Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26183 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26183 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Gabon il 01/04/1983
avverso la sentenza del 15/03/2023 della Corte di appello di Genova letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Nell’interesse di NOME COGNOME il difensore ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Genova ha confermato quella emessa il 13 luglio 2018 dal locale Tribunale che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva affermato la responsabilità dell’imputato per i reati riuniti di resistenza e lesioni e con attenuanti generiche e con la diminuente di rito lo aveva condannato alla pena di sei mesi di reclusione.
Ne chiede l’annullamento per erronea applicazione dell’art. 61 n.11 quater cod. pen. e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della
suddetta circostanza aggravante per avere l’imputato commesso il fatto mentre era sottoposto a misura cautelare e non perché il fatto era stato commesso durante il periodo di sottoposizione a una misura alternativa alla detenzione in carcere.
Deduce che correttamente il giudice di primo grado aveva dato atto che il ricorrente era stato destinatario di una ordinanza di aggravamento della misura cautelare dell’obbligo di presentazione, sicché la Corte di appello ha violato la norma indicata, riferita solo ai condannati definitivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per mancanza di interesse.
Pur essendo indubbia l’erronea applicazione dell’aggravante comune, non riferibile al soggetto sottoposto a misura cautelare, ma solo al condannato definitivo, ammesso a misure alternative alla detenzione, deve rilevarsi che la censura non è sorretta da concreto interesse, in quanto nel caso in esame il riconoscimento delle attenuanti generiche ha neutralizzato l’aggravante, stante la determinazione della pena base nel minimo con applicazione del solo aumento per la continuazione.
Ne deriva che, benché erroneamente ritenuta sussistente, l’aggravante non ha inciso sulla determinazione della pena, il che esclude la possibilità di ravvisare un concreto interesse del ricorrente, atteso che non potrebbe ottenere un risultato più favorevole in caso di annullamento con rinvio della sentenza impugnata (Sez. 1, n. 9019 del 23/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285921, che, infatti, correla l’interesse ad impugnare per ottenere l’esclusione di un’aggravante, benché bilanciata in termini di equivalenza e persino prevalenza, alla incidenza sulla determinazione pena, atteso che l’erroneo riconoscimento dell’aggravante qualifica il fatto in termini di maggiore gravità).
Nella stessa linea si colloca anche un’altra decisione che ha ritenuto inammissibile, per carenza di interesse, l’impugnazione dell’imputato preordinata ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto alle riconosciute attenuanti (Sez. 2, n. 3880 del 24/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284309).
Né, peraltro, il ricorrente spiega quali effetti negativi abbia avuto l’erroneo riconoscimento dell’aggravante o quali eventuali riflessi negativi potrebbe avere in sede esecutiva, sicché il motivo si rivela anche generico.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso, 28 maggio 2024