Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17362 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17362 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SCAFATI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/01/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha l’accoglimento del ricorso; insistito per
RITENUTO IN FATI -0
GLYPH Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 3 gennaio 2024, rigettava l’istanza di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME, confermando il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la richiesta di dissequestro della somma di denaro trovata in possesso dell’indagato.
1.1 Avverso l’ordinanza ricorre per Cassazione il difensore di Ge , premettendo che il sequestro aveva avuto per oggetto la somma di C 242.765,00 contenuti in un pacco riposto al di sotto del tappetino del sedile posteriore dell’autovettura e che, sebbene l’informativa di reato ipotizzasse a carico dell’indagato le fattispecie di ricettazione e riciclaggio, l’iscrizione nel registro degli indagati di Ge e la richie di convalida del sequestro risultavano rispettivamente disposte ed avanzate in ordine al distinto delitto di reimpiego ex art. 648-ter cod. pen.; ciò premesso, il difensore eccepisce il difetto del fumus commissi delicti in merito alla arbitraria individuazione del preteso reato presupposto di evasione fiscale e/o di altro reato appartenente allo stesso genus; ciò integrava senz’altro la violazione degli artt. 648 e 648-bis cod. pen. posti dal Tribunale a conferma del sequestro in difformità dall’iscrizione a mod. 21 e sinanche quella dell’art. 648-ter cod. pen. altrimenti posto dal giudice per le indagini preliminari a fondamento del sequestro.
1.2 Quanto alla manifesta non configurabilità del reato ex art. 648 cod. pen. né di quello ex art. 648-bis cod. pen., fattispecie in cui il Tribunalle aveva riqualificat quella ex art. 648-ter cod. pen. posta originariamente a fondamento del sequestro, il difensore osserva che il Tribunale, pur avendo riconosciuto l’esattezza del rilievo difensivo quanto alla manifesta non configurabilità dell’illecito ex art. 648-ter cod. pen. posto a fondamento del sequestro, in luogo di annullare il il sequestro impugnato, aveva optato di riqualificare la originaria fattispecie di reimpiego in quelle di ricettazione o riciclaggio, a dispetto del fatto che il sequestro avev totalmente omesso l’indicazione di un qualsivoglia elemento dimostrativo, anche solo indiziario, idoneo ad individuare gli elementi costitutivi della condotta tipic ex art. 648-ter cod. pen., segnatamente il fumus di un investimento di risorse di provenienza illecita in una qualche attività economico-finanziaria; per quanto atteneva alla ipotizzata ricettazione, il provvedimento impugnato non aveva superato la clausola di riserva che -proprio con riferimento all’evidente incompatibilità strutturale di un tale diverso fatto reato- impediva la stessa ipotizzabilità della fattispecie ex art. 648 cod. pen. allorquando, come nel caso in esame, il soggetto attivo viene indicato coincidente con l’autore del reato presupposto; quanto al riciclaggio, l’ordinanza gravata non aveva indicato rAP,,
alcunchè in ordine alla operazione dissimulatoria della provenienza illecita della res posta sotto sequestro.
1.3 II difensore eccepisce l’apparenza della motivazione relativamente al requisito del periculum in mora, visto che la difesa aveva contestato la motivazione meramente apparente resa dal giudice per le indagini preliminari nel disporre il sequestro; il tribunale aveva sostanzialmente integrato la motivazione carente del giudice per le indagini preliminari con tutta una serie di proprie autonome valutazioni, violando così l’art. 324 comma 7 cod. proc. pen., che estende alle misure cautelari reali il disposto di cui all’art. 309 comma 9 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Non è infatti contestato che il ricorrente, come rilevato dal Tribunale a ‘ Q.–pag.2 dell’ordinanza impugnata, GLYPH attribuito ad altri la effettiva disponibilità della somma di denaro sequestrata, per cui è carente di interesse ad ottenere la restituzione della somma: la stessa prospettazione del ricorrente, il quale espressamente assume che il bene sequestrato appartiene ad altri rende evidente la mancanza di interesse alla proposizione dell’impugnazione, sul rilievo che l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (ex multis, Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Held, Rv. 267672; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Piances, Rv. 266713).
Va aggiunto che l’interesse ad impugnare, richiesto per l’ammissibilità di qualsiasi gravame, consiste nell’esigenza-rilevante e concreta-del titolare del diritto di impugnazione, di conseguire un miglioramento della propria condizione giuridica rispetto a quella attribuitagli dal provvedimento impugnato e che, nel caso di specie, va appunto individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro, con la conseguenza che la mancanza di interesse, investendo una condizione di ammissibilità dell’impugnazione, va rilevata d’ufficio anche nel giudizio di legittimità. Infatti, dal combinato disposto di cui agli artic 591, comma 2, e 609, comma 2, cod. proc. pen., si ricava il principio secondo il quale le cause di inammissibilità del gravame, anche quando in ordine ad esse il giudice a quo non si sia pronunziato, sono rilevabili in ogni grado e stato del giudizio, con la conseguenza che non matura alcuna preclusione processuale a seguito del mancato esercizio da parte del giudice di secondo grado del poteredovere di dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 28/03/2024