Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26541 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26541 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RATTO NOME nato a GELA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIB. LIBERTA di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
Ricorso definito ex art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 sig. NOME COGNOME, articolando due motivi, ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 19 ottobre 2023 del Tribunale di Caltanissetta che ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza del 4 ottobre 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gela che, ritenuta la sussistenza indiziaria del reato di occupazione arbitraria di area demaniale marittima di cui agli artt. 54, 1161 cod. nav., ed al fine di impedirne la protrazione ovvero l’aggravamento delle conseguenze, ha convalidato il sequestro preventivo d’urgenza dell’area demaniale marittima in disponibilità della società «RAGIONE_SOCIALE», di cui è legale rappresentante, ubicata presso la banchina nord del Porto Rifugio di Gela, sequestro disposto in via d’urgenza dalla polizia giudiziaria.
1.1.Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione apparente in ordine all’art. 47 Cod. Nav., alle leggi regionali in materia di concessioni demaniali marittime, al Regolamento d’uso delle Aree Demaniali Marittime ricadenti nella circoscrizione dell’RAGIONE_SOCIALE e al deposito cauzionale.
1.2.Con il secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione apparente in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
2.Con memoria del 4 aprile 2024, il ricorrente ha depositato una nota del 20 febbraio 2024, redatta dall’RAGIONE_SOCIALE, che, sebbene indirizzata a società diversa da quella di cui egli è legale rappresentante, assume rilevanza ed importanza ai fini della decisione.
3.11 Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
4.11 ricorso è inammissibile.
5.Per un primo profilo il ricorso è inammissibile perché nel giudizio di riesame del sequestro preventivo eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria non sono proponibili le questioni relative all’avvenuta convalida, dato che oggetto esclusivo del riesame è il decreto di sequestro emesso dal giudice, che è l’unico provvedimento che legittima la misura cautelare (Sez. 3, n. 11671 del 03/03/2011, Fioretti, Rv. 249919 – 01);
Ed invero, l’ordinanza con la quale il giudice, a norma dell’art. 321, comma terzo bis, cod. proc. pen., convalida il sequestro preventivo disposto in via d’urgenza dal P.M. (o anche dalla P.G.) è inoppugnabile (Sez. U, n. 21334 del 31/05/2005, Napolitano, Rv. 231055 – 01; Sez. 2, n. 50740 del 19/09/2019,
COGNOME, Rv. 277784 – 01; Sez. 5, n. 49616 del 12/10/2016, COGNOME, Rv. 268596 – 01; Sez. 3, n. 5770 del 17/01/2014, COGNOME, Rv. 258936 – 01).
Nel caso in esame il ricorrente afferma espressamente di aver impugnato l’ordinanza di convalida del sequestro preventivo eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria in relazione ai capi e punti dell’ordinanza stessa senza alcun riferimento all’autonomo decreto di sequestro del giudice.
6.In ogni caso, il ricorso è inammissibile (e lo era anche il riesame) perché i beni oggetto di sequestro non sono di proprietà del ricorrente, bensì della società da lui legalmente rappresentata.
6.1.Non v’è dubbio, infatti, che il ricorrente, quale persona fisica, non è titolare di alcuna situazione giuridica soggettiva attiva lesa dal provvedimento ablatorio. Egli perciò, in quanto tale, non aveva (e non ha) alcun interesse concreto ad impugnare il provvedimento cautelare dal cui annullamento non trarrebbe alcun beneficio.
6.2.La legittimazione ad impugnare, attribuita all’imputato/persona sottoposta alle indagini dall’art. 322, comma 1, cod. proc. pen., deve essere coniugata con il principio secondo il quale «per proporre impugnazione è necessario avervi interesse» (art. 568, comma 4, cod. proc. pen.).
6.3.12interesse ad impugnare deve essere concreto ed attuale, correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se l’impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 6203 del 11/05/1993, COGNOME, Rv. 193743; Sez. U, n. 9616 del 24/03/1995, COGNOME, Rv. 202018; Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, COGNOME, Rv. 203093; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202269; Sez. U, n. 20 del 20/10/1996, COGNOME, Rv. 206169; Sez. U, n. 18253 del 24/04/2008, Tchmil, Rv. 239397; Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270497).
