Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9790 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9790 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 16/03/1973, avverso l’ordinanza del 02/08/2024 del Tribunale di Monza; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME del foro di Reggio Calabria, difensore di fiducia di
NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 2 agosto 2024, il Tribunale di Monza ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse all’impugnazione, il riesame proposto dal ricorrente avverso il decreto di sequestro preventivo del G.I.P. del Tribunale di Monza del 27/06/2024, con il quale Ł stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato, di sette unità immobiliari (ubicate in Milano e Santa Margherita Ligure) di proprietà della società di diritto polacco RAGIONE_SOCIALE in relazione al reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 contestato al capo R della rubrica, per aver alienato le predette sette unità immobiliari, aventi un valore complessivo di euro 589.075,00, al fine di sottrarsi al pagamento dell’IRPEF per euro 413.966,00, dovuta a seguito della presentazione, in data 05/03/2021, di dichiarazioni dei redditi integrative per i periodi di imposta dal 2015 al 2019 mediante l’istituto del ravvedimento operoso.
Avverso l’indicato decreto, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo, lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 322, 324 cod. proc. pen., in relazione all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000.
Deduce la difesa che l’interesse al gravame in capo al ricorrente deriva dal materiale rapporto di abitazione all’interno del bene oggetto di sequestro, risiedendo ed abitando con la propria famiglia,
sin dal 2014, in Santa margherita Ligure (GE), nel compendio immobiliare di INDIRIZZO, per cui il Tribunale cautelare aveva del tutto omesso di valutare il dato fornito dalla difesa circa il rapporto tra indagato e bene sequestrato che attestava piena disponibilità del bene, dimostrandosi titolare di una situazione di fatto tutelabile sotto il profilo del legittimo possesso dell’immobile.
2.2 Con il secondo motivo, lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 322, 324 cod. proc. pen.
Deduce la difesa che dalla lettura delle norme di cui agli artt. 322 e 324 cod. proc. pen. si evince chiaramente come l’imputato sia, fra gli altri soggetti, legittimato a proporre il gravame. Deduce inoltre l’interesse del ricorrente ad interporre riesame al fine di confutare il fumus del reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 contestato al capo R della provvisoria incolpazione. Deduce ancora l’evidente interesse del ricorrente ad eccepire l’inutilizzabilità degli atti posti a fondamento del provvedimento di sequestro poichØ compiuti successivamente allo spirare del termine previsto per le indagini preliminari nella prima data utile a veicolare l’eccezione.
2.3 Con il terzo motivo, lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., relativamente agli artt. 405, 406, 407 e ss. cod. proc. pen. e in relazione all’inutilizzabilità degli atti poichØ compiuti oltre lo spirare del termine delle indagini preliminari.
Deduce la difesa l’inutilizzabilità degli atti compiuti oltre lo spirare del termine delle indagini preliminari in data 28/07/2022, vale a dire le annotazioni della Guardia di Finanza di Monza in date 10/05/2023, 01/02/2024, 19/06/2024, rimanendo come unica nota utile l’annotazione della Guardia di Finanza di Monza in data 14/05/2021, la quale non conteneva alcun indizio del reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 contestato al ricorrente.
2.4 Con il quarto motivo, lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., relativamente all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000.
Deduce la difesa che gli immobili in sequestro, lungi dall’essere stati alienati e, quindi, sottratti dal patrimonio dell’indagato, erano stati invece conferiti ad aumento di capitale della società RAGIONE_SOCIALE, partecipata al 98% dallo stesso ricorrente. Deduce, inoltre, la difesa che il ricorrente aveva ampie ed ulteriori disponibilità liquide nel suo patrimonio personale al momento del fatto di reato contestato, descritte in un conto corrente acceso presso Alior Bank di euro 722.251,51, in ulteriori liquidità su conti correnti italiani per euro 98.645,38, in un consistente deposito di titoli presso Banca Fideuram per euro 500.000,00. Deduce, ancora, che il procedimento ha visto prendere le mosse dalle ‘dichiarazioni integrative’ dello stesso contribuente, che si sarebbe concluso con una semplice rateizzazione, una volta notificate le cartelle di pagamento, e che, in ogni caso, in ipotesi di eventuale recupero del credito, poteva procedersi a pignoramento mobiliare sulle quote della società in capo al ricorrente, residente nel medesimo immobile oggetto del sequestro.
