Interesse ad Impugnare del PM: Limiti e Inammissibilità secondo la Cassazione
L’interesse ad impugnare rappresenta una colonna portante del nostro sistema processuale. Non basta avere ragione in astratto; è necessario che l’impugnazione possa portare a un risultato concreto e favorevole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2946 del 2024, offre un chiarimento fondamentale su questo principio, delineando i confini entro cui il Pubblico Ministero può legittimamente ricorrere contro una decisione, specialmente quando la vicenda processuale è di fatto già conclusa. Analizziamo insieme la pronuncia per comprendere la sua portata pratica.
Il Contesto: Prescrizione del Reato e Ricorso del Procuratore
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che dichiarava l’estinzione di un reato di minaccia (art. 612 c.p.) per intervenuta prescrizione. Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la stessa Corte proponeva ricorso per Cassazione. La contestazione non verteva sull’effettivo decorso del termine di prescrizione, ma sulla procedura seguita dalla Corte territoriale. Secondo il ricorrente, la decisione era frutto di una “prassi concordata” non conforme alla legge, volta a semplificare le procedure attraverso un contraddittorio puramente scritto (cartolare).
L’obiettivo del Procuratore non era, quindi, ottenere una condanna dell’imputato (impossibile, dato che il reato era palesemente prescritto), ma affermare un principio di diritto sulla corretta procedura da seguire in casi analoghi.
La Mancanza di Interesse ad Impugnare del Pubblico Ministero
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per un motivo dirimente: il difetto di interesse ad impugnare.
Il Principio del Risultato Pratico
Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento consolidato: l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale deve essere concreto e attuale. Non è sufficiente che l’impugnazione miri a ottenere una decisione teoricamente corretta; è indispensabile che possa condurre a un risultato “praticamente favorevole”.
Nel caso di specie, la vicenda processuale era ormai “esaurita”. Il reato, commesso nel 2014, era indiscutibilmente prescritto (il termine di sette anni e sei mesi era ampiamente decorso). Qualsiasi decisione della Cassazione sulla correttezza della procedura non avrebbe potuto in alcun modo modificare l’esito finale per l’imputato. Pertanto, l’appello del PM era volto unicamente a ottenere “l’affermazione in astratto di un principio di diritto da applicare nel futuro”, un interesse che il nostro ordinamento non tutela.
La Distinzione con l’Interesse dell’Imputato
La difesa del Procuratore Generale faceva leva, implicitamente, sulla scia di una nota sentenza della Corte Costituzionale (n. 111/2022). Tale sentenza aveva dichiarato illegittimo l’art. 568 c.p.p. nella parte in cui rendeva inammissibile il ricorso dell’imputato contro una sentenza di prescrizione emessa senza un adeguato contraddittorio.
La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che i due casi non sono paragonabili. L’interesse dell’imputato è diverso: egli potrebbe avere un vantaggio concreto nel contestare la prescrizione per ottenere un’assoluzione nel merito (ad esempio, perché il fatto non sussiste o non costituisce reato), una formula ampiamente più liberatoria. Questo interesse non è presente nel caso del Pubblico Ministero, il cui ricorso, in questo contesto, non poteva portare ad alcun esito pratico vantaggioso per l’accusa.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi. In primo luogo, ha riaffermato che l’interesse ad impugnare del pubblico ministero richiede la possibilità di ottenere un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole, condizione assente quando la vicenda processuale è esaurita per prescrizione. In secondo luogo, ha evidenziato come il ricorrente non avesse nemmeno contestato il decorso del termine di prescrizione, confermando l’assenza di un possibile esito diverso. Infine, ha specificato che il principio sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 111/2022 tutela esclusivamente l’interesse dell’imputato a ottenere una formula di proscioglimento più favorevole, e non può essere esteso all’azione del pubblico ministero in un contesto analogo.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: le impugnazioni non sono uno strumento per dibattiti accademici o per l’affermazione di principi di diritto astratti. Devono servire a uno scopo concreto. Il Pubblico Ministero non può utilizzare il ricorso per Cassazione per censurare prassi procedurali che ritiene errate se questo non può incidere sull’esito finale di un procedimento ormai concluso. Questa decisione rafforza i criteri di ammissibilità dei ricorsi, contribuendo a un’economia processuale e focalizzando l’attenzione della Suprema Corte sulle questioni che hanno un impatto reale e tangibile sulla giustizia.
Quando sussiste l’interesse ad impugnare per il pubblico ministero?
L’interesse ad impugnare del pubblico ministero sussiste solo quando, con l’impugnazione, può raggiungere un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole. Non è sufficiente l’affermazione astratta di un principio di diritto se la vicenda processuale è ormai esaurita.
Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse, poiché il reato era già estinto per prescrizione e l’esito del ricorso non avrebbe potuto in alcun modo modificare la conclusione del procedimento. L’appello era quindi privo di un potenziale risultato pratico favorevole.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 111/2022 sull’interesse dell’imputato si applica anche al pubblico ministero?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che quella sentenza tutela l’interesse specifico dell’imputato, che può mirare a un’assoluzione nel merito (formula più vantaggiosa della prescrizione), e non è estensibile alla posizione del pubblico ministero, il cui interesse è valutato secondo criteri differenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2946 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2946 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI VENEZIA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/05/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia ricorre avverso la sentenza del 13 maggio 2022 con cui la Corte di appello di Venezia – ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. – ha dichiarato non doversi precedere nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cu all’art. 612 cod. pen., perché estinto per intervenuta prescrizione;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso – con cui si deduce, sub specie della violazione della legge penale, la difformità del modulo decisionale adottato dalla Corte territoriale rispetto una «prassi concordata» tra Corte di appello e Procura generale a seguito della sentenza n. 111/2022 della RAGIONE_SOCIALE, volta a consentire un contraddittorio cartolare tra le parti inammissibile per difetto di interesse e perché del tutto generico, atteso che:
«nel caso in cui il pubblico ministero propon ricorso per cassazione onde ottenere l’esatta applicazione della legge, sussiste l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4 cod. proc. pen. solo se, con l’impugnazione, può raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole, condizione che non si realizza quando la vicenda oggetto della pronuncia si sia ormai esaurita, a nulla rilevando l’affermazione in astratto di un principio di diritto da applicare nel futuro» (Sez. 37876 del 12/09/2023, COGNOME, Rv. 285026 – 01; cfr. pure Sez. 6, n. 49879 del 06/12/2013, COGNOME, Rv. 258060 – 01);
la Parte pubblica ricorrente non ha neppure assunto che non sia decorso il termine di prescrizione del reato – commesso il 13 ottobre 2014 – pari a sette anni e sei mesi (artt. 157 e 161 cod. pen.);
non depone in senso contrario la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 5 comma 4, cod. proc. pen. «in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato» (Corte cost. n. 111/2022, cit.), resa dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione all’interesse dell’imputato prosciolto p estinzione del reato – interesse che nella specie non viene in rilievo, non avendo quest’ultimo presentato ricorso per cassazione – a sottoporre la mancata applicazione delle formule più ampiamente liberatorie alla verifica di un giudice di merito;
il che rende superflua ogni altra considerazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale.
Così deciso il 18 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
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Il residente