6.42art. 322, cod. proc. pen., in ossequio a quanto prevede l’art. 568, comma 3, cod. proc. pen., secondo il quale il diritto di impugnazione spetta solo a colui al quale la legge espressamente lo conferisce, individua coloro ai quali spetta espressamente il diritto di proporre riesame avverso il decreto di sequestro.
6.5.La successiva specificazione, contenuta nel successivo comma quarto dello stesso art. 568, cod. proc. pen., secondo la quale per impugnare occorre avervi interesse, rende chiara l’intenzione del legislatore di distinguere la legittimazione a proporre impugnazione dall’interesse ad impugnare. L’impugnazione è lo strumento processuale per ottenere un risultato concreto che può essere utilizzato solo da chi è legittimato a servirsene; sicché
l’impugnazione è inammissibile quando è proposta da chi non è legittimato o, pur essendolo, non ha interesse (art. 591, comma 1, lett. a, cod. proc. pen.).
6.6.Chiara, sul punto, Sez. U, COGNOME, cit., per la quale la legge processuale non ammette l’esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione, senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto. Sulla base di tale premessa, è stata affermata la carenza d’interesse dell’imputato – che aveva patteggiato la pena per il delitto di spaccio di modica quantità di stupefacenti, vedendosi confiscare la somma ricavata dalla cessione a impugnare il capo relativo alla confisca, sul rilievo che la questione relativa alla legittimità di quest’ultima era meramente teorica e astratta, una volta esclusa l’esistenza, per il cedente, in una cessione illecita per contrarietà a norme imperative, di un diritto a rientrare nella disponibilità del prezzo ricavato, e cioè la tutelabilità “jure civili” della sua pretesa, configurabile, pertanto, come interesse di mero fatto.
6.7.Nel caso di specie, il ricorrente non è proprietario dei beni in sequestro dei quali non potrebbe mai essere disposta la restituzione in suo favore. Egli perciò, ancorché persona sottoposta alle indagini, persegue un interesse di mero fatto che rende privo di concretezza e attualità l’interesse a proporre sia il riesame che l’odierno ricorso.
6.8.Peraltro, anche considerando che egli agisce quale legale rappresentante della società, estranea, in quanto tale, alla consumazione del reato per il quale si procede, resta il fatto che il difensore non era (e non è) munito di procura speciale.
6.9.Costituisce insegnamento costante di questa Corte che ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, il terzo interessato alla restituzione dei beni deve conferire una procura speciale al suo difensore, nelle forme previste dall’art. 100 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 6611 del 03/12/2013, Poli, Rv. 258580; Sez. 6, n. 13154 del 19/03/2010, COGNOME, Rv. 246692).
6.10.Come spiegato in motivazione da Sez. 6, n. 46429 del 17/09/2009, Pace, Rv. 245440 (richiamata, sul punto, da Sez. 6, n. 13154 del 2010), «per í soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, come è il caso dell’odierno ricorrente, vale analogicamente la regola, espressamente menzionata dall’art. 100, cod. proc. pen. per la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, secondo cui essi “stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale”, al pari di quanto previsto nel processo civile dall’art. 83 cod. proc. civ.; mentre l’indagato o imputato, che è assoggettato all’azione penale, sta in giudizio di
persona, avendo solo necessità di munirsi di difensore che, oltre ad assisterlo, lo rappresenta ex lege e che è titolare di un diritto di impugnazione in favore dell’assistito per il solo fatto di rivestire la qualità di difensore, senza alcuna necessità di procura speciale, imposta soltanto per i casi di atti riservati espressamente dalla legge all’iniziativa personale dell’imputato (v. per simili concetti Cass., sez. Il, 21 novembre 2006, COGNOME; Cass., sez. VI, 25 settembre 2007, COGNOME; Id., 18 giugno 2008, COGNOME; Id., 17 febbraio 2009, COGNOME); valendo la stessa regola per il soggetto assoggettato a misure di prevenzione, estendendosi ad esso la posizione dell’imputato (v. art. 4 ult. comma legge n. 1423 del 1956). Invece, il terzo interessato, quale è l’odierno ricorrente, al pari dei soggetti considerati espressamente dall’art. 100, cod. proc. pen., è portatore di interessi civilistici, sicché anche esso, in conformità a quanto previsto per il processo civile (art. 83 c.p.c.), non può stare personalmente in giudizio, ma ha un onere di patrocinio, che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore».
4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10/04/2024.