E’ pervenuta memoria a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, con la quale si rimarca la legittimazione del ricorrente fondata sul diritto ad abitare e risiedere nei beni immobili conferiti in aumento di capitale nella società, in quanto già proprietario dei beni e socio al 98% della società di diritto polacco patrimonializzata, nonchØ legale rappresentante della stessa, ribadendo inoltre la tardività degli atti di indagine compiuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi, incentrati sull’affermazione della sussistenza dell’interesse al gravame, sono manifestamente infondati; conseguentemente, gli ulteriori motivi devono considerarsi assorbiti.
La legittimazione astratta alla proposizione del riesame reale Ł attribuita, dall’art. 322 cod. proc.
pen., all’imputato, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Però, oltre alla legittimazione, deve sussistere l’interesse all’impugnazione, previsto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale requisito necessario per tutte le impugnazioni, anche quelle cautelari.
In materia, Ł stato ormai superato l’indirizzo giurisprudenziale piø risalente, secondo il quale, valorizzando la lettera dell’art. 322 cod. proc. pen. e il principio generale espresso dall’art. 568, comma 3, dello stesso codice, la persona sottoposta alle indagini nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo Ł legittimata a richiedere il riesame di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi, sia perchØ presupposto del sequestro preventivo Ł che la persona sottoposta alle indagini abbia un qualche potere di disposizione sulla cosa, sia perchØ i provvedimenti cautelari influenzano comunque il corso del procedimento penale (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Rv. 251091; Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005, Rv. 231374; Sez. 6, n. 3366 del 28/09/1992, Rv. 192089).
Infatti, a partire da Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, dep. 2014, Rv. 259412, Ł stato ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 dell’11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Rv. 276545; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Rv. 263799).
E’ stato, infatti, chiarito, in conformità al condivisibile orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al previgente articolo 343-bis cod. proc. pen. del 1930 (Sez. 3, n. 470 del 07/03/1986, COGNOME, Rv. 172572), che, sulla base della pressochØ omologa formulazione delle corrispondenti disposizioni processuali (l’articolo 343-bis cod. proc. pen. del 1930, da un lato, e l’articolo 322 cod. proc. pen. vigente, dall’altro), nell’indicazione dei soggetti legittimati, « la persona … che avrebbe diritto alla … restituzione » non si pone in posizione alternativa rispetto agli altri soggetti indicati, ma costituisce una espressione sintetica riferibile a tutti i soggetti legittimati alla restituzione, sicchØ l’imputato e l’indagato, in quanto tali, non possono chiedere il riesame in base ad un loro preteso interesse, ma solo in quanto provino di aver diritto alla restituzione del bene della vita che sia stato oggetto del vincolo imposto a seguito dell’emanazione di un provvedimento cautelare reale.
AffinchØ sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo cautelare, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (Sez. 3, n. 30008 del 08/04/2016, Conte, Rv. 267336; Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Rv. 259601).
Lo sviluppo interpretativo giurisprudenziale ha, invero, messo in evidenza che, nella valutazione della legittimazione al riesame reale, vengono anche in rilievo le norme generali in materia di impugnazione (in particolare gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen.) che non possono ritenersi derogate dalle norme in tema di impugnazioni delle misure cautelari reali, che, indicando tre categorie di “legittimati” («l’imputato…, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…»), individuano il genus di persone che avrebbero astratto interesse alla proposizione del riesame o dell’appello. Le norme sulle impugnazioni in generale, invece, disciplinano il diverso profilo dell’ammissibilità, postulando la necessità di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale l’impugnazione va
dichiarata inammissibile. In altri termini, l’art. 322 cod. proc. pen. individua le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale. Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo Ł proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare (Sez. 3, n. 16352 dell’11/01/2021, cit.; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266713).
