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Interesse ad impugnare: quando si può ricorrere?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro il sequestro preventivo di immobili di proprietà di una società estera. Sebbene l’indagato fosse socio e legale rappresentante della società, e abitasse in uno degli immobili, la Corte ha negato il suo personale e concreto interesse ad impugnare, poiché l’eventuale restituzione del bene andrebbe a favore della società proprietaria e non della persona fisica.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad impugnare e Sequestro Preventivo: La Proprietà del Bene è Decisiva

L’interesse ad impugnare un provvedimento giudiziario, specialmente in materia di misure cautelari reali come il sequestro preventivo, è un principio cardine del nostro ordinamento processuale. Ma cosa succede quando a voler impugnare il sequestro di un bene non è il proprietario, ma una persona che ha con esso un legame di fatto, come l’abitazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla distinzione tra legittimazione astratta e interesse concreto, stabilendo limiti precisi per l’ammissibilità del ricorso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per reati fiscali. L’indagato, al fine di sottrarsi al pagamento di una ingente somma dovuta all’erario a seguito di ravvedimento operoso, avrebbe alienato sette unità immobiliari di sua proprietà, conferendole in una società di diritto polacco. Di questa società, l’indagato era socio di maggioranza (al 98%) e legale rappresentante.

Il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva il sequestro preventivo di tali immobili, finalizzato alla confisca del profitto del reato. L’indagato proponeva riesame, ma il Tribunale lo dichiarava inammissibile per carenza di interesse. Contro questa decisione, l’indagato ricorreva in Cassazione, sostenendo di avere un interesse concreto all’impugnazione derivante dal suo rapporto materiale con uno degli immobili, dove risiedeva stabilmente con la sua famiglia.

L’interesse ad impugnare secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno chiarito la differenza fondamentale tra la legittimazione ad impugnare e l’interesse ad impugnare.

La prima è un’idoneità astratta, riconosciuta dalla legge (art. 322 c.p.p.) all’imputato, alla persona a cui le cose sono state sequestrate e a chi avrebbe diritto alla loro restituzione. La seconda, invece, è un requisito concreto e attuale (art. 568 c.p.p.), che richiede un vantaggio giuridico tangibile derivante dall’accoglimento del ricorso.

Nel contesto delle misure cautelari reali, questo vantaggio si identifica quasi esclusivamente con la restituzione del bene. Di conseguenza, chi impugna deve dimostrare di avere un titolo giuridico per ottenere tale restituzione.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito che l’appello del ricorrente era inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, gli immobili sequestrati erano di proprietà della società polacca, non dell’indagato. Pertanto, anche se il ricorso fosse stato accolto, i beni sarebbero stati restituiti alla società, non alla persona fisica che aveva agito in proprio. Mancava quindi quel risultato pratico e favorevole per l’appellante che costituisce il nucleo dell’interesse ad impugnare.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto irrilevante il semplice rapporto di fatto con l’immobile (l’abitazione). L’indagato non ha fornito la prova di un titolo giuridico specifico (come un contratto di locazione o un diritto reale di abitazione) che potesse fondare un suo diritto alla restituzione. Il semplice fatto di risiedere nell’immobile non è sufficiente a creare un interesse giuridicamente tutelato ai fini dell’impugnazione del sequestro.

Infine, è stata respinta anche la tesi secondo cui l’interesse risiederebbe nella possibilità di contestare il fumus commissi delicti (la parvenza di reato). La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il procedimento cautelare non sia la sede per anticipare un giudizio di merito, ma solo per tutelare diritti reali o personali incisi dal provvedimento.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per impugnare un sequestro preventivo, non basta essere l’indagato o avere un legame materiale con il bene. È necessario dimostrare un interesse concreto, attuale e giuridicamente qualificato alla sua restituzione. L’indagato che sia anche legale rappresentante di una società proprietaria del bene sequestrato deve agire in tale veste, per conto della società, e non in proprio, a meno che non possa vantare un diritto personale e diretto alla restituzione. La decisione sottolinea l’onere, per chi impugna, di specificare e provare non solo la propria relazione con il bene, ma anche il titolo giuridico che giustificherebbe la restituzione a proprio favore.

Chi può impugnare un sequestro preventivo?
L’impugnazione può essere proposta dall’imputato/indagato, dalla persona a cui le cose sono state sequestrate e da chiunque abbia diritto alla loro restituzione. Tuttavia, per essere ammissibile, l’impugnazione deve essere sorretta da un interesse concreto e attuale, che consiste nel poter ottenere la restituzione del bene.

Il fatto di abitare in un immobile sequestrato è sufficiente per avere interesse ad impugnare?
No. Secondo la sentenza, il semplice rapporto materiale di abitazione non è sufficiente. È necessario dimostrare l’esistenza di un titolo giuridico (come un diritto reale o un contratto) che fondi il diritto alla detenzione dell’immobile e, di conseguenza, alla sua restituzione in caso di accoglimento del ricorso.

Un indagato, che è anche legale rappresentante della società proprietaria del bene sequestrato, può impugnare il sequestro a titolo personale?
No. Se agisce a titolo personale (in proprio), il suo ricorso è inammissibile perché l’eventuale restituzione andrebbe a favore della società, che è la legittima proprietaria. Per poter agire validamente, dovrebbe proporre il ricorso in qualità di legale rappresentante della società stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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