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Interesse ad impugnare: quando si può ricorrere?

Un imputato, assolto dal reato di calunnia con la formula ‘perché il fatto non costituisce reato’, ha proposto ricorso in Cassazione per ottenere la formula più liberatoria ‘perché il fatto non sussiste’. La Corte Suprema, pur riconoscendo in astratto l’esistenza di un interesse ad impugnare per ottenere una formula assolutoria più favorevole, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione risiede nel fatto che le doglianze del ricorrente miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità, ribadendo che il ricorso in Cassazione deve basarsi su questioni di diritto e non di merito.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad Impugnare: Si Può Appellare una Sentenza di Assoluzione?

È una domanda che può sembrare paradossale: perché una persona assolta dovrebbe contestare la propria assoluzione? La risposta risiede nel concetto di interesse ad impugnare, un principio cardine del nostro sistema processuale. Non tutte le assoluzioni sono uguali, e una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un’analisi chiara dei limiti e delle condizioni per cui anche un imputato prosciolto può avere interesse a ricorrere. Il caso in esame, relativo a un’accusa di calunnia, dimostra come l’obiettivo possa essere quello di ottenere una formula assolutoria più ampia e liberatoria, con importanti riflessi anche in ambito civile.

I Fatti del Caso: Dalla Denuncia per Diffamazione all’Accusa di Calunnia

La vicenda ha origine da un’aspra contesa politica. Un cittadino aveva sporto denuncia per diffamazione nei confronti di un ex sindaco, accusandolo di aver diffuso, durante un comizio elettorale, notizie false e gravemente lesive sulla reputazione del suo defunto padre, associandolo ad ambienti mafiosi e al coinvolgimento in un grave fatto di sangue.

Il pubblico ministero, tuttavia, ha ritenuto che le dichiarazioni dell’ex sindaco rientrassero nei limiti del diritto di critica politica e, di conseguenza, ha considerato la denuncia del cittadino come una falsa accusa. Si è così ribaltata la prospettiva: il denunciante è diventato imputato per il reato di calunnia.

Sia in primo grado che in appello, l’imputato è stato assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato”. Questa formula indica che, pur essendo il fatto materialmente accaduto (la denuncia è stata presentata), mancava l’elemento psicologico del reato, ovvero la consapevolezza di accusare un innocente.

Il Ricorso in Cassazione e l’Interesse ad Impugnare dell’Assolto

Nonostante la doppia assoluzione, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione. Il suo obiettivo non era evitare una condanna, ma modificare la formula assolutoria. Egli chiedeva di essere assolto “perché il fatto non sussiste”, una formula ben più ampia che nega l’esistenza stessa degli elementi materiali del reato. L’interesse ad impugnare risiedeva nelle conseguenze più favorevoli che tale formula avrebbe comportato. Ai sensi degli articoli 652 e 653 del codice di procedura penale, un’assoluzione “perché il fatto non sussiste” ha un’efficacia molto più forte in eventuali giudizi civili o disciplinari, ad esempio in una causa per il risarcimento del danno.

Il ricorrente sosteneva che la sua denuncia per diffamazione era pienamente fondata, poiché le accuse mosse dall’ex sindaco erano false e non potevano rientrare nel legittimo esercizio della critica politica. Di conseguenza, la sua condotta non poteva in alcun modo configurare il reato di calunnia, neanche sotto il profilo materiale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno innanzitutto riconosciuto che, in linea di principio, sussiste un preciso interesse giuridico del ricorrente a ottenere una pronuncia assolutoria con la formula più ampia. Questo orientamento è consolidato e mira a tutelare l’imputato non solo dalle conseguenze penali, ma anche da quelle morali e giuridiche che possono derivare da una formula di assoluzione meno netta.

Tuttavia, la Corte ha rilevato un ostacolo insormontabile: le argomentazioni del ricorrente erano interamente concentrate sulla ricostruzione dei fatti. Egli chiedeva alla Cassazione di riesaminare le dichiarazioni dell’ex sindaco, di valutarne la veridicità e di stabilire se esse superassero i limiti della critica politica. In altre parole, il ricorrente stava tentando di indurre la Corte a sovrapporre la propria valutazione di merito a quella dei giudici di primo e secondo grado.

Questo, hanno ricordato gli Ermellini, è precluso nel giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” dove si possono riaprire le discussioni sulle prove e sui fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. È vietata la rilettura degli elementi di fatto o l’adozione di nuovi parametri di valutazione. Poiché il ricorso si basava esclusivamente su una diversa interpretazione degli eventi, è stato ritenuto palesemente improponibile.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’interesse ad impugnare deve essere supportato da motivi che attengono a violazioni di legge o a vizi logici della motivazione, non a un semplice disaccordo con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Sebbene sia legittimo per un assolto cercare la formula più liberatoria possibile, la via per ottenerla non può passare attraverso una richiesta alla Corte Suprema di trasformarsi in un giudice di fatto. La sentenza, pertanto, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, confermando la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

Un imputato assolto può avere interesse a impugnare la sentenza?
Sì, l’imputato può avere un interesse giuridico a impugnare una sentenza di assoluzione per ottenere una formula più favorevole (es. ‘perché il fatto non sussiste’ invece di ‘perché il fatto non costituisce reato’), in quanto le diverse formule possono avere effetti differenti in altri giudizi, come quelli civili, amministrativi o disciplinari.

Qual è il limite principale per un ricorso in Cassazione?
Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per chiedere una nuova valutazione dei fatti del caso. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito e la logicità della motivazione, senza riesaminare le prove o la ricostruzione degli eventi.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Come previsto dalla legge, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso quantificata in tremila euro, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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