In tale contesto, dunque, la sussistenza dell’interesse ad impugnare non può presumersi dalla legittimazione ad impugnare: Ł infatti onere di chi impugna dedurre la sussistenza dell’interesse ad impugnare, ai sensi degli artt. 568, comma 4, e 581 comma 1, lettera d), cod. proc. pen. Nei procedimenti cautelari reali la sussistenza dell’interesse Ł strettamente collegata alla richiesta di restituzione del bene, sicchØ Ł onere di chi impugna indicare, a pena di inammissibilità, oltre all’avvenuta esecuzione del sequestro, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe la restituzione del bene a chi impugna.
Tanto premesso, nel caso di specie, il Tribunale cautelare ha chiarito come i beni immobili in sequestro fossero divenuti, per effetto della cessione delle alienazioni effettuate dal ricorrente, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, della quale il ricorrente stesso era legale rappresentante. Ed avendo quest’ultimo agito con la richiesta di riesame in proprio, e non in veste di legale rappresentate della società, il Tribunale cautelare Ł giunto alla corretta conclusione di ritenere inammissibile la richiesta di riesame per carenza di interesse a proporre il gravame, sulla base dei principi sopra richiamati, essendo l’interesse tutelato dall’ordinamento, in materia di impugnazioni reali, volto alla reintegrazione patrimoniale di chi abbia subito l’imposizione del vincolo: anche in caso di accoglimento delle prospettazioni difensive, infatti, i beni andrebbero restituiti alla società RAGIONE_SOCIALE e non già al ricorrente, con la conseguenza che manca l’interesse al gravame non avendo l’indagato proposto il ricorso in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
2.1 Non vale in contrario sostenere la sussistenza dell’interesse a confutare il fumus del reato contestato al fine di disarticolarlo in sede di impugnazione cautelare, avendo questa Corte affermato che non Ł configurabile un interesse ad impugnare identificabile con quello volto ad ottenere una pronunzia favorevole in ordine all’insussistenza del “fumus commissi delicti”, giacchØ questa non determinerebbe alcun effetto giuridico vincolante nel giudizio di merito, stante l’autonomia del giudizio cautelare (Sez. 5, n. 22231 del 17/03/2017, COGNOME, Rv. 270132). Ciò in quanto lo scopo cui tendono i procedimenti incidentali e gli incidenti cautelari in particolare Ł quello di assicurare una pregnante ed incisiva tutela dei diritti di libertà personale o reale attinti da un provvedimento giurisdizionale e non di porsi come incombenti diretti ad anticipare impropriamente la pronuncia di merito, tipica della fase cognitiva e perseguita, quale che sia l’esito del giudizio cautelare, esclusivamente dal procedimento principale (Sez. 3, n. 30008 del 08/04/2016, Conte, Rv. 267336). 2.2 NØ vale sostenere la sussistenza dell’interesse sotto il profilo del materiale rapporto di abitazione con il nucleo familiare all’interno del bene oggetto di sequestro: non Ł, invero, adeguatamente specificato se la richiesta restitutoria si riferisca al solo immobile in cui il ricorrente dichiara di risiedere e di abitare con la propria famiglia o se, invece, si riferisca a tutti gli immobili oggetto di sequestro, ma soprattutto non Ł indicata, men che meno dimostrata, la esistenza di un titolo idoneo
fondato su un diritto reale o su un diritto obbligatorio derivante da un rapporto contrattuale – a qualificare la detenzione dell’immobile e a radicare un conseguente diritto alla restituzione di quello specifico immobile.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME NOME