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Interesse ad impugnare: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un sequestro preventivo di una cospicua somma di denaro. La decisione si fonda sulla carenza di interesse ad impugnare, poiché lo stesso ricorrente aveva affermato che la somma non gli apparteneva, venendo così a mancare il presupposto fondamentale per chiedere la restituzione del bene.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Interesse ad Impugnare: la Chiave per l’Ammissibilità del Ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17362 del 2024, ha ribadito un principio cardine della procedura penale: la necessità di un interesse ad impugnare concreto e attuale per poter contestare un provvedimento giudiziario. Senza questo requisito, qualsiasi ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, a prescindere dalle ragioni di merito. Il caso in esame riguardava un sequestro preventivo di una notevole somma di denaro e offre uno spunto chiaro per comprendere come opera questo principio.

I Fatti del Caso

Le autorità avevano sottoposto a sequestro preventivo una somma di oltre 240.000 euro, rinvenuta all’interno di un’autovettura in un pacco nascosto sotto un tappetino. L’indagato, al quale inizialmente venivano ipotizzati i reati di ricettazione e riciclaggio, veniva formalmente accusato di reimpiego di denaro di provenienza illecita.

La difesa dell’uomo presentava un’istanza di riesame al Tribunale, contestando la legittimità del sequestro per vari motivi, tra cui la presunta arbitrarietà nell’individuazione del reato presupposto (ad esempio, l’evasione fiscale) e l’errata qualificazione giuridica dei fatti. Il Tribunale rigettava l’istanza, confermando il sequestro. Di conseguenza, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione e l’Interesse ad Impugnare

La Corte di Cassazione, tuttavia, non è entrata nel merito delle complesse questioni giuridiche sollevate dalla difesa (ricettazione, riciclaggio, reimpiego). Ha invece bloccato il ricorso su un presupposto procedurale fondamentale: la mancanza di interesse ad impugnare.

I giudici hanno osservato che lo stesso ricorrente, nella sua linea difensiva, aveva sostenuto che la somma di denaro sequestrata non fosse di sua proprietà, ma appartenesse ad altri soggetti. Questa affermazione, sebbene mirata a scagionarsi dalle accuse, si è rivelata un’arma a doppio taglio. Affermando di non essere il titolare del bene, l’indagato ha implicitamente ammesso di non avere un interesse diretto, concreto e attuale alla sua restituzione, che è l’unico obiettivo perseguibile con un’impugnazione contro un sequestro.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si basa su un principio consolidato. L’interesse ad impugnare non è un concetto astratto, ma deve tradursi nell’esigenza di ottenere un risultato pratico favorevole. Nel caso di un sequestro, questo risultato è la restituzione del bene. Se l’indagato non è il proprietario del bene, non può vantare un interesse legittimo alla sua restituzione.

La Corte ha sottolineato che questa condizione di ammissibilità (l’interesse) deve essere valutata in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio. Pertanto, sebbene il Tribunale del riesame non avesse sollevato la questione, la Cassazione ha il potere e il dovere di farlo. La mancanza di questo requisito impedisce al giudice di procedere all’esame del merito del ricorso, portando a una declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni

La sentenza n. 17362/2024 è emblematica perché insegna una lezione cruciale: le strategie difensive devono essere coerenti con gli obiettivi processuali. Dichiarare di non essere proprietario di un bene sequestrato può sembrare una mossa utile per allontanare da sé i sospetti, ma preclude la possibilità di contestare efficacemente il sequestro stesso. La mancanza di interesse ad impugnare agisce come un filtro procedurale insuperabile. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a causa della colpa nell’aver avviato un’impugnazione priva di un presupposto essenziale.

Perché il ricorso dell’indagato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’indagato era privo di interesse ad impugnare. Avendo egli stesso affermato che la somma di denaro sequestrata apparteneva ad altre persone, è venuto meno il suo interesse concreto e attuale alla restituzione del bene, unico fine dell’impugnazione contro il sequestro.

Cosa si intende per ‘interesse ad impugnare’ in un caso di sequestro?
In questo contesto, l’interesse ad impugnare consiste nell’esigenza concreta e rilevante del soggetto di ottenere un miglioramento della propria condizione giuridica, che si identifica specificamente nell’ottenere la restituzione della cosa sequestrata come effetto dell’annullamento del provvedimento.

Un indagato che non è proprietario del bene sequestrato può presentare ricorso?
No. Secondo la sentenza, l’indagato che non è titolare del bene oggetto di sequestro preventivo non è legittimato a presentare richiesta di riesame o ricorso, a meno che non dimostri di vantare un interesse concreto e attuale che si identifichi nella restituzione del bene. Dichiarare che il bene appartiene ad altri rende evidente la mancanza di tale interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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