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Interesse ad impugnare: quando il PM non può ricorrere

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 2947/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale avverso una sentenza di prescrizione. La Corte ha stabilito che manca l’interesse ad impugnare quando l’appello, pur mirando a correggere un’applicazione della legge, non può portare a un risultato pratico favorevole, specialmente se la vicenda processuale è già esaurita, come nel caso di prescrizione del reato non contestata.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad Impugnare: La Cassazione Chiarisce i Limiti per il Pubblico Ministero

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: i limiti dell’interesse ad impugnare per il Pubblico Ministero. Anche quando si lamenta una violazione di legge, il ricorso non è ammissibile se non può produrre alcun risultato pratico favorevole. La vicenda offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un’impugnazione, specialmente in Cassazione, rischia di essere meramente teorica e, quindi, inammissibile.

I Fatti del Caso

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Venezia ha presentato ricorso per cassazione contro una sentenza che dichiarava l’estinzione per prescrizione di un reato di lesioni personali. L’aspetto peculiare del ricorso non era la contestazione della prescrizione, che era pacificamente maturata, ma la denuncia di una presunta violazione procedurale. Secondo il Procuratore, la Corte territoriale non aveva seguito una “prassi concordata” volta a garantire un contraddittorio scritto (cartolare) tra le parti prima della declaratoria di improcedibilità. In sostanza, il ricorso mirava a far valere un principio procedurale, più che a modificare l’esito sostanziale del processo.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Interesse ad Impugnare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Procuratore Generale inammissibile. La decisione si fonda interamente sulla carenza dell’interesse ad impugnare, un presupposto fondamentale per qualsiasi tipo di contestazione giudiziaria. Gli Ermellini hanno sottolineato che un ricorso, per essere ammissibile, deve mirare a un risultato non solo “teoricamente corretto”, ma anche “praticamente favorevole”. Nel caso di specie, poiché il reato era estinto per prescrizione – un fatto non contestato nemmeno dal ricorrente – l’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe comportato alcun vantaggio concreto. La vicenda processuale si era, di fatto, già esaurita.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha articolato la sua motivazione su tre punti chiave:

1. La Necessità di un Risultato Pratico: Citando precedenti giurisprudenziali, la Corte ha ribadito che l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale sussiste solo se l’impugnazione può condurre a un esito più vantaggioso per la parte ricorrente. L’affermazione astratta di un principio di diritto, da applicare in futuro, non è sufficiente a giustificare un ricorso quando il caso specifico è ormai chiuso.

2. L’Irrilevanza della Sentenza della Corte Costituzionale: Il Procuratore aveva fatto riferimento a una sentenza della Corte Costituzionale (n. 111/2022) che aveva trattato dell’interesse dell’imputato a impugnare una sentenza di prescrizione per ottenere un’assoluzione più ampia. La Cassazione ha chiarito che tale precedente era inconferente, in quanto riguardava l’interesse dell’imputato (che in questo caso non aveva proposto ricorso), e non quello del Pubblico Ministero.

3. La Genericità e Superfluità del Ricorso: Poiché il termine di prescrizione era palesemente decorso, e il ricorrente non lo negava, qualsiasi discussione sulla procedura seguita dalla Corte d’Appello era diventata superflua. Il ricorso era, quindi, non solo privo di un interesse concreto ma anche generico, perché non indicava quale diverso e più favorevole esito avrebbe potuto conseguire.

Conclusioni: L’Appello “Nell’Interesse della Legge” non è Sempre Ammesso

L’ordinanza rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: le impugnazioni non sono uno strumento per dibattiti accademici o per la definizione di principi astratti. L’interesse ad impugnare deve essere ancorato a un beneficio tangibile e realizzabile nel caso concreto. Per il Pubblico Ministero, questo significa che non è possibile ricorrere in Cassazione per censurare un errore procedurale se l’esito finale del processo (in questo caso, l’estinzione del reato) non può essere in alcun modo modificato a favore dell’accusa. La decisione impedisce un uso delle impugnazioni che, seppur mosso dall’intento di assicurare la corretta applicazione della legge, finirebbe per appesantire il sistema giudiziario con questioni prive di rilevanza pratica.

Il Pubblico Ministero può ricorrere in Cassazione solo per affermare un principio di diritto?
No. Secondo l’ordinanza, l’impugnazione del Pubblico Ministero è ammissibile solo se può portare a un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole. Un ricorso volto alla sola affermazione di un principio di diritto, in una vicenda ormai esaurita come in caso di prescrizione non contestata, è inammissibile.

Che cos’è l’interesse ad impugnare richiesto dall’art. 568 c.p.p.?
È l’interesse concreto e attuale a ottenere una modifica della decisione impugnata che porti a un vantaggio pratico per la parte che ricorre. Non è sufficiente un interesse astratto alla corretta applicazione della legge.

Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse e genericità. Il reato era indiscutibilmente prescritto e il ricorso non avrebbe potuto cambiare questo esito. Pertanto, mancava un qualsiasi vantaggio pratico ottenibile dall’impugnazione, rendendola superflua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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