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Interesse ad impugnare del PM: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza di annullamento di misure cautelari. Sebbene la Corte concordi con il Procuratore sull’errata applicazione della legge da parte del Tribunale del Riesame (che aveva valutato un reato di pericolo con un giudizio ‘ex post’ anziché ‘ex ante’), il ricorso viene respinto. La ragione risiede nella mancanza di un concreto e attuale ‘interesse ad impugnare’: il PM, infatti, non ha specificato la persistenza delle esigenze cautelari, rendendo l’impugnazione un mero esercizio teorico senza un risultato pratico vantaggioso.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad impugnare del PM: la Cassazione chiarisce i limiti

Un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale è l’interesse ad impugnare, sancito dall’art. 568, comma 4, c.p.p. Non basta essere legittimati a proporre un’impugnazione; è necessario dimostrare di avere un interesse concreto, attuale e pratico a ottenere una decisione diversa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34836/2025, offre un’analisi puntuale di questo concetto, applicandolo al ricorso del Pubblico Ministero in materia di misure cautelari. Vediamo come la Corte, pur riconoscendo l’errore di diritto del giudice precedente, ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di questo fondamentale requisito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un procedimento a carico di tre persone indagate per il reato di lancio di materiale esplodente (petardi) durante una manifestazione sportiva, previsto dall’art. 6-bis della legge n. 401/1989. Il Tribunale di Cassino aveva inizialmente disposto misure cautelari (carcere per due indagati e arresti domiciliari per il terzo). Tuttavia, il Tribunale della Libertà di Roma, in sede di riesame, aveva annullato tali misure, liberando gli indagati. La motivazione del Tribunale della Libertà si fondava sulla ritenuta assenza di un ‘concreto pericolo’ per le persone, elemento costitutivo del reato contestato. Avverso questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge.

L’Errore del Tribunale del Riesame e l’interesse ad impugnare del PM

Il Procuratore ricorrente ha sostenuto che il Tribunale della Libertà avesse commesso un grave errore di diritto. Il reato di lancio di materiale pericoloso è un ‘reato di pericolo concreto’. Ciò significa che per la sua configurazione non è necessario che si verifichi un danno effettivo, ma è sufficiente che la condotta sia idonea a crearlo. La valutazione di tale pericolosità deve essere effettuata con un giudizio ‘ex ante’, cioè mettendosi nei panni di chi agisce al momento del fatto e valutando le possibili conseguenze, e non con un giudizio ‘ex post’, basato sul fatto che, fortunatamente, nessuno si è fatto male.

Il Tribunale del Riesame, invece, aveva valorizzato circostanze ‘a posteriori’, come l’assenza di persone nell’immediata vicinanza al momento del lancio. Il PM ha evidenziato come questa valutazione fosse contraddittoria, dato che gli stessi agenti di Polizia presenti sul luogo avevano evitato di intervenire proprio per il timore di essere colpiti dai petardi, a dimostrazione della pericolosità concreta della situazione.

La questione dell’interesse ad impugnare

Nonostante la fondatezza delle critiche mosse dal PM, la Corte di Cassazione ha spostato il focus su un altro aspetto, preliminare e decisivo: l’interesse ad impugnare. Per la Suprema Corte, il ricorso del Pubblico Ministero, per essere ammissibile, non può limitarsi a chiedere una corretta interpretazione della legge a fini puramente teorici. Deve mirare a un risultato pratico e vantaggioso, che in questo caso sarebbe stato il ripristino della misura cautelare.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema, pur condividendo pienamente l’analisi del PM sull’erronea interpretazione della norma da parte del Tribunale del Riesame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il motivo è che il ricorso era ‘del tutto silente’ sulla persistenza delle esigenze cautelari. Il PM si è concentrato esclusivamente sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (fumus commissi delicti), senza argomentare in alcun modo sul perché, al momento attuale, fosse ancora necessario applicare una misura cautelare agli indagati (ad esempio, per pericolo di reiterazione del reato, di fuga o di inquinamento probatorio).

Secondo la Cassazione, l’accoglimento del ricorso sul solo punto della gravità indiziaria non avrebbe potuto condurre automaticamente al ripristino delle misure. Senza una specifica richiesta e motivazione sulle esigenze cautelari, l’impugnazione del PM perde il suo scopo pratico, trasformandosi in un’istanza di mera affermazione di un principio di diritto. Di conseguenza, viene a mancare quel ‘risultato pratico vantaggioso’ che costituisce l’essenza dell’interesse ad impugnare, rendendo l’atto inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cruciale della procedura penale: un’impugnazione, anche se fondata nel merito su un punto di diritto, non può essere accolta se chi la propone non dimostra di avere un interesse concreto e attuale al suo accoglimento. Per il Pubblico Ministero che ricorre contro l’annullamento di una misura cautelare, non è sufficiente contestare la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza. È indispensabile, a pena di inammissibilità, indicare e motivare anche la persistenza delle esigenze cautelari, dimostrando che l’eventuale accoglimento del ricorso porterebbe a un risultato pratico e non solo a una correzione teorica della decisione impugnata.

Qual è il presupposto fondamentale per poter impugnare un provvedimento giudiziario nel processo penale?
Per poter proporre un’impugnazione, secondo l’art. 568, comma 4, c.p.p., è necessario avere un ‘interesse’. Questo interesse deve essere concreto e attuale, ovvero l’impugnazione deve essere idonea a produrre un risultato pratico vantaggioso per la parte che la propone, eliminando una situazione processuale sfavorevole.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile nonostante la Corte di Cassazione concordasse sulla sua fondatezza nel merito?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di ‘interesse ad impugnare’. Sebbene il PM avesse correttamente evidenziato un errore di diritto del Tribunale del Riesame, nel suo ricorso non ha specificato quali esigenze cautelari (pericolo di fuga, di reiterazione del reato, ecc.) fossero ancora presenti e attuali. Senza questa specificazione, l’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe portato al ripristino automatico delle misure cautelari, rendendo l’impugnazione priva di un risultato pratico.

Come deve essere valutato un reato di ‘pericolo concreto’ come il lancio di materiale esplodente?
Un reato di pericolo concreto deve essere valutato attraverso un giudizio ‘ex ante’. Il giudice deve mettersi nella situazione esistente al momento della condotta e valutare, sulla base delle circostanze note, se quell’azione era idonea a creare un pericolo per l’incolumità delle persone, a prescindere dal fatto che il danno si sia poi effettivamente verificato. È errato, invece, un giudizio ‘ex post’ che si basa sulla fortuita assenza di conseguenze dannose.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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