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Interesse ad impugnare: la Cassazione decide un caso

Un individuo ricorre contro un sequestro preventivo di una somma di denaro, sostenendo però che la stessa appartenga alla figlia. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per mancanza di un concreto interesse ad impugnare. Secondo la Corte, poiché il ricorrente nega la proprietà del bene, non ha diritto alla sua restituzione, che rappresenta l’unico risultato utile dell’impugnazione, venendo meno così l’interesse processuale necessario.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad Impugnare: Inammissibile il Ricorso se si Nega la Proprietà del Bene Sequestrato

L’interesse ad impugnare è un pilastro del nostro sistema processuale, un principio che richiede un vantaggio concreto e attuale per poter contestare una decisione giudiziaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43748/2024, offre un chiaro esempio di applicazione di questo principio in materia di sequestro preventivo. La Corte ha stabilito che l’indagato che nega la proprietà del bene sequestrato perde il suo interesse a richiederne la restituzione, rendendo così il suo ricorso inammissibile.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Cassino, avente ad oggetto una somma di 57.700,00 euro in contanti, rinvenuta presso lo studio di un professionista. L’ipotesi di reato contestata era quella di autoriciclaggio, ai sensi dell’art. 648-ter.1 del codice penale.

L’indagato ha presentato istanza di riesame al Tribunale di Frosinone, ma con una linea difensiva peculiare. Invece di rivendicare la proprietà del denaro e la sua legittima provenienza, ha sostenuto che la somma appartenesse esclusivamente a sua figlia, la quale era completamente estranea alle indagini. A supporto di questa tesi, ha indicato un contratto preliminare intercorso tra la figlia e lo zio (fratello dell’indagato).

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale di Frosinone, basandosi proprio sulle dichiarazioni dell’indagato, ha dichiarato la sua richiesta di riesame inammissibile. Il ragionamento del Tribunale è stato lineare: se l’indagato stesso afferma che il denaro non è suo, non ha alcun titolo per chiederne la restituzione. Di conseguenza, viene a mancare l’interesse ad impugnare, ovvero quel vantaggio pratico e concreto che l’accoglimento del riesame potrebbe portargli.

Insoddisfatto della decisione, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione degli articoli 322 e 325 del codice di procedura penale. A suo dire, la questione della proprietà del denaro non avrebbe dovuto precludere l’esame degli altri motivi di ricorso, come l’incompetenza territoriale e l’insussistenza del reato.

L’analisi della Cassazione: Legittimazione vs Interesse ad Impugnare

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando pienamente l’impostazione del Tribunale. La sentenza chiarisce in modo esemplare la distinzione fondamentale tra due concetti processuali: la “legittimazione ad impugnare” e l'”interesse ad impugnare“.

* Legittimazione ad impugnare (o legittimazione astratta): È l’idoneità, riconosciuta dalla legge a determinati soggetti (in questo caso, l’imputato, la persona a cui le cose sono state sequestrate e chi ha diritto alla restituzione), a proporre un’impugnazione. Su questo piano, l’indagato era astrattamente legittimato.

* Interesse ad impugnare (o interesse concreto): È un requisito ulteriore e necessario. La parte che impugna deve dimostrare di avere un vantaggio pratico, personale e attuale dall’eventuale annullamento del provvedimento. Non basta essere legittimati, bisogna avere un interesse concreto.

Nel contesto delle misure cautelari reali come il sequestro, questo interesse concreto si identifica con un unico obiettivo: la restituzione del bene. Se l’impugnante, con le sue stesse allegazioni, si preclude la possibilità di ottenere la restituzione del bene, il suo interesse viene meno.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, definito “diritto vivente”. I giudici hanno spiegato che le norme generali sulle impugnazioni (artt. 568 e 591 c.p.p.) impongono una verifica sull’ammissibilità basata sulla sussistenza di un interesse concreto. Queste norme non sono derogate dalle disposizioni specifiche sul riesame (art. 322 c.p.p.).

L’onere di dimostrare tale interesse ricade su chi impugna. Il ricorrente deve allegare non solo l’avvenuta esecuzione del sequestro, ma anche le ragioni di fatto e di diritto che fondano la sua relazione con la cosa sequestrata e che gli consentirebbero di ottenerne la restituzione. Nel caso di specie, il ricorrente ha fatto esattamente il contrario: ha reciso ogni legame con il bene, attribuendone la proprietà esclusiva a un terzo (la figlia).

Di conseguenza, la sua impugnazione è diventata un’azione priva di scopo pratico. Anche se il sequestro fosse stato annullato per altri motivi (es. incompetenza territoriale), il denaro non sarebbe stato restituito a lui. La Corte ha quindi concluso che la decisione del Tribunale di assorbire tutti gli altri motivi di ricorso nella valutazione preliminare della carenza di interesse era processualmente corretta.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: le impugnazioni non sono uno strumento per sollevare questioni di principio astratte, ma servono a ottenere un risultato utile e concreto per la parte che le propone. Affermare di non essere il proprietario di un bene sequestrato è una strategia difensiva che, sebbene possa avere altri scopi, annulla l’interesse ad impugnare il provvedimento di sequestro stesso. La decisione della Cassazione serve da monito sull’importanza di una coerenza strategica nella difesa, dove ogni affermazione processuale ha conseguenze dirette sull’ammissibilità e sull’esito delle proprie azioni legali.

Chi può impugnare un provvedimento di sequestro preventivo?
In base alla sentenza, l’impugnazione può essere proposta dall’imputato (o indagato), dalla persona alla quale le cose sono state sequestrate e da quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.

È sufficiente essere l’indagato per poter impugnare validamente un sequestro?
No. Oltre alla legittimazione astratta (il solo fatto di essere l’indagato), è necessario dimostrare un “interesse concreto ed attuale” all’impugnazione, ovvero un vantaggio pratico che deriverebbe dall’accoglimento del ricorso.

In cosa consiste l’interesse concreto ad impugnare un sequestro?
Secondo la Corte, l’interesse concreto e attuale consiste nel risultato tipico previsto dall’ordinamento per questo tipo di impugnazione, ovvero la restituzione del bene. Se l’indagato afferma che il bene è di proprietà di un’altra persona, perde questo interesse perché non avrebbe comunque diritto alla restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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