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Interesse ad impugnare: quando l’indagato non può ricorrere

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato, legale rappresentante di una società, contro il sequestro di beni aziendali. La decisione si fonda sulla mancanza di un personale e concreto interesse ad impugnare, poiché l’eventuale dissequestro andrebbe a vantaggio della società e non dell’individuo che ha agito in proprio.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad impugnare: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso dell’indagato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24068/2024) ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: la necessità di un concreto interesse ad impugnare per poter contestare un provvedimento giudiziario. Il caso specifico riguardava il ricorso presentato dal legale rappresentante di una società, indagato a titolo personale, contro un decreto di sequestro preventivo emesso sui beni appartenenti alla società stessa. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla distinzione tra la posizione dell’individuo e quella dell’ente.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da un’indagine per reati edilizi. Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo di alcuni terreni e delle opere in corso di realizzazione, di proprietà di una società di costruzioni. L’amministratore della società, indagato per i medesimi reati, aveva impugnato personalmente il provvedimento di sequestro, prima davanti al Tribunale della Libertà e poi, a seguito del rigetto, in Cassazione.

Il ricorrente sosteneva che la motivazione del Tribunale fosse solo apparente, in quanto non avrebbe adeguatamente considerato le argomentazioni tecniche della difesa volte a dimostrare l’insussistenza sia del fumus commissi delicti (la parvenza di reato) sia del periculum in mora (il pericolo nel ritardo).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile senza entrare nel merito delle censure. La decisione si è interamente concentrata su una questione preliminare di carattere processuale: la carenza di un interesse concreto e attuale da parte del ricorrente.

Le motivazioni della Cassazione: il focus sull’interesse ad impugnare

Il cuore della sentenza risiede nella rigorosa applicazione dell’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, che subordina l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione all’esistenza di un interesse. La Corte ha ricordato che tale interesse non può essere meramente teorico o morale, ma deve tradursi in un vantaggio pratico e giuridicamente apprezzabile per chi impugna.

Nel caso di specie, i beni sottoposti a sequestro erano di proprietà della società, un soggetto giuridico distinto dalla persona fisica del suo legale rappresentante. L’indagato ha presentato ricorso ‘in proprio’, cioè a titolo personale, e non in qualità di rappresentante dell’ente proprietario dei beni.

I giudici hanno spiegato che l’eventuale accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento del sequestro avrebbero prodotto un unico effetto: la restituzione dei beni alla società. Il ricorrente, nella sua veste di persona fisica indagata, non avrebbe ottenuto alcun vantaggio diretto e immediato nella sua sfera giuridica personale. Di conseguenza, è stata riscontrata la sua totale mancanza di interesse ad impugnare, rendendo il ricorso inammissibile.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia offre una lezione cruciale sulla corretta individuazione del soggetto legittimato a impugnare le misure cautelari reali. Quando un bene appartiene a una persona giuridica (come una società), l’interesse alla sua restituzione è in capo all’ente stesso. Pertanto, l’impugnazione deve essere proposta dalla società, attraverso il suo legale rappresentante che agisce in nome e per conto di essa.

L’errore di agire a titolo personale, come ha fatto l’indagato in questo caso, si rivela fatale. La decisione sottolinea l’importanza di non confondere la posizione processuale dell’indagato con quella dell’ente a cui appartengono i beni coinvolti. Per gli operatori del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione alla titolarità dei beni e alla corretta qualificazione soggettiva dell’impugnante, al fine di evitare una pronuncia di inammissibilità che preclude l’esame nel merito delle proprie ragioni.

Chi è legittimato a impugnare un sequestro preventivo su beni di una società?
È legittimato il soggetto che vanta un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene. Nel caso di beni societari, l’impugnazione deve essere proposta dalla società, per mezzo del suo legale rappresentante che agisce in tale qualità, e non dall’indagato a titolo personale se non ne trae un vantaggio diretto.

Cosa si intende per ‘interesse ad impugnare’ in materia cautelare?
Si intende un vantaggio pratico, concreto e immediato che deriverebbe all’impugnante dall’annullamento del provvedimento. Non è sufficiente un interesse astratto alla correttezza della decisione, ma è necessaria la possibilità di ottenere un risultato favorevole che incida sulla propria sfera giuridica.

Qual è la conseguenza della mancanza di interesse ad impugnare?
La mancanza di interesse ad impugnare comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo significa che i giudici non esaminano il merito delle questioni sollevate, ma si fermano a questa verifica preliminare, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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