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Interesse ad impugnare: la Cassazione sul sequestro

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’indagata che occupava un immobile sottoposto a sequestro preventivo. La Corte chiarisce che l’interesse ad impugnare richiede un diritto concreto alla restituzione del bene, che il semplice occupante senza titolo legale non possiede, rendendo così la sua impugnazione priva di fondamento.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad Impugnare e Sequestro: Quando l’Occupante Può Ricorrere?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante chiarificazione sui limiti del diritto di contestare un provvedimento di sequestro preventivo. Il caso analizzato si concentra sulla figura dell’occupante di un immobile che, pur non avendone titolo, cerca di opporsi al sequestro. La decisione ruota attorno al concetto chiave di interesse ad impugnare, un presupposto fondamentale per accedere a qualsiasi forma di tutela giurisdizionale. Vediamo nel dettaglio come la Corte ha risolto la questione.

I Fatti del Caso: L’Occupazione e il Sequestro

Una persona veniva indagata per il reato di occupazione abusiva di un immobile. In tale contesto, l’autorità giudiziaria disponeva il sequestro preventivo dell’abitazione. L’indagata, pur non essendo proprietaria né titolare di alcun diritto reale o personale di godimento sull’immobile, proponeva un’istanza di riesame contro il decreto di sequestro. Il Tribunale del Riesame rigettava la richiesta, sostenendo che l’indagata mancasse della legittimazione a chiedere la restituzione del bene, non vantando alcun diritto su di esso. Contro questa decisione, l’indagata proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo di avere un interesse legittimo all’impugnazione, basato sul possesso dell’immobile da oltre un anno e sull’assenza di un’azione di spoglio nei suoi confronti.

La Decisione della Corte e l’Interesse ad Impugnare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea del Tribunale del Riesame. Il punto centrale della decisione è che l’interesse ad impugnare un provvedimento cautelare come il sequestro preventivo non può essere astratto, ma deve essere concreto e attuale. In altre parole, chi impugna deve poter ottenere un vantaggio pratico e giuridicamente riconosciuto dall’eventuale accoglimento del ricorso. Nel caso del sequestro, questo vantaggio si identifica con la restituzione del bene.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato il suo ragionamento su due pilastri fondamentali.

Il Principio dell’Interesse Concreto e Attuale

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’indagato che non è proprietario del bene sequestrato può presentare richiesta di riesame, ma il suo gravame è ammissibile solo se dimostra di avere un interesse concreto che corrisponda al risultato tipico previsto dalla legge. Per il sequestro, il risultato è il dissequestro e la conseguente restituzione della cosa. Poiché l’occupante abusivo non ha alcun titolo per pretendere la restituzione dell’immobile, il suo interesse è solo di fatto (continuare a occupare il bene) e non di diritto. Di conseguenza, manca il presupposto essenziale per poter validamente impugnare il provvedimento. La Corte ha specificato che, anche in caso di annullamento del sequestro, l’occupante non potrebbe comunque vantare alcun diritto alla riconsegna dell’immobile.

L’Irrilevanza del Possesso Prolungato

La Corte ha inoltre smontato l’argomentazione difensiva basata sul possesso dell’immobile per oltre un anno. Sebbene il Codice Civile (art. 1168) preveda l’azione di reintegrazione a tutela del possessore che sia stato privato del bene in modo violento o clandestino, questo strumento non è applicabile quando la perdita del possesso deriva da un legittimo provvedimento dell’autorità giudiziaria. Il sequestro, infatti, non costituisce uno spoglio illecito, ma un atto dovuto nell’ambito di un procedimento penale. Pertanto, il possesso di fatto, anche se prolungato, non genera alcun diritto opponibile al provvedimento di sequestro né fonda un interesse giuridicamente tutelato alla restituzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza chiarisce in modo netto che non basta essere coinvolti in un procedimento penale per avere il diritto di contestare ogni atto. L’interesse ad impugnare deve essere ancorato a una posizione giuridica sostanziale che possa trarre un beneficio reale e legittimo dall’annullamento dell’atto contestato. Per chi occupa un immobile senza titolo, il sequestro penale non può essere contestato con l’obiettivo di rientrare in possesso del bene, poiché manca il diritto alla restituzione. La decisione, pertanto, rafforza la tutela della proprietà e limita le impugnazioni a carattere puramente dilatorio o pretestuoso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per la manifesta infondatezza del ricorso.

Un indagato che occupa un immobile sotto sequestro ha sempre il diritto di impugnare il provvedimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’indagato non titolare del bene può impugnare il sequestro solo se vanta un interesse concreto e attuale, che si traduce nella possibilità di ottenere la restituzione del bene in caso di annullamento del provvedimento.

Il fatto di possedere un immobile da più di un anno, senza che sia stata avviata un’azione di spoglio, legittima l’occupante a impugnare il sequestro?
No, è irrilevante. La tutela del possesso tramite l’azione di reintegrazione vale contro uno spoglio violento o clandestino, ma non contro un provvedimento legittimo dell’autorità giudiziaria come il sequestro. Pertanto, il possesso prolungato non fonda un interesse alla restituzione del bene.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile per mancanza di interesse ad impugnare?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisano profili di colpa nella sua azione (come in questo caso), anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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