Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9918 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9918 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
NOME Manna NOME, nato a Cernusco sul Naviglio il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 05/07/2023 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, in persona del sostitu AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Milano confermava l’affermazione di responsabilità per il delitto di rapina (come complessivamente aggravato), già valutata da giudice di primo grado all’esito del giudizio abbreviato, con le circostanze attenuanti generic stimate equivalenti alle contestate e riconosciute aggravanti (più persone riunite, uso dell’arm per minacciare la persona offesa, recidiva qualificata), scioglieva il vincolo della continuazi con il precedente giudicato (già oggetto di aumento per continuazione rispetto ad un terzo episodio di rapina) e confermava quindi la sanzione calcolata in primo grado (anni quattro d reclusione ed euro ottocento di multa, così ridotta per il rito) per il solo episodio di rapina settembre 2018.
2 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i due motivi di seguito sinteticamente descritti.
2.1. Violazione e falsa applicazione della norma penale aggravante (art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen., in relazione all’art. 628, comma terzo, n. 1, ultima parte, cod. pen.) per av la Corte riconosciuto l’aggravante di aver agito in concorso e riunione con altra persona (no compresente alla minaccia armata) pur in assenza dei requisiti ontologici posti a fondamento della disposizione aggravatrice (minaccia commessa con modalità monosoggettive, presenza di altro soggetto in luogo distante dalla farmacia ove si era consumata la rapina, travisamento della prova in tema di riconoscimento della funzione di palo).
2.2. Violazione e falsa applicazione della legge penale, vizio esiziale di motivazione (art. 6 comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), avendo la Corte di appello del tutto ignorato il mot di gravame con il quale si chiedeva comunque riconoscersi la continuazione con i precedenti giudicati.
Sui temi posti all’attenzione della Corte con i due motivi di ricorso, il AVV_NOTAIO gene con le conclusioni scritte trasmesse in data 30 gennaio 2024, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, per la carenza di interesse al primo motivo (art. 568, comma 4, cod. proc. pen.) ed il difetto del motivo di gravame (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) punto di riconoscimento della continuazione, che connota il secondo motivo.
Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse. Così testualmente recita il comma 4 dell’art. 568 del codice di rito. Tale interesse deve vestire i panni della concretezza, nel se che dal prospettabile accoglimento del motivo di impugnazione deve necessariamente derivare un vantaggio (non solo morale) per il soggetto impugnante (Sez. 1, n. 716 del 20/11/1997, dep. 1998, Rv. 209444).
.Nella presente fattispecie processuale sono state riconosciute nel giudizio di appello circostanze attenuanti generiche, stimate equivalenti alle (tre distinte) circostanze aggrava ad effetto speciale pure riconosciute (aver agito in più persone riunite, con armi, da recid qualificato); sicché dalla eventuale elisione di una sola circostanza aggravante oggetto d censura (rapina commessa in più persone riunite) non potrebbe comunque scaturire un diverso giudizio di valenza, non essendo contestata con i motivi di ricorso la ricorrenza delle altre circostanze (aver minacciato la p.o. con arma, con la recidiva qualificata) e non potend accedersi al giudizio di prevalenza in ragione del preciso divieto normativo di cui all’art. art 69, comma quarto, cod. pen.. Né, per vero, con i motivi di ricorso si censura la dosimetria della pena, calcolata dalla Corte in misura adagiata al minimo edittale previsto al momento del fatto (anni 4 di reclusione). La incontestata consistenza della seconda aggravante ad effetto speciale interna al n. 1, del terzo comma dell’art. 628 cod. pen., neppure consente di ravvisar interesse alla impugnazione sotto il profilo delle modalità di esecuzione, atteso che la rapi come aggravata, rientra comunque nel novero dei reati ostativi al differimento della stessa.
Ritiene, dunque, il Collegio, pur consapevole della esistenza di un diverso orientamento nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 35429 del 11 agosto 2014, secondo la quale, sussiste l’interesse all’impugnazione dell’imputato, al solo fine di ottenere l’esclusione di circostanza aggravante, ancorché nninusvalenti rispetto alle circostanze attenuanti, poiché costituisce suo diritto vedersi riconoscere colpevole di una condotta meno grave di quella contestagli; nel medesimo senso anche Sez. 6, n. 19188 del 3 maggio 2013), che non si possa nella fattispecie concretizzare alcun interesse a contestare la legittimità della attribuzio carico dell’imputato di una circostanza aggravante, ove la stessa non abbia svolto alcun ruolo nella determinazione del trattamento sanzionatorio inflitto a carico del ricorrente, in quanto neutralizzata dal giudizio di valenza (in questo senso: Sezione 4, n. 20328, del 28 aprile 2017 Sez. 4, n. 27101 del 1 luglio 2016; da ultimo Sez. 3, n. 19901, del 12/12/2018, Rv. 275962: È inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione dell’imputato volta esclusivamente ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, quando la stessa non abbia svolto alcun ruolo concreto nella determinazione della pena, in quanto ritenuta subvalente o equivalente rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti, con conseguente invarianza della pena; più recentemente, Sez. 2, n. 3880 del 24/11/2022, dep. 30/01/2023, Rv. 284309). Tale principio deve ritenersi vieppiù valido nel caso in cui la divisata equivalenza tra circostanze di se diverso non sia, come nella concreta fattispecie, suscettibile di mutarsi in subvalenza del aggravanti già ritenute in virtù di un preciso divieto normativo (art. 69 comma quarto, cod peri.); tanto meno possa, dalla esclusione della circostanza, sortire un effetto favorevole termini di commisurazione della sanzione, già calcolata nel minimo edittale.
Il secondo motivo non è stato oggetto di previa deduzione con i motivi di gravame spesi nel merito, ove anzi l’imputato aveva chiesto esplicitamente di dissolvere il vincolo del continuazione riconosciuto in primo grado rispetto a sentenza già avvinta in continuazione ad
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altro giudicato, il che è esattamente quanto la Corte ha disposto con la sentenza impugnata. Il motivo è pertanto inammissibile ai sensi di quanto dispone il comma 3 dell’art. 606 del codice di rito. Il che non preclude la rinnovazione della domanda al giudice della esecuzione ai sens dell’art. 671 del codice di rito.
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2024.