l’adesione di terzi all’associazione e ai suoi scopi attraverso una attività di diffusione del programma; organizzatore Ł colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative nonchØ reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attività che assume i caratteri dell’essenzialità e dell’infungibilità, non essendo, invece, necessario che lo stesso sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attività di altri soggetti (Sez. 6, n. 44064 del 23/10/2024, COGNOME, Rv. 287296 – 01; Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280890 – 01; Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274816 – 03; Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Riva, 268962 – 01; Sez. 4, n. 29628 del 21/06/2016, COGNOME, Rv. 267464 – 01).
Inoltre, anche una sola delle suindicate qualifiche Ł sufficiente per rispondere del piø grave delitto previsto dall’art. 416, primo comma, cod. pen., che costituisce figura autonoma di reato (Sez. 2, n. 1791 del 17/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287446 – 01; Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, COGNOME, Rv. 269937 – 01; Sez. 6, n. 52590 del 14/10/2016, COGNOME, Rv. 268485 – 01).
La Corte d’appello, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non ha desunto il ruolo contestato a COGNOME solo dalla sua partecipazione a una numerosa serie di reati fine, ma ha richiamato altri elementi, aderendo anche espressamente alle argomentazioni del Tribunale, idonei a qualificare l’attività dell’imputato quale capo e organizzatore del sodalizio: dalle conversazioni intercettate Ł emersa la sua funzione determinante e cruciale per il recupero, il trasporto e la macellazione del bestiame nonchØ per l’immissione sul mercato dei prodotti ottenuti con l’indicazione di prezzi e quantità; a lui, per la commissione dei reati fine, si rivolgevano i coimputati, pronti a soddisfare ogni sua richiesta (pagg. 7, 8, 15).
La motivazione della sentenza, dunque, non Ł mancante nØ Ł ravvisabile alcun vizio di legge.
5. Ricorsi NOME e NOME.
Con le impugnazioni si censura la sentenza per non avere pronunziato assoluzione piena per i reati per i quali il Tribunale aveva dichiarato non doversi procedere per difetto di querela (capi 36, 42 e 54) ovvero aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione (37, 38, 43, 54 e 55).
In ordine ai primi tre reati Ł evidente che il difetto di una condizione di procedibilità dell’azione penale, rilevato dal primo Giudice, era preclusivo, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., di ogni accertamento in ordine alla sussistenza o meno dei tre delitti, tant’Ł che il comma 2 dello stesso articolo fa riferimento alle sole cause di estinzione del reato e non già alla mancanza di una condizione di procedibilità («Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non Ł previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta»).
In relazione agli altri reati, dichiarati estinti in primo grado per prescrizione, difetta l’interesse in capo ai ricorrenti.
Le Sezioni Unite di questa Corte, richiamando una pronuncia risalente (Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202269), hanno ribadito come «l’interesse ad impugnare debba essere “concreto”, oltre che attuale» e la facoltà di attivare i procedimenti di gravame non possa essere assoluta e indiscriminata, ma «subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e la eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso» (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953).
Sul tema dell’interesse dell’imputato in ordine a una pronuncia liberatoria di merito, in presenza della causa estintiva della prescrizione, le Sezioni Unite hanno affermato che «a) l’art. 129 Ł disposizione che opera con carattere di pregiudizialità nel corso dell’intero iter processuale, ed assolve a due funzioni fondamentali: la prima Ł quella di favorire l’imputato innocente, prevedendo l’obbligo dell’immediata declaratoria di cause di non punibilità «in ogni stato e grado del processo», la seconda Ł quella di agevolare in ogni caso l’ exitus del processo, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato; b) implicita alle sopraindicate funzioni ne Ł individuabile una terza, consistente nel fatto che l’art. 129 rappresenta, sul piano processuale, la proiezione del principio di legalità stabilito sul piano del diritto sostanziale dall’art. 1 cod. pen. In sostanza, l’art. 129 si muove nella prospettiva di interrompere, allorchØ emerga una causa di non punibilità, qualsiasi ulteriore attività processuale e di addivenire immediatamente al giudizio, cristallizzando l’accertamento a quanto già acquisito agli atti; c) l’eventuale interesse dell’imputato a proseguire l’attività processuale in vista di un auspicato proscioglimento con formula liberatoria di merito sarebbe tutelato dalla possibilità di rinunciare alla prescrizione e deve bilanciarsi, alla luce della normativa vigente, con l’obiettivo, di pari rilevanza, della sollecita definizione del processo, che trova fondamento nella previsione di cui all’art 111, secondo comma, Cost., che codifica il principio della ragionevole durata del processo;d) deve riconoscersi priorità all’immediata operatività della causa estintiva anche rispetto alle questioni di nullità assoluta, fatto salvo il limite dell’evidente innocenza dell’imputato che il legislatore si Ł preoccupato di tutelare con la previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 129». Si tratta di «una scelta legislativa che trova la sua ratio nell’intento di evitare la prosecuzione infruttuosa di un giudizio e nella finalità di assicurare la pronta definizione dello
stesso, evitando così esasperati, dispendiosi e inutili formalismi» (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403 – 01).
Anche successivamente, in piø occasioni, le Sezioni Unite hanno ribadito che l’art. 129 cod. proc. pen. Ł norma che la Corte di legittimità ha sempre interpretato come espressiva di un obbligo per il giudice di pronunciare con immediatezza, nel momento di sua formazione ed indipendentemente da quello che sia ‘lo stato e il grado del processo’ (clausola, questa, significativamente menzionata dalla norma), sentenza di proscioglimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274-01; Sez. U, n. 28594 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 269810-01; Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870-01; Sez. U, n. 49935 del 28/09/2023, COGNOME, Rv. 285517-01).
In conformità a detti princìpi, si Ł affermato che l’interesse dell’imputato a impugnare una sentenza dichiarativa della prescrizione Ł ravvisabile anche quando egli miri «ad evitare conseguenze extra-penali pregiudizievoli, ovvero ad assicurarsi effetti extra-penali piø favorevoli, come quelli che l’ordinamento rispettivamente fa derivare dall’efficacia del giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione nel giudizio di danno (artt. 651 e 652 cod. proc. pen.), dal giudicato di assoluzione nel giudizio disciplinare (art. 653 cod. proc. pen.) e dal giudicato delle sentenze di condanna e di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi (art. 654 cod. proc. pen.)» (Sez. 6, n. 35989 del 01/07/2015, COGNOME, Rv. 265604 – 01).
Occorre, dunque, in presenza di una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, che l’imputato alleghi «un qualche concreto interesse a ottenere l’annullamento della sentenza impugnata, ivi compreso un qualche apprezzabile interesse ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli» (così Sez. 4, n. 18343 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 275760 – 01, in una fattispecie in cui la Corte di cassazione ha escluso l’interesse delle imputate all’impugnazione della sentenza che aveva dichiarato non doversi procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione e revocato le statuizioni civili a loro carico; successivamente, in senso conforme, fra le sentenze non massimate, vds., ad es., Sez. 4, n. 25729 dell’11/04/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 10922 del 05/03/2024, COGNOME; Sez. 4, n. 24763 del 13/01/2022, COGNOME; Sez. 2, n. 46009 del 17/11/2021, COGNOME).
Condivisi i princìpi ora richiamati, osserva il Collegio che nel caso di specie i ricorrenti non hanno neppure dedotto alcun interesse ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli, dovendosi evidenziare che le statuizioni civili hanno riguardato unicamente il reato di associazione per delinquere per il quale Ł stato condannato solo l’imputato COGNOME.
Alla inammissibilità delle impugnazioni proposte da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
Vanno rigettate le richieste di liquidazione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio presentate dalle parti civili.
Come si Ł detto (e già specificato nella sentenza impugnata a pag. 22), l’unico reato per il quale poteva residuare una ragione di danno era quello associativo; per esso Ł stato condannato solo NOME COGNOME, il cui motivo di ricorso ha investito unicamente il suo ruolo di capo e non di partecipe, questione la cui risoluzione non avrebbe potuto in ogni caso creare un pregiudizio alle parti civili, non incidendo sulla entità del danno.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME limitatamente al reato di cui al capo 75) perchØ estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo 22) per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso nel resto.
Dichiara inammissibili i ricorsi diNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese proposta dalle parti civili. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME